AIB. Sezione Veneto. Congressi
"17. Seminario Angela Vinay"
bibliotECONOMIA
conservare il futuro
Massimo Canella, Dirigente del Servizio Beni librari e archivistici e Musei della Regione del Veneto
Cercherò di dire alcune cose, nel disordine che mi ritrovo in questo
momento in mente, in quanto, dopo aver sentito i discorsi di oggi, ho deciso
di tralasciare la scaletta che mi ero costruito, un po' per non essere ripetitivo,
un po' per non essere già superato.
Da che parte si può cominciare? Forse si può cominciare col dire
che sono soddisfatto dal fatto che in questa sede si siano potute affrontare
congiuntamente le problematiche dalle diverse Associazioni professionali che
hanno a che vedere con la gestione dei servizi culturali, e che le si possa
affrontare anche in un contesto in cui si possono confrontare i momenti di convergenza
e i momenti di divergenza.
Ripeto sempre che abbiamo la necessità di dialogare in quanto istituzione
Regione su due lati: sul lato della professione e sul lato del territorio. Chi
porta le esigenze di sviluppo del territorio, o comunque le esigenze che nascono
dal territorio, che non sono necessariamente di sviluppo, sono chiaramente in
primo luogo gli Enti territoriali, ma secondo me bisogna non perdere l'attenzione
anche all'aspetto del pregresso storico consolidato, e quindi alle realtà
delle Associazioni e delle Istituzioni che hanno una tradizione e che, anche
al di fuori della mediazione, diciamo così, democratica, rappresentano
ugualmente e genuinamente le istanze territoriali. Dall'altro lato dobbiamo
però raccordarci con gli ambienti professionali: questi sono i soli che
ci possono rappresentare le esigenze di evoluzione dei servizi, in un contesto
in cui sappiamo che essi evolvono molto rapidamente e si intrecciano secondo
articolazioni interdisciplinari sempre nuove; dall'altra parte essi sono anche
in grado di contribuire a veicolare i flussi, in un certo senso osmotici, che
in funzioni gestibili su base cooperativa, come la maggior parte di quelli che
poi andiamo a trattare, si devono instaurare tra le istituzioni e l'insieme
degli operatori impegnati sul territorio: cosa che implica anche il modo di
comunicare con una platea professionale atomizzata e molto dispersa tra Istituti
di tipologie differenti.
L'associazionismo, probabilmente come tutte le cooperazioni, tende a disporsi in forma plurilivellare, nel senso che bisogna individuare per ogni funzione il livello giusto per far sistema. Da questo punto di vista è interessante quello che si è verificato proprio ultimamente nel campo dei musei. Ad Associazioni realmente professionali, cioè dei naturalisti piuttosto che degli antropologi, si è sovrapposto il livello interessato ai comuni problemi della gestione degli Istituti; e adesso si sta aggiungendo un livello di coordinamento interassociativo sui temi che possono essere comuni ai diversi settori dei beni culturali. Molto probabilmente, a mio avviso, c'è un ulteriore livello di coordinamento a livello di comunicazione, ed è appunto quello che fa riferimento alla realtà concreta in cui è inserito il bene, al contesto di cui parlava il precedente intervento, livello che per esempio può essere garantito dall'Istituto culturale, che assomma in sé sia competenze di conservazione e valorizzazione del bene, di studio del bene, sia anche capacità di intervenire sul piano delle attività più varie e di contestualizzare sia socialmente sia storicamente in termini unitari ed interdisciplinari, legati al territorio, le materie di cui si tratta. Quindi esiste probabilmente anche questo livello, che poi è il livello della comunicazione, lo possiamo riscontrare nei siti web, a cominciare da quelli che accederanno al Portale ministeriale di cui si parla in questo Seminario: considerazione che mi dà il modo di spezzare una lancia in favore della tesi che il Portale non va limitato al patrimonio e quindi non si può disaggregare per tipologie come è stato ipotizzato, dato che noi ci troviamo a che fare coi siti che sicuramente accederanno, sicuramente vengono presi in considerazione, della Fondazione Cini piuttosto che della Fondazione Querini, che si occupano, come i propri Istituti di riferimento, del patrimonio, ma non solo di quello; e che non credo che le Fondazioni pensino di spacchettare i propri siti, così come sono state spacchettate molte altre cose di questi tempi, nel governo dello Stato e dove altro si vuole. (Fra l'altro, perdoniate la digressione, con gravi conseguenze per la regolarità dei flussi documentari e per la possibilità di tenere sotto controllo la situazione archivistica, perché in questo momento ogni struttura avrà cambiato nome dieci volte e dove siano le carte, lo si sa per memoria personale, sarà interessante vedere il seguito.)
Associazioni comunque che hanno molti punti in comune, lo si è visto anche dalle reazioni che hanno avuto le persone con cui abbiamo anche il piacere, l'onore di trattare abbastanza spesso, nell'esercizio delle nostre funzioni amministrative, e che hanno anche punti di divergenza obiettiva, una riflessione sulle considerazione che sentivo prima, mi pare che l'abbia detto anche quasi implicitamente Francesca Ghersetti. Certamente accomuna la preoccupazione per la conservazione e la gestione delle collezioni, anche se alcune realtà museali e bibliotecarie che si sono attribuite finalità prevalenti di comunicazione o di informazione tenderanno a farsene carico in modi più elastici. Sicuramente, peraltro, "lo studio, l'educazione, e il diletto", indicati come finalità degli Istituti culturali, interessano nei diversi settori target in parte diversi, con implicazioni differenziate. Noi abbiamo appena riconosciuto, come Regione, il Museo del Giocattolo di Padova: probabilmente c'è una platea di persone che possono potenzialmente trovarvi "diletto" più ampia e meno predefinita di quella che lo potrebbe trovare nei documenti degli archivi delle Viceprefetture napoleoniche, che abbiamo contribuito a pubblicare tempo fa. Poi ci sono servizi, come quelli museali, che hanno o possono avere seri risvolti di tipo economico immediato, come le ricadute turistiche che possono far arricciare molti nasi di competenti ma che nessuno commette la stoltezza di trascurare; e altri servizi che hanno anche delle funzioni ulteriori, che sono appunto quelle dell'accesso all'informazione e dell'accesso al documento - e questi sono aspetti che mi paiono prevalenti nelle biblioteche pubbliche, e che hanno un loro valore anche negli archivi. Gli archivi che poi hanno anche una dimensione diversa, nel senso che il bene archivistico è certo un bene culturale alla stessa stregua degli altri, però al contempo l'archivistica come disciplina, e l'archivistica come lavoro, sono elementi fondanti dell'organizzazione amministrativa corrente.
Quando Luigi Contegiacomo faceva riferimento ai corsi che noi facciamo assieme all'ANAI, parlava di corsi che, anche forzando un attimo la lettera della nostra vecchia legge dell'84, riguardano quasi sempre la gestione degli archivi correnti, il protocollo, il documento informatico, l'archivio di deposito, e solo qualche volta anche l'ordinamento degli archivi storici: questo perché riconosciamo l'unitarietà della disciplina, che nei piccoli contesti si riflette anche nell'unicità dell'operatore preposto. (I contributi finanziari che eroghiamo, pur modesti, sono invece sempre rivolti alla conservazione, alla inventariazione e alla conoscenza di documenti storici). Questo rende appunto molto affascinante l'archivistica dal mio punto di vista, anche perché sono un funzionario e sono sensibile alla vita e alla storia concrete delle istituzioni, e la rende anche un po' critica come disciplina, in quanto è figlia di molti padri ed ha molti padroni: molto spesso, proprio sul piano organizzativo, negli enti c'è una difficoltà di fare un lavoro archivistico sensato, di fronte alla divisione delle attività, per esempio, tra la Cultura e i Servizi generali - citerei come positivo il caso del Comune di Padova, buon esempio di come il problema secondo noi dovrebbe essere risolto. Comunque per quanto riguarda gli archivi come Regione, con pochissimi mezzi, qualche cosa di buono lo abbiamo fatto, il risultato è stato probabilmente più significativo di qualche cosa che abbiamo fatto con più mezzi, e questo perché abbiamo occupato un vuoto: in quanto mentre l'archivistica statale e l'archivistica universitaria hanno strutture, hanno scuole, hanno tradizione, magari sempre meno, ma insomma bene o male la hanno e ci metterà un pezzo per esaurirsi, gli archivi comunali si sa come sono stati considerati fin ora. Ogni Istituzione in genere ha un archivio e la maggior parte delle Istituzioni si pone tutti gli obiettivi tranne quello di conservare il proprio archivio, cioè devono tenerlo ma come ultima delle cose; quindi i piccoli interventi formativi che abbiamo fatto, sto parlando degli archivi comunali che sono un po' una Cenerentola, mirati e fatti mediante e in piena sintonia con l'Associazione professionale, credo che abbiano avuto un impatto sociale molto buono in proporzione agli investimenti fatti. In altri campi più affollati non è che siamo intervenuti con grandi cose, però forse ci sono risultati più controversi.
Abbiamo anche responsabilità maggiori nel campo delle biblioteche e
quindi è anche giusto che attenda di più.
La natura della cooperazione dei bibliotecari è un attimo diversa da
quella degli altri perché il bibliotecario da solo non riesce a lavorare,
quindi ha necessità dell'altro per l'informazione, per il prestito, anche
per la catalogazione ultimamente, e quindi naturalmente genera una forma di
collaborazione che va trasversalmente al di là delle appartenenze istituzionali:
questo crea chiaramente sempre una asimmetria, con un sacco di problematiche
che sono interessanti da vedere e da vivere, e anche un po' faticose.
Per esempio, proprio a livello di reti, non reti catalografiche, ma reti di
servizi, esiste chiaramente una necessità a riferirsi innanzitutto a
realtà istituzionali che sono in grado di gestire, di mettere in piedi
questi servizi: cosa che ci riporta al discorso iniziale sul fatto che esiste
sì un colloquio con le istanze ideali che vengono prospettate dai professionisti,
ma esiste anche un colloquio con le realtà rappresentate dalle Istituzioni
con cui dopo dobbiamo andare a parlare se si deve stabilire come organizzare
una rete informatica, piuttosto che una rete di prestito.
Un tema su cui spero che si possa dialogare parecchio con l 'Associazione è
quello sulla gestione dei beni, come accennavo prima a Francesca Ghersetti;
a noi come Regione stanno arrivando una serie di incombenze su temi su cui abbiamo
ancora da aprire la prima pagina, abbiamo bisogno di una mano. Questo in ordine
alla gestione dello scarto librario, tema che molto gentilmente il Codice come
Soprintendenza ci demanda e che finora non avevamo mai affrontato, anche perché
la natura del libro, appartenente ad una raccolta di una biblioteca, come bene
culturale non era chiaramente definita da nessuna parte; e in ordine alla riforma
del Deposito Legale, che non è più visto in un ottica di pubblica
sicurezza, com'era prima, ma è previsto in un ottica di tutela sistematica
- e qua parlo soltanto di libri, non accenno a tutte le cose che si possono
dire sulle altre tipologie di materiali, perché andremmo a finire chissà
dove.
Temi che oltretutto sarebbe bello riuscire a mettere in interazione per lo meno
teoricamente - sul piano pratico se ne può disperare: riuscire, cioè,
a far sì che lo scarto, l'autorizzazione allo scarto, abbia un nesso
riconoscibile con la testata conservazione di altri esemplari del bene librario
nelle sedi deputate. Su questi temi dovremo cominciare, non so bene quando e
non so bene con quali risorse umane, a fare una serie di consultazioni: con
gli Enti Locali e le Province; con gli attuali detentori di collezioni e depositi,
che in ogni caso si troveranno molte collezioni interrotte (a Verona per esempio
non avranno più i libri della Mondadori, perché la sede editoriale
è a Milano e hanno cambiato i criteri, da tipografo a editore, per l'attribuzione
territoriale del libro); con i nuovi eventuali candidati, con i possibili candidati,
quelli che un regolamento nazionale, secondo me anche troppo entusiastico, individua
come possibili depositari di un archivio regionale di deposito per determinate
tipologie di beni; da quello che ho capito sentendo in giro, il problema più
grosso è che nessuno dice di avere a disposizione magazzini che possano
recepire una simile quantità di materiale, comunque è un problema
che adesso dovremo verificare tenendo conto che la legge sul Deposito Legale
impone di evitare "maggiori oneri a carico della finanza pubblica".
Di questa problematica si parlerà nella Giornata delle biblioteche venete
del prossimo 24 novembre a Treviso, ma secondo me è chiaro che questo
è un tema tipicamente professionale su cui l'incontro e l'accordo con
le Associazioni dei professionisti è indispensabile, dando in questa
maniera un po' di contenuto pratico al protocollo d'intesa che abbiamo stabilito
a suo tempo con l' AIB e che fa il pari con quello che abbiamo or ora stabilito
con l'ANAI.
Un commento sull'aspetto dei dati anagrafici delle biblioteche, ricordato criticamente da Francesca Ghersetti: i dati anagrafici disponibili sono quelli che ha trovato e testimoniano la propria esistenza in quanto dati, non il fatto che fotografino la realtà; come funzionario regionale non dovrei dirlo, ma delle volte con la sussidiarietà fra i diversi livelli istituzionali va a finire che della stessa cosa non si occupa né l'uno, né l'altro; e questa è una cosa che succede non nell'impostazione dell'Anagrafe delle biblioteche curata dall'ICCU, e in special modo da Anna Maria Mandillo, ma nella mancante scrupolosità dell'aggiornamento decentrato dei dati, dopo l'ottimo censimento generale che è stato fatto. Non siamo riusciti ad accordarci con le altre Regioni per motivi su cui non è il caso di infierire: comunque credo che come Regione - le amiche dell' AIB ci potranno confermare o meno - siamo abbastanza avanti nella costruzione di una rilevazione di un set omogeneo di dati in accordo con le indicazioni di preferenza espresse dal mondo professionale a livello regionale, che nei prossimi mesi potrà essere messo a disposizione dalla Dott. ssa Mandillo, così come i miei colleghi le hanno promesso. Potete contarci, credo che, malgrado tutto, riusciremo ad essere i primi.
Se adesso mi metto a parlare di musei, ho paura che andiamo a finire ancor
più per le lunghe: per fortuna l'intervento di Luca Baldin in merito
è stato molto articolato.
L'AIB, l'Associazione Italiana Biblioteche, ha una storia abbastanza
importante e anche pervasiva, proprio per il fatto che i bibliotecari si sono
sempre parlati, potevano dipendere dalle diocesi, dalle fondazioni, dai musei
o dai comuni, anche dalle scuole, ma si sono sempre parlati lo stesso e questa
è la specificità e l'importanza dell'esperienza dell'AIB. Ricordo
che quando gli amici dell'Istituto Poster sono venuti alle Giornate delle
Biblioteche del 2002, a Venezia, erano molto stupiti da questa realtà
perché non riusciva a quagliare con nessuno dei loro schemi: se ne sono
fatti di nuovi apposta, quindi da questo punto di vista abbiamo dato loro la
possibilità di arricchirsi.
Nel campo dei musei nel complesso, in Italia e nel Veneto e senza nulla togliere
a esperienze fondamentali come quella dell'ANMLI, le cose sono arrivate
più tardi, per un insieme di motivi. La specificità della mission
di ogni singolo Istituto e la complessità dei problemi gestionali fa
prevalere il ruolo delle personalità; ha persistito a lungo una nobile
concezione del museo di stampo ottocentesco, coi direttori dei musei come 'vestali'
dei valori dell'Italia liberale, dei Sepolcri del Foscolo; c'è l'importanza,
la prevalenza della figura dello storico dell'arte, che ha una sua sacralità
nell'immaginario collettivo oltre che, accentuatamente, nel loro, anche
in relazione al modo, probabilmente opportuno, con cui vengono interpretate
in Italia le funzioni di Soprintendenza. Rispetto alle biblioteche, si avverte
nei musei una maggior prevalenza della figura del direttore rispetto alla comunità
dei funzionari: quasi sempre ho sentito, in questi anni, colloqui tra "dirigenti"
nel settore dei musei e colloqui tra "funzionari" nelle biblioteche,
al di là dei personali inquadramenti degli interlocutori, e questo comporta
un'impostazione molto diversa: sicuramente certe cose vengono percepite meglio
con un approccio, altre meglio con l'altro, ma è un po' la struttura
degli Istituti e la configurazione delle professioni che porta alla supremazia
di un approccio il che comporta che bisogna stare attenti a non tralasciare
gli aspetti che con esso meno ingranino: per esempio i temi della catalogazione
nei musei, o dell'efficienza nelle biblioteche. Ma fra un mese ci sarà
qui a Venezia una Conferenza regionale dei musei veneti, luogo ormai tradizionale
di elevati dibattiti su questi argomenti, dove si parlerà meno alla sans
façon di queste cose, e da parte di persone con "qualche"
esperienza più significativa delle mie, del tipo di Francesco Valcanover
o di Ferdinando Rigon.
Arrivederci dunque, a Treviso, o a Venezia: chacun à son goût.
Copyright AIB 2007-08, ultimo
aggiornamento 2007-09-16 a cura di Marcello Busato e Giovanna
Frigimelica
URL: http://www.aib.it/aib/sezioni/veneto/vinay17/canella06.htm