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"15. Seminario Angela Vinay"
bibliotECONOMIA
dal costo al valore

INTERVENTI DI APERTURA

Luciano Scala, Direttore generale per i Beni Librari e gli Istituti Culturali del Ministero per i Beni e le Attività Culturali


Presiedo con grande piacere il 15. seminario dedicato ad Angela Vinay, sia per l'ospitalità che mi viene offerta dalla Fondazione, dal suo presidente e dal suo direttore, sia perché mi fa sempre molto piacere ricordare l'opera essenziale che Angela Vinay ha condotto nel nostro settore; mi riferisco non solo alle sue attività nell'ambito del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, della Direzione Generale per i Beni Librari e gli Istituti Culturali, e via discorrendo, ma soprattutto in quello molto più ampio delle biblioteche italiane, lasciando delle tracce di un pensiero innovativo e costruttivo, che oggi possiamo verificare con dati di fatto e con certezze.
Anche per questo, oggi, ritengo necessario interrogarci su come procedere per seguire una linea che non presenti fratture e discontinuità rispetto ad un discorso avviato da tempo.

Relativamente all'aspetto economico affrontato in questa sede, dal costo al valore, farò soltanto delle brevi considerazioni. È un tema assai complesso e di grandissima attualità, a causa della drammatica situazione del settore finanziario. Voi tutti sapete che l'ultima manovra finanziaria del governo, quella di luglio, ha portato ad una riduzione pesantissima dei bilanci del Ministero per i Beni e le Attività Culturali. Abbiamo avuto un taglio del 25% su una serie di capitoli di spesa: da quelle di funzionamento a quelle relative all'acquisto di libri e via discorrendo. In questa situazione così complessa, il problema dei costi e dei valori che si producono a partire dalla nostra capacità di spesa diventa essenziale. Sui costi vorrei fare alcune riflessioni, sulla base di alcune esperienze promosse proprio da Angela. Mi riferisco volentieri alla rete del Servizio Bibliotecario Nazionale che, senza Angela Vinay, non avrebbe mai potuto nascere, perché fu lei a volerla, pensarla, capirla e ad iniziare a realizzarla.
Il primo esempio riguarda le risposte che siamo stati capaci di dare in questi anni sul tema della catalogazione partecipata. I dati ci dicono inoppugnabilmente che questi quindici anni di nascita e sviluppo del SBN hanno prodotto dei risultati positivi. Abbiamo un volume di accrescimento di catalogazione attraverso la rete di oltre due milioni di record all'anno, nell'ambito di quella cooperazione che vede ormai più di duemila biblioteche partecipare attivamente alla rete. Quasi i due terzi di questi due milioni di record non sono prodotti ex novo, ma sono localizzazioni di record già creati da altri, si tratta quindi di catture. Tutto questo ha un valore, un grande valore, anche economico. Perché, parlando di cifre, si tratta di oltre 1.400.000 record attivati dalle duemila biblioteche che partecipano alla rete e l'attività di catalogazione di questi record può essere quantificata per produrre un risultato.
Questo è sicuramente un indice per misurare la produttività di un sistema.
Chiediamoci ora che cosa abbiamo fatto di questo risultato, come abbiamo utilizzato questa potenzialità.
Sono sostanzialmente due le opzioni su cui ragionare: la prima riguarda la possibilità di vendere il prodotto di questo lavoro: non lo abbiamo ancora fatto in maniera sistematica, ma potremmo farlo. Esiste un mercato, soprattutto estero, per questo tipo di attività; il nuovo assetto della rete SBN, dovuto all'entrata in funzione della seconda versione dell'indice, consentirà di attivare finalmente livelli differenziati di partecipazione. Potranno quindi affacciarsi alla rete una serie di utenti che siano soltanto dei consumatori e non dei produttori. E in questo caso questi valori potrebbero avere dei ritorni economici.
La seconda considerazione, che mi interessa porre come quesito e non come risposta, riguarda l'impatto che tutto ciò ha avuto sull'assetto delle nostre biblioteche dal punto di vista organizzativo. Era infatti evidente, fin dalla nascita di SBN, che tutto ciò doveva servire ad orientare risorse umane verso assetti più razionali dell'organizzazione del lavoro, ma non era scontato che questo doveva comportare un accrescimento dei servizi. Mi chiedo quanti hanno realmente utilizzato il risultato concreto della rete SBN per spostare risorse dal settore della catalogazione al settore dei sevizi e per incrementare poi il prestito, il digitale e tante altre attività che presentano nel Paese, e in alcune delle nostre biblioteche, carenze ed approssimazioni.
Devo essere sincero a questo riguardo: in tema di organizzazione dell'assetto delle biblioteche, sulla base del trend di crescita della catalogazione partecipata, ho ascoltato in convegni, in dibattiti e incontri poche realtà esprimersi apertamente in proposito. Faccio un esempio: ho sentito spesso il Dott. Leombroni parlare di questo argomento a nome della provincia di Ravenna, dicendo esplicitamente che, essendo diminuite le risorse necessarie alla catalogazione, le stesse sono state impiegate per altri settori, esprimendo al riguardo anche una serie di dati quantitativi. Raramente ho sentito fare questi discorsi da parte di altre realtà, compresa quella rappresentata dalla Direzione Generale per i Beni Librari e gli Istituti Culturali. Mi pare comunque si tratti di discorsi interessanti, da approfondire anche in relazione ai costi.
Altro argomento che mi sembra utile proporre all'attenzione è quello di come misurare la crescita della rete SBN. La misuriamo dal numero di record prodotti, dal numero dei prestiti effettuati, dal numero di biblioteche partecipanti? Oppure dal numero di poli presenti sul territorio? Oggi abbiamo in SBN 54 poli attivi, all'interno dei quali operano oltre duemila biblioteche. Un tempo per noi era semplicissimo ritenere che lo sviluppo della rete SBN passasse attraverso la crescita dei poli. Più si creavano poli, più aumentava la crescita. Oggi ho seri dubbi su questa stretta proporzionalità tra la crescita della rete e l'aumento dei poli. Abbiamo tra l'altro in Italia delle esperienze da confrontare: alcune regioni nelle quali è presente un numero sconfinato di poli, parlo del Lazio per fare l'esempio più vicino a me, ed altre in cui ne esistono uno o due al massimo, come il Piemonte.
Qual è il modello più utile, dal punto di vista di una razionalizzazione dei costi, per gestire attività di questo genere? Con l'obiettivo chiaro di incrementare la produttività del settore, cosa serve a SBN, una proliferazione dei poli o un suo contenimento?
Si tratta di un problema aperto, sul quale si sono avute, anche in questo caso, delle risposte contraddittorie: il dibattito odierno dovrebbe servire alla razionalizzazione delle infrastrutture di base, dal momento che considero SBN una infrastruttura sulla quale vanno costruiti ben altri piani di attività in grado di condurre a risultati maggiormente significativi. In alcune Regioni si lavora cercando di razionalizzare l'infrastruttura, in altre si assiste invece ad una proliferazione dei poli, spesso dovuta alla necessità/volontà di rappresentarsi come amministrazione, come organizzazione istituzionale.
Il comitato regionale SBN del Veneto ha avviato un dibattito sulla fase di cambiamento e di aggiornamento delle tecnologie conseguente al mandato del 1996, che apriva SBN agli applicativi commerciali e istituiva un gruppo per la certificazione. Circa venti aziende hanno fatto richiesta per poter interagire con il mondo di SBN, sulla base di protocollo standard, MARC, tale da poter interagire sulla catalogazione senza dover snaturare le proprie applicazioni commerciali.
Benissimo, in tutto questo verificarsi di eventi, anche nel Veneto si sta discutendo su cosa è più opportuno fare. In questa Regione esistono tre poli: quello della Biblioteca Nazionale Marciana, che fa riferimento al Ministero per i Beni e le Attività Culturali, cui aderiscono istituzioni di rilevanza come questa, quello dell'Università di Padova, su cui si appoggiano anche biblioteche civiche, biblioteche del Ministero e biblioteche ecclesiastiche ed infine il polo della Regione. Ora, quale sia la soluzione più adeguata e utile per il contenimento dei costi e per la razionalizzazione delle strutture in una situazione di crisi finanziaria grave, io non so indicare. So solo che dovrebbe essere una soluzione fortemente critica e studiata in modo tale che, verifiche alla mano, si possa scegliere in maniera appropriata il contesto più adatto allo sviluppo dei servizi di questa Regione.

Dal punto di vista del valore, e qui concludo, volevo tracciare l'esempio di un altro programma molto importante che stiamo sviluppando e che a mio avviso denota un forte ritardo delle strutture bibliotecarie nel nostro Paese. Mi riferisco al programma del digitale.
È un terreno sul quale scontiamo sicuramente le difficoltà di un intero Paese; siamo infatti al 6.-7. posto nel mondo per la produzione e la ricchezza economica. Ma quando andiamo a misurare la nostra capacità di innovazione e di creatività tecnologica scendiamo al 25.-30. posto. Inoltre, se misuriamo la capacità degli italiani di essere dei consumatori di cultura, constatiamo, secondo quanto è emerso nel convegno degli Stati Generali dell'Editoria che si è svolto pochi giorni fa, che l'Italia è al terzultimo posto in Europa per numero di lettori, e che i consumi culturali nel nostro Paese, non solo per quanto riguarda i libri ma anche nel settore dello spettacolo, evidenziano una posizione di arretratezza.
Ma allora, in sostanza, nonostante siamo il Paese che possiede, storicamente, la maggior parte dei contenuti culturali del mondo, abbiamo delle difficoltà nelle attività di valorizzazione. E quindi, a mio avviso, questo seminario può essere utile anche per affrontare questo tema. Sul digitale siamo indietro: già nel 2000, attraverso uno studio di fattibilità, era emerso un quadro impietoso della situazione relativa alla biblioteca digitale in Italia. A distanza di quattro anni, nonostante gli sforzi, abbiamo ancora molto da fare. Si continua infatti ad assistere ad una eccessiva inconsapevolezza, manifestata a più riprese e a più livelli.
Da questo punto di vista la riflessione che dobbiamo fare riguarda l'organizzazione di questi nostri contenuti della memoria (che altri, evidentemente, sono più capaci di noi ad offrire al pubblico) e la valorizzazione delle attività delle nostre strutture bibliotecarie attraverso lo sviluppo delle biblioteche digitali; con la consapevolezza che oggi, noi bibliotecari possiamo sfruttare la nostra storica capacità organizzativa per diffondere questi contenuti con linguaggi e strumenti adeguati. Perché la necessità impellente di proporre contenuti culturali nel nostro Paese ci impone di raggiungere un pubblico nazionale ed internazionale di un certo rilievo, un pubblico vasto.
Ecco, anche per cercare risposte a queste domande, domani mattina presenteremo in apertura della giornata un progetto che stiamo realizzando che riguarda l'e-learning.
Qui a Venezia si è aperta una sessione di corso basata sulle tecnologie dell'apprendimento a distanza sul digitale che ha l'obiettivo di sensibilizzare i responsabili dei programmi e dei progetti di digitalizzazione delle strutture bibliotecarie ed archivistiche del nostro Paese. Sono attività su cui ci stiamo muovendo, anche se con un po' di ritardo.
Mi piacerebbe che il seminario affrontasse anche questi temi.
Vi ringrazio per l'attenzione che mi avete dato e passo a salutare Marino Cortese, presidente della Fondazione Querini Stampalia, cui cedo la parola.


Copyright AIB 2005-08-09, ultimo aggiornamento 2005-10-02 a cura di Marcello Busato e Giovanna Frigimelica
URL: http://www.aib.it/aib/sezioni/veneto/vinay15/scala0401.htm


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