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"15. Seminario Angela Vinay"
bibliotECONOMIA
dal costo al valore

Valutare il servizio: per un bilancio sociale dei servizi bibliotecari

Igino Poggiali, Presidente dell'Istituzione Biblioteche di Roma


L'Italia è un paese meraviglioso e veramente ricco di storia e memoria, tanto che si può permettere di trascurare o non valorizzare dei veri e propri primati e anticipazioni clamorose di scoperte, mode culturali, visioni del mondo.
Noi siamo qui a parlare di bilancio sociale delle biblioteche perché nel mondo dell'impresa da alcuni anni si sta diffondendo una nuova visione del marketing che punta i riflettori sulla valutazione dell'impatto di un'azienda su un determinato territorio partendo dal punto di vista della sua responsabilità, nel bene nel male, sugli effetti che la presenza di tale azienda provoca al contesto in cui si trova.
E si fanno scoperte commoventi e cioè che l'azienda dà lavoro ai suoi dipendenti, crea domanda di beni e servizi e quindi dà lavoro anche indirettamente, può persino destinare una parte, modesta, dei suoi utili a finalità sociali e culturali e accrescere con questo piccolo investimento l'affetto della comunità per il suo ruolo. In genere si registrano i fatti oggettivi, quali il volume finanziario degli stipendi, il numero dei dipendenti, il volume d'affari determinato dalle subforniture etc. Molto raramente si intravede un piano articolato di azioni tese a migliorare l'impatto dell'azienda in termini di riflessi sulla salute dei lavorato e del territorio, sul contributo al risparmio energetico e alla riduzione delle emissioni, sul rapporto con le famiglie dei dipendenti e sulla cura del loro benessere.

Ebbene, tutti dimenticano che c'è stata in Italia una storia gloriosa di pratiche eccellenti rispetto alla responsabilità sociale dell'impresa ( che allora non si chiamava ancora così) che ha avuto come esponente pressoché solitario, discriminato dalla Confindustria e non compreso dal sindacato, un grande capitano d'industria come Adriano Olivetti.
Settant'anni prima di tutto questo chiacchiericcio sulla responsabilità sociale dell'impresa Adriano aveva impostato strutturalmente il proprio modello industriale su una visione dell'azienda come strumento di promozione sociale di tutti quelli che vi hanno a che fare in qualche modo: dirigenti, dipendenti, città nelle quali l'azienda produceva, aree territoriali sulle quali si riversavano gli effetti della sua presenza. E come non ricordare che trovarono rifugio e sostegno presso di lui i migliori cervelli che hanno fatto la storia della cultura italiana dell'ultimo secolo: Volponi, Calvino, Pampaloni, e tanti altri. L'impresa che sa conciliare il profitto con il benessere dei lavoratori, delle loro famiglie, delle comunità di riferimento. Vi invito ad andare a rileggere una grande storia sulla quale è calata una censura di fatto ispirata in gran parte dalla vergogna di non sapere e non voler seguire una strada giusta che avrebbe rimosso gran parte delle contraddizioni determinate dal processo di industrializazione del paese così come si è venuto determinando.
Naturalmente non troverete questi libri nella bibliografia dei siti delle società che forniscono servizi di consulenza per la redazione del bilancio sociale. Tra essi vi segnalo Città dell'uomo [1] recentemente ripubblicato ma soprattutto le sue riflessioni sulle relazioni industriali e sulla sua concezione delle risorse umane. Tra le cose da lui finanziate e di cui non vi è storia ricordo, per ragioni di patriottismo professionale, la costruzione e finanziamento di numerose biblioteche in varie parti della regione e in particolare nel Cnavese.
Vorrei sottolineare che non siamo di fronte ad un generoso filantropo ma ad un industriale che aveva intuito molti decenni prima il valore competitivo dell'investimento sulla conoscenza dell'impresa e di tutti coloro che vi operano direttamente ed indirettamente. Ho la presunzione di affermare, e me ne prendo tutta la responsabilità, che da quel pensiero potrebbe svilupparsi un modello europeo del fare impresa che sappia conciliare il profitto, la competitività e il rispetto dell'uomo e della terra che lo ospita. Altro che crisi dell'Europa, abbiamo una responsabilità storica tutti noi che vi abitiamo, di farne un modello vincente rispetto alla visione americana di un capitalismo concentrato sulla visione esclusiva delle ragioni del profitto a danno di tutto il resto.!!

E veniamo al bilancio sociale. Paradossalmente quelli che ne hanno un disperato bisogno sono proprio quelli che hanno più malefatte da coprire e quindi se vogliamo che questa bella pratica di rendicontazione alla società del proprio operato non si aggiunga ai mille strumenti della propaganda, della mistificazione e della manipolazione dell'opinone pubblica e delle coscienze dobbiamo consolidare l'apparato di princìpi etici e deontologici che devono guidare le forme di rilevazione dei fatti e la loro corretta, trasparente e veritiera comunicazione.
Guardavo ieri sera, arrivando qui, il complesso di Marghera. Ebbene, forse non sapete che anche quell'azienda pubblica un suo bilancio sociale e noi sappiamo bene quali sono stati e saranno per lungo tempo gli effetti della sua presenza in laguna! E non sapete probabilmente che ne fa uno anche la multinazionale farmaceutica Glaxo che come sapete, è protagonista di una delle più grandi truffe al paese nella fornitura di farmaci al Servizio sanitario Nazionale. Delle centinaia di miliardi rubati ai contribuenti una piccola parte viene ridistribuita in azioni sociali e culturali e così ci si lava la coscienza e si compra la compiacenza di amministratori e cittadini. Il progetto Nati per leggere ha rifiutato qualsiasi finanziamento da costoro proprio per non divenire complici di un intollerabile inganno. Il bilancio sociale, della quale oggi dovremo parlare in questo contesto, rischia di essere strumentalizzato da chiunque se ne voglia servire per scopi opposti rispetto alle finalità per le quali è stato pensato, quindi dobbiamo stare molto attenti sia nel non farci confondere con questi soggetti e soprattutto nel tornare all'interno di quelli che sono gli elementi di effettiva valutabilità che noi possiamo invocare.
Stamattina gli economisti hanno detto che loro non sono in grado di misurare, in buona sostanza, in una scala graduata con valori da uno a cento, se la biblioteca Querini piuttosto che la biblioteca di Rozzano influisce sul tessuto sociale, porta benefici di qualche tipo. Eppure noi lo andiamo affermando nei nostri convegni, nei manifesti delle nostre organizzazioni internazionali. Affermiamo che questo bene, questo beneficio per la società avviene, ma né noi, né studiosi di altre discipline, a tutt'oggi, sono stati in grado di darci strumenti per poterlo affermare. Nell'ultimo congresso dell'IFLA a Buenos Aires, a questo proposito, c'è stato un bellissimo intervento del Prof. Paul Sturges, chairman del FAIFE (Comittee on Free access to Information and freedom of expression) che ha provato a misurare questo impatto della biblioteca in una situazione estrema come l'Africa e alcuni paesi africani e si è chiesto "ma qui dove noi diciamo che la biblioteca potrebbe concorrere allo sviluppo e alla crescita del valore qualitativo della società ecc, quali sono i problemi che ha un paese come il Mali?" Il problema più drammatico che ha questo paese è il 30% della popolazione affetta da AIDS! Di conseguenza una biblioteca, in Mali, se vuole concorrere a risolvere i problemi di questo particolare caso di comunità, deve essere attrezzatissima nel fornire informazioni, insegnamenti prevenzione a tutti gli abitanti, nelle forme che sono possibili in un contesto così drammatico e privo anche della capacità di acquisire conoscenze da parte di molti degli abitanti. Dalla sua capacità di incidere su questo problema si misurerà anche la effettiva sostenibilità della spesa per biblioteche: il criterio, spietato ma giusto, di valutazione dovrebbe essere: "quante persone può aiutare a salvare dall'AIDS". E'un tentativo estremo che però ci aiuta a focalizzare. Anche da noi ci sono dei problemi come appare dai dati che prima esponeva Annamaria, Siamo sicuri che le biblioteche nostre possono affrontare anche questo confronto, così come sono organizzate e strutturate. La questione riguarda la capacità di inquadrare anche questi obiettivi nei programmi e nei progetti. Quando mai scrivi nella relazione di bilancio che quest'anno ridurrai dello 0,5% il tasso di analfabetismo della tua popolazione locale?
Ci guardiamo bene dal creare un elemento che verrebbe misurato poi domani per dire se abbiamo raggiunto o no l'obiettivo. E magari spesso quell'obiettivo è raggiunto e superato e nessuno lo rileverà.
Qualche giorno fa, parlando a degli amici lombardi, dicevo "mi dovreste spiegare come è potuto accadere che, nella regione più ricca di biblioteche e soprattutto più ricca di biblioteche pubbliche, ci sia stato un incremento tale di elettori che decidono di votare per la Lega che, con tutto il rispetto per tutti i partiti, è una forza politica che con gli ideali dell'IFLA, con gli ideali dell'UNESCO, con gli ideali di rispetto delle diversità, cioè con tutte le cose di cui le biblioteche sono portatrici ha pochissimo a che fare, poi è una scelta di cui ognuno si prende la responsabilità." Può apparire una provocazione ma invece lo considero argomento di attenta riflessione sul quale non è questa la sede per dilungarsi.
A questo punto per affrontare seriamente la questione del bilancio sociale delle biblioteche dobbiamo avere il coraggio di chiederci se siamo effettivamente disposti a lavorare sotto questa prospettiva, certamente affascinante ma anche molto impegnativa in termini di risorse da impiegare e di lavoro di critica sui propri approcci professionali.
In sostanza, siamo disponibili a scrivere nel progetto di bilancio 2005 che affronteremo cinque questioni che dipendono dal fatto che noi ci siamo, che ci organizzeremo in modo che quei cittadini di cui noi decidiamo che quell'anno sia un nostro interesse ottenere l'attenzione raggiungano determinati obiettivi e come misureremo poi il risultato di quest'azione.
Altrimenti il bilancio sociale sarà poco più di un report statistico anche noioso da leggere. Ci sono varie città, vari comuni che hanno inserito nel bilancio sociale anche il servizio bibliotecario, ma se andate poi a leggerlo troverete che semplicemente sono stati trascritti i dati del patrimonio, quando va bene, il numero dei prestiti, il numero degli iscritti, naturalmente ci sono sempre delle progressioni leggermente incrementali, non ho trovato alcun grafico che rappresenti delle cadute di prestazioni che invece potrebbero essere comprensibili, stanno accadendo. In Inghilterra l'ultimo studio diceva di una caduta del 20% dei prestiti, se ne è parlato serenamente. Noi siamo assolutamente renitenti ad affrontare qualunque ragionamento che non sia "noi siamo assolutamente indispensabili, siamo assolutamente funzionali, la nostra presenza è indiscutibile, punto e basta". Non c'è neanche la possibilità di mettere in discussione il "come", perché nel "come" si potrebbe inserire proprio quella differenza tra inefficienza, frammentazione, dispersione, disomogeneità che definisce un sistema nazionale del servizio bibliotecario che è inconsistente dal punto di vista della scommessa della quale oggi ci siamo messi qui a parlare. Scommessa che comunque, nella mia personale follia, credo che dobbiamo accettare e sono disposto ad accettare tanto che ho pensato di portare la questione nel Comitato Nazionale delle Biblioteche Pubbliche derivato dal famoso Protocollo Linee per la politica bibliotecaria dell'autonomia, Protocollo che devo dire con mio rammarico tutt'ora non ha preso il volo. Stiamo facendo i primi, proprio primi, metri del rullaggio e dobbiamo tutti quanti impegnarci a dare un'accelerata perché è un'occasione importante. Quello è un organismo che dovrebbe essere il soggetto che rappresenta gli interessi delle biblioteche pubbliche di tutto il Paese di proprietà dei Comuni, delle Province, delle Regioni, ma in senso lato, sono poi quelle biblioteche i cui servizi potrebbero far arrivare ai cittadini anche le risorse delle biblioteche delle Università, delle biblioteche degli Istituti culturali e quant'altro.
Ultimissima considerazione, l'approccio etico. Il bilancio sociale si può fare se è fatto all'interno di una comunità professionale che ha adottato un costume etico, in cui i comportamenti e la valutazione dei comportamenti non è affidata alla autoreferenzialità, come abbiamo visto quasi sempre, ma su affermazioni e definizioni che il cittadino che va a vedere il nostro bilancio sociale è in grado poi di utilizzare anche per criticare quello che noi abbiamo detto. Nel sito delle Biblioteche di Roma nelle prime righe trovate codice etico del bibliotecario italiano, codice etico dei sistemi bibliotecari, delle associazioni di altri paesi, perché la dimensione etica è l'unico appiglio che il cittadino ha per valutare e verificare cosa deve essere una biblioteca, quale è la sua missione: se questo mi posso attendere, almeno su questo ti valuto. Quindi il bilancio sociale diventa anche un modo per attuare le finalità etiche, sociali e culturali dell'istituzione bibliotecaria.
A questo proposito segnalo per la sua ricchezza di risorse e consigli metodologici il progetto "Cantieri" del Ministero della Funzione pubblica che contiene tra i progetti meglio sviluppati materiali, esperienze, buone pratiche, esempi di bilanci sociali di enti pubblici basati su una metodologia studiata e sperimentata sulle esigenze specifiche della Pubblica Amministrazione.
Credo che questo sia il punto di riferimento più importante ed aggiornato per chi volesse cimentarsi.
Il progetto "Cantieri" tiene anche corsi di formazione gratuiti per i dipendenti degli enti che decidono di metter in atto le buone pratiche che vengono diffuse. [2]

[1] Adriano Olivetti, Città dell'uomo. Torino, Edizioni di Comunità, 2001.
[2] vedere al sito http://www.cantieripa.it/inside.asp?id=1264


Copyright AIB 2005-08-09, ultimo aggiornamento 2005-10-02 a cura di Marcello Busato e Giovanna Frigimelica
URL: http://www.aib.it/aib/sezioni/veneto/vinay15/poggiali04.htm


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