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"15. Seminario Angela Vinay"
bibliotECONOMIA
dal costo al valore

Valutare il servizio: per un bilancio sociale dei servizi bibliotecari

Giorgio Busetto, Direttore dell'ASAC della Fondazione La Biennale di Venezia


Ieri, nel porgere il saluto della Fondazione La Biennale di Venezia, ho dato conto dell'orizzonte di riferimenti in cui intendo vadano situate le mie riflessioni.

Ritengo di rimarcare che il punto di riferimento primo e centrale debba essere quello etico, con il connesso riferimento al valore educativo della ricerca, della cultura, del servizio culturale. A me sembra che la funzione sociale della cultura sia un fatto naturalmente conseguente; gli aspetti econometrici credo tocchino invece ad altri ambiti disciplinari rispetto a quello che mi è proprio: penso che sia piuttosto politico il dato di considerazione della questione di costo e di valore e in particolare di quello che è il valore sociale di questa attività. Ciò dico senza alcuna sottovalutazione delle responsabilità insite nella gestione di un bilancio e quindi della necessità di disporre di competenze adeguate laddove ci appartenga questa responsabilità. Ora è chiaro che nella società dell'informazione e nelle attività che all'informazione propriamente si rapportano diventano assolutamente fondamentali e imprescindibili il valore sociale della nostra attività come sopra richiamato. E' altrettanto chiaro che contemporaneamente esiste il problema politico del controllo sociale, e che quindi il sistema educativo nel suo insieme, il sistema informativo nel suo insieme, quali espressioni di un determinato assetto sociale e politico, tendono a manipolare ed occultare i dati e le modalità di lettura dei dati in funzione del mantenimento di una determinata struttura della società. Questo è un fatto del tutto ovvio e necessario, fa parte di quelle che sono le dinamiche di costruzione della società e quindi non deve essere, dal mio punto di vista, oggetto di valutazione morale se non come fatto del tutto soggettivo.

Esiste una società dell'informazione che comincia a definirsi con il protogiornalismo alla fine del Seicento; a quell'epoca già tutto si configura con estrema chiarezza in questo senso, con l'avvento di nuovi ceti che arrivano al possesso dell'informazione sugli eventi e alla discussione dell'informazione sugli eventi, quindi alla valutazione dei dati informativi che vengono offerti. Allora all'interno di tutto quanto questo, noi abbiamo dei problemi di ordine metodologico nella strutturazione del sistema educativo che dovrebbe fornire gli strumenti di lettura della realtà.

Abbiamo assistito in queste ore al primo confronto elettorale diretto tra i due candidati alla presidenza degli Stati Uniti, sappiamo che la presidenza degli Stati Uniti rappresenta un ganglio vitale della organizzazione del mondo in questo momento, perché di nuovo nel mondo abbiamo un unico grande impero di riferimento e abbiamo quindi di nuovo tutta quanta una serie di dinamiche relative alla strutturazione dell'impero, alla difesa degli interessi che sono coerenti con il funzionamento dell'impero e così via. Ora è evidente dalla lettura di questo confronto l'inconsistenza dei dati su cui si basa il giudizio, che poi alla fine sarà un giudizio di pochi. Peraltro si tratta di una questione che appartiene con continuità alla storia dell'umanità, che è una storia dettata da decisioni che sono sempre state - anche nell'ambito delle democrazie - decisioni di una élite. Così in questo caso noi dobbiamo sapere che gli elettori che votano per il presidente degli Stati Uniti, in America, hanno una posizione dominante rispetto a noi che votiamo per i nostri governanti in Europa, perché questo è il dato di fatto con cui si configura il mondo; in qualche maniera noi siamo oggi in una situazione di dipendenza da quella élite, cioè da quella minoranza di elettori americani che eleggerà il presidente degli Stati Uniti. Bene tutto quanto quello che avviene in termini di determinazione del voto, di determinazione delle conclusioni, si basa su fatti che sono del tutto surrettizi, scarsamente significativi rispetto alla vita dell'impero. Questo deriva dal fatto che tutta la costruzione mediatica, tutta la costruzione educativa sposta l'attenzione e l'interesse delle masse dai dati significativi, che sono tutti presenti, evidenti, a quelli non significativi. Se noi apriamo il web o anche semplicemente il quotidiano di oggi, possiamo già entrare in possesso di una massa di dati assolutamente impressionante rispetto alla possibilità di decodifica della strutturazione del mondo. Nonostante ciò, i dati che vengono effettivamente colti sono frutto della impostazione del lettore, quindi sono frutto della manipolazione che viene data. Cioè in altre parole, derivano dalla descrizione del mondo che viene apparentemente proposta ma di fatto poi imposta dal sistema educativo alla maggioranza degli uomini nel mondo. Questo provoca reazioni, talora anche violente, e uno stato di disordine che, naturalmente, l'impero cerca in varia maniera di controllare, servendosi anche di noi, degli addetti alla strutturazione dell'informazione e alla erogazione dell'informazione.

Sono cose di cui dobbiamo tenere conto, di cui soprattutto dobbiamo evitare di scandalizzarci in modo ridicolo per non cadere di nuovo nella enfatizzazione di alcuni dati, nella manipolazione conseguente dei percorsi di lettura e cosi via. Questo, dal mio punto di vista, è uno degli elementi fondativi del contesto di riferimento. E' all'interno di questo che andremo a mettere le questioni di costo e valore nell'erogazione dei nostri servizi e quindi anche la modesta scheggia di questo universo che è rappresentata, per esempio, dalla catalogazione in SBN, va comunque letta dentro a questo sistema di riferimento.

E dunque, dentro a questo sistema di riferimento, il problema che hanno le nostre organizzazioni è quello di guadagnare uno spazio adeguato alla loro migliore strutturazione possibile e alla loro gestione in termini di strumenti che offrano libertà. Questo è un punto di riferimento essenziale, centrale anche nel Manifesto dell' UNESCO sulle biblioteche, che citavo anche ieri, di quella che è l'educazione alla libertà. Mi sono sempre proposto, come prima di me i miei maestri, di fare dei luoghi di cui io avevo responsabilità per rapporto all'organizzazione del lavoro, dei luoghi di libertà, di formazione, di educazione alla libertà, educazione alla libertà del pubblico, educazione alla libertà degli operatori e questo passa necessariamente attraverso l'identificazione di alcune regole e l'induzione al rispetto di queste regole. Queste regole sono regole che devono rimanere in coerenza con le questioni di costo altrimenti si perdono gli esiti in termini di valore, vale a dire che quella organizzazione che non riesca a darsi un dimensionamento ed equilibrio corretto in rapporto alle questioni di costo finisce per autodistruggersi e quindi porta automaticamente alla perdita di quello che è il suo valore. Organizzazioni di questo genere, in queste condizioni, ce ne sono molte, cioè le organizzazioni che non funzionano hanno un costo senza una coerente produzione di valore e quindi sono strutturalmente vocate ad annichilire in se stesse, ma anche a danneggiare tutte le organizzazioni consimili. Questo è un altro dato che sotto il profilo etico è rilevantissimo, in altre parole non si possono spendere male i soldi, il denaro è un grande valore e il denaro è un possente strumento di costruzione della società, di collegamento fra gli uomini. Tanto è vero che, laddove manca il denaro, anche i fatti di comunicazione si complicano enormemente, tutte le relazioni umane vengono messe in fortissima questione. Questo riguarda anche naturalmente le nostre organizzazioni. Allora diventa importante, dentro a questo contesto, avere nozione, avere conto del senso della spesa; la spesa deve essere indirizzata al miglioramento della vita, prima di tutto, della vita dell'utente diretto del servizio, ma poi anche, questo credo sia fatto importante scarsamente percepito e sottolineato, dell'utente indiretto del servizio, che è quello che riceve un beneficio dal miglioramento complessivo delle condizioni di vita generate dal miglioramento indotto da chi è cresciuto attraverso l'uso anche dello strumento educativo che noi forniamo. Dunque in questo senso noi mettiamo la nostra goccia nel vaso del benessere o viceversa buttiamo quel vaso a seconda di come ci comportiamo, di come riusciamo a strutturare il nostro lavoro e le nostre organizzazioni. Naturalmente il miglioramento della vita dell'operatore è un fatto rilevante, ma non può essere un fatto più rilevante del miglioramento della vita dell'utenza diretta e del miglioramento della vita dell'utenza indiretta. Su questo io devo dire che mi sono trovato ripetutamente a confronti anche duri, perché chi opera all'interno delle nostre strutture è ovviamente portatore di bisogni e fatica notevolmente a percepire i bisogni altrui e fatica ancora di più ad immaginare che i bisogni altrui possano venire prima dei propri. Qui c'è un fatto di contrapposizione proprio fra una umanità che lavora e quella che si serve del suo lavoro, che è un dato rilevante, estremamente interessante da tenere sempre presente. Anche qui ci sono una serie di strumenti per affrontare la questione, nessuno dei quali può essere ricondotto al cosiddetto "buonismo" che è artefice di danni incalcolabili.

Ora il senso della spesa deve dunque riguardare prima di tutto la percezione dell'ammontare della spesa, che è necessariamente una percezione relativa, ma che deve diventare tendenzialmente una percezione assoluta, cioè venire posto in riferimento agli andamenti complessivi della spesa. Soltanto con questo tipo di percezione si può negoziare politicamente, in maniera adeguata, l'allocazione delle risorse a favore della propria organizzazione. Dunque la questione dell'operatore e del suo posto diventa di nuovo una questione interessante e importante, così come diventa rilevante la consapevolezza dell'operatore di essere costo e di essere costo ben al di là di quello che può percepire. Di nuovo c'è un problema di relatività delle condizioni e della relatività dell'angolo visuale. Il costo dell'operatore va ben al di là di quello che egli può percepire per rapporto al denaro che effettivamente vede arrivare, che è una delle componenti, assolutamente minoritaria, del suo costo complessivo. Io ho assistito a situazioni come, per esempio, il mantenimento di una imponente struttura di personale all'interno di servizi bibliotecari, che per mantenere il personale non compravano più i libri, ma nessuno si sognava di licenziare qualche dipendente per garantire il servizio, ecco quindi il senso dell'esistenza di questi dipendenti come tali e non in funzione dell'utilità del loro lavoro. Si preferiva garantire il benessere di queste persone anziché garantire il servizio, d'altra parte "tengo famiglia" è uno dei riferimenti universali all'interno della cultura italiana; Questo ci sta mettendo evidentemente a rischio, ci sta portando a condizioni di difficoltà sotto due profili: da una parte quello della tenuta del sistema, dall'altra parte quello della resistenza, all'interno del sistema, a quelle forze che ritengono di modificare strutturalmente e pesantemente gli equilibri in termini di distribuzione della ricchezza. Quindi è doppiamente autolesionista la difesa oltranzista di certe posizioni che comunque, ad un certo momento, saranno spazzate via dal mercato, all'interno di condizioni generali di vita radicalmente più basse e quindi più fortemente punitive nei confronti dei meno abbienti. E di nuovo c'è da chiedersi da che parte stia, in questi contesti, l'essere buoni e l'essere cattivi.

L'altro elemento di consapevolezza, insieme alla consapevolezza del costo dell'operatore, è la consapevolezza del costo da parte dell'amministratore e qui di nuovo siamo in presenza di deficit culturali assolutamente strutturali, cioè è molto difficile che l'amministratore riesca a capire il senso di quello che fa, se non in termini vaghi, e in particolare il significato del concetto di costo, della sua composizione e della sua relativizzazione. Normalmente all'amministratore interessa solo il costo assoluto e non il costo relativo. Se io compro una sedia che costa poco, per risparmiare, probabilmente faccio un'operazione che, in termini di valore assoluto, in termini di costo assoluto, ha una sua positività; altrettanto probabilmente pagherò cara questa scelta e alla fine mi ricadrà in testa una notevole maggiore spesa con un notevole minore profitto, perché quella sedia si romperà, perché uscirà da una modularità dell'arredo, perché si faranno evidentemente tutti quanti quei passi che determinano alla fine la decozione della struttura. Dico la sedia non a caso, perché sulla sedia si centra una infinità di operazioni della biblioteca e la sedia è stata costantemente un punto di riferimento di tutta la cultura del Novecento, non sempre adeguatamente percepito. La sedia è certamente, in termini di design, uno degli oggetti più difficili da realizzare e la sedia in biblioteca ha perfino un valore simbolico: si connette con l'idea del posto di lettura ma si connette anche con l'idea del posto di lavoro, si connette quindi con un'idea di costi complessivi che è un'idea rilevante, cioè attorno alla sedia di biblioteca si può misurare tutto il costo della biblioteca, perché in relazione al mettersi su quella sedia stanno un insieme di costi, dell'acquisto e della gestione dello spazio, dell'acquisto e della gestione delle attrezzature, dell'acquisto e della gestione dei fondi, dell'erogazione dei servizi e così via. Dunque la consapevolezza dell'amministratore è un qualche cosa, per rapporto al costo, che va sommamente richiesto e va costantemente richiesto che sia riportata al valore e questo è, di nuovo, un dato eminentemente politico rispetto al quale, mi sembra, non abbiamo ancora sviluppato adeguatamente le nostre capacità di confronto attraverso quelle che sono le organizzazioni professionali piuttosto che quelle sindacali. Curioso che di organizzazioni invece padronali, diciamo così, per quello che riguarda la biblioteca di fatto non se ne vedano, cioè questo è un altro deficit notevole del mondo delle biblioteche. Possiamo immaginare di avere il riferimento sindacale e abbiamo invece un dilavamento, e di fatto, una inesistenza, una insussistenza del mondo che rappresenti, in termini proprietari, la struttura delle biblioteche; perché normalmente le biblioteche sono dissolte all'interno di altre organizzazioni di riferimento che per altro ignorano o quanto meno trascurano il senso, il valore, la funzione della biblioteca. Questo anche credo che sia per noi operatori un elemento su cui è importante riflettere, non è che questa riflessione manchi, l'abbiamo in piedi da decenni, ma affrontarla a partire da dati di rapporto fra costo e valore penso che possa rappresentare una porta d'entrata di non poco interesse per questo aspetto. Vale a dire che io rivendico l'esistenza di un padrone, non ho un padrone in termini di biblioteca, di padrone della biblioteca, ho il padrone delle ferriere, ho il padrone di una singola struttura complessiva che della biblioteca non riesce in realtà a tenere conto. E dunque mi ritrovo nella condizione del camionista che va con il contratto della fabbrica e quindi si ritrova in situazioni diversissime a seconda dell'appartenenza della fabbrica a questo o quel settore; ieri la questione è stata ampiamente dibattuta ed è stato evidenziato quale insieme di conseguenze questo crei in rapporto al trattamento poi dell'operatore della biblioteca. E qui entra in questione anche un altro elemento: se noi parliamo del lavoro come costo, automaticamente introduciamo delle altre considerazioni in termini di costo e valore e una di queste, diventata capitale ormai, è quella della flessibilità, che esita immediatamente in questioni di esternalizzazione. Allora se il lavoro è un costo, la flessibilità è un valore, che determina però a sua volta una ricaduta in termini di costo: una maggiore flessibilità dovrebbe comportare un maggiore costo relativo con un vantaggio gestionale complessivo, con una ricaduta interessante sulla manovrabilità del bilancio e quindi sulla manovrabilità dell'organizzazione. Naturalmente questo fatto determina una incidenza della flessibilità molto notevole per rapporto a quello che è il costo del lavoro e a quello che è il valore del lavoro e voi sapete che sulla flessibilità, che è diventata un altro degli idoli del nostro tempo, esistono delle forti polemiche, esistono punti di vista molto diversi, esistono anche degli strumenti, degli istituti del lavoro che sono stati intesi proprio a garantire la flessibilità. In realtà il problema della flessibilità è che bisognerebbe poter assumere e licenziare con facilità, senza che il licenziamento restituisse immediato potere a chi licenzia, addirittura discrezionale e capace quindi di interferire con tutta quanta una serie di scelte individuali e che l'essere licenziati volesse dire solamente ritornare su un mercato del lavoro di adeguata liquidità. Tutto quanto questo non si dà, nemmeno il dirigente della biblioteca può facilmente licenziarsi e trovare lavoro, c'è una staticità pesantissima su questo terreno, una vera ossificazione del sistema.

Infine l'esternalizzazione, che è una delle conseguenze della necessità di flessibilità, richiede un ripensamento e richiede di essere superata con l'individuazione di strumenti che siano fondamentalmente degli strumenti di cooperazione e degli strumenti di mercato. Vale a dire che la esternalizzazione pura e semplice rischia di essere un dato meramente monetarista, quindi un dato di negazione del valore e di enfatizzazione del costo, con la rinuncia al riconoscimento del rapporto fra costo e valore. Questo significa determinare una decadenza della struttura di personale in termini di competenza, fenomeno che va evidentemente combattuto; va combattuto all'interno delle organizzazioni cercando di strutturare dei sistemi che consentano lo spostamento del personale con facilità in relazione all'evoluzione delle necessità della struttura, va superato all'esterno attraverso la creazione di organizzazioni che cedano il lavoro però a rapporti di costo/valore che siano adeguati e capaci di tutelare i singoli lavoratori. E comunque la competenza fa premio su tutto, poiché non si governa l'esternalizzazione e in generale la flessibilità senza un saldo possesso dell'organizzazione, dei suoi principi, dei suoi metodi, delle sue finalità, e certamente, del suo valore e del suo costo.


Copyright AIB 2005-08-09, ultimo aggiornamento 2005-10-02 a cura di Marcello Busato e Giovanna Frigimelica
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