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"15. Seminario Angela Vinay"
bibliotECONOMIA
dal costo al valore

INTERVENTI DI APERTURA

Giorgio Busetto, Direttore dell'ASAC della Fondazione La Biennale di Venezia
(Interviene per Davide Croff, Presidente della Fondazione La Biennale di Venezia)


Porto il saluto del Presidente della Fondazione La Biennale di Venezia Davide Croff, che è dovuto rimanere a Roma per ragioni che qui potremmo dire ... di costo, mentre egli è assolutamente persuaso di quelle ... di valore, tant'è che ha posto a riferimento fondamentale del proprio lavoro il valore del marchio Biennale, che è una delle grandi componenti del marchio Venezia.
E' un marchio, quello di Venezia, che noi non riusciamo ancora a valutare congruamente e a mettere sul mercato in modo adeguato. Al contrario, esso viene sfruttato ampiamente, per esempio dal turismo, non solo a Venezia, ma in un territorio vastissimo che va da Monaco di Baviera a Ragusa-Dubrovnik, per dire. Ci sono alberghi così lontani da Venezia che vendono la loro collocazione con rapporto alla possibilità di raggiungere e vedere Venezia in giornata tornando a dormire in posti come Ragusa in aliscafo piuttosto che Monaco in pullman.

Il valore del marchio è, a mio credere, un fatto fondamentale: proprio riflettendo su questo mi è accaduto di notare quanto spesso l'indirizzo del sito delle biblioteche sia "org" o "it" e quanto più giustamente sarebbe "edu", cioè portatore dell'identità garantita da un marchio capace di contrassegnare l'universo dell'educazione e della cultura, mondo portatore di un valore assolutamente fondamentale per rapporto alla costruzione della sopravvivenza della specie umana.

Tutto ciò che appartiene alla accumulazione e trasmissione del sapere, alla formazione conseguente, tutto ciò che consente di sviluppare la ricerca, ha questo significato strategico, fa parte del compito grande e delicato che ci è affidato.

Oggi c'è la tendenza a finanziare solo la ricerca applicata, mentre la ricerca pura insieme alla accumulazione e trasmissione del sapere sono fatti assolutamente fondamentali proprio per garantire all'uomo inteso come specie la possibilità di sopravvivere nel tempo.

Questo pone il valore del nostro lavoro, il valore delle nostre organizzazioni, in un punto assolutamente elevato della scala della considerazione generale sotto un profilo teorico. Al contrario però, sotto il profilo pratico lo ritroviamo invece classificato ad un grado estremamente più basso, e questo naturalmente deve essere importante motivo di riflessione. D'altra parte noi assistiamo ad un progressivo sviluppo della concezione economica del lavoro, dell'organizzazione e così via. Per esempio, il fatto stesso che l'euro sia stato il primo grande risultato evidente, quotidiano e integrante, della Comunità Europea mette con molta evidenza il fattore economico al centro delle ipotesi di sviluppo. Tutto ciò avviene però non senza conseguenze all'interno dell'area della costruzione della cultura, appunto, cioè della accumulazione e trasmissione del sapere, e viceversa questo può costituire il presupposto per arrivare finalmente a portare l'area dell'educazione e della cultura all'interno dell'area economica che attualmente fa premio su tutto. E ciò perché sotto il profilo morale il mondo della cultura non ha saputo trasmettere in maniera adeguata il senso di valori fondamentali.

Questo porta con sé una serie di immense difficoltà, enfatizzate dalla globalizzazione, ovvero dallo sviluppo tecnologico delle comunicazioni, sia materiali che immateriali. Si apre così una straordinaria prospettiva di evoluzione che sta progressivamente cambiando tutte le modalità espressive; e qui, devo dire, la ricerca artistica ha dato segnali forti, importanti, con largo anticipo su quello che poi abbiamo visto avvenire, rompendo sin dall'inizio del Novecento tutti i confini tradizionali in termini di determinazione dei valori e in termini di codifica disciplinare delle attività e si pensi, per dire, a cosa è stato Duchamp in questo senso.

Dunque un mondo fortemente rimescolato, in cui però il pensiero ha ancora un polo fondamentale, quindi un valore fondamentale e chiede proprio attraverso di noi una diversa considerazione del suo posto. Questo significa veramente riclassificare tutta la spesa, tutta l'identità della spesa, cosa che può essere fatta soltanto se si ripropone il fatto morale come fatto centrale nella organizzazione delle cose umane e quindi anche nella organizzazione delle nostre cose, delle nostre attività.

La domanda "a chi serve e a cosa serve?", che secondo me deve sempre stare alla base del nostro lavoro, è una domanda che può trovare una risposta fondativa soltanto se sono fissati i grandi riferimenti di carattere morale. Anche i grandi documenti, come per esempio il Manifesto dell'Unesco per le biblioteche, contengono ed evidenziano con forza questo elemento, questo fatto di valore che sta nell'Uomo. E qui di nuovo è la grande tradizione culturale che ci facilita enormemente, perché nella nostra cultura sin dai suoi fondamenti ateniesi l'Uomo sta al centro almeno da 2500 anni. Ebbene tutto quanto questo deve anche indurci a ripensare i modelli culturali, quei modelli che oggi appaiono fortemente conflittuali perché sono stati in qualche modo spostati dall'elemento valore all'elemento costo.

Io credo che davvero occorra riflettere e approfondire questo tipo di tematica, e che sia fondamentale valorizzare la nostra cultura come cultura europea. D'altronde anche tutto il dibattito scatenato dalla Chiesa Cattolica sul fondamento cristiano della cultura europea rimanda lì, perché in realtà la cultura cristiana passa attraverso San Paolo, quindi prende la forma a noi nota passando attraverso la cultura greca, e il fatto non è assolutamente contraddittorio, il Cristianesimo si è fuso perfettamente all'interno della nostra cultura con la cultura classica greco-romana. Tutto quanto questo mette al centro della nostra riflessione e delle nostre possibilità, della nostra identità e della nostra espressività, un elemento identitario che contiene una immensa forza e che deve essere fortemente valorizzato. Di fronte a questo esistono altri modelli, come quello americano, come quello di altre realtà emergenti nel Terzo Mondo, che stentano a raggiungere questa posizione di centralità dell'Uomo e dei suoi valori che è invece assolutamente nostra e sulla quale noi viaggiamo con molta tranquillità, con molta serenità, con molta forza. Io credo che senza cadere in fatti di fondamentalismo rispetto a questa nostra identità, noi dobbiamo lavorare molto per riproporci per quello che siamo, sapendo che in quello che siamo esiste un immenso potenziale anche di integrazione di tutte quante le altre culture. Del resto noi apparteniamo ad una tradizione mediterranea che ha visto una tessitura di continui andirivieni: penso per esempio alle traduzioni e rielaborazioni con passaggio dal greco all'arabo, dall'arabo di nuovo al greco o a lingue dell'Europa e del bacino mediterraneo. Noi stiamo assolutamente dentro questo tipo di identità, queste modalità di elaborazione e trasmissione del sapere.

Ecco, sono considerazioni che debbono accompagnare i nostri passi nella elaborazione del nostro lavoro, nella sua sistematizzazione anche sotto il profilo economico, dove il fatto finanziario deve essere considerato come una componente contabile, non come un fatto fondativo; è il fatto economico che è fondativo, e il valore economico di quello che noi facciamo è immenso. Il problema è di renderlo compatibile all'interno del sistema con la disponibilità delle risorse, cioè di fare sì che sempre di più questa nostra attività produca un valore economico che sia anche riconoscibile immediatamente, cioè che produca anche ricchezza, e devo dire che su questo terreno si aprono delle possibilità molto interessanti nella misura in cui si moltiplicano gli scambi, cresce un terreno favorevole alle negoziazioni di tipo internazionale e le tradizionali barriere di ordine territoriale vengono dissolte dall'esistenza della rete e dalla esistenza di nuove modalità di relazione fra i popoli.

Questo è il terreno sul quale noi siamo chiamati a misurarci e lo possiamo fare solamente se riusciamo ad agire anche inserendo una forte componente di aggiornamento e autoaggiornamento continuo e costante; perché solamente la qualità alta degli operatori, alta moralmente e alta culturalmente, ci può garantire un riposizionamento delle nostre attività all'interno dei bilanci.


Copyright AIB 2005-08-09, ultimo aggiornamento 2005-10-02 a cura di Marcello Busato e Giovanna Frigimelica
URL: http://www.aib.it/aib/sezioni/veneto/vinay15/busetto0401.htm


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