AIB. Sezione Veneto. Congressi
AIB-WEB | Veneto
| Notizie | 15. Seminario Vinay
"15. Seminario Angela Vinay"
bibliotECONOMIA
dal costo al valore
Valutare il lavoro
Il valore delle risorse umane in biblioteca: riflessioni
per governare l’evoluzione
Nerio Agostini, Osservatorio lavoro dell'AIB
L’evoluzione normativa, le esperienze, gli studi, le sperimentazioni che hanno
avuto come riferimento i servizi pubblici e le biblioteche in particolare hanno
dimostrato e focalizzato la centralità del cittadino utente-cliente,
della qualità dei servizi erogati e della professionalità.
Le risorse umane sono l’elemento strategico che comporta però problemi
ed oneri di gestione e che influisce sul costo e sul valore del lavoro.
Negli ultimi anni, parallelamente all’evoluzione del rapporto di lavoro subordinato,
si è assistito alla individuazione di nuove forme di lavoro e di forme
di collaborazione negli enti pubblici spesso copiando, a volte in negativo,
quanto già sperimentato nelle aziende private. Vi è stato un vero
e proprio processo di "rinnovamento" graduale che ha di fatto ricevuto una forte
accelerazione a seguito del passaggio dal rapporto a diritto pubblico a quello
a diritto privato, impropriamente definito "privatizzazione" del rapporto di
pubblico impiego.
Molti cambiamenti sono anche stati indotti dal bisogno di rispondere agilmente
alla necessità di operatori il cui intervento fosse finalizzato a esigenze
specifiche e temporali, senza per questo aumentare la dotazione del personale
stabilmente in servizio cioè senza ricorrere ad assunzioni a tempo indeterminato.
Si è quindi sviluppato anche il ricorso alle tipologie lavorative cosiddette
"flessibili" già presenti nel mercato del lavoro.
Forme di lavoro che sono scelte nell’ambito della "gestione delle risorse umane"
che oggi, negli enti pubblici, è competenza dei Dirigenti/Responsabili
di servizio che vi provvedono mediante adozione di "atti di diritto comune,
con la capacità e i poteri del privato datore di lavoro" secondo
la disciplina dell’art. 5, comma 2, del D. Lgs. n. 165 del 2001
[1].
Negli enti locali le forme flessibili di rapporto di lavoro sono state inserite
nel 2000 nel Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL e sono le seguenti:
Le nuove forme di lavoro previste sono:
- lavoro a distanza – telelavoro [2]
- contratti di formazione e lavoro [3]
- contratti a termine [4]
- lavoro a tempo parziale [5]
- fornitura di prestazioni di lavoro temporaneo - lavoro interinale [6].
Lo spirito dichiarato era quello di "offrire agli enti ampi margini di gestione
diretta dei servizi, permettendo altresì il superamento del ricorso
alle collaborazioni continuate e coordinate nell’espletamento delle attività
istituzionali". [7]
Nella realtà questo intento valoriale è stato ignorato o totalmente
capovolto. Queste nuove forme di lavoro flessibile, che possono assumere la
caratteristica di "reali" modalità occupazionali, sono state poco utilizzate
o pressoché ignorate nelle biblioteche a favore di: un ricorso indiscriminato
di forme di lavoro "anomale"e formalmente illegittime; un abuso dell’utilizzo
delle collaborazioni coordinate continuative; una corsa esasperata alla esternalizzazione.
Ciò è avvenuto, negli ultimi anni, in nome di una "logica manageriale"
e di una "spinta governativa" che ha un imperativo comune e trasversale: "spendere
meno" e "risparmiare" a prescindere dal rischio dello scadimento di qualità
dei servizi aventi valenza culturale e sociale e della scomparsa di professionalità
come poi di fatto si è verificato e continua a verificarsi.
Si è fatto largo ricorso, in forma impropria e spesso illegittima, all’utilizzo
degli "obiettori di coscienza" ed ora per analogia ai volontari del servizio
civile (una retribuzione fissa attualmente 433 euro al mese per un numero di
ore settimanale che può variare da 25 a 36). Quest’ultima forma di prestazione
lavorativa, a termine, prevista da apposita legge [8],
in verità, non presenta tra i suoi principi generali e finalità,
indicati nell'articolo 1, le giustificazioni per l'utilizzo dei volontari nelle
biblioteche se non con delle pesanti forzature interpretative soprattutto con
riferimento alle biblioteche di ente locale. L’eventuale inserimento lavorativo
comunque «non deve essere sostitutivo di personale previsto in dotazione
organica e a qualsiasi titolo mancante», bensì finalizzato a svolgere
attività legate a progetti aggiuntivi di valenza sociale e con tale dicitura
ben definiti nel PEG.
Si è fatto e si fa ricorso anche al "volontariato generico" e al "volontariato
associativo". Il primo non è assolutamente previsto da nessuna norma
e non pertanto legittimo. Il secondo è presente nella forma di organizzazioni
o associazioni che si prefiggono lo scopo di collaborare con gli enti per la
gestione e la valorizzazione dei servizi culturali e spesso sono suggerite o
imposte dagli amministratori. Con queste realtà associative, attraverso
apposite convenzioni, è possibile attivare delle collaborazioni di supporto
nello svolgimento di attività nel territorio e in appoggio alle varie
strutture per favorirne la fruizione. Assolutamente non vanno utilizzate per
lo svolgimento di attività in sostituzione di personale già in
dotazione organica o ancora da assumere. Ciò in coerenza anche con quanto
riportato a tale proposito nelle linee guida Ifla [9].
Vi è poi stato il ricorso alle collaborazione coordinate continuative
(Co.co.co.).
Esso si giustifica, in biblioteca, solo in presenza di specifiche e temporanee
necessità, alle quali non si possa far fronte con le risorse professionali
esistenti, per carenza oggettiva o per indisponibilità, quindi con l'esclusione
di affidamento esterno dei compiti tipici dei dipendenti.
Sul punto esiste una costante e consolidata giurisprudenza della Corte dei Conti
che in più occasioni ha affermato come l'affidamento dell' incarico di
collaborazione per attività rientranti in quelle ordinarie dell' amministrazione
ed in assenza dell'individuazione delle finalità specifiche e temporanee
che lo giustificano [10] costituisce comportamento
illegittimo e perseguibile ai fini della responsabilità amministrativa
e non esclude l’eventualità di un danno erariale [11].
Questi incarichi sono tipologicamente definibili come rapporti di lavoro non
subordinati o "parasubordinati", senza vincoli gerarchici e obblighi di orari,
e "non devono essere sostitutivi di personale previsto in organico".
In questi ultimi anni la stragrande maggioranza degli incarichi parasubordinati
in biblioteca, purtroppo, sono stati di tipo generico e su qualsiasi attività
e profili professionali e soprattutto, cosa molto preoccupante, in sostituzione
di personale a tempo indeterminato. Una reale situazione di diffusa "illegalità"
sotto gli occhi di tutti e attuata da enti pubblici che per loro natura dovrebbero
vigilare sulla correttezza e rispetto delle leggi nel mondo del lavoro.
L’utilizzo delle Co.co.co. rappresenta, secondo l’Aran [12]
in alcuni comparti pubblici circa la metà delle cosiddette forme flessibili
e con un valore medio complessivo in tutta la P.A del 33% e del 45% nel Comparto
regioni ed autonomie locali. Questo dato è pressoché confermato
dall’ultima rilevazione della Ragioneria generale dello Stato nel 2002 in cui
i parasubordinati nell’insieme degli enti pubblici rappresentano il 30%.
Si dovrebbe fare ricorso alle Co.co.co. [13]
"solo" [14] nei casi previsti dall’art.
7, comma 6, del D. Lgs. 165/2001[15] che
prescrive:
"Per esigenze cui non possono far fronte con personale in servizio, le amministrazioni
pubbliche possono conferire incarichi individuali ad esperti di provata competenza,
determinando preventivamente durata, luogo, oggetto e compenso della collaborazione".
Per gli Enti Locali in particolare vale l’art. 110, comma 6, del D. Lgs 267/2000
[16] che a sua volta recita:
"Per obiettivi determinati e con convenzioni a termine, il regolamento può
prevedere collaborazioni esterne ad alto contenuto di professionalità".
L’abuso provoca interventi sanzionatori dell’INPS e della Corte dei Conti e
il danno economico all’ente [17], legato
ai diritti del lavoratore e al suo eventuale risarcimento e alla ravvisata evasione
previdenziale, che oggi viene recuperato, anche in via giudiziale, nei confronti
dei Dirigenti [18]. Nella nuova normativa
[19] questo rapporto di lavoro viene ridefinito
come "contratto a progetto" ma è escluso, come altre forme di nuova introduzione,
la sua applicazione agli enti pubblici [20].
Quando si parla di valore del lavoro, del servizio, della sua valutazione di
impatto sociale è chiaro che non si può fare a meno di parlare
della professionalità per affermare che essa ha un valore forte e non
si improvvisa: è frutto di cultura, esperienza, capacità gestionale,
ricerca, confronto, aggiornamento continuo. Tutti questi elementi determinano
un costo e quindi non possono essere presenti nel personale sottopagato o pagato
ai minimi tabellari sindacali, con inquadramenti nelle più basse categorie
o inseriti in profili professionali generici.
Si pone quindi sempre con maggiore forza il problema generale della formazione
(Università) e del riconoscimento e valorizzazione della professione
del bibliotecario (Albo professionale) così come nel rapporto di lavoro
il riconoscimento dei profili professionali specifici nell’ambito del nuovo
ordinamento.
Negli enti locali è il Dirigente/ Responsabile di servizio che ha la
competenza di definire e ridefinire nel tempo i profili professionali degli
operatori di biblioteca con un semplice atto di diritto comune (nota o disposizione
dirigenziale) che può essere aggiornato ed adattato alle professionalità
necessarie nel servizio nell’ambito della programmazione triennale e nella definizione
annuale della dotazione organica collegata al Peg.
In questo ambito l’AIB – Osservatorio Lavoro (struttura di servizio della Associazione
Italiana Biblioteche) [21], ha elaborato
una serie di indicazioni e di contributi tecnici, a disposizione di Amministratori,
Dirigenza e Sindacato, per favorire una corretta definizione di profili professionali
tipici per tutte le biblioteche.
Il problema della professionalità è drammaticamente presente nella
gestione indiretta contemplata sia dal Testo Unico degli enti locali [22]
dal Codice dei beni culturali [23].
Nella concessione o affidamento della gestione di attività o servizi
della biblioteca a terzi, i vari gestori, privati o meno che siano, spesso vincono
le gare di appalto proprio tenendo basso il costo del personale e quindi utilizzando
personale non qualificato e non professionalizzato o peggio ancora attuando
forme di sfruttamento professionale. E’ emblematico il caso di quegli appalti
dove l’affidamento avviene a tariffe orarie di 7/8 Euro contro un costo aziendale
oramai dell’ordine 15/16 Euro per figure tecniche di base come l’assistente
di biblioteca.
Il problema va affrontato, come oramai dimostrato, attraverso l’assegnazione
dell’appalto con la formula dell’offerta complessivamente più vantaggiosa.
Finalizzato a ciò è indispensabile predisporre una serie di strumenti
formali e sostanziali aventi lo scopo ben preciso di favorire la scelta migliore
possibile e garantirsi contemporaneamente la miglior qualità possibile
del servizio reso. Si fa riferimento quindi a precisi capitolati tecnici che
prevedano, tra l’altro: progetto di gestione, griglia di valutazione (punteggi)
dell’offerta tecnica in rapporto con l’offerta economica, professionalità
del personale impiegato, modalità di controllo e misurazione dei servizi.
Conseguentemente i rapporti tra gli enti ed i soggetti erogatori dei servizi
devono essere regolati da contratti di servizio [24].
L’Osservatorio Lavoro dell’AIB ha predisposto e recentemente pubblicato [25]
delle "linee guida" che descrivono tale metodologia. Esse mettono a fuoco, tra
i tanti elementi, in modo specifico la questione della professionalità
sotto i vari aspetti riguardanti l’appalto e la prestazione richiesta tra cui,
in particolare:
- la definizione dei profili professionali richiesti,
- il corretto riconoscimento contrattuale e la conseguente corretta retribuzione,
- le modalità di formazione, aggiornamento e riqualificazione,
- i rapporti con il personale dipendente dell’ente,
- i controlli sul rispetto delle singole voci di capitolato.
[1] Concetto ripreso e ribadito nella dichiarazione
congiunta n. 2 del CCNL relativo al personale delle Regioni e delle Autonomie
locali entrato in vigore il 23 gennaio 2004.
[2] DPR 8 marzo 1999 n. 70 - Regolamento recante
la disciplina del telelavoro nelle pubbliche amministrazioni, a norma dell'articolo
4, comma 3, della legge 16 giugno 1998, n. 191.
[3] Regolamentazione adottata in fasi successive
dal DL. 30 ottobre 1984, n. 726 sino alla legge 24 giugno 1996, n. 197.
[4]Con il D. Lgs. 6 settembre 2001, n. 368,
in attuazione della direttiva europea si ha la "liberalizzazione" di tale forma
di lavoro.
[5] D. Lgs 25.2.2000 n. 61 - Attuazione
della direttiva 97/81/CE relativa all ’accordo quadro sul lavoro a tempo parziale
concluso dall’UNICE, dal CEEP e dalla CES.
[6] Legge 24 giugno 1997, n. 196 - Norme in
materia di promozione dell'occupazione.
[7] Premessa del Titolo I dell’accordo collettivo
nazionale del 14.9.2000 relativo al personale delle Regioni e delle Autonomie
locali.
[8] Legge 6 marzo 2001 n. 64 - Istituzione
del servizio civile nazionale;
Regolamento relativo D. Lgs. 5 aprile 2002, n. 77- Disciplina del Servizio civile
nazionale a norma dell'articolo 2 della legge 6 marzo 2001, n. 64.
Circolare 10 novembre 2003, n. 53529/I.1- Norme sull’accreditamento degli enti
di servizio civile nazionale.
[9] Cap. 5.11 di Il servizio bibliotecario
pubblico: linee guida IFLA/Unesco, edizione italiana a cura della Commissione
nazionale Biblioteche pubbliche dell'AIB, Roma, AIB, 2002.
[10] Corte dei Conti Sez. Puglia n. 244 del
21/3/2003
[11] Corte dei Conti Sezione giurisdizionale
per il Veneto, 3 novembre 2003, n. 1124/2003.
Sui medesimi principi si rinvia, inoltre, a: Corte dei Conti, Sez. I, 18 gennaio
1994, n. 7; Sez. I, 7 marzo 1994, n. 56; Sezioni Riunite 12 giugno 2988, n. 27;
Sez. Il, 22 aprile 2002, n. 137; Sez. controllo enti, legge n. 33, 22 luglio 1994.
[12] Dall'indagine condotta dall' Aran ,
pubblicata ad ottobre 2003, sul ricorso alle Co.co.co. da parte delle pubbliche
amministrazioni nel biennio 2000-2001, emerge come in alcune realtà le
collaborazioni costituiscano una parte preponderante delle prestazioni lavocative.
[13] La V sez. del Consiglio di Stato, con
sentenza del 15 settembre 2003, n. 5144 ha stabilito un principio molto importante:
gli enti locali potranno continuare a utilizzare lo strumento delle collaborazioni
coordinate e continuative anche dopo l'entrata in vigore del D. Lgs. 10 settembre
2003, n. 276 che ha modificato la normativa a riguardo.
[14] Circolare del Dipartimento della Funzione
Pubblica del 26 luglio 2004, n. 4 (G.U. del 30 agosto 2004, n. 203).
[15] Vedasi Parere del 18 novembre 03, n.
182 del Dipartimento della Funzione pubblica
[16] Vedasi Parere del3 febbraio 2004, n.
189 - Ibidem.
[17] Art. 36, comma 2, D. Lgs. 30 marzo 2001,
n. 165 -Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni
pubbliche..
[18] - Sentenza del Consiglio di Stato, Se.
v, n. 4671/01
- Sentenza della Corte dei Conti, Sez. giurisdizionale del Veneto n. 1124/03.
[19] D. Lgs. 10 settembre 2003, n. 276 -
Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui
alla legge 14 febbraio 2003, n. 30.
[20] - Art. 1, comma 2, del D. Lgs. 10 settembre
2003, n. 276 , Ibidem – e successiva Circolare n. 1 dell’8 gennaio 2004 del Ministero
del Lavoro e Politiche Sociali.
[21] http://www.aib.it/aib/cen/ol04.htm
[22] Art. 113 del D.Lgs. 18 agosto 2000,
n. 267 - Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali così
come ripristinato nel testo originario dalla sentenza della Corte Costituzionale
del 27 luglio 2004, n. 272. Sentenza che ha dichiarato l’illegittimità
costituzionale delle modifiche introdotte all’art. 113 e dell’aggiunta dell’art.
113 bis, attuate con l’art. 35 «Norme in materia di servizi pubblici locali»
della Legge 28 dicembre 2001, n. 448 - Disposizioni
per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge finanziaria
2002) e successivamente con l’art. 14 del Decreto Legge 30 settembre 2003, n.
269 – "Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento
dei conti pubblici" (testo coordinato ripubblicato nella Gazzetta Ufficiale del
18 gennaio 2004) come modificato dalla Legge di conversione 24 novembre 2003,
n. 326 .
[23] dall'art. 115, comma 3 a), D. Lgs. 22 Gennaio 2004
, n. 41- Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10
della legge 6 luglio 2002, n. 137.
[24] Comma 5 dell’art. 113 bis già
citato.
[25] La presentazione ufficiale è
avvenuta il 6 maggio 2004 a Roma nell’ambito del convegno COLAP.
Copyright AIB 2005-08-09, ultimo
aggiornamento 2005-09-01 a cura di Marcello Busato e Giovanna
Frigimelica
URL: http://www.aib.it/aib/sezioni/veneto/vinay15/agostini04.htm
AIB-WEB | Veneto
| Notizie | 15. Seminario
Vinay