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"14. Seminario Angela Vinay"
bibliotECONOMIA
la frontiera digitale

ESPERIENZE A CONFRONTO

L'Archivio Digitale della Musica Veneta: note da un percorso

Maurizio Messina, Biblioteca Nazionale Marciana


Scopo di questo intervento non è tanto presentare il progetto dell'Archivio Digitale della Musica Veneta, su cui comunque qualcosa dirò, quanto di dare conto di aspetti non immediatamente evidenti, alcuni dei quali all'inizio erano stati sottovalutati, con l'intento di riuscire ad illustrare un metodo di lavoro e di documentare alcune scelte.

Come forse saprete il progetto ADMV si propone di istituire un servizio di accesso disponibile in rete a documenti che contengono musica notata, attraverso una stretta integrazione funzionale fra la registrazione catalografica della partitura musicale, pubblicata su un OPAC, l'immagine digitalizzata della partitura e il documento sonoro, anch'esso digitalizzato, corrispondente. E' un progetto di cooperazione fra la Biblioteca Nazionale Marciana, che conserva un fondo manoscritto musicale di eccezionale importanza, soprattutto per il sei e settecento veneto, la Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino, che per una serie di circostanze fra l'altro assai curiose entrò in possesso fra il 1927 e il 1930 di oltre il 90% della musica autografa esistente di Antonio Vivaldi, e la Discoteca di Stato che è in grado di mettere a disposizione, tramite la rete ed a determinate condizioni, le esecuzioni sonore. Chiarisco subito che la relazione fra partitura musicale ed esecuzione sonora non è di natura filologica, cioè non disporremo, in generale, di esecuzioni riferite alla partitura tramandata da uno specifico codice, e non potrebbe essere diversamente, visto che le esecuzioni avvengono generalmente su trascrizioni moderne; abbiamo però considerato il collegamento con il sonoro un elemento qualificante, in quanto il progetto intende rivolgersi non solo ad un pubblico di musicologi e di specialisti, ma anche ad un pubblico più vasto, come dire, di "medi melomani". E' bene anche precisare che ci muoviamo in un contesto di biblioteca digitale nell'accezione che a questi termini danno le istituzioni della memoria, che comprende tutte le attività necessarie a realizzare la scansione digitale di preesistenti oggetti analogici e a mettere in servizio gli oggetti digitali così realizzati a vantaggio degli utenti, con ricadute positive anche sulle attività di conservazione. Ritengo questa una precisazione importante, in quanto non va dimenticato che l'accezione di biblioteca digitale propria, ad esempio, delle istituzioni della ricerca e delle università è diversa, ed è molto più attenta alle modalità di produzione, validazione, disseminazione ed uso dei documenti che nascono digitali.

Alla data, è in fase avanzata di test l'OPAC, su dati reali esportati dagli applicativi gestionali di catalogazione dei singoli partner, e sono state esperite le gare per l'affidamento del servizio di digitalizzazione dei codici musicali, comprensivo della raccolta dei metadati gestionali ed amministrativi da associare alle immagini digitalizzate. Partono proprio in questi giorni i lavori di digitalizzazione del fondo vivaldiano a Torino, e, per quanto riguarda la Marciana, di un gruppo di codici di Alessandro e Benedetto Marcello e di un primo nucleo del fondo contariniano, contenente per lo più preziose partiture di drammi per musica del seicento.

ADMV ha goduto della fiducia e dell'appoggio concreto, cioè di adeguati finanziamenti, da parte della Direzione Generale per i beni librari, ed ha consentito di avviare, su vari aspetti, una collaborazione più che proficua con l'ICCU; da ultimo, è stato apprezzato e in qualche modo adottato dal Comitato Guida della Biblioteca Digitale Italiana, che ha disposto quanto necessario per coinvolgere un gruppo di nuovi partner, creando tra l'altro le condizioni per la caduta di quella V finale, a segnare l'estensione a documenti musicali diversi da quelli riconducibili all'area veneta. Una V che comunque, in questo intervento, che è relativo alla Marciana, continuerò a mantenere.

Fin qui le informazioni di carattere generale, ma accennavo poco fa ad alcuni aspetti, che al principio avevamo sottovalutato. Uno dei cardini del progetto, evidente fin dallo studio di fattibilità, era l'intento del gruppo di lavoro ADMV di realizzare un sistema aperto, dal punto di vista dell'accesso ai servizi ma anche dal punto di vista tecnologico. ADMV non è un software, e non prescrive un software. Non prevede la realizzazione di una base dati catalografica e di immagini centralizzata, ma di tante basi dati locali per il recupero delle informazioni che condividano la medesima struttura del record catalografico e siano consultabili unitariamente dall'utente finale. Essenziale per noi era che queste basi dati potessero essere alimentate da applicativi di catalogazione musicale diversi, che, a questo fine, dovevano essere in grado di esportare i record catalografici in un formato convenuto. Con questa impostazione diveniva dunque centrale l'uso di standard condivisi, e direi anche consolidati, in quanto non era nelle nostre intenzioni realizzare un progetto sperimentale, ma piuttosto un modello reale di servizio. Non mi dilungo qui sui motivi della scelta di UNIMARC come standard per i record di catalogo, basti dire che disponevamo già di un'analisi di dettaglio del formato UNIMARC di record di tipo musicale, relativi sia a manoscritti che a edizioni, per l'alimentazione dell'OPAC indice di SBN. Quell'analisi è stata il nostro punto di partenza.

Il contesto tecnico e funzionale che è scaturito da quest'impostazione è quindi di tipo tradizionale, e prevede tre componenti logiche, e generalmente anche fisiche:

Solo per l'OPAC abbiamo voluto, come prodotto del progetto, un applicativo unico, nel senso di uno stesso strumento replicato nei tre siti, in quanto l'OPAC resta, nella nostra impostazione, la chiave di accesso e lo strumento centrale di erogazione dei servizi, che sono uniformi fra i partner. Gli OPAC di ADMV comprendono comunque uno strato Z39.50 che consente l'accesso alle basi dati ADMV anche con interfacce diverse, proprie di altri OPAC Z39.50, limitatamente alle informazioni comuni previste e gestite dal medesimo standard.

Al principio non c'era piena consapevolezza di quanto, con l'impostazione che ho delineato, avessimo scelto una strada tortuosa e difficile: la differenza fra gli applicativi di catalogazione utilizzati dai partner e il fatto che solo la Marciana disponesse di funzioni native di export in formato UNIMARC, ha comportato un lavoro minuzioso di mappatura di ciascun applicativo sugli altri, e di tutti quanti su UNIMARC. Parallelamente l'analisi del formato relativamente ai record di tipo musicale rivelava, anche a seguito del confronto con le aspettative di utenti qualificati, alcune carenze e necessità di integrazione. E in conseguenza della definizione della nostra applicazione UNIMARC gli stessi applicativi di catalogazione hanno dovuto subire delle modifiche. Non posso dilungarmi su tutto questo, dirò solo che si è lavorato molto su tali temi anche in un gruppo coordinato dall'ICCU che ha presentato al Permanent Unimarc Commitee in sede IFLA una serie di proposte di modifica e integrazione del formato, che abbiamo avuto la soddisfazione di vedere quasi tutte approvate. Adesso ci auguriamo che tutto questo lavoro possa venire utilizzato anche in sede di definizione del formato dei record musicali per Indice 2, tenendo presente l'esigenza di molte biblioteche musicali di catalogare la musica, al pari degli altri materiali, in modalità partecipata.

Non voglio qui fare il diario del progetto, ma ho raccontato queste cose per evidenziare come anche in un progetto di digitalizzazione, credo, pensato e costruito con cura si siano dedicati più tempo del previsto e un grande impegno intellettuale ai formati e agli standard catalografici. Quello del rapporto fra catalogazione e digitalizzazione è un problema che si ripresenta spesso nei progetti di scansione digitale, e sempre nasconde un "grumo" di complessità che è bene non sottovalutare. Sembra veramente arduo, nella nostra professione, liberarci da questa sorta di "centralità" della catalogazione, e non potrebbe essere altrimenti, almeno fintantoché l'intermediazione fra utente e informazione, anche in un contesto di biblioteca digitale, continuerà ad essere svolta da rappresentazioni formalizzate degli oggetti che recano le informazioni, o delle informazioni stesse. La difficoltà nasce dal fatto che mentre la scansione digitale è un processo di natura seriale, o se vogliamo industriale, la catalogazione è un'attività parcellizzata, atomica, di natura scientifica. I tempi dell'una e dell'altra sono drammaticamente diversi. Vale sempre, quindi, il principio generale secondo il quale non si deve procedere alla scansione digitale di materiale che non sia già stato catalogato, e per il quale non si disponga di registrazioni standardizzate e disponibili al pubblico su sistemi di recupero delle informazioni.

Al momento, continuo a non vedere alternative valide all'accesso agli oggetti digitali da parte degli utenti attraverso una ricerca su OPAC e la navigazione di un link. C'è tuttavia, e sempre di più ci sarà, una grande necessità di studi su come gli utenti utilizzano e utilizzeranno i sistemi di ricerca e reperimento delle informazioni e degli oggetti, in un contesto di biblioteca digitale. La teoria della catalogazione, da sempre, si è posta l'obiettivo di creare dei surrogati dei documenti, basandosi sul presupposto che quei documenti non erano fisicamente disponibili, non era possibile vederli, aprirli, maneggiarli. Oggi almeno l'immagine digitale di quei documenti può essere resa disponibile, e questo dovrà avere qualche conseguenza. Si può presumere che tutta una serie di informazioni di dettaglio, pensiamo ad esempio alla descrizione minuziosa delle componenti materiali di documenti rari e preziosi, potranno risultare superflue disponendo di un'immagine di qualità del documento. Qui si può certamente obiettare che qualunque descrizione formalizzata implica una valutazione critica ed interpretativa, cioè un'operazione di natura scientifica e culturale che costituisce il valore aggiunto della catalogazione, ma allora perché non pensare anche ad un collegamento di natura ipertestuale con, appunto, un testo, uno studio, degli apparati bibliografici e critici digitalizzati, tali da rispondere alle esigenze della ricerca in maniera più ampia, problematica, meno ultimativa di quanto consentito dal formalismo catalografico. Un buon oggetto di analisi, per questo specifico argomento, è l'OPAC dell'IRCAM, l'Istituto di ricerca musicale del Centre Pompidou, interessante anche sotto vari altri aspetti: qui, ad esempio, ad alcuni nomi di musicisti è collegato con opportuni link un apparato bibliografico e critico che prefigura la costituzione di vere e proprie basi dati tematiche specializzate agevolmente percorribili. Naturalmente questi sono solo spunti di riflessione, ma credo che comunque i sistemi di recupero delle informazioni e gli OPAC del futuro avranno registrazioni catalografiche più sintetiche, quindi più economiche, e molti più collegamenti, crescerà la percentuale di informazioni di natura dinamica, con funzioni di snodo informativo sia verso oggetti digitali correlati che verso servizi, rispetto a quelle di tipo statico e descrittivo.

Nell'OPAC di ADMV dobbiamo fare i conti con registrazioni catalografiche ricche e dettagliate, data anche la natura e l'eccezionalità dei materiali. Abbiamo dunque posto una certa cura nel predisporre le icone di collegamento con gli oggetti digitali, ben evidenti in ciascuna schermata per facilitare chi fosse meno interessato agli apparati descrittivi e volesse puntare direttamente alle immagini o al suono, e abbiamo pensato di articolare la prospettazione analitica delle registrazioni catalografiche in tre macroaree informative, con ulteriori suddivisioni al loro interno, secondo lo schema "cosa - dove - altre informazioni":

Già la prima macroarea, da sola, dovrebbe soddisfare le esigenze della maggior parte degli utenti interessati alla fruizione diretta degli oggetti digitali.

Oltre ai metadati di natura descrittiva, quali sono i record di catalogo, sono centrali per il progetto i metadati amministrativi e gestionali, che citiamo abitualmente con l'acronimo MAG. ADMV implementa lo schema MAG così come è stato proposto da un Gruppo di lavoro sui metadati istituito dall'ICCU e coordinato, per questo specifico aspetto, dalla BNCF. Dopo due versioni provvisorie è imminente la pubblicazione della versione 1.0 dello schema, che il Comitato Guida della BDI dovrebbe adottare come standard per i progetti di digitalizzazione.

L'adozione di schemi di metadati amministrativi e gestionali ha segnato il discrimine fra due diverse generazioni di progetti di digitalizzazione. Nella prima l'attenzione era tutta concentrata sul tema della riproduzione digitale, cioè della creazione di copie tramite conversione dal supporto analogico a quello digitale, esattamente come si era fatto fino ad allora con le conversioni su supporti fotografici quali il microfilm. Questi progetti rispondevano indirettamente ad esigenze di tutela dei documenti rari e di pregio, e spesso si sono concretizzati in qualche migliaio di CD-ROM allineati sugli scaffali, pressoché ingestibili a fini diversi da quelli appena citati. La seconda generazione di progetti di digitalizzazione ha posto invece l'accento sui valori d'uso delle basi dati di oggetti che venivano creati a seguito della scansione digitale, nella convinzione che solo nuovi modelli di servizio potessero giustificare gli ingenti investimenti per la digitalizzazione, e che gli oggetti digitali fossero dei beni in sé, meritevoli essi stessi di tutela e valorizzazione. Il valore d'uso di un oggetto digitale consiste nella possibilità di essere acceduto, e soprattutto, data la fragilità dell'informazione digitale, una catena di bit che abbisogna di strumenti di interpretazione soggetti ad obsolescenza tecnologica, di essere acceduto continuativamente nel tempo. I MAG, questo insieme di dati da associare a ciascun oggetto digitale, rispondono bene a questa esigenza, fornendo ad esempio le informazioni necessarie per l'attivazione delle procedure di conservazione digitale (Digital Preservation). Lalla Sotgiu, nel suo intervento al recente convegno di Ravenna sul "Linguaggio delle biblioteche digitali", citava come linea di lavoro considerata prioritaria nel VI Programma Quadro dell'Unione Europea sulle Tecnologie per la Società dell'Informazione la "industrializzazione dei sistemi di digitalizzazione", che dovranno basarsi su procedure interamente automatizzate. Adeguati schemi di MAG giocheranno un ruolo decisivo in questo senso, proprio per la loro funzione normalizzatrice, in grado di influenzare le linee di produzione degli oggetti digitali. Non sembra casuale, allora, l'interesse che alcune aziende attive nel settore della digitalizzazione hanno dimostrato per lo schema, un interesse che significa disponibilità ad investire nella costruzione di software per la raccolta e la gestione dei MAG; e particolarmente importante mi pare l'indicazione, emersa all'interno del Gruppo di lavoro sui metadati dell'ICCU, che tali software siano costruiti a partire da componenti Open Source, e siano quindi liberamente disponibili o come tali o all'interno di prodotti commerciali specifici e dotati di valore aggiunto. Strumenti di questo genere sono importanti per creare un mercato dei servizi per la digitalizzazione, pur mantenendo un grado sufficiente di uniformità fra le diverse applicazioni.

I MAG, e gli schemi di metadati in genere, sono poi componenti necessarie di un archivio digitale che rispetti lo standard OAIS (Open Archival Information System). OAIS è uno standard ISO del 2002, che si autodefinisce come "Un archivio, consistente in un'organizzazione di persone e sistemi, che ha accettato la responsabilità della conservazione dell'informazione e del renderla disponibile per una determinata comunità". A tale scopo "esso individua termini e concetti rilevanti per l'archiviazione di documenti digitali, identifica le componenti e i processi chiave comuni alla maggior parte delle attività di conservazione digitale, e propone un modello logico di riferimento per gli oggetti digitali e i metadati loro associati, che comprende la creazione e l'uso dei metadati utili a gestire il materiale elettronico, dalla fase di acquisizione a quella della conservazione, fino alla fase di accesso" (Cirocchi, 2001). Di fatto è lo standard emergente per la conservazione delle risorse digitali. OAIS si pone però come modello logico di riferimento di valore generale ed astratto, e prescinde da una specifica implementazione. Vi è dunque necessità, sia per i MAG che per gli archivi OAIS, di manuali applicativi, linee guida e tutto quanto può servire per orientare le implementazioni concrete, e risulterebbe quanto mai utile l'attivazione di "tavolo degli implementatori", a cui invitare anche le aziende.

Nel tempo per la verità troppo lungo della sua realizzazione ADMV si è rivelato un contenitore di linee di lavoro diverse e un incubatore di attività destinate ad andare oltre i limiti temporali e finanziari del progetto. Per la Marciana l'obiettivo resta quello di attivare un modello innovativo di servizio di ricerca di documenti musicali a partire dalla digitalizzazione dell'intero fondo musicale manoscritto.


Copyright AIB 2004-07-26, ultimo aggiornamento 2004-10-05 a cura di Marcello Busato e Giovanna Frigimelica
URL: http://www.aib.it/aib/sezioni/veneto/vinay14/messina03.htm


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