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"13. Seminario Angela Vinay"
BibliotECONOMIA
fund raising e servizi bibliotecari

INTERVENTI DI APERTURA

Emilio Rosini
Presidente della Fondazione Querini Stampalia



Come Presidente della Fondazione dovrei limitarmi ad un saluto e ad un augurio di buon lavoro, ma il fascino del tema mi consente di aggiungere qualche parola.
A volte ci capita di credere di trovarci ad un crocevia della storia, ma se questo spesso è esagerato, forse non è esagerato dire che per quanto riguarda le tecniche di fruizione del libro stiamo veramente in un momento di crisi, nel senso neutro o buono della parola. Le possibilità di utilizzare i libri sono esaltate dalle tecniche informatiche (possiamo sapere dove si trova un libro raro e possiamo consultarlo a volte anche da molto lontano), ma certo tutto questo costa. Queste nuove forme di fruizione del libro costituiscono delle grandi opportunità, ma impongono a tutti quelli che si occupano di biblioteche delle notevoli responsabilità.

Il tema del fund raising pone dei problemi che per me, studioso soprattutto di scienza delle finanze, non sono lievi. Siamo abituati a pensare che spetti alla pubblica autorità di stabilire la ripartizione del prodotto nazionale lordo fra consumi pubblici e consumi privati, e che all'interno dei consumi pubblici spetti ugualmente all'autorità stabilire le priorità. Probabilmente si tratta di una concezione, se non superata, certo recessiva; oggi si dà molta importanza al mercato nella allocazione delle risorse. Non è che i risultati siano sempre entusiasmanti, ma questo è il segno dei tempi.
Per quanto riguarda le biblioteche si può dire tuttavia che è più gradevole la prospettiva di servizi bibliotecari finanziati interamente, in modo cioè sufficiente e adeguato, da una pubblica amministrazione democratica e sensibile.
In questo caso però la pubblica amministrazione non farebbe altro che il suo dovere, mentre se sono i privati a finanziare i servizi culturali si tratta di un atteggiamento super-erogatorio.
La dott.ssa Rabitti sembra alludere all'esigenza di qualche interesse personale, s'intende dell'impresa, del soggetto finanziatore, nello scegliere il bene culturale da sostenere coi propri mezzi.
Ha fatto poi una distinzione tra biblioteche e musei, per esempio, proprio sotto questo profilo e, anche se a me personalmente sembra molto più affascinante guardare uno scaffale di libri che non il più bello dei quadri, capisco che l'opinione corrente possa essere diversa.
Eppure noi sappiamo per esperienza che ci sono società nelle quali il finanziamento delle attività culturali (quindi anche delle biblioteche) è considerato dai privati finanziatori, o comunque dai possibili finanziatori, un impegno gratificante e doveroso, e che questo sistema in qualche modo funziona.
Io non credo si tratti di techné, forse si tratta proprio di episteme: credo cioè che il fatto di capire quanto la biblioteca serva a ciascuno di noi (anche a quelli che non ci vanno) sia un fenomeno culturale, perché un ambiente culturalmente attento è sotto molti riguardi produttore di beni esternalizzati che si diffondono su tutta la società, anche sulle attività produttive di beni materiali. Certo è facile notare come una società colta produca di più e si arricchisca più facilmente.
Quindi il problema del fund raising forse è un problema di diffusione della cultura. Attraverso la valorizzazione delle biblioteche si può arricchire culturalmente la società e da questo arricchimento culturale si possono poi trarre i fondi per il funzionamento delle biblioteche stesse (e non è un circolo vizioso).
Vi ringrazio di essere qui e vi auguro buon lavoro.


Copyright AIB, 2002-02-21, ultimo aggiornamento 2002-04-11 a cura di Marcello Busato
URL: http://www.aib.it/aib/sezioni/veneto/vinay13/rosini02.htm

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