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"13. Seminario Angela Vinay"
BibliotECONOMIA
fund raising e servizi bibliotecari

INTERVENTI DI APERTURA

Chiara Rabitti
Responsabile della Biblioteca della Fondazione Querini Stampalia


Nella tradizione di questi Seminari prendo la parola per prima, per salutare i presenti ed introdurre il tema di queste giornate.
Saluto e ringrazio in particolare il prof. Sicilia, che ha accettato di aprire i nostri lavori , e i rappresentanti delle istituzioni che con la Querini sono titolari di questa iniziativa: la Regione del Veneto e la sua Giunta Regionale con l' Assessorato alle Politiche per la Cultura e l'Identità Veneta, la Provincia di Venezia e il Comune di Venezia con i loro Assessorati alla Cultura, l'Istituto Centrale per il Catalogo Unico delle Biblioteche Italiane, l'Università Ca' Foscari di Venezia con il suo Sistema Bibliotecario e il Corso di laurea in Conservazione dei Beni Culturali e la Sezione Veneto dell'Associazione Italiana Biblioteche. Ringrazio infine il Ministero per i Beni e le Attività Culturali che negli ultimi anni ha pure sostenuto questo Seminario con il suo contributo.

Molto brevemente percorrerò la storia di questa edizione del Seminario. Affrontiamo quest'anno il tema del fund raising in rapporto ai servizi bibliotecari, tema già sfiorato nelle edizioni precedenti di questo nuovo ciclo dedicato alla "bibliotECONOMIA", dove l'artificio grafico si riferisce appunto all'economia delle biblioteche nel senso stretto del termine. Abbiamo voluto dunque questa volta, dopo aver accennato a vari aspetti della realtà economica delle biblioteche, rivolgerci in particolare all'attività specifica della raccolta dei fondi. Devo dire che in un primo momento proponendo questo tema ho riscontrato nei miei interlocutori, e ho peraltro avvertito io stessa, una grande perplessità nei confronti dell' idea di parlare di una cosa che probabilmente non esiste, o forse non esiste ancora. In realtà quando ci siamo messi a riflettere su questo argomento ci siamo accorti che poco o nulla c'era di specifico che fosse stato detto, scritto o tantomeno realizzato;. anche l'ormai abituale percorso di navigazione in rete, per un primo, allargato approccio al tema da prendere in considerazione, nella fase iniziale della strutturazione di questo Seminario ha dato ben pochi risultati. Mi sono resa conto cioè il fund raising nel nostro paese è inteso per lo più in un senso molto generale, dove i beni culturali e le biblioteche rappresentano puramente delle possibilità, delle applicazioni molto marginali, o al massimo viene considerato, se nell'ambito dei beni culturali, in riferimento a beni diversi dalle biblioteche e dai servizi bibliotecari. Si potrebbe qui aprire una interessante parentesi sul quesito se e come le biblioteche siano da considerare beni culturali, ma questo potrebbe eventualmente essere il tema di una altro Seminario.
Attività sistematiche, scientifiche di fund raising per le biblioteche esistono peraltro altrove, in paesi dove diversi sono i contesti e le tradizioni culturali, e di conseguenza diverso è il rapporto dei cittadini con le loro biblioteche.

Qualcosa di più troviamo se interpretiamo il fund raising in una accezione più estesa, come possibilità di finanziamenti straordinari o di accesso a fondi aggiuntivi, o comunque di condizioni che in qualche maniera facilitino il finanziamento di biblioteche. Riscontriamo infatti negli ultimi anni uno sviluppo di finanziamenti straordinari pubblici, e in parte anche privati, su progetti specifici; ci sono poi tutti quei finanziamenti che vengono dai fondi del lotto, la vendita delle licenze UMTS, l'otto per mille; ci sono infine i fondi europei. Se poi andiamo ad allargare ancora di più il campo, possiamo in qualche maniera comprendere in un'attività molto lata di fund raising anche il prodotto delle economie di scala che ci vengono dalla cooperazione, di cui tanto abbiamo parlato anche in questa sede nelle precedenti edizioni; oppure dalle possibilità di tariffazione, su cui pure tanto si è cominciato a dibattere e ancora poco a chiarire; oppure da nuove modalità di gestione delle risorse umane, e qui il discorso diventa complesso, difficile e delicato, e sarà credo affrontato e approfondito nella conferenza di primavera dell'AIB ad Alghero all'inizio del mese prossimo.
Situazioni di facilitazione per il finanziamento delle biblioteche possono poi derivare da interventi come quello sulla deducibilità piena delle erogazioni liberali in favore dei beni culturali, intervento che può avere degli aspetti discutibili ma che comunque apre ormai una strada alla possibilità di incentivazione di un sostegno economico privato alla cultura.

Mi sono dunque resa conto, facendo la rapida analisi qui sintetizzata, che in questo Seminario avrei dovuto andare a costruire un mosaico mettendo insieme diversi tipi di competenze e di esperienze, seguendo diversi filoni che rappresentano ciascuno una parte del nostro tema, senza che però nessuno di essi vi coincida pienamente. Ho cercato così di riunire pubblici funzionari e amministratori, docenti esperti di economia e politica della cultura e di fund raising, come portatori di metodi, di esperienze, di progetti da mettere a confronto per verificare gli elementi di compatibilità e le effettive possibilità di applicazione della raccolta fondi per quel che riguarda i servizi bibliotecari; e alla fine potremo anche concludere le nostre giornate convincendoci che davvero queste possibilità non esistono, o che in Italia sono comunque necessariamente molto diverse da quelle che troviamo in altri paesi.

Vorrei fornire ancora qualche spunto sulla base di quelle che sono state le mie riflessioni nell'imbastire questo incontro, soffermandomi prima sul confronto che viene spontaneo tra il contesto del fund raising per i musei da un lato e per le biblioteche dall'altro; questo tipo di osservazioni mi sono peraltro quasi ovvie, dato che lavoro in una Fondazione attiva in ambedue i settori e dove quindi il confronto è quotidiano e immediato. È evidente innanzitutto che il museo offre una maggiore visibilità, proprio in quanto il museo " si va a vedere": quindi gli interventi effettuati su un museo sono certo immediatamente apprezzabili da chi lo visita; interventi quali il restauro di un quadro inoltre, pur complessi dal punto di vista tecnico e artistico, non toccano generalmente un tessuto sociale, politico e culturale tanto delicato quanto quello che sarebbe interessato da un intervento sui servizi bibliotecari (per il semplice restauro librario vale invece il discorso fatto per il museo, anche se comunque con inferiore visibilità). Nel caso del museo poi dispongo di una qualità di partenza più sicura, perché il suo patrimonio è già in qualche modo validato: se un finanziatore supporta un intervento sulla Gioconda lega il suo nome a un marchio particolarmente forte, ma comunque il fatto che un quadro sia conservato in un museo costituisce di per sé una garanzia di qualità. Dal punto di vista psicologico la fruizione del museo avviene infine per lo più in un contesto, se non di svago, sicuramente di distensione e spesso di vacanza, che viene registrato e memorizzato in chiave piacevole e rilassante, coinvolgendo in una percezione positiva tutti gli elementi che vi sono collegati: condizione questa più che appetibile per chi intenda associarvi anche il suo marchio di finanziatore.

Quando cerco di immaginare interventi sulle biblioteche osservo dunque che molto minore è la visibilità, e che al di là degli interventi puramente conservativi, quelli operati sui servizi vanno necessariamente a inserirsi in un equilibrio strategico complesso; rispetto alla qualità, purtroppo questa non è sempre comprovata nelle nostre biblioteche, e non è facile accettare il rischio di finanziare qualche cosa che non garantisca un buon ritorno di immagine; la fruizione della biblioteca infine è legata spesso a una situazione di necessità (di studio o di semplice informazione) e a un contesto comunque fortemente impegnativo e non necessariamente gratificante.
Tutto ciò in un quadro di scarsa cultura della biblioteca, spesso purtroppo anche da parte di chi vi opera, e di scarsa consapevolezza del lavoro che vi si svolge; un esempio ne è la spinosa questione delle donazioni, occasioni importanti per l'incremento del patrimonio bibliografico ma pericolosissime per la creazione di alti costi di gestione non sempre giustificati dalla qualità del dono, che rischiano di trasformare il preteso benefattore in una seria minaccia per il bilancio della struttura.

Da questo discende la necessità di individuare quelli che sono e possono essere i punti di forza reali delle biblioteche, e gli strumenti più efficaci per portarli avanti e renderli appetibili a chi potesse essere interessato a finanziarli. La biblioteca ha bisogno di un grande lavoro sulla comunicazione, che solo oggi l'AIB sta intraprendendo con progetti come @your library, ma forse manca in questo settore un retroterra sufficientemente robusto; bisogna quindi individuare tipologie di interventi specifici mirati sul patrimonio e sui servizi, ben chiari e con precise garanzie qualitative - perché nessuno può essere interessato a supportare un'attività o un servizio di scarsa qualità - e puntare alla valorizzazione del contesto bibliotecario in rapporto alle motivazioni dei singoli pubblici della biblioteca, che come sappiamo non sono uno solo ma hanno varie valenze anche in rapporto alla mission della biblioteca stessa. E tutto questo va realizzato comunque mantenendo le garanzie di autonomia della biblioteca, cioè senza compromettere le sue funzioni istituzionali e specifiche che devono essere e restare ben chiare. In questo modo il fund raising e i finanziamenti esterni posso diventare veramente uno stimolo a crescere, a migliorare i servizi e a crearne di nuovi; altrimenti si tratta o di beneficenza pura, perché nessuno si aspetta nulla di ritorno, o di una mano troppo forte, che comporta qualche rischio di condizionamento.

Un'ultima considerazione: ho detto che vogliamo verificare gli elementi, la possibilità di applicazione del fund raising nell'ambiente dei servizi bibliotecari, cioè sforzarci di immaginare un'attività che forse non esiste, o che comunque è oggi sporadica, casuale, contingente, legata a volte proprio solo alla presenza di qualcuno che vi si voglia e possa dedicare. In realtà credo che, una volta verificatane la possibilità, essa dovrebbe diventare un'attività scientifica e strutturata all'interno delle biblioteche, sviluppando una competenza nuova e specifica; e qui si apre il discorso sulle difficoltà che esistono attualmente per inserire, nelle biblioteche come altrove, le competenze nuove e che servono davvero. C'è infatti tutta una serie di competenze necessarie anche al lavoro della biblioteca, generali o specifiche, che non possono trovare collocazione perché non sono contemplate, e quindi sono svolte quasi a livello volontaristico e senza una sistematicità, senza un ruolo particolare all'interno della struttura. In un articolo su "Il Sole 24 Ore" qualche tempo fa Guido Guerzoni faceva delle interessanti osservazioni sulla miseria del contesto retributivo dei beni culturali, anche in rapporto al possibile inserimento di nuovi e qualificati profili professionali altrove ben diversamente valutati; e leggevo recentemente che la New York Public Library ha addirittura chiuso alcune sezioni per creare spazi e uffici per i fund raisers, cosa che da noi suona quasi come uno scandalo ma che dovrebbe farci riflettere.
Potrebbe dunque essere un'idea, come prima destinazione del fund raising, quella di supportare i fund raisers, cioè di sponsorizzare in qualche maniera chi fa questo tipo di mestiere; sempre che questo mestiere possa davvero esistere nel nostro contesto bibliotecario.


Copyright AIB, 2002-02-21, ultimo aggiornamento 2002-04-11 a cura di Marcello Busato
URL: http://www.aib.it/aib/sezioni/veneto/vinay13/rabitti02.htm


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