"13. Seminario Angela Vinay"
BibliotECONOMIA
fund raising e servizi bibliotecari
Introduzione alla tavola rotonda
Igino Poggiali
Presidente dell'Associazione Italiana Biblioteche
Sono particolarmente contento che si sia giunti a questa iniziativa, che per
l'AIB è la prima credo - salvo qualche possibile episodio a margine di
altri convegni-, in cui si affronta la questione del fund raising, o più
in generale la questione della condivisione con i cosiddetti stakeholders (evocati
anche poco fa). Parlo di tutti quelli che hanno a che fare con le nostre istituzioni,
nella realizzazione di quel servizio che è stato presentato benissimo
da Barbara Rossi nella sua ultima slide e che è l'ordinario nel panorama
italiano, cioè un servizio erogato gratuitamente, senza quindi previsione
di una diretta partecipazione economica da parte del cittadino-utente/utente-cittadino.
Il fatto di aver posticipato a questa mattina la relazione di Barbara Rossi
prevista per il pomeriggio di ieri mi risparmia inoltre di spiegare che cosa
intendiamo con l'espressione fund raising, che si va ormai diffondendo anche
nel nostro paese.
Devo dire che l'Associazione già nel precedente triennio (ma anche nel
programma del gruppo che si è candidato alla sua direzione nel triennio
corrente) aveva in programma lo sviluppo di questo filone di interesse, cioè
lo sviluppo tanto a livello nazionale quanto a livello locale di una politica
sistematica di gestione del fund raising, intesa come insieme di comportamenti
nuovi da introdurre sia nel modo col quale le biblioteche si propongono al loro
specifico contesto territoriale, culturale e imprenditoriale, sia nelle dinamiche
stesse dell'AIB in quanto tale.
Come sapete, oggi l'Associazione è presente in tutto il territorio nazionale
con le sue sezioni territoriali: tra queste ci sono sezioni molto attive e capaci
di canalizzare, in particolare, i fondi pubblici che le Regioni e gli altri
enti locali mettono a disposizione di una serie di soggetti. Anche noi rientriamo
dunque nel quadro dei percettori di questi fondi, sulla base di progetti spesso
molto importanti, di livello nazionale e internazionale. È necessaria
tuttavia un'attività di ampliamento delle forme e dei modi coi quali
un'associazione come la nostra può captare l'interesse delle imprese
e dei singoli privati, ad esempio attraverso la figura degli "Amici"dell'Associazione
(anche se deve essere ben chiara la differenza tra i Soci-Amici dell'AIB e i
Soci-Professionisti membri dell'Associazione).
Uscendo dall'impaccio con il quale a livello professionale stiamo ancora guardando
in Italia a questo tipo di comportamenti senza praticarli, credo che ormai sia
arrivato il tempo di entrare in campo e di fare anche noi, là dove è
possibile, questo tipo di esperienza. Abbiamo segnali da più parti e
situazioni ormai consolidate in questo senso (come quella della Fondazione Querini
Stampalia che oggi ci è stata molto ben rappresentata) che danno il quadro
di quali siano i potenziali sviluppi dell'attività di fund raising rispetto
al ruolo della biblioteca.
Voglio subito sottolineare che non stiamo parlando di raccolta di fondi in funzione
di uno scopo specifico, o di un risparmio di fondi di cui disponiamo, o comunque
di uno spostamento del peso economico delle nostre biblioteche su altri soggetti.
Credo, e lo vedremo anche dai contributi dei colleghi che siedono intorno a
questa tavola rotonda, che il vero significato del fund raising stia invece
nel riposizionamento culturale delle nostre biblioteche e del loro modo di essere
percepite. Bisogna uscire dalla logica del servizio erogato per entrare in quella
del servizio autogestito, in cui ciascuno può portare il suo contributo
personale che non è solo quello del denaro o di qualche dono, ma è
in primo luogo quello di sentirsi personalmente titolare delle funzioni della
biblioteca e quindi, in qualche modo, di garantire che la biblioteca abbia sempre
uno spazio, un ruolo apprezzato e consolidato che non si riduce, ma che anzi
si amplia sempre di più.
Un tempo, per esempio, persino in Italia le biblioteche, insieme ad altre istituzioni culturali, erano molto più frequentemente destinatarie di lasciti e donazioni di interi patrimoni (palazzi, appartamenti, terreni), patrimoni che, come nel caso della Fondazione Querini Stampalia, costituiscono una della risorse necessarie per far funzionare l'insieme della struttura. Oggi sicuramente nessuno di noi ha mai neanche pensato di candidarsi quale destinatario dell'eredità di un anziano signore, che non ha eredi o che ha eredi che detesta, piuttosto che lasciare che la sua sostanza vada sul mercato di altri tipi di beneficenza (tutta, d'altra parte, assolutamente degna).
Ma quali sono i problemi che si interpongono, che ci fanno esitare ancora molto ad andare in questa direzione? Prima di tutto la storia fiscale del nostro paese, che ha sempre disincentivato qualunque forma di socializzazione delle responsabilità rispetto ai servizi pubblici: una forma di stato "totalitario" che ridistribuisce tutto il denaro raccolto con le tasse a chi ritiene più giusto e opportuno, togliendo quindi all'autodeterminazione quello spazio che nei paesi anglosassoni è invece la radice, il fondamento della molto più elevata contribuzione privata alle istituzioni culturali, e tra queste alle biblioteche.
L'altro aspetto, che oggi è pure stato qui ben rappresentato, è
quello della percezione del servizio, per cui, per esempio, solo in rarissimi
casi possiamo trovare in Italia delle associazioni di "Amici della biblioteca"
strutturate, organizzate e capaci di assumersi parte degli obiettivi della biblioteca,
obiettivi che spesso la biblioteca stessa non riesce comunque a sviluppare.
Pensiamo a quanto potrebbe essere utile un'associazione di "Amici" nella gestione
di alcune funzioni della biblioteca come, per esempio, il trasporto del libro
all'anziano a casa, la lettura del libro al bambino nella scuola o in ospedale,
la raccolta di fondi rispetto a iniziative e manifestazioni di vario tipo. L'abitudine
di acquisire attraverso feste, mostre, manifestazioni e iniziative diverse le
risorse aggiuntive necessarie per acquistare libri, giocattoli e altri materiali,
o per realizzare nuovi progetti o organizzare corsi complementari all'ordinaria
attività educativa, è del resto molto sviluppata negli asili e
nelle scuole materne, credo in tutta Italia, in modo molto semplice ed elementare
dal punto di vista organizzativo, ma molto efficace.
Ciò non significa assolutamente che l'istituzione che gestisce il servizio
abbia ridotto i suoi costi (sarebbe una mistificazione che non mi sento di sostenere),
ma rappresenta invece un enorme potenziamento del modello culturale di utilizzo
del servizio pubblico. Il cittadino così non è più semplicemente
un utente passivo, servito spesso con alterne forme di livello comunicativo
ed emozionale, ma si sente partecipe affettivamente, emotivamente, dal punto
di vista del valore stesso del servizio che gli viene offerto.
C'è in questo aspetto (e lo dico con molta serenità essendo il
presidente dell'Associazione ancora per un anno) anche una certa gelosia professionale,
il timore cioè da parte dei bibliotecari di perdere il controllo del
proprio mestiere se troppi "estranei" si occupano del loro lavoro. Come spesso
ricordo, questo timore era emerso con forza già nelle prime discussioni
su "Nati per leggere", un'iniziativa che vede genitori e pediatri lavorare insieme
ai bibliotecari per promuovere la lettura tra i bambini da zero a cinque anni,
costruendo così i nuovi lettori di domani. Al contrario credo che queste
collaborazioni comportino un incremento enorme dell'immagine e della persistenza
della biblioteca nella società perché ogni genitore, ogni pediatra
diventa quasi un operatore aggiunto della biblioteca stessa, rendendo molto
più efficace il nostro impatto sociale: queste sono strade che dobbiamo
assolutamente imparare a padroneggiare senza timori e senza esitazioni.
Un altro aspetto problematico è la nostra scarsa attitudine alla comunicazione
e al marketing. Ciò di cui parliamo questa mattina è assolutamente,
fortemente legato alla nostra capacità di comunicare l'orizzonte, i contenuti,
i valori e le emozioni della nostra professione: è un lavoro che non
si improvvisa, e soprattutto che non può essere falso, né simulato
una volta ogni tanto per fare fund raising.
Probabilmente oggi i nostri relatori ci diranno che entrare in una ottica di
fund raising per una biblioteca significa rileggersi anche dal punto di vista
del proprio modo di proporre i servizi, e questo vuol dire che i servizi stessi
vanno riprogettati anche in funzione della possibilità di essere effettivamente
e in modo gratificante partecipati dai nostri utenti: ed è nel momento
della progettazione complessiva del servizio, dei suoi prodotti e delle sue
prestazioni che noi dobbiamo calcolare, immaginare e saper lasciare le caselle
vuote che questi nostri amici e alleati potranno riempire.
Ringrazio vivamente la Fondazione Querini Stampalia per la sua attività
dedicata ad Angela Vinay e, in particolare, per la nuova serie di incontri intitolati
alla bibiliotECONOMIA. Il termine economia in maiuscolo sta a significare che
l'aspetto economico, nel senso ampio del termine, è al centro delle riflessioni
di questi Seminari che diventano quindi dei capisaldi di un lavoro che ci auguriamo
possa essere poi tradotto in pratica in tutto il territorio, a cominciare dalle
strutture di punta e più organizzate.
Credo che il problema venga affrontato sistematicamente per la prima volta,
per quanto riguarda le biblioteche italiane, proprio in quest'occasione, partendo
dalle esperienze, dai casi di eccellenza che qui verranno presentati. Abbiamo
infatti attorno al nostro tavolo: Christopher Gordon, Presidente dell'Advisory
Board della Fondazione Fitzcarraldo, che illustrerà l'ambiente anglosassone,
quello al quale tutti abbiamo guardato per arrivare a proporre una discussione
di questo tipo; Thomas Heskia, di FOKUS, Austrian Society for Cultural Economics
and Policy Studies, che ci parlerà della Biblioteca Nazionale Austriaca
e della sua attività di fund raising; Paola Dubini, Professore Associato
di Economia Aziendale all'Università Commerciale Bocconi, che ci presenterà
invece un inquadramento teorico e metodologico delle problematiche di cui ci
facciamo carico questa mattina; Giorgio Busetto, che ci illustrerà come
questo tipo di visione dell'istituto culturale sia stato e resti il tratto particolare
di una fondazione come questa, che offre un servizio pubblico in gran parte
proprio attraverso la raccolta di fondi di terzi.
Prima di passare loro la parola, volevo ricordare che l'Associazione ha recentemente
messo in campo alcune attività di supporto al fund raising e comunque
alle iniziative di condivisione con la società degli obiettivi della
biblioteca, proprio per evitare che ognuno debba partire da zero, per suo conto.
Mi riferisco, per esempio, all'operazione "Nati per leggere", che ho già
citato e che è stata la prima in ordine di tempo a voler sperimentare
le modalità con le quali la società civile può essere collegata
alle funzioni della biblioteca, che sono anche quelle di promozione, di comunicazione,
di proposizione di modelli e di costruzione degli utenti.
Le aziende più sviluppate dal punto di vista della capacità di
impatto sul mercato dedicano molte risorse all'educazione dei loro utenti: "Nati
per leggere"non è altro che un'esperienza in questo campo, che riunisce
molte biblioteche ed ha quindi un impatto estremamente differente rispetto alla
singola iniziativa di una realtà isolata. Abbiamo visto che gli amministratori
locali sono interessati e disposti a sostenere "Nati per leggere"(perché
sanno che è un modo di partecipare ad un più ampio progetto nazionale)
molto più di quanto sarebbero disposti a finanziare un'attività
specifica genericamente orientata allo stesso tipo di obiettivo.
Nelle ultime settimane abbiamo lanciato una nuova operazione che si chiama "@lla
tua biblioteca", traduzione italiana della campagna mondiale @your library,
nella quale siamo uniti a tutti i bibliotecari del mondo. E' una campagna già
in corso in numerosi paesi, il cui marchio, controllato a livello internazionale
dall'IFLA, deve essere utilizzato secondo le forme del marketing e solo dopo
la verifica da parte delle associazioni nazionali che venga effettivamente collegato
ad attività attinenti con la missione della campagna.
Si tratta di un modo per dare una dimensione e quindi un peso internazionale
a tutte le iniziative, anche di fund raising ma non solo, che le biblioteche
possono promuovere sul loro territorio per allargare il consenso, raccogliere
contributi e trovare alleati. Anche la nostra Associazione, sul piano nazionale,
ha aderito a questa campagna consentendo quindi a tutte le biblioteche italiane
di potersi sentire idealmente parte di questo movimento universale. Credo che
questo aspetto ci permetterà di avere sui nostri interlocutori un impatto
molto più efficace di quello che avremmo proponendo le stesse cose come
iniziativa individuale, locale, soggettiva.
Come vedete il quadro è estremamente ricco e complesso, ma la sostanza
credo sia invece abbastanza semplice e facilmente praticabile, non fosse altro
perché abbiamo numerosi esempi e molte esperienze alle quali fare riferimento
e dalle quali anche, brutalmente, copiare.