"13. Seminario Angela Vinay"
BibliotECONOMIA
fund raising e servizi bibliotecari
Il fundraising presso i privati: il punto di vista della biblioteca
Paola Dubini
Professore associato di Economia Aziendale all'Università Commerciale
L.Bocconi
Tutte le istituzioni svolgono processi economici, che richiedono l'impiego
di risorse: senza risorse non si genera ricchezza.. Dal punto di vista istituzionale,
quindi, tutti gli enti, anche quelli non-profit, devono porsi il problema di
reperire in modo continuativo le risorse necessarie a garantire lo svolgimento
della propria attività, se vogliono garantirsi la sopravvivenza e la
continuità nel tempo.
Le risorse che servono alle aziende e agli enti per svolgere le attività
tipiche e per raggiungere i propri obiettivi istituzionali provengono a vario
titolo da un insieme di fonti: dai soci, dagli enti pubblici, dai fornitori,
dai dipendenti e in parte dalla ricchezza generata dallo svolgimento dell'attività
economica.
Alcune di queste risorse si caratterizzano per essere relativamente stabili
nel tempo e di non richiedere remunerazione immediata (è il caso del
capitale sociale). Altre vengono prestate all'azienda ad un prezzo (tipicamente
i prestiti).
Nel caso delle imprese non-profit, la gestione tipica generalmente non produce
ricchezza (e le biblioteche da questo punto di vista rappresentano un caso limite)
e la capacità di generare valore si associa ad una costante tensione
ad arricchire il patrimonio con una struttura di costo nella quale i costi fissi
hanno un'incidenza preponderante. Ne deriva che il problema di raccogliere
risorse su base stabile è per questi enti particolarmente pressante.
In tutte le aziende, il problema del reperimento delle risorse chiave per garantire
la sopravvivenza e la crescita è responsabilità dei vertici aziendali.
La progettazione delle strutture e dei meccanismi di governo economico deve
quindi essere orientata fra l'altro a fare in modo di responsabilizzare
da un lato e di aiutare dall'altro i membri del consiglio di amministrazione
o di altre strutture di governo economico in questa attività chiave.
Quanto più la collettività e le istituzioni si aspettano che gli
enti culturali siano responsabilizzati a procurarsi "da soli" e per
certi aspetti in concorrenza fra loro parte delle risorse chiave per coprire
i propri fabbisogni finanziari, tanto più è necessario che questi
rafforzino innanzitutto i propri organi di governo economico e trattino il tema
del fund raising come aspetto strategico per garantire la continuità
dell'istituzione. Da questo punto di vista, l'esempio della New York
Public Library è molto interessante. L'organo fondamentale di governo
economico è rappresentato dal board of trustees, una sorta di consiglio
di amministrazione composto da una quarantina di persone organizzate in comitati
ristretti che definiscono le politiche di acquisizione, le linee di sviluppo,
le attività da svolgere e conseguentemente quantificano i fabbisogni
e lanciano le campagne di fund raising. Una volta stabilita la somma da raccogliere,
i membri del board of trustees automaticamente contribuiscono per un ammontare
pari al 15% della somma da raccogliere. Lo statuto della New York Public Library
prevede inoltre che per ogni somma raccolta da privati a sostegno della biblioteca,
il Comune e gli altri enti pubblici che finanziano stabilmente la biblioteca
partecipino per uguale ammontare. Questo significa che all'avvio della
campagna di fund raising, si genera una "gara" nella raccolta, poiché
quante più risorse saranno raccolte dal board of trustees, tante più
potranno essere richieste agli enti pubblici finanziatori.
Un altro punto di riflessione nella progettazione di un programma di fund raising
è rappresentato dalla necessità per l'istituzione culturale
di comunicare il proprio posizionamento. In una situazione nella quale le istituzioni
sono chiamate a farsi parte attiva nel reperimento di fondi presso più
categorie di interlocutori, è inevitabile aspettarsi che i "grandi"
e i "piccoli" donatori saranno sollecitati da più parti a contribuire,
non solo a sostegno di iniziative culturali (e già la varietà
di interventi e di attori è molto ampia, poiché è cosa
ben diversa sostenere un museo rispetto ad una biblioteca, un bene, piuttosto
che un evento), ma anche a interventi umanitari, formativi e cosi via. Definire
in modo preciso il proprio posizionamento, la propria specificità, i
propri elementi di valore rende più semplice dal punto di vista dell'interlocutore
valutare l'interesse e l'opportunità di sostenere l'iniziativa.
Anche se apparentemente si riduce il mercato potenziale dei "donatori",
poiché alcuni di loro comprenderanno rapidamente di non essere interessati
a contribuire, l'istituzione culturale che sa esprimere con chiarezza ai
propri interlocutori la propria unicità e il proprio valore crea le premesse
per avviare un rapporto duraturo e cooperativo con i donatori. Questo è
fondamentale, come si diceva prima, per garantire la continuità di relazione;
una delle grandi differenze fra donatori pubblici e donatori privati, infatti,
è rappresentata dal fatto che le donazioni pubbliche tendono ad essere
relativamente costanti nel tempo, mentre quelle private presentano una maggiore
variabilità. Un caso molto interessante da questo punto di vista è
rappresentato dal Festivaletteratura di Mantova, che si caratterizza per essere
un evento del territorio per il territorio. Il Festival mobilita moltissime
persone; soprattutto nei primi anni, la stragrande maggioranza delle risorse
private proveniva da cittadini e da operatori locali, commercianti, piccoli
imprenditori. Un elemento molto suggestivo del Festival è rappresentato
dalla presenza di tantissimi ragazzi mantovani che nelle giornate della manifestazione
lavorano come volontari per le piazze della città.
Dal punto di vista istituzionale, un progetto come Festivaletteratura presenta
tuttavia il rischio di paralisi decisionale: se infatti deve trattarsi di un
progetto che mobilita tutta la città, tutti in linea di principio devono
poter dire la loro. Il processo decisionale può risultare rallentato
e la gestione del consenso può assorbire molte energie. La soluzione
istituzionale che è stata trovata in questo caso è stata di affidare
il governo del Festival a due enti distinti, ma che operano in stretto contatto.
Il comitato promotore, composto da otto persone, ha il compito di reperire le
risorse e di definire la policy e le linee guida del Festival; è quindi
l'organo che mantiene il rapporto con gli sponsor. L'associazione
Amici del Festival raccoglie invece il contributo dei circa mille tesserati
ed ha responsabilità organizzative e gestionali per tutta la durata del
Festival. Festivaletteratura attua un progetto di fund raising nei confronti
sia degli sponsor, sia degli associati, ma ha ben compreso che le due categorie
di interlocutori privati hanno caratteristiche, aspettative e possono fornire
contributi molto diversi fra loro. Generalizzando, possiamo quindi affermare
che è necessario per l'istituzione culturale non solo definire e
comunicare la propria specificità, ma anche essere consapevole che i
possibili donatori non sono un interlocutore indifferenziato. Le iniziative
che Festivaletteratura organizza per fidelizzare i volontari e spingerli a rinnovare
ogni anno il proprio impegno (cene, incontri ecc) sono ben diverse da quelle
rivolte agli sponsor e gestite dal comitato promotore. La Fondazione Querini
Stampalia è un altro esempio di istituzione che ha ben compreso che il
sistema dei donatori è composto da un insieme molto articolato di attori,
ai quali è necessario rivolgersi con proposte mirate, coerenti però
fra loro e con l'immagine complessiva della Fondazione e con un obiettivo
di bilanciamento di portafoglio. Infatti se riconosciamo la varietà degli
interlocutori, riconosciamo anche il fatto che ci sono alcuni fondi che arrivano
con un orizzonte temporale più lungo, altri che devono essere negoziati
rapidamente, alcuni che devono riguardare operazioni ordinarie, altri straordinarie.
Se focalizziamo l'attenzione sulle imprese come donatori in iniziative culturali, notiamo che la relativa novità del coinvolgimento "sistematico" dei privati nei progetti di valorizzazione culturale, che stimola riflessioni e perplessità all'interno del mondo degli operatori culturali e delle istituzioni, "spiazza" un poco anche le imprese. Come spesso succede per i fenomeni "nuovi", gli interlocutori hanno bisogno di avvicinarsi per gradi e comprendono in processo il valore e il contributo reciproco che pubblico e privato possono fornire. Ancora oggi molti grandi finanziatori della cultura, penso in particolare ad alcune banche, tendono ad operare su più fronti senza un criterio particolare, finanziando a pioggia e in modo indiscriminato il convegno, il restauro, l'arte contemporanea..., rendendo difficile stabilire criteri di equità distributiva e, dal punto di vista del mercato, comprendere la logica di associazione del marchio della banca alla cultura. Secondo me agisce molto meglio la Banca dell'Etruria e del Lazio, che ha deciso di riservare tutti i suoi investimenti in cultura al restauro, possibilmente di opere pittoriche come il ciclo del Signorelli, creando ovviamente un legame stabile con il territorio. Una strategia di questo tipo è infinitamente più premiante, sia dal punto di vista della coerenza interna e della chiarezza, sia in termini di ritorno economico, che non una ripartizione a pioggia. Da questo punto di vista, una ricerca commissionata da Assolombarda alla Bocconi sulle motivazioni che spingono le imprese private a finanziare progetti culturali individua una sorta di ciclo di vita nella consapevolezza del proprio ruolo nel finanziare la cultura: "i distanti" sono imprese che ad oggi non vedono nell'arte e nella cultura ambiti di coinvolgimento e di opportunità e che vedono con favore iniziative di defiscalizzazione per le sponsorizzazioni culturali come elemento di incentivo. Un altro gruppo di imprese vede la propria partecipazione al mondo dell'arte e della cultura in termini prevalentemente di marketing. L'opportunità di un intervento in questi ambiti è valutata in termini di visibilità del marchio e di ritorno economico di investimenti promozionali; da questo punto di vista occorre però essere consapevoli del fatto che i ritorni degli investimenti promozionali e pubblicitari in cultura non sono paragonabili a quelli di campagne stampa o televisive, anche nel caso di sponsorizzazioni a grandi manifestazioni; le imprese più attente, da questo punto di vista, utilizzano le sponsorizzazioni culturali come strumento di comunicazione istituzionale presso segmenti specifici di clienti (di solito i clienti istituzionali), o ne hanno compreso la valenza educativa. I pubblici di riferimento più citati dalle imprese che finanziano i progetti culturali sono rappresentati infatti dagli studenti e dalla comunità scientifica. Infine alcune imprese vedono nell'investimento in arte e cultura una delle espressioni della propria strategia aziendale, e sono quindi disponibili ad un coinvolgimento stabile e duraturo in un progetto di conservazione e valorizzazione. Questo riguarda sia aziende per le quali l'arte e la cultura sono elementi del proprio DNA e importanti fonti di vantaggio competitivo (perché trasferite nel proprio sistema di offerta), sia imprese che vedono nel sostegno a questi ambiti un ambito di responsabilità istituzionale e sociale. Alcune imprese hanno deciso di valorizzare la propria storia e il proprio patrimonio costituendo fondazioni o istituendo musei di impresa: si pensi ad aziende come Mondadori, Corriere della Sera, Prada, Alessi, Zucchi, Guzzini, Kartell, Ferragamo, Ricordi ... Si tratta di esempi su cui riflettere e da studiare, per verificare la presenza di spazi di lavoro comune. Queste aziende hanno compreso che la cultura è un fondamentale pilastro nello sviluppo di una coscienza civile, o di una raffinatezza di pensiero e di gusto fondamentale per la crescita del sistema, e sono interlocutori attenti (ed esigenti) delle istituzioni culturali. Da un punto di vista più opportunistico, vale la pena considerare che nel nostro paese sono ancora poche le imprese che hanno deciso di affiancare la propria immagine al mondo della cultura, che quindi dal punto di vista squisitamente di marketing è un mercato ancora molto poco affollato.
Quali suggerimenti derivano dagli spunti sopra accennati per una biblioteca che intenda avviare progetti di fund raising nei confronti dei privati? Una prima riflessione riguarda il posizionamento e la specificità della biblioteca, che da sempre rappresenta un elemento capillarmente inserito nel territorio. Un cittadino mediamente colto visita i musei della propria città poche volte nella vita, mentre in alcuni periodi frequenta una biblioteca quasi tutti i giorni. Questa presenza capillare sul territorio e - nei casi di maggiore successo - questa partecipazione quotidiana alla vita del territorio in cui è inserita rappresenta a mio modo di vedere un elemento di grande valore anche economico, sul quale lavorare per avviare programmi di fund raising . Un altro elemento di specificità è legato alle competenze tipiche associate alla funzione di bibliotecario. In un periodo di ridondanza informativa e in taluni casi di minore attenzione alla qualità e all'autorevolezza dell'informazione diffusa, le biblioteche rappresentano interlocutori ideali per avviare e gestire progetti di content management. Penso al caso delle Università, delle grandi imprese, ma anche in alcuni casi ai Comuni, che hanno il problema di organizzare, catalogare, aggiornare e diffondere grandi quantità di informazioni, senza spesso averne le competenze specifiche. Le biblioteche che hanno sviluppato maggiormente una cultura di servizio nei confronti di interlocutori istituzionali e che hanno una forte competenza di selezione e organizzazione di informazioni in formato digitale possono a mio parere riflettere sulla possibilità di utilizzare queste competenze come leva per avviare programmi di collaborazione proficua con interlocutori diversi. In funzione della specifica storia e localizzazione di ciascuna biblioteca, esistono poi possibilità di posizionamento specifiche per la singola biblioteca rispetto a categorie precise di interlocutori, sul territorio e in ottica di rete. La decisione di approfondire alcuni temi e di specializzare alcune risorse -; come è il caso della Fondazione Querini Stampalia nei confronti della cultura - permette di avviare relazioni e partnership specifiche su questo punto. La presenza di libri da restaurare permette di avviare operazioni di fund raising del tipo "adotta un libro" su base locale, come ha fatto ad esempio la biblioteca di Biella. La disponibilità di una sede particolarmente bella dal punto di vista architettonico permette di avviare iniziative che ruotino intorno alla specificità "fisica" della singola biblioteca. Poiché il fund raising è un'attività costosa, occorre che sia mirata su interlocutori precisi.