Sono veramente grato dell'invito che la Fondazione Querini Stampalia ha voluto
rivolgermi. Innanzitutto perché sono rari i momenti di confronto sul tema
del fund raising in Italia e, pertanto, questa, per me, rappresenta una occasione
preziosa per mettere in comune con altri operatori il lavoro svolto. In secondo
luogo, ritengo la questione della sostenibilità economico-finanziaria delle
biblioteche - in un contesto sociale in profondo mutamento - sia estremamente
paradigmatica ed esemplificativa delle sfide che attualmente il fund raising
deve sostenere in Italia..
IL FUND RAISING COME ATTIVITÀ STRATEGICA
Prima di illustrarvi alcune mie riflessioni sul tema del convegno, vorrei
condividere con voi la definizione di fund raising. Ciò è necessario perché,
spesso, diamo per scontato questo tema senza soffermarci sul contenuto specifico
e quindi avendo continuamente dubbi circa l'oggetto preciso delle nostre riflessioni.
Io, chiaramente, vi proporrò una mia definizione di fund raising che, quindi,
può essere condivisa o meno, ma che, in ogni caso, ci permette di avere un minimo
di sintonia circa l'argomento. Per me il fund raising è una
attività strategica
di reperimento di risorse finanziarie e di altro genere volta a garantire la
sostenibilità di una organizzazione nel tempo e a promuovere il suo
sviluppo
costante affermando la
verità sociale della organizzazione stessa
verso una
molteplicità di interlocutori
Attività strategica vuol dire che essa è frutto di un processo di progettazione
che riguarda le finalità (la mission), i programmi, i prodotti o servizi di
una organizzazione, i suoi obiettivi economico-finanziari il suo sistema di
relazioni sociali e umane verso gli interlocutori interni ed esterni ad essa.
Pertanto lo scopo primario del fund raising non è quello di trovare una certa
quantità di soldi, ma, piuttosto, quello di programmare la sostenibilità economica
di una organizzazione secondo il suo fabbisogno e i suoi obiettivi di sviluppo.
Secondo questo approccio, al centro del fund raising non vi è una attività di
commercializzazione della organizzazione, ma la sua mission, ossia la causa
sociale che essa promuove e sostiene e per la quale richiede a diversi interlocutori
di compartecipare all'impegno di sostenerla.
Come conseguenza di tale impostazione bisogna sottolineare subito due cose:
· il fund raising non è solo la richiesta di fondi da privati cittadini o
aziende illuminate, ma il ricorso a diverse fonti di finanziamento pubbliche
o private che potenzialmente possono essere destinate alle nostre finalità.
· il fund raising non è un insieme di tecniche di marketing diretto applicate
ad una organizzazione senza fine di lucro. Le tecniche servono a mettere in
pratica al meglio le strategie economiche e finanziarie della organizzazione.
Non esistono tecniche vincenti di per sé. Al contrario. Possiamo dire che
se le grandi organizzazioni usano spesso la tecnica del direct mail (invio
di lettere ad un numero elevato di potenziali donatori) non è detto che tale
tecnica sia valida per altre organizzazioni e tanto più per le biblioteche.
O, almeno, è valida solo ad alcune condizioni che una organizzazione deve
studiare, testare e mettere a punto per evitare che le tecniche siano inefficaci
o addirittura controproducenti.
2. FUND RAISING E BIBLIOTECHE
Dopo aver definito, seppure "prima facie", il fund raising, dobbiamo necessariamente
interrogarci sul suo significato per noi che siamo dirigenti di organizzazioni
che dovranno utilizzarlo. Per fare ciò, farò riferimento all'intervento di Patricia
Lewis — ex presidente della NSFRE (ora Association of Fundraising Professional)
alla conferenza annuale della ALA del 1998
[2] .
La Lewis, parlando del fund raising per la sostenibilità delle biblioteche statunitensi,
ha sottolineato due suoi aspetti costitutivi. In primo luogo per la Lewis il
fund raising è una "attività emozionale", che permette di percepire le
caratteristiche dei sostenitori, di sintonizzarsi con essi e di sollecitarli,
convincendoli, a donare. Su di un altro piano il fund raising è anche una azione
di tipo razionale, volta a promuovere investimenti sociali per una causa che
risponde a specifici bisogni della gente. In quanto tale il fund raising pone
al suo centro anche lo scambio tra benefici (economici e di altra natura).Terminando
il suo intervento la Lewis ha anche affermato che per quanto si possa ragionare
sul senso profondo del fund raising e sulle motivazioni dei possibili donatori,
la ragione per la quale una persona dona o meno ad una causa è legata al fatto
che qualcuno lo abbia chiesto oppure no. In qualche modo, essa sottolinea il
primato del richiedere rispetto alle tante variabili connesse al le caratteristiche
del potenziale donatore.
Ho ripreso questo intervento proprio perché indirizzato al mondo delle biblioteche,
seppure in un contesto — come quello statunitense - in cui, apparentemente,
il fund raising sembra essere una disciplina ormai ampiamente metabolizzata
da tutti e quindi "non problematica" anche per le biblioteche . In verità
tali concetti mettono in evidenza alcune questioni di fondo che credo riguardino
anche il contesto italiano e il modo di intendere il fund raising per un soggetto
che , pur non avendo finalità di lucro, non è omologabile in tutto e per tutto
a una organizzazione di volontariato o una cooperativa sociale per le quali
appare scontato l'utilizzo del fund raising.
2.1. Il fund raising come investimento sociale
Quando parliamo di fund raising come investimento sociale, si tratta di
intendere il fund raising non più solo come filantropismo e/o mecenatismo. Il
filantropismo riguarda una certa stagione della nostra società moderna ma non
quella attuale. Bisogna evitare di omologare le due cose. Il filantropismo riguarda
un bilanciamento su base etica tra mondo dei ricchi e mondo dei bisognosi attraverso
un mediatore, in genere rappresentato dalla organizzazione non profit. Oggi
non è più così. Lo stesso filantropismo (o quello che rimane di esso), tende
ad assumere nuovi significati sociali. Più che altro la donazione è sempre più
collegata ad un progetto di cambiamento ad una azione o volontà di agire condivisa
da una molteplicità di persone, volontà di agire che può incarnarsi solo in
un soggetto dotato di un programma, di una sua identità e di una sua mission
che in quanto tale può essere condivisa da coloro i quali vogliono cambiare
qualcosa. In questo contesto di riferimento, il fund raising diventa la scienza
della raccolta di investimenti sociali senza finalità di ritorno economico,
ma con finalità di ritorno sociale, culturale, ecc
Quindi i donatori, quelli che vanno sollecitati con il fund raising, sono attori
sociali che vogliono essere parte di una politica, ad esempio, sullo sviluppo
sostenibile dei paesi svantaggiati o poveri, o, per rimanere nell'ambito delle
biblioteche, sul mantenimento e lo sviluppo della memoria culturale di un paese
o di un popolo, oppure sulla circolazione delle informazioni e della cultura
moderna, ecc.
Quando parliamo di donatori parliamo di singoli cittadini così come di imprese,
così come di soggetti pubblici nazionali ed internazionali. Il discorso non
cambia molto. E intendo dimostrarlo più avanti segnalando le tendenze in atto
nei potenziali donatori nel mondo negli ultimi 5-10 anni.
2.2. Il fund raising come attività di relazioni sociali
Questo approccio al fund raising non deve però mettere in secondo piano un importante
ulteriore contenuto. Il fund raising è anche un sistema strategico di promozione,
mantenimento e sviluppo di relazioni sociali "vere" (per quanto su larga scala
e quindi non sempre dirette e personali). Si tratta quindi di acquisire un certo
feeling con i propri interlocutori,
alcuni dei quali possono essere finanziatori delle biblioteche. Questo è l'aspetto
"emozionale" del fund raising al quale fa riferimento la Lewis.
Sotto questo aspetto essa ci spinge a conoscere meglio i pubblici ai quali la
biblioteca si rivolge o può rivolgersi, a "intercettare" i propri comportamenti,
le proprie aspettative, i propri bisogni. CI spinge a lavorare sulla rappresentazione
della realtà delle biblioteche in modo che questa sia condivisa dagli interlocutori
o che tali interlocutori si identifichino e riconoscano in essa. E' quindi una
dimensione del fund raising legata ad una attività di gestione strategica delle
conoscenze (knowledge management) che riguarda non solo le mere informazioni
ma soprattutto le interpretazioni della realtà, che permettono il passaggio
dalle informazioni alla conoscenza.
SI tratta insomma di allestire una rete di sensori verso i pubblici delle biblioteche
attraverso la quale far correre tra le prime e i secondi (e viceversa) flussi
di dati, informazioni, relazioni sociali, rappresentazioni, conoscenze tacite
e empatiche che permettano una condivisione della buona causa delle biblioteche.
2.3. La titolarità a fare fund raising
Perché la Lewis afferma una cosa lapalissiana, e cioè che, per avere, bisogna
chiedere? Perché, evidentemente, alcuni soggetti si pongono enormi problemi
circa l'atto di chiedere. Ad un primo livello il problema è di tipo psicologico:
ossia non avere la forza di superare le ritrosie e la vergogna connesse al fatto
che la tua attività, il tuo lavoro debbano essere sostenute da qualche altro
a titolo volontario. Ad un secondo livello, più interessante, il problema è
istituzionale: "chi è titolato a fare fund raising?"; " la biblioteca pubblica
è un soggetto che può chiedere fondi?".
In effetti, fino ad oggi si è pensato, a ragione, che le organizzazioni non
profit fossero le uniche legittimate, in virtù del loro spirito altruistico
e solidaristico, a chiedere donazioni. Tuttavia bisogna tenere conto del fatto
che il sistema di welfare, da un lato, tende a limitare se non ad escludere
dal regime di finanziamento pubblico alcune aree di servizi
[3] e, dall'altro lato, tende a complicarsi, prevedendo
un intervento pubblico solo nel contesto di una partnership con soggetti privati
e non profit che investano proprie risorse o nel contesto dell'accesso a risorse
della Comunità Europea.
Tuttavia, tale cambiamento è lungi dall'essere compiuto. E per coinvolgere pienamente
cittadini e imprese in quanto sostenitori di alcuni servizi, probabilmente è
necessario anche un cambiamento profondo nella cultura sociale italiana. Pertanto
è lecito domandarsi se sia' giusto o meno che una biblioteca pubblica o scolastica
chieda soldi, pur essendo sostenuta da fondi pubblici quindi dalle nostre tasse?
A quali condizioni una biblioteca può essere socialmente accettata come attore
di fund raising?
3. LE BIBLIOTECHE, UN NUOVO SOGGETTO SOCIALE SUL MERCATO DEL FUND RAISING
Per uscire fuori da questo nodo, io ho proposto nel mio Manuale di fund
raising di fare riferimento più che al concetto di organizzazione non profit
(ancora molto ambiguo e controverso nonché cangiante in relazione ai diversi
punti di vista adottati, quali quelli giuridico, economico, politico, sociologico,
storico) al concetto di area di azione non profit. Ossia una azione che abbia
alcune caratteristiche di fondo, a prescindere dalla tipologia di soggetto che
la attua. Tali caratteristiche, a mio avviso sono:
· essere una azione collettiva, che in certi casi può assurgere al livello
di politica pubblica
· essere inquadrata in un progetto sociale teso a produrre un impatto sociale
sulla realtà e la produzione di tale impatto viene colta come prioritaria
rispetto alla stessa organizzazione che la promuove (orientamento estroverso
alla azione)
· essere frutto di una cultura di base dove vi è una prevalenza dei fini rispetto
ai mezzi sia nell'impegno personale che in quello di gruppo tale da produrre
uno spazio rilevante per l'impegno volontario (extra mansioni)
· presupporre la messa in campo di strumenti mezzi e sistemi operativi da
parte del soggetto che esprimano un controllo sul'ambiente e quindi autonomia
e auto organizzazione.
E' chiaro che all'interno di tali parametri si possono creare situazioni diverse
in relazione all'aderenza completa o meno alle caratteristiche dell'azione non
profit. Pertanto è una griglia a maglie larghe in cui vi possono essere soggetti
anche molto diversi tra loro e anche enti pubblici o privati che statutariamente
sono diversi dalle organizzazioni non profit.
Io credo che le biblioteche pubbliche o non profit che siano, a possano avere
quasi tutte queste caratteristiche e pertanto, sotto questo aspetto, credo che
non dobbiamo minimamente preoccuparci , sul piano istituzionale e culturale,
del fatto che una biblioteca faccia fund raising. Dobbiamo invece preoccuparci
di come una biblioteca si legittima socialmente a fare fund raising. E questo
vuol dire parlare del suo programma sociale, della sua azione, della sua cultura
o della sua mission in virtù della quale essa intende accedere al mercato del
fund raising.
Lungi dal volere improvvisare una sorta di manifesto per il fund raising delle
biblioteche o una tavola di valori, vorrei però provare a mettere in fila quelle
che secondo me sono le implicazioni di tale impostazione per il mondo delle
biblioteche.
4. LE
CONDIZIONI PER FARE FUND RAISING
4.1. Creare consenso attorno ad un progetto
sociale riguardante la cultura e la memoria della cultura.
Paula Chiarmonte, ricercatrice e fundaiser della Sacramento Public Library in
un recente articolo pubblicato su internet
[4] relativo alla pianificazione strategica del fund raising, ha presentato
in parole molto semplici il profilo culturale delle biblioteche. "All'inizio
del secolo, la comunità locale ha fondato nelle biblioteche pubbliche la possibilità
di assicurare una società democratica, l'auto-formazione e di rafforzare i legami
sociali al suo interno. Alla metà del secolo le biblioteche hanno affrontato
la sfida di garantire l'informazione a tutti, superando il gap tra quelle "dei
ricchi" e quella "dei poveri" e salvaguardando la libertà intellettuale. Nel
nuovo millennio alle biblioteche viene chiesto di fornire informazioni agli
utenti attraverso strumenti propri della "work class" come l'accesso ad internet
(il 50% degli accessi alla rete viene effettuato all'interno delle biblioteche)
e di colmare il gap di accessibilità alle informazioni non immediatamente disponibili
ma necessarie.
Le biblioteche sono chiamate a svolgere un ruolo originale e profondo nella
società globalizzata della informazione. Le nostre biblioteche conservano e
trasmettono non solo informazioni semplici ma ‘cultura di per sé'. Storicamente
le biblioteche rappresentano un patrimonio intellettuale della nazione; creando
un capitale culturale…". Come avete potuto notare, al centro della pianificazione
strategia del fund raising c'è la questione del ruolo, della identità, della
mission delle biblioteche per lo sviluppo della comunità. E questa rappresenta
la seconda condizione per fare fund raising.
La biblioteca si deve posizionare all'interno dei grandi fenomeni che attraversano
la cultura e la società quali lo sviluppo della società della conoscenza, la
centralità del capitale intellettuale per il successo degli individui e dei
gruppi umani (rapporto inverso con il rischio di esclusione sociale e povertà),
la centralità del capitale sociale per lo sviluppo economico (e quindi delle
infrastrutture culturali), la globalizzazione e la mondializzazione che riguarda
da vicino i rapporti tra culture diverse, la sfida della formazione per il progresso
e lo sviluppo del paese, la comunicazione a distanza, ecc.Incontrare
i nuovi bisogni ad un livello locale (che tipo di servizio vogliono gli utenti
nell'era di internet. Domandiamoci quale sia la sfida per le biblioteche in
un paese sviluppato dove c'è uno dei più bassi livelli di lettura di giornali,
libri, pubblicazioni e dove bassissimo è la diffusione di letteratura internazionale),
sia al livello nazionale (che tipo di politica sulla memoria della cultura vuole
il paese?), sia al livello internazionale (quale è il ruolo dell'Italia nel
panorama della trasmissione della cultura e dei beni culturali?. Tenendo conto
che proprio sul tema del patrimonio culturale o "cultural heritage" sembrerebbe
esserci nel mondo un primato del made in Italy).Tali bisogni potrebbero incontrare
le biblioteche non solo al livello della cultura del libro, ma anche al livello
della socialità, della crescita umana personale, della integrazione sociale,
della costruzione di capitale intellettuale e sociale, ecc… (Le biblioteche
come luoghi della cultura e della comunicazione, e non solo del libro)Insomma
vorrei sottolineare l'importanza di accedere a mondo del fund raising solo dopo
avere elaborato una nuova idea di biblioteca, una nuova identità, una nuova
soggettività in merito alle questioni della cultura e dello sviluppo, salvando
— chiaramente — il proprio patrimonio storico e culturale. Solo così si può
entrare in un mercato nuovo. Non certo con i propri problemi finanziari. Nessuno
dà soldi per evitare la chiusura delle strutture, ma solo perché si producono
benefici percepibili e accessibili realmente.
4.2. Finanziare
il valore aggiunto e non la mera esistenza.
Ossia coniugare nuove attività di fund raising (risorse aggiuntive rispetto
a quelle istituzionali) alla produzione di nuovi benefici e nuovi valori per
gli utenti, la comunità locale, i beneficiari. Questa mi sembra una condizione
essenziale per garantire alle biblioteche un ruolo autonomo rispetto alle politiche
della cultura nel nostro paese e quindi di essere pienamente legittimato come
attore sociale del welfare e non solo come terminale che distribuisce servizi
culturali.
4.3. Assumere
una ottica da imprenditorialità pubblica.
Ossia essere orientati al servizio e ai risultati (alla qualità) piuttosto che
alle semplici procedure. Avere un progetto di crescita condiviso con l'ambiente
nel quale la biblioteca opera. Dicendo questo in tale consesso di persone, credo
di sfondare una porta aperta.
4.4 Da utente a cittadino
Nella ricerca di un nuovo rapporto, anche di carattere economico, con il pubblico
delle biblioteche, evitare di sostituire "tout court" la figura dell'utente
con quella del cliente. Tale rappresentazione degli utenti dei servizi di pubblica
utilità ha già dato scarsi frutti in passato per servizi sanitari e di altro
genere. Si tratta piuttosto di promuovere il passaggio da utente a "cittadino
partner" di un servizio dal quale si aspetta di soddisfare propri bisogni ineludibili,
ma non senza nascondersi la responsabilità di dover partecipare all'impegno
di garantire tali servizi.
4.5 Una
leadership di fundraiser
Una ulteriore condizione per fare fund raising è quella di creare, o forse
si tratta solo di promuovere e sostenere, una leadership interna pronta a
spendersi sul mercato del fund raising ossia ad esporsi con mezzi tecnici
adeguati e una ferma volontà di agire per il reperimento di nuove risorse
finanziare. Tale condizione riguarda soprattutto la sfida della formazione
e dell'aggiornamento di personale dirigente delle biblioteche.
4.6. Partnership
Dotarsi di un orientamento alla partnership. La già citata ricercatrice
della biblioteca pubblica di Sacramento, nello stesso articolo afferma che
" …A differenza del modello finanziario pubblico del XX secolo, le biblioteche
pubbliche ora devono affrontare la sfida di stabilire efficaci partnership
tra i diversi settori (pubblico, privato e non profit) per raggiungere in
modo congiunto i bisogni finanziari per lo sviluppo della comunità locale….".
Il fund raising, per le biblioteche — così come per tutte le altre organizzazioni
- è anche e soprattutto la capacità di attivare reti e legami (non solo quelli
"forti" ma anche quelli "deboli") ossia di creare opportunità per sé e per
gli altri, dati dall'incontro "inatteso" tra aree tematiche, professionalità
interessi diversi. Essere orientati alla partnership vuol dire anche essere
propensi a lavorare in rete con altri soggetti.
4.7. Essere
proattivi
Ossia muoversi in modo propositivo verso l'ambiente esterno e proporsi pubblicamente.
Questo vuol dire essere propensi a comunicare con il pubblico, a dotarsi di
un sistema di comunicazione diretta e pubblica verso l'ambiente nel quale
si opera. Vuol dire anche essere presenti nel dibattito che riguarda i problemi
della cultura.
5. ALCUNI SPUNTI OPERATIVI
Fino ad adesso ho parlato più che altro di pre-requisiti e non ho detto molto
circa le azioni di fund raising che possono esser intraprese. Tuttavia lo
ho fatto scientemente. Io sono tra quelli che pensa fermamente che le tecniche
e le modalità operative per fare fund raising vengano solo dopo una attenta
analisi della organizzazione che deve fare fund raising, del significato sociale
del fund raising stesso. Tutto ciò porta a definire una mission senza la quale
anche le migliori tecniche risultano inefficaci o addirittura controproducenti.
Da una prima sommaria analisi delle esperienze condotte soprattutto in altri
paesi, credo sia possibile trarre, seppure in modo assolutamente provvisorio
e ai fini di un allargamento del confronto, alcune prime indicazioni operative
circa le attività che le biblioteche possono mettere in atto sul piano del
fund raising. Lo faccio per punti e sinteticamente.
5.1. Guardare ai mercati pubblici e a quelli privati in modo integrato.
Sottolineo l'importanza di non cedere alla tentazione di pensare di poter
vivere solo di fondi privati. Questo, per le biblioteche, non è vero neanche
negli Stati Uniti, ossia nella "patria" dei finanziamenti privati. SI tratta
invece di guardar ai diversi mercati in modo integrato cercando di individuare
un proprio "funding mix" che risponda alle caratteristiche della propria organizzazione
e alle tendenze, al livello nazionale" dei mercati
Quindi bisogna muoversi su più fonti di finanziamento.
a) Fondi pubblici nazionali
e locali
b) Fondi Europei
c) Fondi di aziende private per sponsorizzazioni e donazioni
d) Fondi provenienti da donazioni di singoli cittadini
e) Tariffe per servizi
f) Fondi provenienti dalle
fondazioni bancarie (che rappresentano in Italia — nell'attesa di una maggiore
definizione normativa e politica di tale settore — una fonte importante di
finanziamento).
Vediamo alcune tendenze in atto in tali mercati.
Fondi
di aziende private
Le imprese non parlano più di filantropismo e neanche di sponsorizzazione (se
non a Natale o in occasione delle partitelle del cuore) ma parlano di cittadinanza
di impresa e responsabilità sociale. La questione del sostegno alle cause sociali
quindi passa dall'area della buona immagine della impresa (sia etica, sia di
comunicazione in senso stretto) all'area degli investimenti strategici della
azienda, per garantire il proprio sviluppo nel medio e lungo periodo in una
data zona del pianeta, o in tutto i mondo, o verso un determinato pubblico.
L'impresa si mette in gioco sui temi sociali perché non può fare altrimenti
di fronte alle sfide della mondializzazione o globalizzazione, della competizione
di mercato, della sostenibilità dello sviluppo, dell'ambiente, ecc. Fatto salvo
verificare nei prossimi anni che tale tendenza alla responsabilità sociale non
sia solo un pronunciamento di tipo etico ed astratto, ma abbia la forza di concretizzarsi
operativamente in investimenti rilevanti da un punto di vista economico, resta
il fatto che quando parliamo alle aziende di fund raising ci rivolgiamo ad un
contesto culturale ed economico diverso da quello di qualche anno fa.
Per il resto credo che l'eccellente intervento di Ledo Prato (Mecenate '90)
che mi ha preceduto abbia già offerto molti interessanti sviluppi circa tale
mercato.
Fondi
pubblici nazionali e locali
Gli enti pubblici, anche in Italia, hanno abbandonato una ottica assistenzialista
nell'uso delle sovvenzioni. Tutto deve avere un ritorno e questo ritorno deve
essere non in termini di consenso ad una parte politico-amministrativa, ma al
contrario in termini di efficacia nel gestire e risolvere problemi. La vicenda
dei fondi europei, legati alla capacità di presentare e gestire progetti, sta
ad indicare questa profonda inversione di tendenza. Ormai chi tenta di usare
i fondi europei come sovvenzione alle proprie attività, rischia giustamente
di andare in galera (vedi il caso della formazione in Puglia).
Donazioni
di singoli cittadini
I singoli cittadini tendono ad a vere una certa perplessità nei confronti
delle grandi convocazioni retoriche e spettacolari. E questo si vede dal bassissimo
tasso di fidelizzazione agli eventi spot. Tuttavia non si sono ritirati dal
donare. Anzi, le donazioni sono in continua crescita sia come entità che come
frequenza, ma sono molto più fluttuanti, nel senso che si spostano da una
causa all'altra e da una organizzazione all'altra alla ricerca di chi è in
grado di garantire, innanzitutto onestà (ma non è questo il vero problema)
ma anche e soprattutto qualità ed efficacia nel tempo. Inoltre, grazie allo
sviluppo dei sistemi moderni di comunicazione (internet) ogni cittadino può
donare e lo fa, anche per cause molto localizzate e distanti dal proprio contesto
ordinario e quindi a non dipendere più solo dalle grandi campagne pubblicitarie.
(si veda il caso della associazione Alatha o l'associazione "Amici della Zizzi"
tramite Youmancom [5] , o andando ancora più indietro
nel tempo, la Lega del Filo d'oro di Osimo).
Devo ammettere che la mia è un visione un po' estremista nel senso che tali
tendenze, in verità, sono "in divenire" e devono ancora consolidarsi. Tuttavia
preferisco scegliere tale approccio azzardato, proprio per cercare insieme
a voi elementi del "nuovo che avanza" nel campo fund raising, nella consapevolezza
che molte delle esperienze di successo nel campo del fund raising non è detto
che automaticamente siano efficaci per un contesto sociale nuovo e per soggetti
particolari come le biblioteche.
Fondi
europei
Numerosi interventi prima
del mio hanno presentato le diverse opportunità offerte dai fondi europei
per la cultura e per le biblioteche in particolare. Tuttavia mi permetto di
sottolineare l'importanza di cercare, anche in ambito europeo, nuove strade
per il finanziamento che non siano legate solo ai programmi finalizzati per
le biblioteche che, per altro, non offrono — se rapportati alla scala locale
— grandissime risorse finanziarie. Intendo fare riferimento alla capacità
delle biblioteche di proporsi su temi diversi come la formazione in quanto
motore di sviluppo del capitale cognitivo e sociale di una comunità, la lotta
contro l'esclusione sociale, la cooperazione allo sviluppo, la creazione di
occupazione, ecc. con una propria progettualità e proponendo qualcosa di nuovo.
Inoltre tale progettualità andrà spesa nel quadro di partnership innovative
con soggetti inusuali e non solo con soggetti che già fanno parte dell'ambiente
delle biblioteche. Ad esempio, il Gruppo CERFE, ha promosso a Pisa un grande
progetto di sviluppo del Capitale sociale locale [6] che ha permesso di riversare sul territorio
circa 1,5 milioni di Euro di cui hanno beneficiato il Comune, la ASL e soprattutto
piccole e medie organizzazioni non profit così come servizi pubblici sul territorio
che hanno potuto realizzare progetti di lotta all'esclusione sociale. Molti
di questi soggetti si occupano di teatro, di musica, di cultura, di educazione
e non sono poi tanto diversi da soggetti quali le biblioteche. Questo è un
esempio di partnership per lo sviluppo fatta da soggetti apparentemente distanti
che, mettendosi insieme, apportano risorse finanziarie per lo sviluppo della
propria comunità.
5.2 Differenziare le strategie di fund raising
Io opererei sempre su due livelli (raccogliendo anche le indicazioni che
emergono dall'esperienza degli altri paesi):
· il livello dei bisogni di fondo e strutturali delle biblioteche (edifici,
dotazioni tecniche di base, funzionamento ordinario, personale di base, ecc.)
che dovrebbero tendere sostanzialmente verso il finanziamento pubblico locale
e, almeno in parte, sulle tariffe per i servizi resi.
· Il livello dei bisogni di sviluppo e allargamento della sfera di azione
e di interesse (nuove iniziative, nuovi servizi all'interno e verso l'ambiente
esterno, sviluppo tecnologico, personale aggiuntivo su progetti, dimensione
internazionale, ecc.) che dovrebbe guardare maggiormente ai fondi privati
e ai fondi europei.
In ogni caso credo non sia possibile avere solo una strategia di mantenimento
dell'esistente. Credo che, visto il trend economico del sistema di welfare e
anche la cultura che sottende il rapporto tra cittadino e questo tipo di strategia
rischi di portare ad un lento declino.
5.3. Definire e progettare i servizi e i beni
da mettere sul mercato
Si tratta di analizzare tutti quei punti di forza di una biblioteca che permettano
ad essa di valorizzare l'azione di fund raising. molte biblioteche hanno patrimoni
artistici e ambientali che possono rappresentare una offerta interessante per
nuovi utenti . Altre hanno a possibilità di offrire servizi aggiuntivi (anche
in ordine al comfort) ai propri utenti. Tale offerta può rappresentare una opportunità
per accogliere fondi mediante la tariffazione di alcuni servizi.
Credo, a tale proposito, che quanto sta facendo la Fondazione Querini Stampalia
[7] con la biblioteca e gli altri
beni di cui dispone sia un buon esempio di tale orientamento, assolutamente
da valorizzare in chiave generale cogliendola come una buona prassi da studiare
e disseminare.
5.4. L'azione sociale in favore delle biblioteche
In molte parti del mondo si vanno diffondendo i circoli di amici delle biblioteche.
Si tratta di gruppi di persone (facoltose o meno) che si stringono attorno alle
biblioteche per salvaguardarne la propria sopravvivenza e il proprio sviluppo.
Non sono solo circoli di donatori, sono circoli di sostenitori che creano e
consolidano un consenso diffuso circa le politiche di fund raising delle biblioteche.
Tali circoli quindi oltre a portare alcune risorse finanziarie portano anche
un valore aggiunto dato da pressione sociale e istituzionale (lobby), consenso,
allargamento della rete di relazioni, partecipazione alla funzione di progettazione
e analisi della qualità dei servizi delle biblioteche. Insomma potrebbero rappresentare
il carburante per far crescere la rete di finanziatori delle biblioteche. Su
internet si possono trovare molti esempi di organizzazione di circoli di amici
delle biblioteche soprattutto in Canada e negli Stati Uniti. Essi promuovono
vere e proprie campagne di fund raising (in nome e per conto delle biblioteche)
sia per la raccolta di risorse di base per il funzionamento delle biblioteche
(capital campaign o "annual campaign)
[8] rivolte soprattutto ad un "parco"
di donatori abituali, sia per progetti di sviluppo o iniziative straordinarie
di raccolta di fondi anche mediante l'organizzazione di eventi speciali.
Ho notato con piacere che l'Associazione delle Biblioteche ha aderito alla campagna
internazionale lanciata dalla American Libraries Association "@mylibrary
[9] .Tuttavia mi sembra (per
quello che ho potuto vedere sul sito della Associazione Italiana che tale adesione
sia priva di una adeguata consapevolezza sia delle potenzialità che tale campagna
potrebbe avere sul piano di fund raising, sia degli investimenti che andrebbero
fatti per sfruttare tali potenzialità. Credo quindi che il problema, ancora
una volta, sia connesso più alla cultura del fund raising che agli aspetti tecnici
o alle condizioni di mercato.
5.5. Campagna di comunicazione
Certo è che per lanciare una strategia di raccolta di fondi da privati cittadini
si e aziende provate sarebbe necessario lanciare una campagna di comunicazione
e sensibilizzazione al livello generale molto efficace e di grande impatto
che renda le biblioteche un soggetto degno di attenzione. Si tratta di sostenere
una cultura della biblioteca e del patrimonio culturale che è ancora troppo
debole nel nostro paese per poter garantire una mobilitazione generale del
largo pubblico sul problema della sostenibilità delle biblioteche.
Consiglierei di leggere attentamente il sito in cui si parla della campagna
statunitense @mylibrary per capire quanto investimento in termini di comunicazione
venga fatto per garantire la finanziabilità alle biblioteche. Comunicazione
che riguarda, come aveva già messo in evidenza da Paula Chiarmonte, il background
culturale e sociale delle biblioteche.
5.6. Le azioni di sistema
Una ulteriore azione per favorire il fund raising delle biblioteche va fatto
sul piano del consorzio e della cooperazione tra gli istituti che fanno parte
di tale mondo e altri soggetti chiave.
Innanzitutto bisogna riscontrare l'assenza in Italia di organizzazioni di secondo
livello attive sul piano del fund raising e della lobby. Questo è vero per tutto
il settore non profit ed è tanto più vero per le biblioteche. Io mi impegnerei
per dare vita a una sorta di trust funds per le biblioteche mettendo insieme,
al livello nazionale, quattro tipi di soggetti:
· le associazioni di categoria delle
biblioteche
· le fondazioni bancarie e le banche
· le grandi aziende private
· le istituzioni competenti nazionali e regionali
Tali soggetti dovrebbero promuovere un programma comune di raccolta di fondi
per finanziare progetti di sviluppo presentati dalle biblioteche, sulla scorta
dell'esperienza condotta ormai da decenni negli altri paesi sviluppati e in
via di sviluppo dove per alcuni grandi problemi sociali si creano dei fondi
misti che permettano di realizzare obiettivi di utilità sociale. Ad esempio,
in Inghilterra la politica di sostegno e di sviluppo alle scuole e agli istituti
culturali dei piccoli paesi (maggiormente esposti al rischio di crisi economica)
è in gran parte legata all'esistenza di tali fondi promossi da Banche e grandi
imprese ma sostenuti in modo sostanziale dalle istituzioni locali e nazionali.
Credo che tali soggetti e istituti rappresentino oggi il "grande assente" nel
panorama del fund raising italiano.
Su di un altro piano credo che possa essere opportuno creare forme di consorzio
al livello locale e regionale tra le biblioteche che permetta di ottimizzare
alcuni sforzi necessari per dare vita al fund raising come la formazione degli
operatori, la gestione di alcuni aspetti tecnici (campagne, mailing, ecc.) la
comunicazione pubblica, la promozione di contratti e convenzioni. (A tale proposito
credo sia significativo guardare all'esperienza condotta dalle cooperative sociali
negli ultimi dieci anni che ha fatto nascere consorzi tra di esse al livello
regionale e cittadino che hanno permesso di potenziare sensibilmente la capacità
di raccolta di fondi di tute le associate, garantendo al contempo un loro sviluppo
in senso imprenditoriale.
5.7. Una politica pubblica sulla sostenibilità
delle biblioteche
Mi sia permesso di cogliere l'occasione per fare una notazione un po' polemica
circa l'atteggiamento che le organizzazioni e le amministrazioni pubbliche hanno
circa il tema del finanziamento pubblico alle biblioteche. Non basta dire che
i bilanci pubblici si stanno assottigliando e che quindi non è possibile più
sostenere "in toto" le istituzioni culturali invitandole ad affacciarsi verso
i mercati privati. Detta così, sembra un po' uno scaricabarile. Io credo che
questo passaggio a modelli finanziari che puntino maggiormente sui fondi privati
vada fatto attraverso la progettazione e implementazione di una politica pubblica
sul finanziamento privato. Il pubblico, ritirandosi dall'onere di finanziare
le istituzioni culturali, deve però investire sul fund raising mediante formazione,
facilitazioni normative e fiscali, networking, promozione di partnership, sostegno
delle organizzazioni che si propongono verso i programmi europei. Credo che
l'esempio portatoci da Ledo Prato circa le paradossali difficoltà burocratiche
e amministrative connesse ad una operazione di restauro della facciata di un
edificio storico, siano un monito circa il rischio che le amministrazioni si
deresponsabilizzino in ordine al finanziamento privato della cultura.
In conclusione, mi sembra che si siano fatti negli ultimi ani enormi passi in
avanti sul piano della tematizzazione del problema della sostenibilità economica
delle biblioteche, e questo appuntamento annuale promosso dalla Fondazione Querini
ne è una concreta quanto evidente prova. Questo dibattito ha aumentatola consapevolezza
della urgenza e dell'importanza del fund raising anche per questo settore di
istituzioni pubbliche e private. Ora però mi sembra che i tempi siano maturi
per passare dalla fase della tematizzazione a quella della sperimentazione.
Bibliografia essenziale
Joanne Lomax
- Susan Palmer - Graham Jefcoate - Stephanie Kenna. A guide to additional sources
of funding and revenue for libraries and archives. 2nd ed. London: The British
Library, Co-operation and Partnership Programme, 2000 (recensito in http://www.bl.uk/concord/otherpubmisc1.html)
M. Coen Cagli, R. Milano,
F. Ambrogetti, Manuale di fund raising per le organizzazioni non profit, Carocci,
1998 (si veda anche il sito http://www.fund-raising.it)
P. Kotler, R. Andreasen,
Marketing per le organizzaizoni non profit, Sole 24 ore, 2001
Fondazione Querini
Stampalia, Atti del convegno Biblioteconomia 2000, Venezia
Europass dossier
36, settembre 2000 a cura di Giancarlo Monina, Class editore, 2000
http://europass.class.it/elenca.asp?tipo=D36
Legacies for
Libraries: A Practical Guide to Planned Giving. Amy Sherman Smith & Matthew
D. Lehrer. ALA Editions, August 2000
(http://www.amazon.com/exec/obidos/ASIN/0838907849/libraryhq/104-9549831-4509530)
Becoming a Fundraiser:
The Principles and Practice of Library Development.
by Victoria Steele,
Stephen D. Elder. ALA Editions, 1992
(http://www.amazon.com/exec/obidos/ASIN/0838907830/libraryhq/104-9549831-4509530)
Fundraising for the Small
Public Library: A How-To-Do-It Manual for Librarians. James Swan. Neal Schuman,
1990
(http://www.amazon.com/exec/obidos/ASIN/1555700772/libraryhq/104-9549831-4509530)
Library Fundraising:
Models for Success. Dwight F. Burlingame (Editor). ALA Editions, 1995
(http://www.amazon.com/exec/obidos/ASIN/0838906575/libraryhq/104-9549831-4509530)
Ulteriori indicazioni di saggi sul fund raising per le biblioteche:
http://www.amazon.com/exec/obidos/search-handle-url/index=books&field-keywords=Library%20fund%20raising/ref=br_sub_/104-9549831-4509530