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"13. Seminario Angela Vinay"
BibliotECONOMIA
fund raising e servizi bibliotecari

METODI, ESPERIENZE, PROGETTI

Il fund raising per le biblioteche in Italia:
una sfida per le organizzazioni pubbliche, private e non profit

Massimo Coen Cagli
Esperto di fund raising, Gruppo CERFE [1]



Sono veramente grato dell'invito che la Fondazione Querini Stampalia ha voluto rivolgermi. Innanzitutto perché sono rari i momenti di confronto sul tema del fund raising in Italia e, pertanto, questa, per me, rappresenta una occasione preziosa per mettere in comune con altri operatori il lavoro svolto. In secondo luogo, ritengo la questione della sostenibilità economico-finanziaria delle biblioteche - in un contesto sociale in profondo mutamento - sia estremamente paradigmatica ed esemplificativa delle sfide che attualmente il fund raising deve sostenere in Italia..

IL FUND RAISING COME ATTIVITÀ STRATEGICA

Prima di illustrarvi alcune mie riflessioni sul tema del convegno, vorrei condividere con voi la definizione di fund raising. Ciò è necessario perché, spesso, diamo per scontato questo tema senza soffermarci sul contenuto specifico e quindi avendo continuamente dubbi circa l'oggetto preciso delle nostre riflessioni.

Io, chiaramente, vi proporrò una mia definizione di fund raising che, quindi, può essere condivisa o meno, ma che, in ogni caso, ci permette di avere un minimo di sintonia circa l'argomento. Per me il fund raising è una attività strategica di reperimento di risorse finanziarie e di altro genere volta a garantire la sostenibilità di una organizzazione nel tempo e a promuovere il suo sviluppo costante affermando la verità sociale della organizzazione stessa verso una molteplicità di interlocutori

Attività strategica vuol dire che essa è frutto di un processo di progettazione che riguarda le finalità (la mission), i programmi, i prodotti o servizi di una organizzazione, i suoi obiettivi economico-finanziari il suo sistema di relazioni sociali e umane verso gli interlocutori interni ed esterni ad essa. Pertanto lo scopo primario del fund raising non è quello di trovare una certa quantità di soldi, ma, piuttosto, quello di programmare la sostenibilità economica di una organizzazione secondo il suo fabbisogno e i suoi obiettivi di sviluppo.

Secondo questo approccio, al centro del fund raising non vi è una attività di commercializzazione della organizzazione, ma la sua mission, ossia la causa sociale che essa promuove e sostiene e per la quale richiede a diversi interlocutori di compartecipare all'impegno di sostenerla.

Come conseguenza di tale impostazione bisogna sottolineare subito due cose:

· il fund raising non è solo la richiesta di fondi da privati cittadini o aziende illuminate, ma il ricorso a diverse fonti di finanziamento pubbliche o private che potenzialmente possono essere destinate alle nostre finalità.

· il fund raising non è un insieme di tecniche di marketing diretto applicate ad una organizzazione senza fine di lucro. Le tecniche servono a mettere in pratica al meglio le strategie economiche e finanziarie della organizzazione. Non esistono tecniche vincenti di per sé. Al contrario. Possiamo dire che se le grandi organizzazioni usano spesso la tecnica del direct mail (invio di lettere ad un numero elevato di potenziali donatori) non è detto che tale tecnica sia valida per altre organizzazioni e tanto più per le biblioteche. O, almeno, è valida solo ad alcune condizioni che una organizzazione deve studiare, testare e mettere a punto per evitare che le tecniche siano inefficaci o addirittura controproducenti.

2. FUND RAISING E BIBLIOTECHE

Dopo aver definito, seppure "prima facie", il fund raising, dobbiamo necessariamente interrogarci sul suo significato per noi che siamo dirigenti di organizzazioni che dovranno utilizzarlo. Per fare ciò, farò riferimento all'intervento di Patricia Lewis — ex presidente della NSFRE (ora Association of Fundraising Professional) alla conferenza annuale della ALA del 1998 [2] . La Lewis, parlando del fund raising per la sostenibilità delle biblioteche statunitensi, ha sottolineato due suoi aspetti costitutivi. In primo luogo per la Lewis il fund raising è una "attività emozionale", che permette di percepire le caratteristiche dei sostenitori, di sintonizzarsi con essi e di sollecitarli, convincendoli, a donare. Su di un altro piano il fund raising è anche una azione di tipo razionale, volta a promuovere investimenti sociali per una causa che risponde a specifici bisogni della gente. In quanto tale il fund raising pone al suo centro anche lo scambio tra benefici (economici e di altra natura).Terminando il suo intervento la Lewis ha anche affermato che per quanto si possa ragionare sul senso profondo del fund raising e sulle motivazioni dei possibili donatori, la ragione per la quale una persona dona o meno ad una causa è legata al fatto che qualcuno lo abbia chiesto oppure no. In qualche modo, essa sottolinea il primato del richiedere rispetto alle tante variabili connesse al le caratteristiche del potenziale donatore.

Ho ripreso questo intervento proprio perché indirizzato al mondo delle biblioteche, seppure in un contesto — come quello statunitense - in cui, apparentemente, il fund raising sembra essere una disciplina ormai ampiamente metabolizzata da tutti e quindi "non problematica" anche per le biblioteche . In verità tali concetti mettono in evidenza alcune questioni di fondo che credo riguardino anche il contesto italiano e il modo di intendere il fund raising per un soggetto che , pur non avendo finalità di lucro, non è omologabile in tutto e per tutto a una organizzazione di volontariato o una cooperativa sociale per le quali appare scontato l'utilizzo del fund raising.

2.1. Il fund raising come investimento sociale

Quando parliamo di fund raising come investimento sociale, si tratta di intendere il fund raising non più solo come filantropismo e/o mecenatismo. Il filantropismo riguarda una certa stagione della nostra società moderna ma non quella attuale. Bisogna evitare di omologare le due cose. Il filantropismo riguarda un bilanciamento su base etica tra mondo dei ricchi e mondo dei bisognosi attraverso un mediatore, in genere rappresentato dalla organizzazione non profit. Oggi non è più così. Lo stesso filantropismo (o quello che rimane di esso), tende ad assumere nuovi significati sociali. Più che altro la donazione è sempre più collegata ad un progetto di cambiamento ad una azione o volontà di agire condivisa da una molteplicità di persone, volontà di agire che può incarnarsi solo in un soggetto dotato di un programma, di una sua identità e di una sua mission che in quanto tale può essere condivisa da coloro i quali vogliono cambiare qualcosa. In questo contesto di riferimento, il fund raising diventa la scienza della raccolta di investimenti sociali senza finalità di ritorno economico, ma con finalità di ritorno sociale, culturale, ecc

Quindi i donatori, quelli che vanno sollecitati con il fund raising, sono attori sociali che vogliono essere parte di una politica, ad esempio, sullo sviluppo sostenibile dei paesi svantaggiati o poveri, o, per rimanere nell'ambito delle biblioteche, sul mantenimento e lo sviluppo della memoria culturale di un paese o di un popolo, oppure sulla circolazione delle informazioni e della cultura moderna, ecc.

Quando parliamo di donatori parliamo di singoli cittadini così come di imprese, così come di soggetti pubblici nazionali ed internazionali. Il discorso non cambia molto. E intendo dimostrarlo più avanti segnalando le tendenze in atto nei potenziali donatori nel mondo negli ultimi 5-10 anni.

2.2. Il fund raising come attività di relazioni sociali

Questo approccio al fund raising non deve però mettere in secondo piano un importante ulteriore contenuto. Il fund raising è anche un sistema strategico di promozione, mantenimento e sviluppo di relazioni sociali "vere" (per quanto su larga scala e quindi non sempre dirette e personali). Si tratta quindi di acquisire un certo feeling con i propri interlocutori, alcuni dei quali possono essere finanziatori delle biblioteche. Questo è l'aspetto "emozionale" del fund raising al quale fa riferimento la Lewis.

Sotto questo aspetto essa ci spinge a conoscere meglio i pubblici ai quali la biblioteca si rivolge o può rivolgersi, a "intercettare" i propri comportamenti, le proprie aspettative, i propri bisogni. CI spinge a lavorare sulla rappresentazione della realtà delle biblioteche in modo che questa sia condivisa dagli interlocutori o che tali interlocutori si identifichino e riconoscano in essa. E' quindi una dimensione del fund raising legata ad una attività di gestione strategica delle conoscenze (knowledge management) che riguarda non solo le mere informazioni ma soprattutto le interpretazioni della realtà, che permettono il passaggio dalle informazioni alla conoscenza.

SI tratta insomma di allestire una rete di sensori verso i pubblici delle biblioteche attraverso la quale far correre tra le prime e i secondi (e viceversa) flussi di dati, informazioni, relazioni sociali, rappresentazioni, conoscenze tacite e empatiche che permettano una condivisione della buona causa delle biblioteche.

2.3. La titolarità a fare fund raising

Perché la Lewis afferma una cosa lapalissiana, e cioè che, per avere, bisogna chiedere? Perché, evidentemente, alcuni soggetti si pongono enormi problemi circa l'atto di chiedere. Ad un primo livello il problema è di tipo psicologico: ossia non avere la forza di superare le ritrosie e la vergogna connesse al fatto che la tua attività, il tuo lavoro debbano essere sostenute da qualche altro a titolo volontario. Ad un secondo livello, più interessante, il problema è istituzionale: "chi è titolato a fare fund raising?"; " la biblioteca pubblica è un soggetto che può chiedere fondi?".

In effetti, fino ad oggi si è pensato, a ragione, che le organizzazioni non profit fossero le uniche legittimate, in virtù del loro spirito altruistico e solidaristico, a chiedere donazioni. Tuttavia bisogna tenere conto del fatto che il sistema di welfare, da un lato, tende a limitare se non ad escludere dal regime di finanziamento pubblico alcune aree di servizi [3] e, dall'altro lato, tende a complicarsi, prevedendo un intervento pubblico solo nel contesto di una partnership con soggetti privati e non profit che investano proprie risorse o nel contesto dell'accesso a risorse della Comunità Europea.

Tuttavia, tale cambiamento è lungi dall'essere compiuto. E per coinvolgere pienamente cittadini e imprese in quanto sostenitori di alcuni servizi, probabilmente è necessario anche un cambiamento profondo nella cultura sociale italiana. Pertanto è lecito domandarsi se sia' giusto o meno che una biblioteca pubblica o scolastica chieda soldi, pur essendo sostenuta da fondi pubblici quindi dalle nostre tasse? A quali condizioni una biblioteca può essere socialmente accettata come attore di fund raising?

3. LE BIBLIOTECHE, UN NUOVO SOGGETTO SOCIALE SUL MERCATO DEL FUND RAISING

Per uscire fuori da questo nodo, io ho proposto nel mio Manuale di fund raising di fare riferimento più che al concetto di organizzazione non profit (ancora molto ambiguo e controverso nonché cangiante in relazione ai diversi punti di vista adottati, quali quelli giuridico, economico, politico, sociologico, storico) al concetto di area di azione non profit. Ossia una azione che abbia alcune caratteristiche di fondo, a prescindere dalla tipologia di soggetto che la attua. Tali caratteristiche, a mio avviso sono:

· essere una azione collettiva, che in certi casi può assurgere al livello di politica pubblica

· essere inquadrata in un progetto sociale teso a produrre un impatto sociale sulla realtà e la produzione di tale impatto viene colta come prioritaria rispetto alla stessa organizzazione che la promuove (orientamento estroverso alla azione)

· essere frutto di una cultura di base dove vi è una prevalenza dei fini rispetto ai mezzi sia nell'impegno personale che in quello di gruppo tale da produrre uno spazio rilevante per l'impegno volontario (extra mansioni)

· presupporre la messa in campo di strumenti mezzi e sistemi operativi da parte del soggetto che esprimano un controllo sul'ambiente e quindi autonomia e auto organizzazione.

E' chiaro che all'interno di tali parametri si possono creare situazioni diverse in relazione all'aderenza completa o meno alle caratteristiche dell'azione non profit. Pertanto è una griglia a maglie larghe in cui vi possono essere soggetti anche molto diversi tra loro e anche enti pubblici o privati che statutariamente sono diversi dalle organizzazioni non profit.

Io credo che le biblioteche pubbliche o non profit che siano, a possano avere quasi tutte queste caratteristiche e pertanto, sotto questo aspetto, credo che non dobbiamo minimamente preoccuparci , sul piano istituzionale e culturale, del fatto che una biblioteca faccia fund raising. Dobbiamo invece preoccuparci di come una biblioteca si legittima socialmente a fare fund raising. E questo vuol dire parlare del suo programma sociale, della sua azione, della sua cultura o della sua mission in virtù della quale essa intende accedere al mercato del fund raising.

Lungi dal volere improvvisare una sorta di manifesto per il fund raising delle biblioteche o una tavola di valori, vorrei però provare a mettere in fila quelle che secondo me sono le implicazioni di tale impostazione per il mondo delle biblioteche.

4. LE CONDIZIONI PER FARE FUND RAISING

4.1. Creare consenso attorno ad un progetto sociale riguardante la cultura e la memoria della cultura.

Paula Chiarmonte, ricercatrice e fundaiser della Sacramento Public Library in un recente articolo pubblicato su internet [4] relativo alla pianificazione strategica del fund raising, ha presentato in parole molto semplici il profilo culturale delle biblioteche. "All'inizio del secolo, la comunità locale ha fondato nelle biblioteche pubbliche la possibilità di assicurare una società democratica, l'auto-formazione e di rafforzare i legami sociali al suo interno. Alla metà del secolo le biblioteche hanno affrontato la sfida di garantire l'informazione a tutti, superando il gap tra quelle "dei ricchi" e quella "dei poveri" e salvaguardando la libertà intellettuale. Nel nuovo millennio alle biblioteche viene chiesto di fornire informazioni agli utenti attraverso strumenti propri della "work class" come l'accesso ad internet (il 50% degli accessi alla rete viene effettuato all'interno delle biblioteche) e di colmare il gap di accessibilità alle informazioni non immediatamente disponibili ma necessarie.

Le biblioteche sono chiamate a svolgere un ruolo originale e profondo nella società globalizzata della informazione. Le nostre biblioteche conservano e trasmettono non solo informazioni semplici ma ‘cultura di per sé'. Storicamente le biblioteche rappresentano un patrimonio intellettuale della nazione; creando un capitale culturale…". Come avete potuto notare, al centro della pianificazione strategia del fund raising c'è la questione del ruolo, della identità, della mission delle biblioteche per lo sviluppo della comunità. E questa rappresenta la seconda condizione per fare fund raising.

La biblioteca si deve posizionare all'interno dei grandi fenomeni che attraversano la cultura e la società quali lo sviluppo della società della conoscenza, la centralità del capitale intellettuale per il successo degli individui e dei gruppi umani (rapporto inverso con il rischio di esclusione sociale e povertà), la centralità del capitale sociale per lo sviluppo economico (e quindi delle infrastrutture culturali), la globalizzazione e la mondializzazione che riguarda da vicino i rapporti tra culture diverse, la sfida della formazione per il progresso e lo sviluppo del paese, la comunicazione a distanza, ecc.
Incontrare i nuovi bisogni ad un livello locale (che tipo di servizio vogliono gli utenti nell'era di internet. Domandiamoci quale sia la sfida per le biblioteche in un paese sviluppato dove c'è uno dei più bassi livelli di lettura di giornali, libri, pubblicazioni e dove bassissimo è la diffusione di letteratura internazionale), sia al livello nazionale (che tipo di politica sulla memoria della cultura vuole il paese?), sia al livello internazionale (quale è il ruolo dell'Italia nel panorama della trasmissione della cultura e dei beni culturali?. Tenendo conto che proprio sul tema del patrimonio culturale o "cultural heritage" sembrerebbe esserci nel mondo un primato del made in Italy).Tali bisogni potrebbero incontrare le biblioteche non solo al livello della cultura del libro, ma anche al livello della socialità, della crescita umana personale, della integrazione sociale, della costruzione di capitale intellettuale e sociale, ecc… (Le biblioteche come luoghi della cultura e della comunicazione, e non solo del libro)Insomma vorrei sottolineare l'importanza di accedere a mondo del fund raising solo dopo avere elaborato una nuova idea di biblioteca, una nuova identità, una nuova soggettività in merito alle questioni della cultura e dello sviluppo, salvando — chiaramente — il proprio patrimonio storico e culturale. Solo così si può entrare in un mercato nuovo. Non certo con i propri problemi finanziari. Nessuno dà soldi per evitare la chiusura delle strutture, ma solo perché si producono benefici percepibili e accessibili realmente.

4.2.  Finanziare il valore aggiunto e non la mera esistenza.

Ossia coniugare nuove attività di fund raising (risorse aggiuntive rispetto a quelle istituzionali) alla produzione di nuovi benefici e nuovi valori per gli utenti, la comunità locale, i beneficiari. Questa mi sembra una condizione essenziale per garantire alle biblioteche un ruolo autonomo rispetto alle politiche della cultura nel nostro paese e quindi di essere pienamente legittimato come attore sociale del welfare e non solo come terminale che distribuisce servizi culturali.

4.3. Assumere una ottica da imprenditorialità pubblica.

Ossia essere orientati al servizio e ai risultati (alla qualità) piuttosto che alle semplici procedure. Avere un progetto di crescita condiviso con l'ambiente nel quale la biblioteca opera. Dicendo questo in tale consesso di persone, credo di sfondare una porta aperta.

4.4 Da utente a cittadino

Nella ricerca di un nuovo rapporto, anche di carattere economico, con il pubblico delle biblioteche, evitare di sostituire "tout court" la figura dell'utente con quella del cliente. Tale rappresentazione degli utenti dei servizi di pubblica utilità ha già dato scarsi frutti in passato per servizi sanitari e di altro genere. Si tratta piuttosto di promuovere il passaggio da utente a "cittadino partner" di un servizio dal quale si aspetta di soddisfare propri bisogni ineludibili, ma non senza nascondersi la responsabilità di dover partecipare all'impegno di garantire tali servizi.

4.5 Una leadership di fundraiser

Una ulteriore condizione per fare fund raising è quella di creare, o forse si tratta solo di promuovere e sostenere, una leadership interna pronta a spendersi sul mercato del fund raising ossia ad esporsi con mezzi tecnici adeguati e una ferma volontà di agire per il reperimento di nuove risorse finanziare. Tale condizione riguarda soprattutto la sfida della formazione e dell'aggiornamento di personale dirigente delle biblioteche.

4.6. Partnership

Dotarsi di un orientamento alla partnership. La già citata ricercatrice della biblioteca pubblica di Sacramento, nello stesso articolo afferma che " …A differenza del modello finanziario pubblico del XX secolo, le biblioteche pubbliche ora devono affrontare la sfida di stabilire efficaci partnership tra i diversi settori (pubblico, privato e non profit) per raggiungere in modo congiunto i bisogni finanziari per lo sviluppo della comunità locale….".

Il fund raising, per le biblioteche — così come per tutte le altre organizzazioni - è anche e soprattutto la capacità di attivare reti e legami (non solo quelli "forti" ma anche quelli "deboli") ossia di creare opportunità per sé e per gli altri, dati dall'incontro "inatteso" tra aree tematiche, professionalità interessi diversi. Essere orientati alla partnership vuol dire anche essere propensi a lavorare in rete con altri soggetti.

4.7. Essere proattivi

Ossia muoversi in modo propositivo verso l'ambiente esterno e proporsi pubblicamente. Questo vuol dire essere propensi a comunicare con il pubblico, a dotarsi di un sistema di comunicazione diretta e pubblica verso l'ambiente nel quale si opera. Vuol dire anche essere presenti nel dibattito che riguarda i problemi della cultura.

5. ALCUNI SPUNTI OPERATIVI

Fino ad adesso ho parlato più che altro di pre-requisiti e non ho detto molto circa le azioni di fund raising che possono esser intraprese. Tuttavia lo ho fatto scientemente. Io sono tra quelli che pensa fermamente che le tecniche e le modalità operative per fare fund raising vengano solo dopo una attenta analisi della organizzazione che deve fare fund raising, del significato sociale del fund raising stesso. Tutto ciò porta a definire una mission senza la quale anche le migliori tecniche risultano inefficaci o addirittura controproducenti.

Da una prima sommaria analisi delle esperienze condotte soprattutto in altri paesi, credo sia possibile trarre, seppure in modo assolutamente provvisorio e ai fini di un allargamento del confronto, alcune prime indicazioni operative circa le attività che le biblioteche possono mettere in atto sul piano del fund raising. Lo faccio per punti e sinteticamente.

5.1. Guardare ai mercati pubblici e a quelli privati in modo integrato.

Sottolineo l'importanza di non cedere alla tentazione di pensare di poter vivere solo di fondi privati. Questo, per le biblioteche, non è vero neanche negli Stati Uniti, ossia nella "patria" dei finanziamenti privati. SI tratta invece di guardar ai diversi mercati in modo integrato cercando di individuare un proprio "funding mix" che risponda alle caratteristiche della propria organizzazione e alle tendenze, al livello nazionale" dei mercati

Quindi bisogna muoversi su più fonti di finanziamento.
a) Fondi pubblici nazionali e locali
b) Fondi Europei
c) Fondi di aziende private per sponsorizzazioni e donazioni
d) Fondi provenienti da donazioni di singoli cittadini
e) Tariffe per servizi
f)  Fondi provenienti dalle fondazioni bancarie (che rappresentano in Italia — nell'attesa di una maggiore definizione normativa e politica di tale settore — una fonte importante di finanziamento).
Vediamo alcune tendenze in atto in tali mercati.

Fondi di aziende private

Le imprese non parlano più di filantropismo e neanche di sponsorizzazione (se non a Natale o in occasione delle partitelle del cuore) ma parlano di cittadinanza di impresa e responsabilità sociale. La questione del sostegno alle cause sociali quindi passa dall'area della buona immagine della impresa (sia etica, sia di comunicazione in senso stretto) all'area degli investimenti strategici della azienda, per garantire il proprio sviluppo nel medio e lungo periodo in una data zona del pianeta, o in tutto i mondo, o verso un determinato pubblico. L'impresa si mette in gioco sui temi sociali perché non può fare altrimenti di fronte alle sfide della mondializzazione o globalizzazione, della competizione di mercato, della sostenibilità dello sviluppo, dell'ambiente, ecc. Fatto salvo verificare nei prossimi anni che tale tendenza alla responsabilità sociale non sia solo un pronunciamento di tipo etico ed astratto, ma abbia la forza di concretizzarsi operativamente in investimenti rilevanti da un punto di vista economico, resta il fatto che quando parliamo alle aziende di fund raising ci rivolgiamo ad un contesto culturale ed economico diverso da quello di qualche anno fa.

Per il resto credo che l'eccellente intervento di Ledo Prato (Mecenate '90) che mi ha preceduto abbia già offerto molti interessanti sviluppi circa tale mercato.

Fondi pubblici nazionali e locali

Gli enti pubblici, anche in Italia, hanno abbandonato una ottica assistenzialista nell'uso delle sovvenzioni. Tutto deve avere un ritorno e questo ritorno deve essere non in termini di consenso ad una parte politico-amministrativa, ma al contrario in termini di efficacia nel gestire e risolvere problemi. La vicenda dei fondi europei, legati alla capacità di presentare e gestire progetti, sta ad indicare questa profonda inversione di tendenza. Ormai chi tenta di usare i fondi europei come sovvenzione alle proprie attività, rischia giustamente di andare in galera (vedi il caso della formazione in Puglia).

Donazioni di singoli cittadini

I singoli cittadini tendono ad a vere una certa perplessità nei confronti delle grandi convocazioni retoriche e spettacolari. E questo si vede dal bassissimo tasso di fidelizzazione agli eventi spot. Tuttavia non si sono ritirati dal donare. Anzi, le donazioni sono in continua crescita sia come entità che come frequenza, ma sono molto più fluttuanti, nel senso che si spostano da una causa all'altra e da una organizzazione all'altra alla ricerca di chi è in grado di garantire, innanzitutto onestà (ma non è questo il vero problema) ma anche e soprattutto qualità ed efficacia nel tempo. Inoltre, grazie allo sviluppo dei sistemi moderni di comunicazione (internet) ogni cittadino può donare e lo fa, anche per cause molto localizzate e distanti dal proprio contesto ordinario e quindi a non dipendere più solo dalle grandi campagne pubblicitarie. (si veda il caso della associazione Alatha o l'associazione "Amici della Zizzi" tramite Youmancom [5] , o andando ancora più indietro nel tempo, la Lega del Filo d'oro di Osimo).

Devo ammettere che la mia è un visione un po' estremista nel senso che tali tendenze, in verità, sono "in divenire" e devono ancora consolidarsi. Tuttavia preferisco scegliere tale approccio azzardato, proprio per cercare insieme a voi elementi del "nuovo che avanza" nel campo fund raising, nella consapevolezza che molte delle esperienze di successo nel campo del fund raising non è detto che automaticamente siano efficaci per un contesto sociale nuovo e per soggetti particolari come le biblioteche.

Fondi europei

Numerosi interventi prima del mio hanno presentato le diverse opportunità offerte dai fondi europei per la cultura e per le biblioteche in particolare. Tuttavia mi permetto di sottolineare l'importanza di cercare, anche in ambito europeo, nuove strade per il finanziamento che non siano legate solo ai programmi finalizzati per le biblioteche che, per altro, non offrono — se rapportati alla scala locale — grandissime risorse finanziarie. Intendo fare riferimento alla capacità delle biblioteche di proporsi su temi diversi come la formazione in quanto motore di sviluppo del capitale cognitivo e sociale di una comunità, la lotta contro l'esclusione sociale, la cooperazione allo sviluppo, la creazione di occupazione, ecc. con una propria progettualità e proponendo qualcosa di nuovo. Inoltre tale progettualità andrà spesa nel quadro di partnership innovative con soggetti inusuali e non solo con soggetti che già fanno parte dell'ambiente delle biblioteche. Ad esempio, il Gruppo CERFE, ha promosso a Pisa un grande progetto di sviluppo del Capitale sociale locale [6] che ha permesso di riversare sul territorio circa 1,5 milioni di Euro di cui hanno beneficiato il Comune, la ASL e soprattutto piccole e medie organizzazioni non profit così come servizi pubblici sul territorio che hanno potuto realizzare progetti di lotta all'esclusione sociale. Molti di questi soggetti si occupano di teatro, di musica, di cultura, di educazione e non sono poi tanto diversi da soggetti quali le biblioteche. Questo è un esempio di partnership per lo sviluppo fatta da soggetti apparentemente distanti che, mettendosi insieme, apportano risorse finanziarie per lo sviluppo della propria comunità.

5.2 Differenziare le strategie di fund raising
Io opererei sempre su due livelli (raccogliendo anche le indicazioni che emergono dall'esperienza degli altri paesi):

· il livello dei bisogni di fondo e strutturali delle biblioteche (edifici, dotazioni tecniche di base, funzionamento ordinario, personale di base, ecc.) che dovrebbero tendere sostanzialmente verso il finanziamento pubblico locale e, almeno in parte, sulle tariffe per i servizi resi.

· Il livello dei bisogni di sviluppo e allargamento della sfera di azione e di interesse (nuove iniziative, nuovi servizi all'interno e verso l'ambiente esterno, sviluppo tecnologico, personale aggiuntivo su progetti, dimensione internazionale, ecc.) che dovrebbe guardare maggiormente ai fondi privati e ai fondi europei.

In ogni caso credo non sia possibile avere solo una strategia di mantenimento dell'esistente. Credo che, visto il trend economico del sistema di welfare e anche la cultura che sottende il rapporto tra cittadino e questo tipo di strategia rischi di portare ad un lento declino.

5.3. Definire e progettare i servizi e i beni da mettere sul mercato

Si tratta di analizzare tutti quei punti di forza di una biblioteca che permettano ad essa di valorizzare l'azione di fund raising. molte biblioteche hanno patrimoni artistici e ambientali che possono rappresentare una offerta interessante per nuovi utenti . Altre hanno a possibilità di offrire servizi aggiuntivi (anche in ordine al comfort) ai propri utenti. Tale offerta può rappresentare una opportunità per accogliere fondi mediante la tariffazione di alcuni servizi.

Credo, a tale proposito, che quanto sta facendo la Fondazione Querini Stampalia [7] con la biblioteca e gli altri beni di cui dispone sia un buon esempio di tale orientamento, assolutamente da valorizzare in chiave generale cogliendola come una buona prassi da studiare e disseminare.

5.4. L'azione sociale in favore delle biblioteche

In molte parti del mondo si vanno diffondendo i circoli di amici delle biblioteche. Si tratta di gruppi di persone (facoltose o meno) che si stringono attorno alle biblioteche per salvaguardarne la propria sopravvivenza e il proprio sviluppo. Non sono solo circoli di donatori, sono circoli di sostenitori che creano e consolidano un consenso diffuso circa le politiche di fund raising delle biblioteche. Tali circoli quindi oltre a portare alcune risorse finanziarie portano anche un valore aggiunto dato da pressione sociale e istituzionale (lobby), consenso, allargamento della rete di relazioni, partecipazione alla funzione di progettazione e analisi della qualità dei servizi delle biblioteche. Insomma potrebbero rappresentare il carburante per far crescere la rete di finanziatori delle biblioteche. Su internet si possono trovare molti esempi di organizzazione di circoli di amici delle biblioteche soprattutto in Canada e negli Stati Uniti. Essi promuovono vere e proprie campagne di fund raising (in nome e per conto delle biblioteche) sia per la raccolta di risorse di base per il funzionamento delle biblioteche (capital campaign o "annual campaign) [8] rivolte soprattutto ad un "parco" di donatori abituali, sia per progetti di sviluppo o iniziative straordinarie di raccolta di fondi anche mediante l'organizzazione di eventi speciali.

Ho notato con piacere che l'Associazione delle Biblioteche ha aderito alla campagna internazionale lanciata dalla American Libraries Association "@mylibrary [9] .Tuttavia mi sembra (per quello che ho potuto vedere sul sito della Associazione Italiana che tale adesione sia priva di una adeguata consapevolezza sia delle potenzialità che tale campagna potrebbe avere sul piano di fund raising, sia degli investimenti che andrebbero fatti per sfruttare tali potenzialità. Credo quindi che il problema, ancora una volta, sia connesso più alla cultura del fund raising che agli aspetti tecnici o alle condizioni di mercato.

5.5. Campagna di comunicazione

Certo è che per lanciare una strategia di raccolta di fondi da privati cittadini si e aziende provate sarebbe necessario lanciare una campagna di comunicazione e sensibilizzazione al livello generale molto efficace e di grande impatto che renda le biblioteche un soggetto degno di attenzione. Si tratta di sostenere una cultura della biblioteca e del patrimonio culturale che è ancora troppo debole nel nostro paese per poter garantire una mobilitazione generale del largo pubblico sul problema della sostenibilità delle biblioteche.

Consiglierei di leggere attentamente il sito in cui si parla della campagna statunitense @mylibrary per capire quanto investimento in termini di comunicazione venga fatto per garantire la finanziabilità alle biblioteche. Comunicazione che riguarda, come aveva già messo in evidenza da Paula Chiarmonte, il background culturale e sociale delle biblioteche.

5.6. Le azioni di sistema

Una ulteriore azione per favorire il fund raising delle biblioteche va fatto sul piano del consorzio e della cooperazione tra gli istituti che fanno parte di tale mondo e altri soggetti chiave.

Innanzitutto bisogna riscontrare l'assenza in Italia di organizzazioni di secondo livello attive sul piano del fund raising e della lobby. Questo è vero per tutto il settore non profit ed è tanto più vero per le biblioteche. Io mi impegnerei per dare vita a una sorta di trust funds per le biblioteche mettendo insieme, al livello nazionale, quattro tipi di soggetti:

· le associazioni di categoria delle biblioteche

· le fondazioni bancarie e le banche

· le grandi aziende private

· le istituzioni competenti nazionali e regionali

Tali soggetti dovrebbero promuovere un programma comune di raccolta di fondi per finanziare progetti di sviluppo presentati dalle biblioteche, sulla scorta dell'esperienza condotta ormai da decenni negli altri paesi sviluppati e in via di sviluppo dove per alcuni grandi problemi sociali si creano dei fondi misti che permettano di realizzare obiettivi di utilità sociale. Ad esempio, in Inghilterra la politica di sostegno e di sviluppo alle scuole e agli istituti culturali dei piccoli paesi (maggiormente esposti al rischio di crisi economica) è in gran parte legata all'esistenza di tali fondi promossi da Banche e grandi imprese ma sostenuti in modo sostanziale dalle istituzioni locali e nazionali.

Credo che tali soggetti e istituti rappresentino oggi il "grande assente" nel panorama del fund raising italiano.

Su di un altro piano credo che possa essere opportuno creare forme di consorzio al livello locale e regionale tra le biblioteche che permetta di ottimizzare alcuni sforzi necessari per dare vita al fund raising come la formazione degli operatori, la gestione di alcuni aspetti tecnici (campagne, mailing, ecc.) la comunicazione pubblica, la promozione di contratti e convenzioni. (A tale proposito credo sia significativo guardare all'esperienza condotta dalle cooperative sociali negli ultimi dieci anni che ha fatto nascere consorzi tra di esse al livello regionale e cittadino che hanno permesso di potenziare sensibilmente la capacità di raccolta di fondi di tute le associate, garantendo al contempo un loro sviluppo in senso imprenditoriale.

5.7. Una politica pubblica sulla sostenibilità delle biblioteche

Mi sia permesso di cogliere l'occasione per fare una notazione un po' polemica circa l'atteggiamento che le organizzazioni e le amministrazioni pubbliche hanno circa il tema del finanziamento pubblico alle biblioteche. Non basta dire che i bilanci pubblici si stanno assottigliando e che quindi non è possibile più sostenere "in toto" le istituzioni culturali invitandole ad affacciarsi verso i mercati privati. Detta così, sembra un po' uno scaricabarile. Io credo che questo passaggio a modelli finanziari che puntino maggiormente sui fondi privati vada fatto attraverso la progettazione e implementazione di una politica pubblica sul finanziamento privato. Il pubblico, ritirandosi dall'onere di finanziare le istituzioni culturali, deve però investire sul fund raising mediante formazione, facilitazioni normative e fiscali, networking, promozione di partnership, sostegno delle organizzazioni che si propongono verso i programmi europei. Credo che l'esempio portatoci da Ledo Prato circa le paradossali difficoltà burocratiche e amministrative connesse ad una operazione di restauro della facciata di un edificio storico, siano un monito circa il rischio che le amministrazioni si deresponsabilizzino in ordine al finanziamento privato della cultura.

In conclusione, mi sembra che si siano fatti negli ultimi ani enormi passi in avanti sul piano della tematizzazione del problema della sostenibilità economica delle biblioteche, e questo appuntamento annuale promosso dalla Fondazione Querini ne è una concreta quanto evidente prova. Questo dibattito ha aumentatola consapevolezza della urgenza e dell'importanza del fund raising anche per questo settore di istituzioni pubbliche e private. Ora però mi sembra che i tempi siano maturi per passare dalla fase della tematizzazione a quella della sperimentazione.



Bibliografia essenziale

Joanne Lomax - Susan Palmer - Graham Jefcoate - Stephanie Kenna. A guide to additional sources of funding and revenue for libraries and archives. 2nd ed. London: The British Library, Co-operation and Partnership Programme, 2000 (recensito in http://www.bl.uk/concord/otherpubmisc1.html)

M. Coen Cagli, R. Milano, F. Ambrogetti, Manuale di fund raising per le organizzazioni non profit, Carocci, 1998 (si veda anche il sito http://www.fund-raising.it)

P. Kotler, R. Andreasen, Marketing per le organizzaizoni non profit, Sole 24 ore, 2001

Fondazione Querini Stampalia, Atti del convegno Biblioteconomia 2000, Venezia

Europass dossier 36, settembre 2000 a cura di Giancarlo Monina, Class editore, 2000
http://europass.class.it/elenca.asp?tipo=D36

Legacies for Libraries: A Practical Guide to Planned Giving. Amy Sherman Smith & Matthew D. Lehrer. ALA Editions, August 2000
(http://www.amazon.com/exec/obidos/ASIN/0838907849/libraryhq/104-9549831-4509530)

Becoming a Fundraiser: The Principles and Practice of Library Development.
by Victoria Steele, Stephen D. Elder.  ALA Editions, 1992
(http://www.amazon.com/exec/obidos/ASIN/0838907830/libraryhq/104-9549831-4509530)

Fundraising for the Small Public Library: A How-To-Do-It Manual for Librarians. James Swan. Neal Schuman, 1990
(http://www.amazon.com/exec/obidos/ASIN/1555700772/libraryhq/104-9549831-4509530)

Library Fundraising: Models for Success. Dwight F. Burlingame (Editor). ALA Editions, 1995
(http://www.amazon.com/exec/obidos/ASIN/0838906575/libraryhq/104-9549831-4509530)

Ulteriori indicazioni di saggi sul fund raising per le biblioteche:
http://www.amazon.com/exec/obidos/search-handle-url/index=books&field-keywords=Library%20fund%20raising/ref=br_sub_/104-9549831-4509530

Ulteriori indicazioni di saggi sul fund raising http://space.tin.it/clubnet/mcoencag/biblio.html



[1] Massimo Coen Cagli è nato a Napoli nel 1957 è Ricercatore presso il Gruppo CERFE dove dirige il dipartimento per la comunicazione pubblica. E'esperto di metodologie e tecniche di fund raising e di people raising. Ha diretto numerose attività di formazione per le organizzazioni non profit e per la creazione di impresa. E' co-autore del "Manuale di fund raising. La raccolta di fondi per le organizzazioni non profit"; Carocci Editore; 1998 e dell'"Handbook on fund raising training" (CERFE, UE-Programma Leonardo da Vinci, 1999)

[2] ALA Thinks globally, acts federally. ALA Annual conference in Washington. June 25 — July 1, 1998.

[3] Come esemplificazione di tale trend e del conseguente allarme lanciato dalle biblioteche circ la diminzione di risorse pubblihe per esse si veda la testimonianza costituita dalla lettera del 8 febbraio 2001 inviata da Carla Contini, presidente dalla AIB —Sezione Sardegna ai rappresentanti della Regione (in: http://www.aib.it)

[4] Create a planned giving bequest program for your library. By Paula Chiarmonte (is a consultant, fund-raiser, researcher, and librarian. As a consultant to nonprofit organizations in New York and North Carolina, she co-authored the publication, Handbook of Volunteer Management. Ms. Chiarmonte was a librarian at Cornell University) http://www.friendcalib.org/newsstand/f7plangive.htm

[5] Si veda, a tale proposito, il sito http://www.youmancom.it

[6] si veda a tale proposito il sito http://www.gruppocerfe.org/schepresPisa.htm

[7] si veda il sito della Fondazione http://www.provincia.venezia.it/querini/

[8] sulla organizzazione di capital capaigns per le biblioteche si veda Glen Gilbert: "Blueprint for a library capital campaign in: http://www.friendcalib.org/newsstand/f-libcapcam.htm

[9] si veda il sito dell'American Libraries Association http://www.ala.org


Copyright AIB, 2002-02-21, ultimo aggiornamento 2002-04-23 a cura di Marcello Busato
URL: http://www.aib.it/aib/sezioni/veneto/vinay13/coencagli02.htm


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