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"12. Seminario Angela Vinay"
BibliotECONOMIA
dalla cooperazione all'integrazione

Tavola rotonda

PUBBLICO E PRIVATO: INTEGRAZIONE E/O INTERAZIONE?

Giuseppe Vitiello
Consigliere di programma, Editoria elettronica, Libro e Archivi, Consiglio d'Europa


Il calcolo delle probabilità è certamente una scienza, ma l'arte dei pronostici rimane un esercizio assai delicato e tutt'altro che infallibile, come dimostrano le previsioni di mesi fa, in seguito clamorosamente smentite, sulla caduta dei prezzi del petrolio.

Anche l'editoria elettronica ha i suoi guri e i suoi profeti. All'inizio degli anni Novanta essi si erano mobilitati per annunciare il futuro radioso del commercio editoriale online. L'offerta di pubblicazioni elettroniche - affermavano - sarebbe stata nel 2000 pari al 5-15% del mercato editoriale, con picchi del 20-30% nel caso delle pubblicazioni mediche, scientifiche e tecniche (il cosiddetto comparto STM). Una facile pubblicistica tendeva a presentare tale offerta con spot Power Point tratti dal paese di Cuccagna: una manna di contenuto e di conoscenze raccolta direttamente a partire dallo schermo e distribuita a una folla di affamati utenti e consumatori.

Non che tali previsioni siano state smentite. Oggi su Internet viaggia una quantità eccezionale di conoscenze e l'accesso ad esse rappresenta il più formidabile passo in avanti fatto dall'umanità dai tempi di Gutenberg. Cio' che non si è avverato, tuttavia, è il boom dell'editoria elettronica e la promessa redistribuzione di ricchezza per tutte le parti in causa. Sul mercato editoriale classico (di libri e pubblicazioni, cui in genere si rivolgono le biblioteche), non è ancora accaduto che gli autori diffondano le loro opere su scala mondiale, superando le strozzature dei canali distributivi (il caso King è l'eccezione che conferma la regola). Inoltre, sono pochi gli editori che realizzano profitti sostanziosi dall'editoria on line, per quanto possano mugugnare i bibliotecari. I librai non hanno visto accrescere il loro bacino di utenza (ma neanche, sembra, hanno diminuito le vendite a causa del mercato online). E' vero pero' che le biblioteche hanno visto salire in modo preoccupante, e non diminuire come esse si aspettavano, le loro spese per l'acquisizione di pubblicazioni, e proprio a causa del mercato dell'elettronico.

Dove hanno fallito i guru? Nei loro pronostici essi avevano considerato il libro come un oggetto e non come una delle tappe nel processo di diffusione delle conoscenze. Perché si volti la pagina gutenberghiana, occorre non solo instaurare nuove pratiche - leggere dallo schermo non è la stessa cosa che leggere a partire da un supporto cartaceo -, ma anche reinventare la catena dell'editoria, riposizionando i suoi attori all'interno del processo digitale di produzione e distribuzione editoriale.

Nella mia analisi cerchero' di esaminare i punti di incontro tra economia editoriale e economia bibliotecaria in ambiente digitale e la loro possibile integrazione. Attualmente sono quattro le tendenze che contraddistinguono lo sviluppo dell'editoria elettronica :

- le librerie virtuali (Amazon.com, ecc.);
- la diffusione degli e-books (Nuvomedia, ora divenuta Gemstar, ecc.);
- la produzione secondo il print-on-demand (tecnica ibrida secondo cui le pubblicazioni rimangono virtuali, ma sono rese disponibili attraverso una stampa locale, in un numero ridotto di esemplari, dove e quando sono richieste, grazie ad apparecchiature digitali); e
- l'offerta editoriale online (la pubblicazione è resa diponibile direttamente tramite Internet.

Premetto che non credo che, almeno per il momento, vi possano essere integrazioni tra librerie virtuali e e-books, da un lato, e economia bibliotecaria, dall'altro. Le librerie virtuali non hanno invaso il campo delle librerie commissionarie presso cui in genere si riforniscono le biblioteche (in Francia, anzi, il governo sta riflettendo sulla possibilità di mettere un tetto allo sconto che le librerie praticano alle biblioteche, perché le librerie indipendenti possano partecipare a condizioni eguali su questo mercato di nicchia). Semmai sono le librerie commissionarie che si sono virtualizzate, come ad esempio Swets, e hanno aggiunto servizi online (ad esempio, l'offerta di notizie bibliografiche). Naturalmente Amazon.com potrebbe inserirsi con successo sul mercato delle biblioteche, ma allo stadio attuale essa mi sembra essere impegnata, oltre che a controllare nervosamente la propria quotazione di borsa, sul mercato mainstreaming della domanda globale piuttosto che nella ricerca di posizioni di nicchia.

Considero anche l'e-book irrilevante ai fini della nostra analisi, sulla base di motivazioni, diciamo cosi', tecniche. Se lo si considera dal punto di vista dei suoi contenuti, ricadiamo nel caso dell'editoria online, che affronteremo più tardi. Se invece consideriamo l'e-book come supporto, i suoi produttori vanno considerati come solution-providers e trattati alla stessa stregua dei rifornitori di computer o di software. (Non è escluso che le librerie commissionarie del futuro metteranno a disposizione delle biblioteche per prezzi simbolici degli e-books, come fanno oggi le compagnie di telecomunicazione con i cellulari).

Due sono i campi in cui, a mio avviso, le possibilità di integrazione fra economia editoriale e economia bibliotecaria si annunciano promettenti: il print on demand e la pubblicazione diretta su Internet.

Il grafico che osserveremo tra poco illustra l'incidenza delle varie voci di costo sul prezzo di copertina di un libro nel caso del print-on-demand. Tali dati mi sono stati forniti da una casa editrice di recente costituzione, l'European Press Academic Publishing, fondata nel novembre 1999 da un gruppo di ricercatori legati all'Istituto Universitario Europeo di Fiesole (FI) che, con molto coraggio, hanno inteso sostituire il sostegno statale offerto alle pubblicazioni scientifiche (il famoso contributo CNR alle università, quasi sempre impiegato per finanziare la pubblicazione di lavori di ricerca) con le economie offerte dalla tecnica del print-on-demand. In accordo con gli amici della European Press, ho deliberatamente " opacizzato " i dati di tale tabella per non rivelare troppi segreti di bottega. Se siete interessati ad approfondire l'argomento, questo è l'indirizzo del loro sito web : http://www.europeanpress.it.

Vediamo dunque nel dettaglio i costi che affronta una piccola casa editrice on-demand :

Tabella 1. Incidenza dei costi

 

Impaginazione

Editing

Stampa

Costi vari

Diritti

d'autore

Promozione

e vendita

Margine lordo per l'editore

Totale

 

Short run publishing

             

Caso 1

   

11,19

8,61

 

50,00

 

100,00

 

Caso 2

   

11,48

5,74

 

50,00

 

100,00

 

Caso 3

   

9,18

9,18

 

50,00

 

100,00

 
                   

Print on demand puro

             

Caso 1

   

22,38

8,61

 

25,00

 

100,00

 

Caso 2

   

22,95

5,74

 

25,00

 

100,00

 

Caso 3

   

18,36

9,18

 

25,00

 

100,00

 

(Si noti che per short-run publishing sono inclusi i libri stampati in piccole tirature di 50-100 copie per volta venduti tramite distributore o direttamente con sconto del 30%, mentre il print-on-demand puro va inteso come libri stampati on-demand anche in quantità piccolissime e venduti direttamente senza distributori ma tramite ordini on-line).

Stampa, costi vari (soprattutto uso delle tecnologie per la gestione degli archivi elettronici) e promozione e vendita sono le tre voci su cui potrebbe essere imperniata una proficua cooperazione fra biblioteche e editoria elettronica, che porti ad alleggerire i costi di entrambi. La voce promozione implica un'integrazione dell'informazione editoriale nei cataloghi realizzati dalle biblioteche, che sono strumenti di marketing neutri e non sottoposti ai vincoli di mercato che subisce una libreria (dove in genere sono esposte le opere dei grandi editori e occultate, in scaffali situati a livello terra, quelle dei piccoli editori. Lo dicevano anche gli illuministi che l'ordine neutrale dell'alfabeto serve a rimpiazzare gerarchie di valori quasi sempre controverse). A partire dalla notizia bibliografica è perfettamente possibile stampare un libro digitale, ripartendo la spesa tra editore, utente e, se è il caso, la biblioteca. Per questo servizio arricchito di fotocopiatura, le macchine on-demand non devono essere necessariamente installate in biblioteca, ma sarebbero raggiungibili tramite collegamento elettronico.

Ma è soprattutto per la terza voce di costi - i costi vari, principalmente derivanti dall'archiviazione elettronica e dalla gestione della base di dati, che l'integrazione tra lavoro bibliotecario e lavoro editoriale sembra non solo auspicabile, ma necessaria. Tali costi sono destinati a crescere, specialmente sul lungo periodo, nella misura in cui la base si arricchisce e la gestione si fa più complessa. In genere, gli editori tendono ad evitare una troppo elaborata archiviazione elettronica, in parte per ridurre i costi di gestione e in parte per il vecchio riflesso da editore di liberarsi delle scorte, anche se elettroniche. Come risultato assistiamo a un procedimento di doppia archiviazione: le biblioteche creano proprie basi di conoscenza (o di contenuto) da gestire secondo le loro modalità, e lo stesso fanno gli editori, che le amministrano alle loro condizioni. La sovrapposizione è evidente, lo sperpero pure, eppure questo sembra essere il modello corrente di sviluppo editoriale in assenza di accordi tra le due parti in causa e di integrazione delle due economie. In paesi bibliotecariamente meno favoriti (e l'Italia è uno di questi) la condivisione degli archivi elettronici dovrebbe essere uno dei temi privilegiati per la cooperazione fra le due professioni del libro.

La questione di fondo è tuttavia un'altra: esiste davvero una volontà di cooperazione fra le due categorie? Molti esponenti del settore pubblico dell'informazione (bibliotecari, documentalisti) ritengono che il settore privato debba assumersi tutti i costi della sua attività e non scaricarli sulle biblioteche o, peggio ancora, sugli utenti. Essi sostengono che la direttiva dell'Unione europea sul copyright nella società dell'informazione abbia completamente sbilanciato l'equilibrio a favore dei produttori e che sia giunto il momento di spingere dall'altra parte, dalla parte degli utenti. Ora, chiediamoci con molta franchezza: non sono le voci di catalogazione automatizzata, di archiviazione elettronica e di prestito bibliotecario online dei costi di notevole entità per le biblioteche ? E non varrebbe la pena condividerli appunto con gli editori?

Uno sguardo retrospettivo su quelle che i bibliotecari considerano le conquiste della professione, puo' darci la misura di quelle che, nel passato, sono state le occasioni mancate. Nel suo articolo su biblioteche e multimedialità di prossima pubblicazione nella rivista " Economia della cultura " Leombroni fa riferimento agli standard di descrizione bibliografica e alla familiarità che hanno i bibliotecari con l'automazione fin dagli anni Sessanta. La Library of Congress, ad esempio, ha creato il formato MARC, il primo formato catalografico automatizzato, un risultato di cui la professione è, a giusto titolo, molto fiera. E tuttavia, se la Library of Congress avesse allora tenuto conto delle esigenze degli archivisti, oggi il cammino su Internet verso i metadata sarebbe stato di molto agevolato.

Un altro esempio sono i prodotti bibliografici e l'assurda situazione per cui oggi sono offerti in quasi tutti i paesi due prodotti abbastanza simili : la bibliografia nazionale e il catalogo dei libri disponibili in commercio. Se fin dall'inizio i bibliotecari avessero compreso il valore commerciale dell'informazione in loro possesso, oggi essi sarebbero leader sul mercato dell'informazione bibliografica, un mercato molto promettente giacché, come è noto, i testi accessibili direttamente in modo digitale hanno bisogno di interfacce di consultazione potenti ed efficaci, appunto come lo sono i cataloghi bibliotecari.

La direttiva dell'Unione europea sul copyright nella società dell'informazione, su cui si sono divise le lobbies degli editori e dei bibliotecari, non va vista come una minaccia per il funzionamento normale delle biblioteche, ma come un'opportunità. Le deroghe al diritto esclusivo d'autore previste per le istituzioni pubbliche possono essere trattate in termini puramente giuridici, come fanno i principi guida del Consiglio d'Europa e di EBLIDA quando statuiscono che " le eccezioni al diritto d'autore che oggi sono applicate al materiale a stampa dovrebbero, per quanto possibile, essere applicate anche al materiale digitale ". Esse possono anche essere affrontate, in termini pragmatici, spostando l'obiettivo su nuovi traguardi politici, in cui i bibliotecari basandosi sul principio della remunerazione "equa", possano procedere da leader nella realizzazione di una nuova catena della diffusione delle conoscenze, integrata tra settore pubblico e privato, in cui siano definiti i ruoli reciproci degli attori e le loro responsabilità, il costo della cooperazione e l'onere da assegnare agli editori. Attualmente l'informazione elettronica sembra essere offerta o in modo totalmente, e insostenibilmente, gratuito o, come la libbra di carne di Antonio nel Mercante di Venezia, alla stessa stregua di una merce rara, a caro prezzo e ottenibile solo dopo cavilli giuridici. L'integrazione dovrebbe avere invece come fine ultimo un'offerta abbondante, disponibile senza barriere, a prezzi limitati e con reciproca soddisfazione di bibliotecari e editori, per la sempre maggiore diffusione delle conoscenze e della libertà d'accesso nella società dell'informazione.


Copyright AIB, 2002-02-21, ultimo aggiornamento 2002-02-21 a cura di Marcello Busato
URL: http://www.aib.it/aib/sezioni/veneto/vinay12/vitiello01.htm

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