"12. Seminario Angela Vinay"
BibliotECONOMIA
dalla cooperazione all'integrazione
Dovrei parlare soprattutto del volume che l'ICCU ha voluto pubblicare insieme
all'AIB, ma sarà difficile che anch'io non riesca a trattenermi dal fare
riferimenti personali, perché troppo lunga è stata la storia della
mia vita professionale e della mia amicizia con Angela Vinay. Dunque, il libro
nasce da un desiderio da tempo accarezzato dagli amici e dai colleghi di lavoro,
naturalmente nell'Istituto così come nell'Associazione: un progetto che
ha atteso un po' troppo a lungo, perché ci avevamo pensato già
all'indomani della scomparsa di Angela ma siamo riusciti a realizzarlo soltanto
dopo dieci anni.
Il volume vede presenti insieme contributi di persone che sono state vicine
ad Angela Vinay nel lavoro e nell'impegno professionale, spesso nell'affetto,
e che hanno scelto a loro piacimento dei temi che ritenevano importanti proprio
per rappresentare quelli che erano gli interessi condivisi con Lei. Troverete
quindi un insieme di saggi molto diversi, perché ciascuno degli autori
ha avuto un diverso tipo di rapporto con Angela. Devo dire però che il
risultato finale è gradevole proprio perché l'espressione di ogni
personalità riesce in qualche modo ad emergere chiaramente. Accanto a
questa serie di contributi (che potevano essere di più, ma si è
dovuto in qualche modo operare una selezione) abbiamo voluto inserire un'antologia
degli scritti di Angela Vinay, per rappresentare il suo percorso intellettuale
e professionale e la varietà dei suoi interessi che, come ricordava Poggiali,
spaziavano in molteplici tematiche.
Per questi motivi offrire un'idea del contenuto non è facile: ho scelto
quindi di percorrere il filo conduttore di quello che è stato a mio parere
il punto centrale, il punto di riferimento di tutta la vita professionale di
Angela Vinay, e che riprendo dalle parole della biografia curata da Carmela
Perretta, dove si dice che " Fu essenziale l'aver capito che occorreva
trovare sul terreno dell'organizzazione dei servizi a livello nazionale la ricomposizione
dei ruoli e delle competenze, favorendo e suscitando interventi la cui qualità
contribuì alla crescita dei bibliotecari italiani"(p.19). Questo
è stato il filo conduttore della sua attività, della quale rimangono
molte testimonianze ancora importanti e attuali, prima fra tutte il Servizio
Bibliotecario Nazionale.
Ma permettetemi di fare un passo indietro, e cominciare con il chiarire il perché
della scelta della copertina di questo libro. Si tratta di una riproduzione
della sala di lettura della Biblioteca Vittorio Emanuele II, la Biblioteca Nazionale
di Roma, che come molti sanno aveva sede nel Palazzo Gesuitico del Collegio
Romano. L'abbiamo scelta per tre ragioni: perché Angela ha operato nella
Biblioteca Nazionale Centrale, ma anche perché il Collegio Romano è
oggi sede del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, istituzione
nella quale e nei confronti della quale si è svolta una parte importante
dell'impegno di Vinay; infine il palazzo del Collegio Romano è la sede
di uno dei più prestigiosi licei romani, il Visconti, liceo nel quale
Angela ha studiato. È quindi una immagine che rappresenta alcuni momenti
particolarmente significativi della sua vita.
La lettura che vi propongo passa attraverso il filo conduttore dei suoi scritti,
senza dimenticare però che, oltre ai servizi nazionali, molti sono stati
i suoi interventi, i suoi punti di interesse. Per quanto riguarda la nostra
professione, va ricordato che Angela Vinay considerava le tematiche relative
alla gestione della biblioteca, di cui molti suoi colleghi non si curavano,
come uno dei punti cruciali, da approfondire anche teoricamente, per raggiungere
l'obiettivo di migliorare il servizio. Sulla gestione della biblioteca, e in
particolare sulla gestione di una grande istituzione come la Biblioteca Nazionale
di Roma, Angela Vinay ha lavorato molto, come pure sul tema del deposito legale,
ben sapendo come una buona legge sul deposito legale costituisca l'ossatura
dei servizi nazionali; ma ha lavorato con attenzione anche sui fondi librari
antichi, e alla formazione professionale come strumento di un lavoro serio.
Voglio leggervi alcuni passi dei suoi scritti, da cui si vede come fin dal '77
l' attenzione ai problemi dei servizi nazionali e alla costruzione di un sistema
bibliotecario costituisse quasi il motore del suo impegno e della sua attività.
In quell'anno scriveva: "Quando parliamo di mancanza di sistema bibliotecario,
che cosa vogliamo intendere? In parole povere intendiamo che in Italia, a differenza
di quanto avviene nella gran parte dei paesi europei, se vogliamo rintracciare
un libro o una rivista che non figurino nei limitatissimi e mai aggiornati repertori,
dobbiamo ancora ricorrere all'arcaica procedura di spedire per posta una richiesta
ad un numero x di biblioteche senza essere per lo più in grado di immaginare
in precedenza se la nostra scelta è pertinente oppure no; senza sapere
se l'accertata presenza del periodico o del libro in una sede è garanzia
di poterne disporre, vista la varietà di regolamenti che governano l'uso
del prestito e la discrezionalità riconosciuta al funzionario preposto
al servizio, l'esistenza, la qualità e il costo di un servizio fotografico
o di fotocopia e la sua presumibile sconcertante lentezza. Non vi è per
il cittadino nessuna certezza che il suo diritto al libro sia reale e non piuttosto
governato dal caso o dal capriccio"(p. 237). E concludeva, riferendosi
soprattutto alla dispersione dei patrimoni bibliografici italiani, "Questo
ci porta a dover accettare il fatto che un singolo istituto non può soddisfare
con le proprie risorse la necessità della sua utenza e che sempre più
occorre considerare il servizio bibliotecario in termini di cooperazione e di
partecipazione"(p.238). In anni recentissimi i programmi comunitari hanno
ripreso il concetto della biblioteca impossibilitata da sola a gestire le domande
dell'utenza e quindi non più basata solo sui propri servizi interni,
ma anche sull'accesso alle risorse delle altre biblioteche: questa idea era
già presente nella tematica sollevata da Vinay, nella sua convinzione
che la cooperazione fosse appunto il fondamento per la costruzione di un servizio
di qualità nelle biblioteche .
Una certa attenzione viene prestata da Angela nel '78 anche al problema del
rapporto con gli altri attori del mondo che è intorno alle biblioteche,
per esempio al mondo dell'editoria: scriveva infatti che per raggiungere l'obiettivo,
appunto, della cooperazione nella conservazione e nell'uso della documentazione
"occorrerà che a svolgere opera di persuasione non siano i soli
bibliotecari bensì anche gli editori, i tipografi, i produttori dei documenti
interessati, non meno degli addetti ai lavori, a che il loro prodotto diventi
bene culturale a disposizione di tutti"(p.247). Ritorna quindi di nuovo
il tema del servizio come prioritario, e importante è l'identificazione
in questo sistema di due livelli di cooperazione (anche questa è una
tematica di grande attualità): "Il primo costituito dall'insieme
delle biblioteche e dei servizi che hanno scopo primario quello della messa
a disposizione del documento, di soddisfare, cioè, le richieste di un'utenza
diretta e territorialmente localizzata. Che tali servizi facciano capo a soggetti
proprietari diversi e quindi configurino molteplicità di regimi patrimoniali
non deve pregiudicare la possibilità di ricondurli ad unitarietà
di fini e di metodologie tecniche e gestionali. Unità che si raggiunge
mediante lo sviluppo della cooperazione tecnica fra biblioteche e la collaborazione
amministrativa nel quadro di una programmazione territoriale che congloba le
risorse di enti a natura giuridica diversa. [
] Il secondo livello raggruppa
servizi che servono l'intera comunità nazionale o hanno valenza a livello
di responsabilità internazionale"(p. 265-6). Alla fine degli anni
'70, quindi prima del progetto SBN, già erano tutte presenti dunque le
tematiche della cooperazione nelle iniziative e negli interventi di Angela,
che divenuta nel frattempo direttore dell'Istituto Centrale per il Catalogo
Unico, avviava un programma di censimenti, di catalogazioni, di ricerche, di
riunificazione del patrimonio bibliografico attraverso la cooperazione, ipotizzando
un'attività che consentisse di lavorare ognuno nel suo ambito ma senza
ripetizioni, in un quadro di standardizzazione e di normative concordate che
costituisce di fattoil nodo centrale per utilizzare queste risorse.
Vorrei citare ancora una riflessione su SBN, quella che periodicamente ritorna
anche nei nostri discorsi: "Si è detto" dice Vinay "che
il modello SBN non è un pacchetto di programmi anche se considera l'intera
gestione di un biblioteca. In assenza in Italia di una metodologia comune in
un settore in cui le invenzioni andavano moltiplicandosi con risultati estremamente
precari, si è ritenuto opportuno offrire un quadro organico della gestione
bibliotecaria in modo tale da riuscire economica ai fini delle due procedure
essenziali: catalogazione e prestito"(p. 303). SBN è dunque inteso
come risorsa di tutto il Paese, per superare le difficoltà e per raggiungere
degli obiettivi (non dimentichiamo che in quegli anni è anche molto vivace
il dibattito sul regionalismo e sulla divisione delle competenze tra Stato e
Regione).
A proposito del protocollo d'intesa firmato nel 1984 fra il Ministero dei Beni
Culturali e le Regioni, che fu poi la cornice istituzionale e legislativa all'avvio
di SBN, Angela Vinay diceva che "Nel protocollo troviamo affermato il carattere
unitario che deve avere la politica per i beni culturali rappresentati dal patrimonio
librario, la cui conoscenza e la cui circolazione non può che essere
frutto della cooperazione dei vari soggetti istituzionalmente titolari di responsabilità
in ordine alla loro tutela e valorizzazione: enti locali, università,
ministeri vari. Il Servizio bibliotecario si propone come modello per realizzare
una cooperazione siffatta: riconosce all'amministrazione centrale il diritto
di attivare il processo per le responsabilità di indirizzo e di coordinamento
che le spettano, attribuisce all'articolazione decentrata il compito di realizzare
il servizio nel rispetto dei singoli piani di sviluppo. L'organizzazione SBN
viene quindi ad avere come proprio punto di forza la realtà territoriale
e non le diverse titolarità delle biblioteche" (p.309). Io credo
davvero che con tali parole (questo ultimo intervento è del 1986) sia
stato delineato un obiettivo strategico di grandissimo rilievo, del quale oggi
continuiamo appunto a godere i risultati e sul quale continuiamo a costruire
e che non deve assolutamente essere accantonato a causa di polemiche o fughe
in avanti di carattere politico, professionale, istituzionale, a volte anche
tecnologico (cioè usando in maniera distorta la falsa motivazione della
tecnologia, che non è mai stata un fine per nessuno che abbia creduto
e lavorato per un risultato di valenza nazionale).
Vorrei infine ricordare quanto tutti noi dobbiamo ad Angela Vinay per il coraggio
e l'impegno con cui ha sempre operato: nella sua stanza era appesa una piccola
mattonella (di qualità scadente per la verità) che portava il
motto "Spes ultima dea"; in queste tre parole su quella brutta mattonella
- conservata poi dagli amici - era il segreto della sua grande volontà
e capacità di costruire, che tanto ha significato per le biblioteche
italiane e che ritorna, straordinaria e potente, in tutti i ricordi che abbiamo
di Lei.