"12. Seminario Angela Vinay" BibliotECONOMIA
dalla cooperazione all'integrazione
INTRODUZIONE AL SEMINARIO
Giovanna Mazzola Merola
Direttore dell'Istituto Centrale per il Catalogo Unico delle Biblioteche Italiane
L'intervento di Cristina Celegon ha dato al dibattito uno spessore importante,
e ha messo in rilievo quanto sia necessaria all'operare di un'associazione professionale
la reale partecipazione non solo dei soci, ma anche degli altri attori del processo
culturale che in vario modo si muovono intorno alle biblioteche, e quindi degli
amministratori, delle persone di cultura, dei formatori, dell'Università.
A questo punto spero che l'intervento che avevo pensato per l'apertura si presti
anche ad una prima riflessione, in chiusura di questa mattinata del Seminario
Vinay. Non tratterò invece, come è consuetudine, di quanto si sta
facendo per i servizi di SBN, in quanto è previsto nel pomeriggio un intervento
specifico affidato ad Anna Maria Mandillo. Un'altra occasione per soffermarci
sia su SBN che sulle tematiche istituzionali ci sarà offerta domani mattina,
con la presentazione del volume che abbiamo preparato in memoria di Angela Vinay.
Farò brevemente riferimento ai temi del seminario, e in particolare al
suo significativo sottotitolo: "Dalla cooperazione all'integrazione".
Questi due concetti infatti continuano a ritornare nel dibattito professionale
- e sono ritornati questa mattina più volte nelle parole di chi è
intervenuto - e continuano ad avere forte pregnanza, soprattutto in un momento
come quello che stiamo attraversando e che segna a mio parere una specie di nuovo
salto di qualità nel modo di lavorare delle biblioteche. E' questo il prodotto
di una serie di fattori cui in qualche modo intendo fare cenno, ma che certamente
sono davanti agli occhi di tutti. In primo luogo ancora una volta è l'evoluzione
delle tecnologie, che corre molto veloce come sempre, a farci riflettere sul modo
in cui noi le abbiamo finora utilizzate, e di conseguenza sulle metodologie di
un'organizzazione come la biblioteca che merita di essere gestita con attenzione.
Abbiamo poi, sempre sulla spinta delle tecnologie, un altro tema che emerge prepotentemente,
ed è quello del rapporto - e quindi ecco di nuovo l'integrazione come obiettivo
- fra gli ambiti che trattano i diversi beni culturali, all'interno del mondo
delle biblioteche ma anche rispetto alle altre strutture culturali, come i musei
e gli archivi, e agli altri soggetti che comunque si occupano di queste realtà,
come gli editori, i librai, gli autori. Ci troviamo quindi in un contesto che
permette, anzi chiede, una forte evoluzione progettuale e una spinta verso l'integrazione.
E' poi mutata la cornice legislativa in cui ci muoviamo, o almeno lo è
per alcuni ambiti importanti, come per esempio quello del Ministero per i Beni
e le Attività Culturali, che è già stato modificato dal decreto
Veltroni alla fine del 1999, e oggi è oggetto di un ulteriore intervento
di modifica con il recentissimo regolamento di organizzazione del nuovo Ministero.
Che cosa hanno prodotto questi due atti legislativi? Hanno prodotto l'avvio del
lavoro di programmazione concertata ricordato poco fa da Nazzareno Pisauri - anche
se personalmente non sono critica come lui - ma considero gli accordi di programma
fra Stato e Regioni sugli investimenti di risorse sui beni culturali uno strumento
che, se ben adoperato, può essere davvero un mezzo importante di pianificazione
degli interventi.
In questa cornice legislativa che permette inoltre di creare nuove interfacce
di rapporti fra Stato e Regione; sono stati costituiti in quest'ultimo anno e
mezzo degli strumenti che, naturalmente se ben utilizzati e portati nel concreto,
possono essere determinanti per lo sviluppo futuro delle biblioteche. Diceva giustamente
prima Cristina Celegon che se non ci sono gli interlocutori istituzionali che
ascoltano e traducono in pratica i nostri discorsi, questi rischiano di rimanere
sterilmente nell'ambito degli addetti ai lavori; ma gli strumenti legislativi
sono comunque importanti, e una volta che ci sono dobbiamo poterli utilizzare
o, se non altro, possiamo chiedere che vengano utilizzati.
In questo contesto abbiamo la chiara coscienza - lo abbiamo detto più volte
anche questa mattina - di trovarci di fronte ad un'offerta di informazione e servizi
davvero molto consistente; lo strumento delle tecnologie e delle reti ha fatto
sì che l' informazione si sia nel tempo moltiplicata, ma secondo me anche
frantumata. Infatti alla visibilità che certamente molte strutture hanno
acquisito con Internet, laddove queste strutture non siano forti, coordinate o
integrate, non corrisponde un reale effetto duraturo e dopo qualche tempo la forza
del messaggio comincia a diminuire e ad appannarsi.
Emerge ancora una volta la necessità che gli operatori delle strutture
culturali cerchino delle soluzioni organizzative che permettano, con una maggiore
visibilità, una riaffermazione del ruolo delle biblioteche nella società
dell'informazione. E il mio parere è che queste soluzioni organizzative
vadano costituite proprio usando la tematica dell'integrazione come obiettivo
strategico, intrinseco alle istituzioni che costituiscono la memoria storica della
cultura, proprio in quanto si tratta di un obiettivo di contenuto culturale. Stamattina
l'assessore Cortese diceva che le biblioteche sono una forma di organizzazione
come un'altra; attenzione però: le biblioteche sono una forma di organizzazione
culturale, questo non lo dobbiamo mai dimenticare. Sembra forse una affermazione
banale, ma credo che solo se riusciremo a calare alcuni concetti guida in una
cornice di attività e di progetti reali potremo veramente fare un buon
lavoro.
Un'altra lettura del tema dell'integrazione (oltre a tutte quelle che già
oggi sono state citate) ci porta a considerare l'integrazione delle informazioni
con i contenuti, che oggi la tecnologia del digitale ci sta facendo intravedere,
anzi già ci sollecita per una indifferibile applicazione. A mio parere
bisogna puntare ad accrescere il livello di ricchezza delle informazioni da una
parte e dei contenuti e degli oggetti dall'altra, nel senso che le informazioni
sono importanti, ma da sole ormai non bastano più: e i bibliotecari hanno
ben chiaro il livello di complessità delle relazioni logiche, cronologiche
e di servizio che intercorrono tra le informazioni e le informazioni e il contenuto,
cioè l'oggetto che queste informazioni rappresentano. E' sempre più
importante quindi, e costituisce secondo me un indirizzo fondamentale, la costruzione
da una parte di oggetti culturali, dall'altra parte di servizi su questi oggetti.
Leggo dunque il termine integrazione con un taglio culturale, nel senso di creazione
di cose nuove, di oggetti culturali nuovi perché più ricchi, più
completi, di qualità più elevata. Conosciamo bene infatti - continuo
a dire forse delle cose abbastanza scontate - la ricchezza di informazioni offerta
dalle reti, ma dobbiamo lavorare perché queste informazioni non siano tutte
di qualità bassa, per non abbassare il livello della comunicazione culturale.
Accanto al contenuto culturale c'è un altro tema, a mio parere molto importante
ai fini della realizzazione dell'integrazione, che è quello della standardizzazione
e delle metodologie. Come direttore dell'Istituto Centrale del Catalogo Unico
sono particolarmente sensibile a questo tema, per una serie di motivi che ritengo
inutile ricordare a dei bibliotecari, i quali sanno da tempo, direi da secoli
ormai, che per comunicare si deve standardizzare, avere cioè delle regole.
D'altra parte anche le tecnologie ci hanno insegnato che se non facciamo attenzione
alla standardizzazione non comunichiamo più niente, cioè non trasmettiamo
né informazioni, né contenuti, e le tecnologie stesse diventano
degli strumenti inutili, dei contenitori vuoti. L'uso efficace delle tecnologie
richiede dunque la standardizzazione per quanto riguarda gli aspetti non solo
catalografici, ma anche di formato, di comunicazione e di servizio, perché
anche sui dati gestionali dobbiamo lavorare per standardizzare. La grande novità
della rete, il fatto che si possa accedere all'informazione e chiedere dei servizi,
significa che anche riguardo a questi punti dobbiamo essere d'accordo sulle modalità
di ricerca e di richiesta, sul tipo di risposte da dare e avere, nonché
sull'interpretazione di queste risposte, altrimenti ci ritroveremo ancora a gestire
dei contenuti poveri, ed è proprio questo che va massimamente evitato.
E qui mi collego ad un altro tema del Vinay, che dall'anno scorso parla di bibliotECONOMIA:
la standardizzazione a mio parere è infatti uno strumento per fare economia.
Da una parte bisogna quindi massimizzare i benefici per gli utenti delle biblioteche:
stamattina Chiara Rabitti citava la bellissima espressione di Ranganathan, "risparmia
il tempo del lettore"; se lasciamo il lettore girare per le reti senza dargli
uno strumento di navigazione appropriato, o se lo mettiamo davanti ad un oggetto
senza dirgli come fare ad averlo, o quanto deve pagare, o quali diritti deve preventivamente
mettere in campo per ottenerlo, gli diamo un servizio poco efficiente e gli facciamo,
appunto, perdere tempo. D'altra parte dobbiamo minimizzare i costi, tenendo presente
l'obiettivo dell'economia e integrando gli oggetti esistenti, senza ricominciare
ogni volta a inventare cose che molti altri hanno già fatto in altri paesi,
o altrove in Italia, o magari addirittura nella città accanto. Rendiamoci
conto, per esempio, che investire in software significa poi dover manutenere,
fare evolvere, diffondere un prodotto, sul quale non può bastare il primo
investimento. Dobbiamo, a mio parere, lavorare nel senso dell'economia migliorando
il concetto di cooperazione e rendendolo concreto su iniziative e servizi, sostenendolo
con più forza tra le biblioteche e gli organismi che l'amministrano (più
volte questa mattina è emerso questo tema), facendolo uscire dall'ambito
cittadino o regionale per estenderlo a livello nazionale e internazionale. Infatti
la dimensione ormai è questa, e non possiamo certo pensare di non lavorare
in un contesto europeo o mondiale; dobbiamo evitare quindi quella che oserei chiamare
la balcanizzazione, riducendo le duplicazioni, investendo con grande attenzione
in un settore che richiede non solo forti finanziamenti iniziali, ma anche elevate
spese di manutenzione e di gestione.
In questo contesto vorrei concludere accennando ad una nuova attività che
l'Istituto sta portando avanti nell'ambito delle proprie funzioni istituzionali,
in aggiunta ai servizi di SBN di cui si parlerà più tardi. Si tratta
di una iniziativa che abbiamo preso recentemente riguardo ai metadati. I metadati
sono un altro dei tanti strumenti di standardizzazione, cioè dati strutturati
sui dati; il termine è entrato da qualche anno ormai nella nostra letteratura
professionale, e i metadati si studiano a livelli nazionali e internazionali,
si applicano all'interno di progetti. Sui metadati l'Istituto ha avviato una nuova
attività e sta preparando un seminario, che mi sembra opportuno annunciare
qui perché anche i metadati rappresentano uno strumento per realizzare
l'obiettivo dell'integrazione, proprio in quanto consentono una standardizzazione
dei dati finalizzata all'interoperabilità dei sistemi. Abbiamo per questo
avviato un approfondimento sui metadati, in termini di dati comuni ai diversi
ambienti dei beni culturali (di nuovo, archivi, musei, biblioteche), ambienti
che, insieme, ci auguriamo potranno generare dei prodotti culturali di qualità;
come anche sui metadati relativi anche agli aspetti gestionali, al fine quindi
di approfondirne l'applicazione non solo a livello della descrizione, ma anche
per la gestione e l'utilizzo dei prodotti o delle risorse descritti. Su questo
tema si sta lavorando, sia a livello nazionale che a livello internazionale, per
costruire metodologie operative, per adottare sistemi di riferimento, per monitorare
le applicazioni. Come Istituto Centrale quindi abbiamo costituito un gruppo di
lavoro interistituzionale (sono presenti in questo gruppo anche colleghi del settore
dei musei e del settore degli archivi, oltre a rappresentanti dei vari settori
di attività delle biblioteche) che si è rivolto sia all'ambito dei
metadati descrittivi che a quello dei metadati gestionali. Abbiamo anche predisposto
e messo in rete un questionario sull'utilizzo dei metadati nell'ambito dei progetti
di digitalizzazione e ci auguriamo, attraverso questo questionario, di poter cominciare
a raccogliere informazioni utili allo scopo di elaborare e fornire strumenti di
lavoro comune, definendo metodologie che permettano l'interoperabilità
sia fra settori diversi dei beni culturali, che fra segmenti diversi di attività
nello stesso settore. Questo gruppo di lavoro sui metadati avrà una prima
uscita pubblica il prossimo 3 aprile a Roma, con un seminario di cui sarà
data ampia informazione.
Chiudo dunque ribadendo come quella dei metadati sia una nuova direzione in cui
proprio l'esperienza di cooperazione e di applicazione di metodologie che abbiamo
maturato come bibliotecari - e come bibliotecari del Catalogo Unico - nell'ambito
di SBN sta dando, e spero continuerà a dare, i suoi frutti.
Copyright AIB,
2002-02-21, ultimo aggiornamento 2002-02-21 a cura di Marcello
Busato URL: http://www.aib.it/aib/sezioni/veneto/vinay12/merola101.htm