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"12. Seminario Angela Vinay"
BibliotECONOMIA
dalla cooperazione all'integrazione

Tavola rotonda

PUBBLICO E PRIVATO: INTEGRAZIONE E/O INTERAZIONE?

Maurizio Lozza
presidente del Consorzio Sistema Bibliotecario Nord-Ovest, Milano


Sarò volutamente schematico: una tavola rotonda non può che dare spunti o provocazioni; altri sono i momenti per le analisi e gli approfondimenti. Non mi soffermo sulla presentazione del Consorzio, perché la scheda che vi è stata distribuita fornisce i dati essenziali.

Parto dal titolo: "Pubblico e privato: integrazione e/o interazione?". Toglierei la disgiuntiva e l'interrogativo e tenterei una definizione generale: "Si può migliorare l'azione PUBBLICA (che tale, quindi, rimane nei suoi fini) utilizzando - per i vari aspetti della gestione - gli strumenti del PRIVATO (che sono, perciò, mezzi per raggiungere i fini)". Questo per evitare gli equivoci interpretativi e le approssimazioni che in molti casi caratterizzano anche l'attuale dibattito sulla liberalizzazione (che è cosa ben diversa dalla privatizzazione) della conduzione dei servizi pubblici; dove troppo spesso si scambiano i mezzi con i fini, si sostituisce l'azione di gestione a quella di governo, si dimentica che questi processi devono avere al centro l'interesse dell'utente, si invoca a sproposito il mercato come elemento taumaturgico di regolazione.

Fatta questa premessa - che rimane determinante per un corretto uso della cultura d'impresa in ambito pubblico - consentitemi, per semplicità di esposizione, di fare un paragone, che solo in apparenza può sembrare irriverente: come non si può - se si vogliono effettuare analisi gestionali corrette - parlare genericamente di "distribuzione commerciale", perché diversi (e - a volte - confliggenti) sono gli interessi ed i metodi di gestione di un piccolo negozio di vicinato, rispetto a un supermercato o a un ipermercato, così non si può parlare genericamente di "biblioteca", perché una biblioteca di conservazione non ha nulla a che vedere con una biblioteca di pubblica lettura, o una specialistica e di ricerca, con una scolastica (forse la "differenziazione" tra biblioteche potrebbe essere un tema interessante per il Vinay dell'anno prossimo).

L'accostamento della distribuzione commerciale alla biblioteca non è casuale, perché entrambi questi settori usano (o dovrebbero usare) tecniche di gestione analoghe: pensate alle politiche di acquisto, ai metodi di esposizione, alle modalità di inventariazione, alla misurazione della produttività. Anche se occorre ancora una volta chiarire che usare gli strumenti del privato nella gestione del pubblico (nello specifico, della biblioteca) ha come oggetto comune l'uso ottimale delle risorse, ma ha fini pressoché opposti: là, il profitto; qui, il servizio.

Nel suo intervento di ieri, Chiara Rabitti ha detto che, per catalogare in modo efficace, occorre sapere "perché" catalogare e "per chi" catalogare. Non catalogare, cioè, secondo una ipotetica regola aurea, ma adottando i metodi privatistici della customer satisfaction: al lettore di best seller non serve la scheda catalografica necessaria allo studioso e al ricercatore. E poi, sempre in tema di catalogazione, è sicuramente arrivato il momento di fare quattro conti sui costi: in troppi catalogano gli stessi titoli per la stessa tipologia di biblioteca, con uni ingiustificato spreco di risorse; qualche processo di razionalizzazione sarebbe dunque salutare.

Sempre in tema di differenziazione bibliotecaria - e della necessità di strumenti adeguati ai diversi utenti -: nella sessione di ieri Carlo Federici, oltre ad avere efficacemente rilevato come sia radicalmente diverso progettare un edificio per la pubblica lettura, piuttosto che per la conservazione - ha con passione illustrato il lavoro dell'Istituto da lui diretto ed ha definito il libro (in modo più che corretto, dal suo punto di vista) "non come un oggetto da leggere, ma come un bene storico-artistico da proteggere". Pensate se pretendessimo di far passare questo concetto presso i lettori di Camilleri, di Sèpulveda, di Stephen King!
Se anche sulla stessa definizione di libro occorre usare delle categorie che ne individuino il valore in funzione del suo utilizzo e della sua identità è chiaro che diversa deve essere l'organizzazione di chi deve puntare alla massima fruizione rispetto a chi lo deve il più possibile sottrarre alla visione.
Al punto che la biblioteca di pubblica lettura - quasi in antitesi con quella di conservazione - assolve al meglio il suo compito se è capace di scartare molti volumi, perché uno dei suoi fini è il rapido rinnovamento del patrimonio.

Un tema poco indagato, ma che credo sia indispensabile affrontare è quello della "produttività" della biblioteca. E' un aspetto che concerne la biblioteca di pubblica lettura, ovviamente: la necessità, cioè, di introdurre dei parametri che permettano di valutare l'indice di rotazione dei volumi (quante volte, cioè, in un dato arco di tempo il libri vengono consultati dagli utenti). Il Consorzio nord-Milano ha avviato una sperimentazione in questo senso e sono emersi alcuni risultati insospettati: vi sono volumi che non escono dallo scaffale nemmeno una volta in un anno. Sarà dunque utile, mutuando tecniche già consolidate dalla grande distribuzione fare qualche ragionamento sulle modalità di acquisto (non dimenticando che, essendo nel Consorzio funzionante in modo molto efficiente il prestito interbibliotecario, sarebbe utile introdurre - per alcune materie - il criterio della specializzazione).

E, infine, un'ultima notazione riguardo ai dati di frequenza da parte del pubblico: ieri si è parlato di percentuali di utilizzo dei servizi bibliotecari attorno al 10%, molto al di sotto delle percentuali europee.
Qui dovremo fare del marketing, per capire come aumentare queste percentuali; non per il gusto della statistica, ma per dimostrare che l'approccio al miglioramento del servizio non può basarsi sull'obiettivo di spendere meno, ma deve puntare ad avere più finanziamenti, per soddisfare più utenti.

Per concludere: sì all'uso degli strumenti gestionali privatistici per raggiungere nel miglior modo possibile gli obiettivi di utilità sociale; no al "privato" inteso come cultura meramente economicista, dove la visione aziendocentrica è considerata migliore di ogni altra cultura, compresa quella politica, amministrativa, di governo.


Copyright AIB, 2002-02-21, ultimo aggiornamento 2002-02-21 a cura di Marcello Busato
URL: http://www.aib.it/aib/sezioni/veneto/vinay12/lozza01.htm

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