[AIB]AIB. Sezione Veneto. Congressi
AIB-WEB | Home Page Veneto | 12. Seminario Vinay

"12. Seminario Angela Vinay"
BibliotECONOMIA
dalla cooperazione all'integrazione

ASPETTI E PROBLEMI DELL'INTEGRAZIONE BIBLIOTECARIA

Valutare la cooperazione: il caso delle reti bibliotecarie toscane

Anna Galluzzi
consulente Ufficio Biblioteche della Regione Toscana



Rispetto a quanto suggerito dal titolo, l'intervento avrà un ordine di trattazione degli argomenti previsti esattamente inverso. Infatti, dopo una breve premessa che si propone di spiegare le motivazioni che hanno prima prodotto e poi fatto crescere l'esigenza di valutare la cooperazione, si procederà a descrivere l'esperienza di valutazione che l'Ufficio Biblioteche, Beni Librari e Attività culturali della Regione Toscana sta portando avanti nelle reti bibliotecarie toscane. La seconda parte dell'intervento sarà invece dedicata all'analisi dei problemi metodologici della valutazione delle reti e ai possibili percorsi di sviluppo che si potrebbero intraprendere in questo campo. Riguardo a questa seconda parte, giova ricordare che si tratta di un ambito nel quale ancora poco è stato fatto e scritto in Italia (ma non è molto diversa la situazione all'estero) e sul quale si possono perciò solo avanzare delle proposte da sottoporre alla verifica del dibattito e delle concrete applicazioni.


§ L'evoluzione concettuale dell'approccio sistemico e le esigenze valutative

Nel 1990 nella Presentazione al volume di Giambattista Tirelli, Il sistema biblioteca, così scriveva Luigi Balsamo in merito all'affermarsi in Italia di una visione sistemica in ambito bibliotecario:


È stato un episodio - o un'avventura? - che forse un giorno meriterà di essere storicamente ricostruito anche per comprendere meglio i successivi sviluppi ossia la realtà, in continuo movimento, che stiamo vivendo ai nostri giorni.[1]
Non so se lo fossero nel 1990, ma oggi credo che siano maturi i tempi per procedere alla ricostruzione storica e biblioteconomica ipotizzata da Balsamo, allo scopo di ricercare le motivazioni che si nascondono dietro lo scollamento tra la ricchezza del dibattito relativo al fenomeno cooperativo e i ritardi nelle realizzazioni concrete (tranne che in poche realtà fortunate). In particolare, è legittimo chiedersi perché, a distanza di trent'anni circa dall'avvio del dibattito, si è ancora impegnati a convincere e a convincersi dell'opportunità di cooperare e a commentare i numerosi, ma stentati e zoppicanti tentativi di cooperazione.

Certamente, mi pare che oggi si è ad un punto in cui non si può più prescindere da una sistemazione organica delle riflessioni, delle idee e delle esperienze sul piano istituzionale, organizzativo, tecnologico e dei servizi e da un'impostazione degli interventi futuri interamente volta alla crescita e al miglioramento dei servizi.

Stante tale situazione, gli ambiti di riflessione su cui credo valga la pena di insistere e verso cui oggi bisogna spingere le realizzazioni sistemiche sono l'approccio interistituzionale (reti caratterizzate da rapporti formalizzati ma non necessariamente di tipo omogeneo né gerarchico tra biblioteche di diverse tipologie), l'integrazione dei sistemi bibliotecari in reti informative più ampie (comprendenti anche archivi, altre istituzioni culturali, altre strutture con finalità informative), l'adozione di modelli flessibili di rete (flessibilità che si intende dal punto di vista tecnologico, di funzioni, di ruoli, di livelli di cooperazione ecc.), la pluralità dei rapporti sistemici (ogni biblioteca può inserirsi all'interno di più percorsi cooperativi relativi ad attività e funzioni diversificate), infine appunto la valutazione delle reti come occasione e modalità di verifica dell'effettiva efficacia dello strumento.

La cooperazione in Italia ha sofferto in passato degli stessi limiti di mentalità e di impostazione che hanno pesantemente condizionato anche le singole biblioteche, ossia l'assenza di metodi di lavoro fondati sulla gestione per obiettivi, la tendenza al tecnicismo e alla sopravvalutazione delle procedure, la limitata cultura del servizio, la scelta del "campanile" e dell'isolamento culturale.

Per questo, oggi dotarsi di appositi ed adeguati strumenti di valutazione che ci consentano effettivamente di quantificare l'efficacia dello strumento e di individuare i percorsi migliori è un percorso strategico assolutamente necessario, nella direzione del quale molte realtà bibliotecarie si stanno già muovendo. La Toscana è una di queste realtà.

§ L'esperienza cooperativa toscana e il monitoraggio delle reti bibliotecarie

In Toscana, infatti, nel corso del 1999 e del 2000, molti passi si sono fatti sia sul piano del rafforzamento della struttura cooperativa regionale e delle singole reti sia su quello della valutazione dei risultati conseguiti.

In realtà, già nel 1976, la 'storica' legge toscana per le biblioteche (la n. 33[2]) si proponeva tra i suoi obiettivi primari quello di potenziare, anche attraverso la creazione di sistemi bibliotecari, il servizio bibliotecario, in particolare quello di pubblica lettura.

Al suo apparire, si svilupparono subito numerose aspettative, così come subito si delinearono diverse posizioni critiche sia all'interno che all'esterno dell'ambiente bibliotecario toscano. Da più parti vennero pesanti critiche alla creazione di sistemi, le cui dimensioni corrispondessero agli ambiti territoriali dei distretti scolastici, mentre fu complessivamente giudicata in maniera positiva l'azione di stimolo che questa legge intendeva esercitare rispetto alla costituzione di sistemi bibliotecari, così come venne ritenuto sostanzialmente corretto non specificare in sede legislativa i contorni dei sistemi.

Nel 1981, in occasione di un convegno tenutosi a Castelfiorentino dedicato a I sistemi bibliotecari in Toscana[3], furono avanzati, in maniera sempre più insistente, molti dubbi sull'efficacia dei risultati della legge e cominciò così a circolare diffusamente l'idea della necessità di riformare e adeguare la stessa.

All'interno della realtà bibliotecaria toscana le tematiche della cooperazione divennero, da quel momento in poi, argomento privilegiato. L'impressione è, però, che gli interventi operativi in questa direzione non abbiano corrisposto alla effettiva situazione e alle reali esigenze della realtà bibliotecaria regionale. Per tutti questi motivi, l'impegno volto alla definizione di obiettivi e contenuti di lavoro per la cooperazione e alla formalizzazione dei rapporti di cooperazione, oltre che alla valorizzazione delle esperienze di cooperazione già avviate, ha costituito negli ultimi anni uno dei principali argomenti di dibattito all'interno del mondo bibliotecario toscano e ha portato, in seguito al diffuso riconoscimento dei limiti della legge 33/76, alla nuova legge regionale per le biblioteche e gli archivi, la n. 35 del 1999 (Disciplina in materia di biblioteche di enti locali e di interesse locale e di archivi di enti locali), che nell'art. 5 ha individuato nelle reti locali il principale strumento di gestione dei servizi documentari sul territorio e ha scelto le statistiche come filtro di accesso ai finanziamenti regionali. In particolare, così recita l'art. 5:

ARTICOLO 5
(Le reti locali)
1. La rete locale costituisce la modalità ordinaria di gestione delle attività e dei  servizi documentari integrati. Essa è lo strumento che realizza la condivisione delle risorse interne e la piena utilizzazione di quelle esterne alla rete.
2. [...]
3. Alla rete locale possono partecipare, oltre alle biblioteche e agli archivi degli enti locali, le biblioteche di interesse locale, nonché gli istituti bibliotecari, archivistici e documentari, pubblici e privati, presenti nel territorio di riferimento.
4. [-]
5. [-]
6. La Regione incentiva, anche con i propri finanziamenti, la costituzione, il funzionamento e lo sviluppo di reti locali.
7. [-]
8. Le reti locali sono tenute a comunicare i dati per la statistica. L'avvenuta comunicazione dei dati è condizione per l'accesso ai finanziamenti regionali.

La legge ha dato una spinta significativa ai processi di aggregazione e di organizzazione cooperativa sul territorio; in particolare, nell'ultimo anno si sono formalmente costituite diverse reti bibliotecarie provinciali che in questi mesi stanno muovendo i loro primi passi. Esistono però alcune esperienze cooperative che da più tempo operano sul territorio regionale e che negli ultimi anni hanno fatto da motori trainanti del processo di costituzione delle reti documentarie toscane e della costituzione del sistema bibliotecario regionale. Si tratta delle reti bibliotecarie della provincia di Firenze, ossia il Sistema Bibliotecario Integrato dell'Area Fiorentina (che ha da poco accorpato il Sistema bibliotecario del Comune di Firenze), REA.net - Biblioteche lungo l'Elsa e l'Arno, il Sistema bibliotecario territoriale Mugello Alto Mugello Val di Sieve, il Sistema bibliotecario provinciale di Prato e il Sistema bibliotecario provinciale di Livorno.

Già in vista dell'approvazione del nuovo testo di legge e in risposta all'esigenza di avere a disposizione strumenti informativi a scopi di programmazione regionale, l'Ufficio Biblioteche della Regione Toscana ha avviato un progetto finalizzato a sperimentare e impiantare - mediante una Convenzione con l'Università degli Studi della Tuscia - un Sistema di monitoraggio delle prestazioni delle biblioteche pubbliche della Toscana.

Tale progetto si è articolato in una prima fase, consistente nella raccolta ed elaborazione dei dati 1998 effettuata nel 1999[4], e in una seconda fase, che a partire dal 2000 ha consentito l'implementazione a regime del sistema di monitoraggio.

Nell'ambito di questa finalità generale, l'attività di rilevazione ed elaborazione dei dati 1998 rispondeva anche ad una serie di finalità specifiche:

· contribuire a diffondere la cultura della valutazione;
·  mettere a disposizione adeguati strumenti di raccolta e di elaborazione dei dati;
·  uniformare le procedure di raccolta dei dati, attraverso una univoca definizione degli stessi ed una precisa individuazione delle fonti;
·  selezionare un set di indicatori rispondenti alle caratteristiche delle biblioteche pubbliche toscane e capaci di rappresentare sinteticamente i problemi e i fenomeni in atto;
·  progettare un semplice strumento di supporto alle decisioni, che sia in grado, a partire dagli indicatori, di fornire ad ogni biblioteca e ad ogni rete degli obiettivi realistici, sui quali i singoli istituti possano tarare un sistema di autovalutazione e costruire il proprio percorso di sviluppo;
·  ricostruire un primo quadro della situazione attuale delle biblioteche toscane di ente locale (da sottoporre a verifica attraverso il confronto con le successive rilevazioni).

Poiché l'intento era quello di analizzare la situazione di fatto delle biblioteche di ente locale (dimensioni e caratteristiche delle sedi, qualità degli spazi, altri dati strutturali, consistenza e sviluppo delle raccolte, flussi di attività, impatto sul bacino di utenza, servizi resi etc.) e di valutarne le prestazioni, la struttura e le caratteristiche della modulistica hanno privilegiato la possibilità di misurare e valutare le attività e i servizi delle biblioteche - considerati come l'oggetto primario del controllo di qualità.

Per la prima indagine, quella relativa ai dati 1998, le procedure di rilevazione sono state differenziate per le diverse tipologie di biblioteche pubbliche esistenti sul territorio regionale:

per le biblioteche delle città capoluogo, le biblioteche di eccellenza dell'indagine condotta dalla Sezione Regionale dell'AIB (i cui dati si riferivano al 1994)[5], le biblioteche centro-rete, quindi complessivamente biblioteche di dimensioni medio-grandi e/o con un carattere prevalentemente storico, l'indagine è stata caratterizzata da un elevato livello di approfondimento e ha riguardato tutti gli aspetti della loro struttura e delle loro attività;

per tutte le biblioteche di base (in genere, strutture di dimensioni più piccole e non dotate di rilevanti patrimoni storici), l'indagine è stata condotta mediante un questionario un po' meno articolato.

Le difficoltà di compilazione dei questionari che erano state presupposte nel cominciare l'attività di raccolta dei dati hanno trovato conferma prima nel confronto diretto con i bibliotecari, avvenuto durante una serie di dieci seminari organizzati dalla Regione e tenutisi uno in ciascuna delle dieci province toscane, e poi nell'analisi dei questionari restituiti.

A fronte di tale consapevolezza, le prospettive di intervento sono state di due tipi:

·      da un lato, un attento lavoro di normalizzazione e, comunque, un atteggiamento di particolare cautela nella fase di controllo dei dati e, successivamente, di utilizzo degli stessi;

·      anche per garantire tempi più lunghi di rodaggio e per consentire un graduale assorbimento della metodologia e, quindi, una progressiva approssimazione a buoni livelli di standardizzazione, si è articolato il ciclo di monitoraggio in fasi quinquennali. Ciascuno di questi cicli prevede quattro anni di raccolta dei dati essenziali per il mantenimento delle serie storiche degli indicatori e un anno di indagine più approfondita (utilizzando la versione definitiva dei questionari utilizzati per la raccolta dei dati 1998).

L'obiettivo è quello di arrivare nell'arco di un ciclo di monitoraggio (quindi in 5 anni), grazie alla consuetudine e padronanza che i bibliotecari toscani avranno frattanto acquisito nel raccogliere e trattare i dati, ad un buon grado di uniformità e standardizzazione e ad un elevato livello di attendibilità degli indicatori.

La rilevazione dei dati 1998 ha funzionato dunque come fase di sperimentazione dei metodi e degli strumenti di valutazione, ma ha anche messo a disposizione un quadro attendibile della situazione delle biblioteche pubbliche in Toscana.

Gli indicatori utilizzati per la valutazione delle singole biblioteche e delle reti sono sostanzialmente quelli previsti dalle Linee guida per la valutazione delle biblioteche pubbliche italiane prodotte dal Gruppo "Gestione e Valutazione"[6], come risultato della seconda fase della ricerca "Efficienza e qualità dei servizi bibliotecari", con l'esclusione degli indici costruiti a partire dai dati delle visite e delle transazioni informative, che non erano disponibili in quanto non era stata effettuata alcuna rilevazione campionaria per la raccolta di questo tipo di dati.

Tra questi ne sono stati ulteriormente selezionati sei, ritenuti particolarmente utili per una valutazione d'insieme e per consentire una lettura sintetica e nello stesso tempo accurata delle situazioni in atto.

I sei indicatori prescelti (di cui si ricordano brevemente le formule di elaborazione) sono i seguenti:

1.  indicatori delle risorse:

a.  indice della dotazione di personale (FTE ogni 2.000 abitanti)

b.  indice di spesa (spese di funzionamento pro capite)

c.  indice di incremento del patrimonio bibliografico (acquisti ogni 1.000 abitanti)

2.  indicatori dei servizi:

a.  indice di prestito (prestiti pro capite)

b.  indice di impatto (percentuale di utenti attivi del servizio di prestito sulla popolazione)

c.  indice di fidelizzazione (prestiti per utente attivo del servizio di prestito).

A questi si è affiancato, dove lo si è ritenuto necessario, anche l'indice di spesa per acquisto di materiale bibliografico (spese per acquisto di materiale bibliografico pro capite).

A seguito della progettazione e poi dell'avvio del sistema informativo finalizzato al monitoraggio sistematico delle prestazioni delle biblioteche di ente locale sono oggi disponibili dati quantitativi conoscitivi anche su offerta e servizi delle reti bibliotecarie, per i quali si è approntata una apposita lettura. In realtà, i dati a disposizione si riferiscono alla fase precedente alla promulgazione della legge (1998-1999), fase nella quale le reti bibliotecarie provinciali non erano ancora costituite, a parte le 5 già presenti da tempo sul territorio regionale (SBIAF, REA.NET, Mugello, Livorno, Prato) che sono anche le uniche per le quali è stato dunque possibile fare delle riflessioni a livello sistemico.

In particolare, la riflessione sui dati e sugli indicatori relativi alle biblioteche che partecipano alle reti bibliotecarie già esistenti e consolidate sul territorio regionale ha consentito di verificare i possibili effetti che un'attività di cooperazione consolidata ha sull'utilizzazione delle risorse e sull'organizzazione dei servizi.

Nell'analisi dei risultati di queste riflessioni, bisognerà tener conto del fatto che gli indicatori di rete che sono stati costruiti sia per il 1998 che per il 1999 rappresentano soltanto la componente pubblica dei sistemi esistenti, che invece sempre di più presentano una composizione interistituzionale, ossia comprendono biblioteche di appartenenza istituzionale e di tipologia funzionale diversa. Ad esempio, allo SBIAF partecipano anche la biblioteca del Gabinetto Vieusseux e la Biblioteca della Giunta Regionale Toscana e al sistema di prestito territoriale anche l'Università degli studi di Firenze, mentre il sistema bibliotecario territoriale Mugello Alto Mugello Val di Sieve è fondato sulla forte integrazione tra biblioteche comunali e scolastiche. Tra l'altro, tale componente delle reti bibliotecarie andrà rafforzandosi in futuro in virtù del fatto che la legge 35/99 parla delle reti locali come di reti interistituzionali di biblioteche e archivi.
L'analisi e il confronto degli indicatori di risorse e di servizio delle biblioteche partecipanti alle reti bibliotecarie toscane ha fornito numerosi spunti di riflessione, in particolare in merito ai rapporti tra risorse e prestazioni delle reti:

· a fronte di un indice di spesa delle biblioteche organizzate in sistema leggermente superiore rispetto al valore medio delle biblioteche toscane, si riscontra un orientamento ben più spiccato all'accrescimento delle raccolte, che rappresenta il fattore di maggiore criticità nel panorama bibliotecario regionale;

·  restando sul piano delle risorse, si osserva, all'interno delle reti, una generale carenza nei valori dell'indice della dotazione di personale;

·  spostandosi sul piano dei servizi si riscontrano invece le differenze più significative; l'analisi degli indici di prestito, di circolazione e di impatto mette in evidenza un notevole scollamento tra i valori medi regionali e quelli delle biblioteche organizzate in rete. Non è un caso che questi stessi sistemi mostrino anche gli indici più alti di incremento del patrimonio. In questo senso si può forse dire che, anche in una fase ancora embrionale come è quella attualmente vissuta dalla reti bibliotecarie toscane, la cooperazione si può configurare come uno strumento in grado di produrre miglioramenti dell'efficacia e dell'efficienza dei servizi;

·  il metodo della cooperazione sembrerebbe confermarsi come una scelta economicamente vantaggiosa e che porta ad una maggiore efficienza e produttività;

·  in una fase di sviluppo dei servizi pubblici in cui si fa appello in maniera sempre più insistente alla resa degli investimenti e si auspica una cultura dell'obiettivo e del risultato, investire nelle reti come soluzione organizzativa è probabilmente una scelta strategicamente corretta, avendo chiaro però che le reti funzionano se innanzitutto si investe nella crescita delle singole biblioteche. A questo proposito, i dati dimostrano che i margini di miglioramento del servizio sono molto ampi; posto che, al momento attuale, l'11% circa della popolazione è utente del servizio di prestito e, secondo alcune stime, circa il doppio sono le persone che utilizzano almeno uno dei servizi della biblioteca (20-25% della popolazione), la visibilità dei servizi bibliotecari al restante 80% della popolazione servita deve essere il principale impegno di amministratori e bibliotecari;

·  la sfida è dunque non quella di giocare al ribasso, bensì di investire risorse finanziarie, umane e professionali sugli strumenti più efficaci scegliendo i percorsi che di volta in volta si dimostrano vincenti;

·  infine, se è vero che la cooperazione acquista significato se a cooperare sono delle realtà che funzionano e che mettere insieme povertà significa produrre ulteriore povertà, è assolutamente indispensabile individuare delle condizioni minime di funzionamento delle biblioteche, che consentano di portare allo scoperto le situazioni di ritardo e di innescare stimoli per la crescita.

Partendo dalla consapevolezza che impiantare un sistema di monitoraggio serve innanzitutto ad introdurre una gestione consapevole e a mettere a disposizione strumenti a supporto delle decisioni, la raccolta dei dati è stata utilizzata come presupposto per proporre e introdurre nelle biblioteche toscane il metodo di autovalutazione suggerito dal Gruppo "Gestione e valutazione" dell'AIB[7], ossia le fasce di rendimento.

Utilizzando questo sistema

le biblioteche [-] risultano divise in parti uguali in quattro gruppi, uno corrispondente a un livello basso di funzionamento, un secondo gruppo corrispondente ad un livello medio-basso, un terzo gruppo corrispondente ad un livello medio-alto e un quarto e ultimo gruppo corrispondente ad un livello elevato di funzionamento.

[-] Fondando la programmazione su questo genere di dati, ognuno potrà individuare come si colloca rispetto alle performance delle altre biblioteche e graduare gli impegni per migliorare il proprio rendimento, contestualizzando meglio la propria situazione di partenza ed i propri obiettivi di sviluppo.

Così, ad esempio, costruendo le fasce di rendimento per le reti esistenti e per quelle di recente costituzione si potrebbero proporre come standard-obiettivo ad ogni biblioteca aderente e alla rete nel suo complesso il valore di confine tra la propria fascia di rendimento e la successiva.

Intanto, dal confronto tra le fasce di rendimento individuate per la Toscana e quelle del campione nazionale si è messo in evidenza uno scollamento forte nelle fasce più basse che si va attenuando man mano che si procede verso le fasce più alte. In modo particolare le biblioteche che si posizionano all'interno della fascia di rendimento più bassa per la Toscana rispetto a quelle della corrispondente fascia del campione nazionale sono caratterizzate da una ancora più accentuata situazione di difficoltà; tali biblioteche non solo non sembrano in grado di potersi agganciare alle reti documentarie in via di costituzione, ma addirittura suscitano dubbi legittimi sulla loro capacità di fornire un servizio bibliotecario seppur minimo.

Sulla base di queste risultanze, bisognerà valutare sempre più attentamente il percorso di sviluppo del processo cooperativo e prevedere eventualmente partecipazioni differenziate e modalità di condivisione delle risorse che spingano tutti ad impegnarsi e mettano tutte le biblioteche nelle condizioni di farlo.

Quanto fin qui esposto in riferimento al sistema di monitoraggio delle reti bibliotecarie toscane dimostra che le indicazioni di valutazione che sono contenute nelle Linee guida per la valutazione delle biblioteche pubbliche in Italia possono fornire spunti utili anche per la valutazione delle reti bibliotecarie e possono essere applicate a vari livelli, ad esempio per la scelta degli indicatori e degli strumenti di autovalutazione.

§ Il futuro delle reti bibliotecarie e i possibili sviluppi metodologici sul piano valutativo

Mi sembra però che all'approccio AIB, utilissimo e ineliminabile punto di partenza, si dovranno presto affiancare strumenti di valutazione più raffinati che tengano conto del panorama sempre più composito e complesso che si sta disegnando all'interno dei rapporti cooperativi tra le biblioteche italiane e delle esigenze sempre più pressanti di monitoraggio e valutazione più approfondite delle attività e delle procedure delle reti che provengono da più parti.

Rispetto ai nuovi scenari della cooperazione tra biblioteche, un interessante stimolo alla riflessione può essere rappresentato dalle considerazioni fatte in un suo recente intervento da Giovanni Di Domenico; in particolare, Di Domenico parla della direzione verso la quale stanno andando o dovrebbero andare le reti bibliotecarie:

- creazione di sistemi di rete "glocali", globali e locali insieme, capaci cioè di correre in parallelo fra dimensione globale e dimensione locale dei processi;

-  forte personalizzazione dei prodotti e dei servizi: il cliente è sempre di più parte attiva nel determinare le caratteristiche di qualità dei nuovi prodotti e dei nuovi servizi.[8]

Partendo da questo presupposto Di Domenico si pone diversi interrogativi:

1) è sufficiente conservare un approccio che guardi alla cooperazione come a un'attività semplicemente aggiuntiva alla preesistente politica di servizio delle singole biblioteche e perciò limitata all'allestimento di cataloghi collettivi e al prestito interbibliotecario?

2) è sufficiente predisporre un unico modello di cooperazione, che sia poi valido per tutte le situazioni?

3) è sufficiente limitare la cooperazione delle biblioteche all'ambito bibliotecario?

4) è sufficiente conservare un'idea e una pratica della cooperazione centrate esclusivamente sulla gestione e sull'uso delle raccolte?[9]

Di Domenico riconosce le seguenti come le componenti chiave di una rete bibliotecaria, quelle cioè sulle quali è necessario fare dei supplementi di riflessione e introdurre gli opportuni cambiamenti richiesti da una gestione cooperativa e gli strumenti di valutazione ad essi adeguati:

· gli utenti

·  il personale

·  i processi

·  gli ambienti operativi e le tecnologie

·  i modelli organizzativi

·  i modelli gestionali

In seguito all'analisi interna dei contenuti e delle procedure di rete, da più parti ormai si avverte la spinta ad allargare i confini angusti dei sistemi bibliotecari così come erano concepiti in passato, anche grazie alle nuove opportunità consentite dalle tecnologie di rete. Ancora Di Domenico ipotizza:

[-] una rete di relazioni più vasta, destinata a coinvolgere altri soggetti individuali e collettivi (utenti, altre figure professionali, gli enti locali di riferimento, biblioteche scolastiche o delle università presenti sullo stesso territorio), poi uno scambio di conoscenze e di idee esteso al servizio bibliotecario nel suo complesso e capace di andare anche oltre questa dimensione. Con l'utilizzo di piattaforme digitali, la rete cooperativa finisce con l'oltrepassare i confini delle biblioteche partecipanti, diventa un'organizzazione virtuale, anzi una nuova comunità virtuale basata sulla conoscenza e sull'apprendimento.[10]

Tenendo conto di queste prospettive di sviluppo delle reti bibliotecarie, i livelli di analisi e di riflessione sul piano valutativo sono destinati a crescere progressivamente.

Nell'attivare un sistema di monitoraggio delle reti non si potrà innanzitutto prescindere dalle decisioni relative all'impostazione del sistema, in particolare quelle che riguardano:

1. gli obiettivi del monitoraggio;

2. gli approcci valutativi;

3.  i livelli di valutazione;

4.  la scelta dei dati da raccogliere e degli indicatori da elaborare;

5.  l'utilizzo dei risultati della valutazione.

1.  Obiettivi

Obiettivi della valutazione di una rete bibliotecaria possono essere:

·  il costante monitoraggio dell'andamento delle risorse e dei servizi complessivi della rete per verificare l'efficienza e l'efficacia dei metodi di gestione adottati;

·  l'analisi di specifici servizi cooperativi sia già operativi che da implementare (acquisti cooperativi, prestito interbibliotecario, costruzione del catalogo collettivo, informazioni bibliografiche);

·  approfondimento dei flussi d'utenza e analisi del profilo della comunità servita allo scopo di una migliore ripartizione dei compiti e delle funzioni a livello di rete e di singole biblioteche;

·  analisi dei livelli di soddisfazione degli utenti;

· ecc.

Gli obiettivi elencati non vanno intesi come alternativi tra loro, ma cumulabili o quanto meno potenzialmente compresenti in attività complesse di monitoraggio; d'altra parte, ritengo che un monitoraggio minimo delle risorse e dei servizi (come indicato nel primo degli obiettivi proposti) rappresenti la condizione sine qua non di qualunque sistema di valutazione ed è imprescindibile ai fini del raggiungimento degli altri obiettivi di valutazione.

2. Approcci valutativi

In base agli obiettivi prescelti, saranno diversi anche gli approcci valutativi adottati:

· approccio quantitativo (ovvero oggettivo): raccolta di dati oggettivi volti a cogliere la dimensione quantitativa dei fenomeni (e solo indirettamente l'aspetto qualitativo);

·  approccio qualitativo: raccolta di dati che mettano in evidenza la diversificazione e la validità dell'offerta e dei servizi;

·  approccio soggettivo: raccolta delle impressioni e delle opinioni degli stakeholders rispetto al servizio svolto;

·  approccio sociologico: approfondimento dei dati di contesto dell'utenza allo scopo di una migliore definizione dei profili di servizio.

Anche nel caso degli approcci valutativi le scelte possono essere intermedie tra le diverse prospettive proposte, oppure possono prevedere contemporaneamente l'utilizzo di dati di tipo diverso.

3. Livelli di valutazione

Vista la natura sempre più eterogenea e composita delle reti bibliotecarie, quando parliamo di valutazione della cooperazione, in realtà parliamo di valutazione degli apporti che le singole biblioteche e i diversi sottoinsiemi di biblioteche offrono alla rete:

· singola biblioteca: il monitoraggio dei servizi e delle attività della singola biblioteca è il primo passo di qualunque attività di valutazione delle reti, in quanto costituisce il presupposto dei livelli di analisi successivi. Ciascuna biblioteca, a seconda della sua tipologia funzionale e della sua appartenenza istituzionale, verrà valutata con gli strumenti che la letteratura professionale[11] ha sviluppato e messo a disposizione per i diversi tipi di biblioteca. Ciascuna biblioteca (pubblica, scolastica, universitaria, speciale, di conservazione, statale) adotterà uno strumento di monitoraggio ad essa consono, che comporterà la raccolta di un numero minimo di dati comuni a tutte (direi non più di una decina) e di altri dati necessari a valutarne la specificità tipologica e funzionale. Un problema può essere rappresentato dal fatto che mentre per le biblioteche pubbliche e per quelle delle università gli strumenti disponibili sono ormai numerosi e consolidati non altrettanto si può dire nel caso delle altre tipologie di biblioteca;

· singoli sottosistemi (rete delle biblioteche pubbliche, delle scolastiche, delle universitarie, delle speciali, di quelle di conservazione ecc.): per ciascuno di questi sottosistemi bisognerebbe essere in grado di valutare il servizio o l'apporto specifico che essi svolgono a vantaggio della rete; ad esempio, nel caso delle scolastiche potrebbe trattarsi del patrimonio di libri per ragazzi e dei servizi di supporto alla scuola, nel caso delle pubbliche del servizio informativo di base, per le biblioteche delle università l'apporto in termini di informazione specializzata ecc.; semplificando, il livello della singola biblioteca si caratterizzerebbe per un approccio puramente quantitativo, mentre il livello dei sottosistemi dovrebbe attestarsi su un piano più specificamente qualitativo;

·  livello complessivo di rete: a questo livello bisognerebbe valutare l'effettiva disponibilità delle risorse per tutto il bacino d'utenza della rete, quindi il principale oggetto di valutazione dovrebbe essere da un lato il nucleo delle risorse esclusivamente di rete (personale dedicato ai servizi di rete, attrezzature utilizzate solo dalla rete, rete informatica gestita centralmente ecc.), dall'altro, la visibilità e la rapida accessibilità da qualunque punto della rete delle risorse informative disponibili.

A differenza degli obiettivi e degli approcci della valutazione, i livelli del monitoraggio non possono essere il risultato di una scelta, in quanto tappe necessarie della valutazione delle reti, da attivare sequenzialmente.

4. I dati da raccogliere e gli indicatori da elaborare

In conformità ai livelli di valutazione individuati, bisognerà stabilire per ciascuno di essi quali dati raccogliere, da utilizzare poi ai fini della verifica degli obiettivi valutativi previsti.

A livello di singola biblioteca, non si potrà prescindere dai dati previsti dalle fonti di letteratura professionale italiana e internazionale, che potranno avere un livello minimo/massimo di approfondimento a seconda delle esigenze specifiche. In particolare, per le biblioteche pubbliche si ribadisce l'opportunità dell'utilizzo delle Linee guida AIB, mentre per tutte le altre tipologie di biblioteche si potrebbe fare riferimento allo standard ISO 11620[12].

A livello di sottosistemi, i dati da raccogliere saranno più differenziati tra differenti tipologie di biblioteche e, come già anticipato, deriveranno da un approccio qualitativo. Ad esempio, per le scolastiche bisognerà raccogliere i dati sulla varietà e ricchezza del materiale bibliografico per ragazzi posseduto, sulla accessibilità e disponibilità del materiale bibliografico (cataloghi esistenti e percentuale del patrimonio visibile nell'OPAC, ammissibilità al prestito interbibliotecario ecc.) e sulle attività di assistenza alla ricerca a scopi scolastici; per le pubbliche potrebbe essere utile avere a disposizione i dati sull'aggiornamento e la varietà dei libri di pubblica lettura (escludendo quella parte dei libri per ragazzi che comprano le scolastiche), sulla completezza e rapidità dei tempi di catalogazione e sulla visibilità del patrimonio attraverso l'OPAC, sui servizi informativi locali e di base svolti, sull'ammissibilità del materiale bibliografico al prestito interbibliotecario; per le biblioteche delle università sarebbe opportuno conoscere le coperture disciplinari effettivamente garantite, la completezza e la rapidità dei tempi di catalogazione (in particolare, la visibilità del patrimonio bibliografico nell'OPAC) e i dati sull'attività di assistenza bibliografica specializzata; ecc. In definitiva, sintetizzando si potrebbe dire che per ciascun sottosistema è necessario conoscere:

· varietà, ricchezza, aggiornamento, copertura del patrimonio bibliografico;

· visibilità e disponibilità di tale patrimonio: cataloghi, copertura dell'OPAC, attivazione dei servizi di prestito interbibliotecario.

A livello di rete, bisognerà innanzitutto verificare la visibilità allargata e tempestiva del materiale bibliografico posseduto da ciascuna di queste tipologie di biblioteche. Tale verifica passa attraverso un'accurata analisi dell'OPAC collettivo della rete (metodi di costruzione del catalogo collettivo, catalogazione partecipata o riversamenti periodici, copertura del catalogo collettivo rispetto ai posseduti delle biblioteche, aggiornamento dei dati dell'OPAC collettivo rispetto agli OPAC delle singole biblioteche) e dell'effettiva possibilità delle singole biblioteche di accedervi (connessione alla rete di tutte le biblioteche, modalità di connessione – rete dedicata o modem, potenzialità delle rete informatica, dotazione hardware e software delle singole biblioteche sia ad uso dei bibliotecari che degli utenti ecc.). Accanto alla visibilità del patrimonio e quindi all'accesso alle risorse bibliografiche, l'altro essenziale requisito è la disponibilità dell'informazione e l'effettiva possibilità di venirne in possesso. Tale requisito può essere sottoposto a verifica grazie all'analisi dei livelli di efficacia ed efficienza della circolazione delle informazioni (sia sotto forma di prestito interbibliotecario e document delivery, sia sotto forma di servizio informativo coordinato e ripartito in base alle specificità delle singole biblioteche, sia infine sotto forma di disponibilità di risorse digitali bibliografiche e full-text). Non si può poi prescindere dalla valutazione dell'efficienza ed efficacia nell'utilizzazione delle risorse economiche, umane e strumentali a esclusivo utilizzo del livello di rete.

La questione si complica ulteriormente quando si passa alla costruzione degli indicatori, soprattutto perché la maggior parte degli indicatori a la letteratura professionale ci ha abituati sono costruiti dall'intersezione di un dato di input o di output con l'utenza potenziale. Ma, qual è l'utenza potenziale di una rete bibliotecaria? È forse ormai riduttivo parlare di popolazione residente nel bacino territoriale su cui insiste la rete, soprattutto perché parliamo sempre più spesso di reti che comprendono biblioteche delle università (con il loro bacino di utenti istituzionali che accomuna residenti e non residenti e che diventa bacino di utenza istituzionale anche per le altre biblioteche del sistema), biblioteche speciali e specializzate (con la loro utenza specifica spesso proveniente anche dall'esterno del territorio), e biblioteche site in comuni con forte vocazione turistica e quindi frequentate per periodi dell'anno più o meno lunghi da utenza non residente. Da qui la necessità sempre più pressante di condurre per le reti bibliotecarie attente analisi di comunità per capire davvero quali sono le dimensioni effettive del bacino di utenza, per verificarne la composizione, le propensioni e le caratteristiche, per riconoscerne gli spostamenti e le provenienze ecc. Ma su questo abbiamo ancora tutto da imparare dal punto di vista metodologico.

5. Utilizzo dei risultati della valutazione

Poiché l'attività di valutazione non deve mai ridursi ad un mero esercizio accademico, è opportuno che chi la intraprende abbia la consapevolezza che gli utilizzi possibili dei dati sono numerosi; tra questi:

·  monitoraggio nel tempo dell'andamento dei servizi bibliotecari erogati dalla rete e individuazione dei fattori di forza e di debolezza del sistema;

·  definizione dei requisiti di partecipazione alla rete e individuazione di parametri di riordinamento delle funzioni delle singole strutture (quali strutture devono diventare punti di servizio, quali non possono entrare a far parte della rete per livelli di funzionalità troppo bassa);

·  definizione di standard-obiettivo di funzionamento da utilizzare come parametro di ripartizione dei fondi e come elemento forte della carta dei servizi con gli utenti;

·  elementi per la programmazione degli interventi;

·  specifici aggiustamenti di tiro e suggerimenti di investimento delle risorse.

Cosa manca a questo modello per tradursi in realtà? Direi gli strumenti metodologici; ad esempio, mancano parametri condivisi di valutazione delle biblioteche che non rientrano tra le pubbliche e le accademiche, mancano strumenti metodologici per costruire il profilo dell'utenza bibliotecaria, non esistono efficaci strumenti di analisi dei servizi a livello di rete.

Insomma una lunga strada da percorrere, sulla quale non è più possibile rimandare l'incamminarsi.



[1] Luigi Balsamo, Presentazione, in Giambattista Tirelli, Il "sistema" biblioteca. Milano: Editrice Bibliografica, 1990, p. 9. (Quaderni di "Biblioteche oggi"; 6)

[2] La storia di questa legge e il testo nelle sue diverse fasi e stesure sono contenute nel volume: Giunta regionale toscana, Dipartimento istruzione e cultura, La legge toscana per le biblioteche, a cura di Francesco Gravina. Firenze: Giunta regionale toscana, 1977.

[3] Gli atti di questo convegno sono pubblicati nel volume: I sistemi bibliotecari in Toscana. Atti del Convegno, Castelfiorentino 26 maggio 1981, a cura di Giovanni Parlavecchia. Firenze: Vallecchi Editore, 1983.

[4] I cui risultati sono ora contenuti nel volume:

Giovanni Solimine - Anna Galluzzi. L'efficacia delle biblioteche pubbliche in Toscana : la valutazione delle prestazioni come strumento di lavoro in un'indagine della Regione Toscana. Firenze: Giunta Regionale Toscana; Pagnini e Martinelli Editori, 2000 (Toscana Beni Librari, 14).

[5] I risultati di questa indagine sono contenuti nel volume:

Biblioteche pubbliche in toscana: indagine qualitativa sui servizi bibliotecari di base in Toscana, a cura di Grazia Asta, Elena Boretti, Carlo Paravano. Firenze: AIB Sezione Toscana, 1997.

[6] Associazione italiana biblioteche, Linee guida per la valutazione delle biblioteche pubbliche italiane. Dati, indicatori, valori di riferimento. Roma: AIB, 2000.

[7] Associazione italiana biblioteche, Linee guida per la valutazione delle biblioteche pubbliche italiane. Dati, indicatori, valori di riferimento, cit., p.

[8] Giovanni Di Domenico, La dimensione provinciale e la cooperazione: misurazione e valutazione, in La biblioteca provinciale. L'utente e i servizi, Pescara, 28-29 settembre 2000, p. (testo dattiloscritto)

[9] Ivi, p.

[10] Ivi, p.

[11] Tra le fonti più importanti:

International Federation of Library Associations and Institutions, Associazione Italiana Biblioteche. Linee guida per la valutazione delle biblioteche universitarie: edizione italiana di Measuring quality, a cura della Commissione nazionale Università ricerca. Roma: Associazione Italiana Biblioteche, 1999.

Edizione italiana di: ifla Section of University Libraries & other General Research Libraries. Measuring Quality. International Guidelines for Performance Measurement in Academic Libraries, [edited by] Roswitha Poll and Peter te Boekhorst, in collaboration with Ramon Abad Hiraldo, Aase Lindahl, Rolf Schuursma, Gwenda Thomas and John Willemse. Munchen - New Providence - Paris: K.J. Saur, 1996 (ifla Publication, 76).

Eqlipse. Performance Indicators List.1995.

Eqlipse. Data Collection Methods. Disponibile su: <http://roxy.dcu.ie/library/eqlipse/d42txt.htm>.

iso 11620. Information and documentation. Library performance indicators. Genève: iso, 1998.

Nick Moore. Measuring the performance of public libraries, preparated by Nick Moore for the General Information Programme and unisist. Paris: unesco, 1989.

uni en iso 2789. Informazione e  documentazione - Statistiche internazionali per le biblioteche. Milano: uni, 1996.

Suzanne Ward - John Sumsion - David Fuegi - Ian Bloor. Library performance indicators & library management tools. Luxembourg: Office for Official Publications of the European Communities, 1995 (Libraries in the information society).

Douglas Zweizig - Eleanor Jo Rodger. La misurazione dei servizi delle biblioteche pubbliche: manuale di procedure standardizzate. Ed. italiana a cura di Daniele Danesi. Roma: Associazione italiana biblioteche, 1987.

[12] iso 11620. Information and documentation. Library performance indicators, op. cit.


Copyright AIB, 2000-02-03, ultimo aggiornamento 2002-02-28 a cura di Marcello Busato
URL: http://www.aib.it/aib/sezioni/veneto/vinay12/galluzzi01.htm


AIB-WEB | Home Page Veneto | 12. Seminario Vinay