"11. Seminario Angela Vinay"
BibliotECONOMIA
L'economia della cooperazione bibliotecaria
bibliotECONOMIA: l'economia della cooperazione bibliotecaria
di Giovanna Mazzola Merola
direttore dell'Istituto Centrale per il Catalogo Unico delle Biblioteche Italiane
Prima di introdurre il Seminario vorrei ringraziare - non tanto per dovere
quanto per sentita esigenza - la Fondazione Querini Stampalia, nelle persone
del suo Presidente, del suo Direttore e di Chiara Rabitti, per aver rinnovato
la consuetudine di invitare il direttore dell'Istituto Centrale del Catalogo
Unico a presiedere questo incontro: si tratta di un'occasione sempre molto
gradita, che quest'anno lo è particolarmente perché dedicata
a un tema che personalmente trovo di grande attualità, in sé
nuovo, e finora raramente affrontato nel nostro paese in rapporto al contesto
delle biblioteche. Sono quindi particolarmente interessata a quanto emergerà
dal Seminario.
Le mie riflessioni sull'argomento sono costituite da semplici spunti, che
intendo offrire a tutti voi e che spero qualcuno possa raccogliere: sono
le riflessioni di un professionista che si trova ad operare in un contesto
ormai in corso di profonda mutazione da diversi punti di vista. Innanzitutto
dal punto di vista degli strumenti legislativi e delle strutture amministrative
che sono di contorno al nostro lavoro: mi riferisco in particolare a una
serie di nuove norme, che io recepisco come funzionario del Ministero per
i Beni e le Attività culturali ma che hanno un riflesso più
o meno forte sugli operatori di tutte le biblioteche, anche esterne alla
struttura del Ministero. Sto parlando sia delle norme relative alla gestione
dei cosiddetti servizi aggiuntivi, non più recentissime, ma anche
a quelle conseguenti al dibattito sulla privatizzazione, che si sta traducendo
ormai in disposizioni legislative, e quelle legate all'ambito della programmazione
negoziata, temi tutti di grande novità per quanto riguarda l'economia
della biblioteca. C'è poi ancora il tentativo di andare a normare
gli standard gestionali, già previsti per i musei, ma destinati ad
estendersi necessariamente anche alle biblioteche; e ancora il tema dell'autonomia
gestionale, che ritorna molto forte nell'ambito del Ministero Beni Culturali
ma che tocca evidentemente una quantità di strutture bibliotecarie
di varia titolarità istituzionale; infine è ormai una realtà
anche nel nostro settore la creazione di società miste, in cui le
risorse pubbliche concorrono con quelle private per la gestione dei servizi
culturali. Si tratta di una serie di questioni alle quali sono in parte
già state date delle risposte dal punto di vista legislativo, amministrativo
e organizzativo, anche se il loro insieme non appare ancora legato da un
filo coerente, in un quadro realmente organico e dunque pienamente efficace.
Dal punto di vista dei contenuti poi la situazione è forse ancora
più complessa, anche perché sono proprio i contenuti stessi
dell'ambiente nel quale ci muoviamo ad essere sottoposti a importanti trasformazioni.
Attraversa le biblioteche il tema fortissimo della società dell'informazione,
che richiede risposte a livelli diversi, sia sul piano organizzativo che
su quello dell'offerta di contenuti e di servizi. Non meno forte, e peraltro
strettamente collegato, è il problema dell'approccio integrato a
beni culturali diversi: si dice sempre di più che i beni culturali
devono essere considerati come un'offerta integrata, e questo comporta una
riflessione e una particolare responsabilità per le biblioteche,
che in questo settore sono sicuramente le strutture più avanzate,
sia per la tradizione di servizi resi al cittadino che per l'applicazione
delle nuove tecnologie nell'offerta di servizi culturali. Nel contesto nel
quale stiamo operando avverto poi la novità e la difficoltà
di una necessaria conciliazione di obiettivi strategici, per i quali risulta
sempre più problematico definire le priorità: mi riferisco,
per esempio, all'annosa questione del rapporto tra tutela e valorizzazione,
due funzioni che a volte sembrano ormai contrapposte.
Vorrei anche riprendere qui quanto diceva prima il Presidente Cortese: si
parla tanto di beni culturali come petrolio della società ma, almeno
per le biblioteche, sappiamo bene che il paragone non è del tutto
calzante. Se è vero infatti che i beni culturali da oggetto della
politica sono diventati strumento e risorsa, a mio parere questo non può
essere totalmente vero per le biblioteche, per i motivi che Cortese poco
fa ha ricordato e che mi paiono tanto evidenti da non dover essere ripetuti.
Credo però che su questo una riflessione vada fatta, perché
è difficile per le biblioteche inserirsi in un discorso di economia
della cultura affrontato genericamente per l'insieme del settore dei beni
culturali, e riferito quindi ad un ambito che va dalla vendita di prodotti
e servizi allo sfruttamento turistico delle risorse.
Porto due esempi. Prima di venire qui ho esaminato quella bella rivista
che è "Economia della cultura", diretta da Paolo Leon,
rivista che ha nove anni di vita e che ha dato un contributo davvero molto
alto al dibattito su questo tema: ebbene, in nove anni questa rivista non
ha mai toccato il tema delle biblioteche.
Un altro dato a conferma di quanto sto dicendo mi viene da una recente informazione
sugli introiti dal servizio al pubblico in una struttura museale come quella
di Pompei, i quali ammontano a 50 miliardi l'anno. Io non credo che mai
la biblioteca più ricca di tesori, anche se sfrutta al massimo le
proprie risorse, possa arrivare a questi livelli.
Dunque è davvero difficile comparare le diverse strutture dei beni
culturali, ed io mi auguro che il dibattito di questi giorni faccia chiarezza
anche su questo aspetto.
Permettetemi ancora due parole su quelli che sono a mio parere i principali
fattori di economicità per le biblioteche. Possiamo dire che non
stiamo scoprendo nulla di nuovo, perché le biblioteche da sempre
hanno cercato di tenere in conto gli elementi che aiutano a lavorare secondo
criteri di economicità; i sistemi bibliotecari per esempio, in Italia
ma anche negli altri paesi, nascono proprio per rispondere a questa esigenza
di condividere delle attività e razionalizzare dei servizi: l'acquisto
consapevole, la catalogazione partecipata, la standardizzazione, sono tutti
elementi che le biblioteche conoscono bene e applicano già, e secondo
me costituiscono dei fattori importanti di economicità. Ora abbiamo
davanti il grande tema della digitalizzazione, ed anche in questo credo
che una forte razionalizzazione e un buon coordinamento potranno senz'altro
servire a realizzare delle notevoli economie di scala. Questi sono dunque
gli aspetti importanti dell'economicità applicata alle biblioteche
secondo il mio parere, che mi piacerebbe oggi sentire confermato o smentito.
A questo punto vorrei tornare a SBN. Mi trovo perfettamente d'accordo con
il nuovo indirizzo del Seminario, che intende parlare non più tanto
di automazione quanto di servizi, e come direttore dell'ICCU trovo che ciò
risponda ad una linea che da tempo noi che ci occupiamo di SBN cerchiamo
di seguire. Ricordiamoci ancora una volta - lo stiamo ribadendo da quando
Crocetti lo scrisse per la prima volta nel 1982 - che SBN non è un
pacchetto di programmi ma un tentativo di razionalizzare, usando lo strumento
dell'automazione, l'insieme del lavoro bibliotecario attraverso la sua organizzazione
e il suo coordinamento.
SBN è servito a mio parere anche a superare i particolarismi, senza
perdere naturalmente di vista la connotazione di ogni istituto, a diffondere
la cultura di sistema, cioè di un intervento di tipo sistemico nella
gestione in rete, a condividere strutture di gestione qualificata, a creare
poli di eccellenza - perché anche questo significa un servizio nazionale
efficace - e vorrei far notare che, dopo il forte investimento iniziale,
sta oggi dando forse più frutti di quanti finora se ne siano potuti
cogliere; ritengo si tratti di un impegno da portare avanti, puntando sempre
più sulla condivisione delle risorse per generare nuovi e innovativi
servizi e attuare in questo senso una reale economicità. Voglio infine
ricordare quello che scriveva Giannini tempo fa su "La Repubblica"
a proposito dei progetti di nuovi servizi al cittadino, tema che come voi
sapete costituisce una delle principali chiavi di attività di chi
si occupa della Funzione Pubblica: ebbene, Giannini citava appunto SBN come
un modello progettuale che punta proprio, evitando le duplicazioni, a generare
servizi sulla base di criteri di economicità.
Mi auguro che questa introduzione possa avere una funzione in qualche modo
provocatoria di un proficuo dibattito e passo la parola a Giandomenico Romanelli,
direttore del Settore Beni e Attività culturali, educative e sportive
del Comune di Venezia.