"11. Seminario Angela
Vinay"
BibliotECONOMIA
L'economia della cooperazione bibliotecaria
Intervento di
Lorenzo Bianchi
docente di Economia politica presso l'Università Ca'Foscari
di Venezia
Dal momento che alcuni schemi generali di ragionamento sono stati già
presentati da Bertoni per le biblioteche universitarie e da Busetto per
il tema nel suo insieme, vorrei fare qualche piccola osservazione che possa
introdurre nuovi elementi di attenzione per la qualità, attraverso
la considerazione di un genere di dati non perfettamente quantificabili,
che però, secondo me, anche in questo campo hanno un'importanza decisiva.
Chiacchierando con i colleghi prima della Tavola Rotonda, facevo presente
che il titolo "Ma i conti tornano?" andava benissimo purché
venisse inteso in termini molto generali, come quando si "fanno i conti
con una questione". Quindi, non soltanto in senso strettamente contabile,
ma fondamentalmente come domanda che ne sostituisce altre più dirette:
come viene svolta la funzione che riteniamo essenziale, e superando quali
difficoltà? Dico questo perché, mentre da un lato ritengo
assolutamente essenziale l'attività di rilevazione dei dati - e la
relazione di Bertoni è stata molto utile al riguardo -, ritengo anche
che ci possa essere un bias nel ragionamento se facciamo coincidere gli
elementi rilevanti solo con gli elementi quantificabili. Credo infatti che
gli elementi rilevanti siano più numerosi di quelli strettamente
quantificabili, e che tutti vadano, per quanto possibile, considerati per
arrivare ad un giudizio complessivo.
Partiamo da un'osservazione di Bertoni: Bertoni ha detto che facendo un
confronto, in tema di biblioteche universitarie, tra Inghilterra e Italia
appare una sostanziale convergenza di alcuni valori medi relativi alle strutture,
a fronte di differenze notevoli nelle performance. E in effetti dal discorso
di Bertoni risultava evidente che la "dispersione" nel caso italiano
faceva sì che la dimensione media, ma anche quella propria di moltissime
realtà, fosse talmente piccola da non permettere "un'erogazione
di servizi su livelli adeguati, sia quantitativamente (anche per quelli
più elementari come accessibilità e prestito) sia qualitativamente
(basti pensare alla scarsa diffusione ed ai minimi valori rilevati per il
prestito interbibliotecario)".
Tuttavia, per gli utenti il senso di insoddisfazione complessiva deriva
anche da una serie di elementi aggiuntivi che - pur in stretta connessione
con gli aspetti strutturali sopra ricordati - riguardano in particolare
la qualità dell'organizzazione e del servizio reso dal personale.
Quale tipo di assistenza viene fornito? E anche, quale consulenza per una
esplorazione più consapevole di tutte le possibilità che la
biblioteca offre? In sintesi, l'utente sente di essere solo "tollerato",
o considerato invece come un soggetto al cui sviluppo la struttura "biblioteca"
si dimostra interessata?
Naturalmente, la considerazione di questi ulteriori elementi non nega affatto,
anzi conferma, l'importanza delle rilevazioni sopra richiamate, con la possibilità
che ne deriva di fare confronti (che costituiscono spesso l'unico modo per
capire l'adeguatezza o meno di certe situazioni).
Al riguardo ritengo, ma forse questa è un'osservazione scontata,
che una grande rivoluzione (almeno nelle università italiane) sia
derivata dal fatto che molti studenti vanno all'estero coi diversi programmi
europei. Vengono così in contatto con situazioni diverse e qualitativamente
superiori a quella italiana; così che una volta tornati non accettano
più, o accettano con molta difficoltà, la serie di vessazioni
che di fatto vengono scaricate sull'utente nelle nostre biblioteche. Dal
semplice fatto di aver messo a confronto diretto mondi organizzativi e culturali
diversi derivano quindi robusti stimoli per un continuo miglioramento.
Un'altra osservazione, legata alla considerazione dei diversi elementi dai
quali dipende la "qualità" complessiva del servizio, prende
come spunto un testo di Poggiali che è stato distribuito. È
un suo intervento ad un convegno del novembre 1999 su "Gratuità
e tariffe nella biblioteca pubblica", dal titolo La biblioteca: un
passaporto per consumi evoluti. Il testo sostanzialmente sostiene che il
comportamento della biblioteca pubblica, o meglio l'insieme di elementi
ambientali che la biblioteca pubblica gratuita può offrire, ha una
rilevanza diretta sul comportamento che può essere incentivato nell'utente,
anche in relazione ai consumi evoluti. Vi si dice infatti, parlando della
strategia generale delle imprese, che "con la gratuità totale
o parziale di un prodotto o di un servizio si compra dal consumatore un
comportamento desiderato. È su quel comportamento che si costruisce
poi la relazione tendenzialmente stabile tra fornitore e consumatore, sulla
base della quale il fornitore induce nuove relazioni, ulteriori prodotti
o servizi per la cui diffusione egli riceve remunerazioni dai rispettivi
produttori, e ciò all'infinito". Poggiali aveva proposto a Telecom
di fornire gratuitamente il collegamento Internet alle biblioteche pubbliche,
indicando che questo avrebbe avuto l'effetto di spingere moltissimi a fare
l'abbonamento domestico, con un ritorno economico i termini di consumi telefonici
e con l'accelerazione dello sviluppo di una serie di consumi indotti. Secondo
Poggiali, il servizio gratuito avrebbe procurato al nuovo consumatore un'esperienza
tale da indurlo alla fruizione di consumi evoluti a pagamento, con l'effetto
complessivo di un ritorno economico anche per chi avesse finanziato la gratuità
dei servizi iniziali. Voglio soffermarmi su questo punto, innanzitutto perché
mi sembra che il ragionamento sia assolutamente corretto e sia in fondo
di grande insegnamento anche per gli economisti, che come è noto
hanno sempre difficoltà a vedere le cose in modo dinamico; ma anche
per mostrare la specificità della biblioteca pubblica rispetto ad
altri ambienti, proprio in termini di "qualità". Infatti,
sostanzialmente Poggiali dice che l'accesso gratuito a Internet diffonde
un'esperienza sulla quale si può fondare lo sviluppo di consumi evoluti.
Ora, il punto è che le innovazioni nel consumo presentano delle problematiche
analoghe a quelle che si riscontrano in relazione alle innovazioni nella
produzione. In altre parole, davanti a una possibilità completamente
nuova, dobbiamo trovare l'innovatore consumatore, l'esploratore, quello
che si butta a sperimentare; e poi dobbiamo avere una rete di comunicazione
che possa diffondere l'esperienza. Solo così un consumo radicalmente
nuovo può entrare nell'agenda della massa dei consumatori. Il problema
della sperimentazione e della diffusione dell'esperienza è quindi
un problema fondamentale, soprattutto di fronte a proposte totalmente innovative,
sulle quali non è possibile avere in anticipo informazioni fondate.
La difficoltà sta nel fatto che l'esperienza comporta comunque dei
costi (direttamente monetari, ma anche di focalizzazione dell'attenzione),
la cui congruità non può essere valutata data la mancanza
ex-ante di informazioni attendibili sui risultati. Da qui l'importanza di
facilitare le prime esperienze, così che le informazioni fondate
possano poi diffondersi.
Si potrebbe sostenere che il servizio a pagamento per il collegamento alla
rete che danno molti negozietti in giro soddisfa questa esigenza, permettendo
un'esperienza tale che il soggetto, avendo ben compreso di cosa si tratta,
possa eventualmente procedere poi in modo autonomo. E allora, che differenza
passa tra fare questa esperienza in una biblioteca pubblica o farla invece
in uno dei tanti negozietti che offrono il collegamento Internet? Secondo
me la differenza è grande, e mette in gioco elementi ai quali avevo
prima accennato, relativi alla definizione della qualità complessiva
di un ambiente. Se noi facciamo svolgere le prime esperienze di collegamento
alla rete in una biblioteca pubblica, forniamo un ambiente nel quale necessariamente
il soggetto è spinto a sperimentare in direzioni che riteniamo virtuose.
E questo costituirà la base per le successive esplorazioni. Anche
a questo riguardo, la competenza del personale, l'aiuto immediato e la consulenza
complessiva che esso può fornire sono elementi decisivi per connotare
in modo positivo tali esperienze all'interno della biblioteca pubblica.
Sperimentando in tale ambiente avremo quindi un incentivo non solo a consumi
genericamente evoluti, ma a consumi evoluti di un tipo certamente desiderabile.
Anche in questo caso i contenuti non sono certo indifferenti, ma, al contrario,
essenziali.