AIB. Sezione Toscana. Bibelot, n. 3 (2000)
a cura della Redazione
Il 27 settembre, presso il Gabinetto Vieusseux di Firenze, l'AIB Toscana ha ripreso la sua attività dopo la pausa estiva con un'assemblea dei soci introdotta da una conversazione sul tema: "evoluzione degli scenari professionali". L'argomento ha destato evidentemente un certo interesse, vista la notevole affluenza di persone e le numerose domande che sono state rivolte ai due relatori, Tommaso Giordano della Biblioteca dell'Istituto universitario europeo di Fiesole e Gabriele Lunati della IFNET di Firenze.
Per chi non era presente quella sera, proviamo a ricapitolare con loro alcuni dei punti cruciali affrontati.
D. Avete parlato della "rivoluzione" che da qualche anno sta investendo le biblioteche. Potete sintetizzare in che cosa si manifesta, e quali sono le modificazioni più importanti che ha prodotto?
GIORDANO: I cambiamenti più decisivi derivano dai progressi delle tecnologie della comunicazione che sviluppano una disponibilità inesauribile e incontrollabile di informazione e allo stesso tempo consentono alle biblioteche di interagire tra di loro, con i loro utenti e con gli altri partner con una facilità e una efficienza mai viste in passato. Questo significa che il modello tradizionale incentrato sulla biblioteca intesa come entità fisica, isolata e tendenzialmente autosufficiente viene superato da forme organizzative fondate sui concetti di cooperazione e di interdipendenza. Altri cambiamenti derivano da una maggiore percezione del valore economico dell'informazione: la messa in discussione del ruolo del servizio pubblico e della gratuità di alcuni servizi (si pensi alla discussione sul copyright o ad esempio al prestito e alle fotocopie per uso personale) può avere conseguenze incalcolabili e non sempre positive per il futuro dell'istituzione biblioteca, per le attività culturali e per la politica di accesso all'informazione.
LUNATI: Stiamo assistendo ad una serie di fatti esterni (qualcuno ne ha enumerati una venticinquina) che, pur interessando in senso lato chi gestisce o acquisisce beni informativi, hanno ricadute forti, nel bene e nel male, anche sulle biblioteche e sui bibliotecari.
Basti pensare all'accesso indifferenziato e caotico a Internet, all'evoluzione delle attitudini dei consumatori (e-commerce), alle concentrazioni industriali pressoché continue anche nel mondo dell'informazione, ecc. Insomma una rivoluzione che obbliga (o dovrebbe obbligare) i bibliotecari a domandarsi: in che strutture stiamo per operare, con quale tipo di utenza, per quali servizi, con quali competenze?
D. In quali ambiti della professione si sono visti i cambiamenti più profondi, e con quali conseguenze? In altre parole, quale modello di bibliotecario scaturisce dal nuovo contesto che avete descritto?
GIORDANO: I bibliotecari negli ultimi decenni hanno cercato affannosamente di inseguire le mode del momento improvvisandosi di volta in volta sociologi, informatici, manager, ragionieri e via dicendo, sottovalutando il nucleo centrale della loro professione che consiste nel selezionare e organizzare raccolte di documenti (cartacei o elettronici che siano), nell'analizzare e descrivere contenuti, per comunicarli nei modi adeguati ai lettori presenti e futuri. È piuttosto singolare che mentre l'industria mediale si muove decisamente verso la valorizzazione dei contenuti, i bibliotecari preferiscano delegare queste funzioni ad altri, ai cosiddetti aggregatori e integratori o agli editori e ad altri operatori del mercato dell'informazione. Si parla tanto di bibliotecario come intermediario: ma è difficile capire come può svolgere questo ruolo se non ha gli strumenti intellettuali per comprendere l'informazione contenuta nelle collezioni, accertarne la qualità e renderla fruibile.
LUNATI: I cambiamenti si stanno avendo negli ambiti più classici della professione bibliotecaria: la descrizione delle risorse (con all'ordine del giorno il dibattito sui metadati, e su modelli di descrizione più complessi come fa intravedere FRBR), i servizi all'utenza (oggi soprattutto nel reference e nell'accesso alla documentazione) e la conservazione (laddove si tratta della produzione di documenti digitali per scopi conservativi e di fruizione, ma anche come problema della conservazione nel tempo degli stessi prodotti digitali). La nuova figura di bibliotecario non è tanto quella del "cybrarian" come qualcuno l'ha ribattezzato, il sacerdote un po' misterioso di una indefinita "cybrarianship", ma semmai quella di un professionista a contatto con la realtà che cambia, e che sappia coniugare i principi più classici della biblioteconomia con le prospettive offerte dalle tecnologie digitali e dalle connessioni telematiche.
D. E in Italia? I bibliotecari sono pronti ad adeguarsi a questi nuovi scenari? Che cosa sarebbe necessario fare, a vostro parere?
LUNATI: Come privato che opera nelle biblioteche, credo di poterle guardare dall'esterno con una certa oggettività, e devo dire che non nutro un grande ottimismo. Percepisco una diffusa non-consapevolezza di ciò che sta accadendo e un divario crescente tra chi sa e chi non sa. Il bibliotecario che non sa è vittima di un "analfabetismo di ritorno" in termini di non comprensione dei nuovi linguaggi e dei nuovi orizzonti e scenari, di un allontanamento dall'utenza e dalle sue nuove esigenze, di una incapacità di osare (imprenditorialità vuol dire anche questo). E' necessario puntare sulla formazione sia di base che continua (che oggi può voler dire anche formazione a distanza), fornendo ai bibliotecari gli strumenti per dominare il cambiamento. Come ha detto Lankes, "bisogna capire che è venuto il momento di investire sulle persone e non sulle tecnologie".
GIORDANO: Anch'io, come Lunati, non sono molto ottimista. Alla scarsa carenza di cultura tecnologica - che nel nostro paese riguarda tutti i settori della pubblica amministrazione (e non solo) - si aggiunge l'estrema inadeguatezza dei programmi di formazione, in special modo quelli universitari. Mi sembra piuttosto difficile che l'università nel breve - medio termine possa dare un contributo decisivo per ridurre il divario accumulato in questo campo. L' introduzione nei curricula di nuove discipline, il potenziamento delle attività di laboratorio, i periodi di tirocinio gioverebbero molto ai giovani che si preparano alla professione. Per quanto riguarda l'aggiornamento vedo favorevolmente l'impegno delle associazioni professionali (come l'AIB) e poi non dobbiamo dimenticare che viviamo una dimensione europea e la cooperazione con altre realtà dell'UE, più avanzate nel campo della formazione, ormai non dovrebbe essere vissuta come un'eccezione.
Copyright AIB 2001-01-15,
ultimo aggiornamento 2001-02-03 a cura di Vanni Bertini
URL: http://www.aib.it/aib/sezioni/toscana/bibelot/0003/b0003i.htm