[AIB]AIB. Sezione Toscana. Bibelot, n. 2 (2000)

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Bibliotecari e carriera

Nel momento in cui stiamo riflettendo, a vario livello, su quali contenuti deve esprimere la professione del bibliotecario e su quali forme organizzative devono avere oggi le biblioteche, riceviamo questo contributo che, partendo da un'esperienza personale, ci racconta quanto la nostra realtà lavorativa sia ancora ben lontana da standard minimi organizzativi, basati sull'individuazione di attività primarie, da riconoscere e incentivare.

Vorrei aprire una riflessione su alcuni problemi sollevati dalla recente applicazione del nuovo contratto di lavoro per gli enti locali nella Biblioteca Labronica di Livorno, vicenda per molti aspetti emblematica.
La ristrutturazione della biblioteca è stata preceduta dal trasferimento dell'ultimo direttore ad altro ufficio, facendo a questo punto ben sperare per l'avanzamento e la promozione dei bibliotecari direttivi con responsabilità di funzione, favoriti in questo dalle nuove opportunità contrattuali che consentono di annullare le gerarchie tra ex 7° e 8° livello. La carica di direttore è stata però immediatamente assunta dallo stesso dirigente dell'Ufficio Biblioteche, Acquario e Musei, dopo di che si è proceduto alla creazione di due uffici, oggi chiamati ruoli di posizione, ciascuno dotato di un incentivo retributivo di 20 milioni, uno di carattere amministrativo, affidato a un ex 8° livello amministrativo proveniente da altro ufficio, l'altro per le competenze biblioteconomiche e bibliografiche (definito dalla dirigenza stessa di alto profilo professionale), anch'esso affidato a un ex 8° livello, da anni in biblioteca con mansioni esclusivamente di tipo amministrativo. L'estrema disinvoltura con la quale i bibliotecari, laureati nelle discipline attinenti, promossi con concorsi specifici alla qualifica di bibliotecario direttivo, specializzati con molteplici e continui corsi di aggiornamento, sono stati sopravanzati per un ufficio di natura inequivocabilmente biblioteconomica da una figura amministrativa, munita peraltro di diploma di perito industriale, lascia davvero sconcertati e suscita ovviamente insofferenza e sfiducia, con ripercussioni negative e prevedibili sul lavoro e di conseguenza sulla qualità del servizio in biblioteca. Dal punto di vista contrattuale l'operazione si è peraltro rivelata una semplice riconferma delle precedenti gerarchie, promuovendo tutti coloro che ricoprivano responsabilità di ufficio, con l'aggravante che le precedenti mansioni di tipo amministrativo sono oggi tranquillamente chiamate "competenze biblioteconomiche", senza curarsi della professionalità in questo settore di chi le va a ricoprire.
Forse vale la pena ricordare che esiste all'Università una Facoltà dei beni culturali da cui ci si può laureare in Biblioteconomia e bibliografia, discipline degne di rispetto e da tutelare, specialmente nelle biblioteche, dove dovrebbero trovare la loro più seria applicazione, per garantire la migliore circolazione delle informazioni e potenziare gli strumenti di ricerca e conoscenza del ricco patrimonio culturale. Ai neo laureati, invece, le biblioteche offrono per lo più lavoro precario e a compensi lontani anni luce dai pingui incentivi riservati ai funzionari amministrativi.
Di fronte alle rimostranze dei bibliotecari labronici (poche, e anche questo è un segno della debolezza della nostra categoria professionale) l'amministrazione non ha dato alcuna risposta, rivendicando la totale discrezionalità che le viene riconosciuta dal nuovo contratto e facendo ventilare la prospettiva di uno scorrimento orizzontale minimo (da D1 a D2, in termini tecnici) solo per alcuni bibliotecari, con la riconferma delle responsabilità di funzione che frutterebbe dalle 500.000 ai 2 milioni di lire l'anno a seconda dei casi. Personalmente, ho già portato a conoscenza della lista di discussione AIB tutta la vicenda, guadagnandomi ovviamente un discreto isolamento sul posto di lavoro, e ricevendo da alcune colleghe di altre realtà, che colgo l'occasione per ringraziare, la conferma della diffusione di questa politica penalizzante nei confronti delle figure bibliotecarie a favore delle qualifiche amministrative.
A qualcuno di noi poi viene in mente di chiedere il trasferimento in altri tipi di ufficio per aprirsi qualche prospettiva di carriera, ma gli viene obiettato, a ulteriore scorno, che una qualifica così specifica non è facilmente convertibile in quella amministrativa, anzi la totale mancanza di esperienza nel settore amministrativo impedisce di aspirare ad altre mansioni. Ora, delle due l'una: o questa qualifica garantisce e riconosce soltanto a noi le competenze necessarie per ricoprire incarichi specifici nel settore, oppure queste qualifiche sono soltanto formali e non si può tollerare lo scambio in senso univoco, permettendo a qualsiasi amministrativo di occupare posti di bibliotecario e impedendo l'inverso.
Spero che da queste vicende possa aprirsi un dibattito proficuo sulla tutela e la valorizzazione della figura professionale del bibliotecario.

Marcella Previti
Responsabile di funzione della Sezione di storia locale della Biblioteca Labronica di Livorno


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Copyright AIB 2000-09-24, ultimo aggiornamento 2000-09-30 a cura di Vanni Bertini
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