AIB. Sezione Trentino-Alto Adige. Contributi e relazioni disponibili
Il testo al centro di questa analisi, pur avendo come oggetto
le biblioteche, le public libraries in particolare, e pur essendo
indirizzato a chi rispetto a tali biblioteche ha doveri di
responsabilità, non può dirsi un testo di
biblioteconomia. Non è, quantomeno, uno dei tanti saggi
che alimentano questa disciplina.
Trattandosi di un testo per "addetti ai lavori" potrà
oltretutto sembrare strano trovarvi una serie di espressioni
scontate, potremmo parlare addirittura di una serie di
banalità. Vi si trovano, per esempio, frasi del tipo: "Le
biblioteche pubbliche devono essere ben gestite e organizzate". O
ancora: "I livelli di illuminazione dovrebbero essere conformi a
standard internazionali o nazionali". O anche: "L'impianto
elettrico dovrebbe essere moderno ...".
Se si aggiunge che il testo in questione è il frutto di un
lungo lavoro della Sezione Biblioteche pubbliche della
Federazione che raccoglie le Associazioni nazionali delle
biblioteche, la cosa potrà sembrare davvero poco
comprensibile.
Tale presunta incomprensibilità da parte del nostro
ipotetico e sprovveduto lettore, tuttavia, se pur ci fosse,
sarebbe solo conseguenza di una errata modalità
interpretativa. Il compito di un documento ufficiale, espressione
di una realtà sopra le parti, riconosciuta come tale, non
è, infatti, quello di analizzare una problematica in ogni
suo aspetto, quanto quello di presentare indicazioni autorevoli
sulla stessa.
L'autorevolezza della fonte da cui provengono è ciò
che rende importanti le linee guida dell'IFLA, è il senso
stesso del loro essere che le rende la "stella polare" per le
biblioteche pubbliche di tutto il mondo. Date queste premesse,
qualche riflessione sui precedenti di tale documento non pare
inopportuna.
Un confronto con le edizioni precedenti
Le nuove Linee guida, preparate dal Gruppo di lavoro presieduto
da Philip Gill per la Sezione Biblioteche pubbliche dell'IFLA e
pubblicate in edizione originale nel 2001, uscite lo scorso anno
in edizione italiana a cura della Commissione nazionale
biblioteche pubbliche dell'AIB, non rappresentano il primo
pronunciamento dell'IFLA in materia.
I primi documenti risalgono al periodo 1956-1958. Si trattava di
standards, indicazioni delle esigenze minime per garantire un
servizio efficiente. L'AIB, collegandosi a questi documenti,
presentò nel 1965 il volumetto La Biblioteca Pubblica in
Italia. Compiti istituzionali e principi generali di ordinamento
e di funzionamento, definito come il primo documento organico dei
bibliotecari italiani sulla biblioteca pubblica.
Tali standards furono rivisti dall'IFLA con un lavoro che
iniziò proprio nel 1965 e sfociò nell'edizione del
1972. Renato Pagetti, in qualità di presidente AIB, li
diffuse in Italia nel 1973 tramite una pubblicazione dal titolo
La biblioteca pubblica nel mondo. Documenti dell'Unesco e della
FIAB.
La "puntata" successiva è del 1986, anno in cui l'IFLA
pubblica, come sempre a cura della Sezione Biblioteche pubbliche,
le Guidelines for public libraries. L'AIB lo diffonde nel 1988.
La versione si presenta con un titolo che solleva qualche critica
per via del vocabolo scelto per tradurre il termine inglese
"guidelines": Raccomandazioni per le biblioteche pubbliche.
L'ultimo documento, dunque, che in originale si intitola The
public library service: IFLA/Unesco guidelines for development,
è l'ultimo atto di una riflessione pluridecennale sul
tema.
L'evoluzione di questa riflessione presenta alcune costanti come
anche alcuni cambi di indirizzo. Va segnalato prima di tutto il
mantenersi del riferimento al Documento Unesco sulle biblioteche
pubbliche: quello del '72 e, per le ultime guidelines, quello del
'94. Non si tratta peraltro di una particolarità visto che
lo stesso comportamento è stato tenuto nella formulazione
delle School Library Guidelines. L'intento evidente è
quello di supportare, con una sintesi di esperienze sul campo,
enunciazioni di principio di elevato valore sociale.
Non è rimasta costante, invece, la dimensione del testo:
il testo IFLA nell'evolversi è divenuto molto più
corposo a testimonianza dello sviluppo che ha interessato
l'intera materia negli ultimi decenni, come può
testimoniare, peraltro, la proliferazione editoriale in
quest'ambito anche a livello nazionale.
Sempre per quanto concerne le variazioni da registrare,
macroscopica risulta quella tra standards e guidelines. I primi
sono il nocciolo del pronunciamento datato 1972, le seconde
caratterizzano, invece, l'intero enunciato delle due edizioni
successive.
Il concetto di standard aveva a monte l'idea di una sostanziale
uguaglianza tra le biblioteche pubbliche delle più diverse
parti del pianeta. Conseguentemente la preoccupazione nel
definire il servizio risultava di tipo quantitativo più
che qualitativo, funzionale a dimensionarlo sulla grandezza della
comunità da servire.
Le guidelines sono sostenute dall'idea di una diversità
tra le strutture bibliotecarie pubbliche determinata, prima
ancora che dalla dimensione, dalle caratteristiche sociali e
culturali della comunità di riferimento. Viene spontaneo
collegare questa diversa impostazione all'impianto teorico
derivante dall'evoluzione degli studi sui sistemi di
qualità dei servizi nel quale la qualità, appunto,
viene identificata come user satisfaction.
Nelle guidelines il ruolo della comunità locale è
molto meno passivo rispetto all'attività della biblioteca
di quanto non avveniva negli standards. Ciò deriva anche
da una diversa impostazione presentata nel merito dall'edizione
del Manifesto UNESCO di riferimento. Quella del '72 segnalava
infatti in chiusura e cautamente che le esigenze presenti nella
comunità intese come gruppi di lettura ed attività
ricreative venissero rappresentati nel patrimonio librario e
nelle attività della biblioteca. Peraltro la biblioteca
stessa era generalmente definita come "lo strumento base per
mettere a disposizione di ognuno le testimonianze del pensiero
dell'uomo, delle sue scoperte e della sua creatività". Ben
diversamente nell'edizione del 1994, come è ben noto, la
biblioteca pubblica "è il centro informativo locale che
rende prontamente disponibile per i suoi utenti ogni genere di
conoscenza e informazione" dove quell'espressione "locale" ha
certamente un valore ben più ampio di quello prettamente
geografico. Ad evitare ogni eventuale dubbio residuo, Ph. Gill
nella sua presentazione a Il servizio bibliotecario pubblico
dichiara con decisione quasi epigrafica: "la biblioteca pubblica
è un servizio su base locale che soddisfa i bisogni della
comunità locale e opera nel contesto di quella". Non
è chi non veda che tra il mettere a disposizione di ognuno
le testimonianze del pensiero dell'uomo ed il soddisfare i
bisogni della comunità corre un abisso. Ma il ruolo
strumentale della public library rispetto alla comunità
locale era maturato già da prima. Arthur Jones, curatore
delle Guidelines dell''86 affermava che questa attenzione nel
Regno Unito era iniziata già nel corso degli anni
Cinquanta del Novecento ed arrivava a parlare di "presenza
bibliotecaria intesa come contributo all'efficienza economica
della comunità".
Potremmo anche affermare che le guidelines appaiono più
fiduciose di un adeguato livello professionale da parte dei
bibliotecari ai quali non intendono insegnare il lavoro, ma
offrire strumenti per meglio svolgerlo. Interessante, a questo
proposito, appare la soluzione adottata nelle Guidelines dell''86
dove ai suggerimenti vengono affiancate liste di controllo. Per
esempio, ai suggerimenti relativi all'addestramento del personale
viene fatta seguire una "lista di controllo delle informazioni di
base indispensabili a ogni componente del personale" con la quale
si ricorda al responsabile della biblioteca di far sì che
i collaboratori abbiano ben presenti "gli obiettivi del servizio
bibliotecario", le "conoscenze generali sulla situazione del
sistema bibliotecario nel proprio paese", ecc.
In realtà la contrapposizione tracciata tra standards e
guidelines non va letta in termini così perentori come si
è qui voluto presentare per renderne più leggibili
le differenze. Basti dire che gli standards IFLA si proponevano
dichiaratamente come base per la formazione di standards
nazionali e che le Guidelines non hanno rinunciato a riproporre
gli standards. Ed a chi ritenesse, dopo quanto sopra detto, gli
standards suggerimenti devianti va ricordato che, senza dubbio,
essi hanno inciso e incidono molto di più per la loro
sinteticità sui responsabili dei servizi bibliotecari di
quanto non siano o siano state in grado di fare le
Guidelines.
La nuova proposta
In questo quadro apparentemente contraddittorio nel quale, da un
lato appare chiara l'opportunità di linee guida rispettose
delle esigenze locali, dall'altro sembra evidenziarsi una
costante "voglia di standards" quali scelte hanno guidato,
dunque, il recente pronunciamento IFLA? Il sottotitolo (Linee
guida IFLA/Unesco per lo sviluppo) lascia immediatamente
intendere, come detto, che la filosofia di fondo è quella
delle Guidelines. Tuttavia Elena Boretti nella premessa
all'edizione italiana chiarisce che "l'attenzione si pone sul
percorso del fare, piuttosto che sulla descrizione di ciò
che deve essere". E Luca Ferrieri precisa che "la soluzione
è stata quella di rispondere al bisogno reale (quello di
possedere elementi concreti per progettare e valutare servizi
bibliotecari) con strumenti che evitassero però il rischio
di appiattimento, contabilizzazione, strumentalizzazione che
tavole di numeri e di indicatori avrebbero comportato". Con una
metafora potremmo dunque dire che questo nuovo pronunciamento
IFLA si propone per tutte le figure interessate alle biblioteche
pubbliche (dal bibliotecario all'amministratore locale, dal
cittadino al politico) come un vangelo piuttosto che come le
tavole dei comandamenti. E come i vangeli le recenti linee guida
presentano una serie di parabole. Si tratta di esemplificazioni
tratte dalle esperienze raccolte in tutto il mondo.
E' così che, per citare solo il caso della diffusione
dell'attività della biblioteca nella comunità, si
vengono a conoscere, tra l'altro, l'uso di bibliobarche in
Norvegia e in Indonesia, degli asini in Perù e dei
cammelli in Kenia.
L'arricchimento rappresentato dalle esemplificazioni è
stato possibile grazie alla maggiore partecipazione alla stesura
del nuovo testo, rispetto a quelli che l'hanno preceduto, da
parte delle diverse Associazioni nazionali bibliotecarie. La cosa
è risultata possibile grazie alla maggiore facilità
di dialogo garantita dallo sviluppo registrato dalla tecnologia
della comunicazione negli ultimi anni. Ne è derivata una
maggiore rappresentatività della situazione mondiale che
rende, se possibile, ancora più autorevole, quindi
più affidabile il testo messo a punto dal gruppo di lavoro
guidato da Philip Gill.
Malgrado questa illustrazione delle esperienze in atto, dato atto
che l'impostazione di fondo è rimasta quella delle
guidelines, ci si potrebbe chiedere se c'era realmente la
necessità di riscrivere il testo del 1986.
Elena Boretti scrive che "il bisogno di una nuova edizione era
stato sentito soprattutto per i grandi cambiamenti introdotti nel
settore dell'informazione e della comunicazione". Nel suo tour
italiano del novembre 2002 che l'ha visto intervenire in convegni
a Firenze e a Vicenza, Philip Gill ha potuto precisare quali
cambiamenti il Gruppo di lavoro IFLA abbia ritenuto maggiormente
incidenti sulla situazione alla quale oggi le public libraries si
trovano a far fronte. Gill ha così fatto riferimento
a:
- la globalizzazione
- la grande capacità di spostamento della gente
(società multiculturale)
- la rivoluzione della comunicazione (aspetti tecnologici)
- l'aumento esponenziale delle informazioni disponibili
- il gap esistente tra chi sa e chi non sa fruire della
tecnologia digitale (digital devide)
- l'obbligo della formazione continua
- l'indispensabilità di alti livelli qualitativi del
servizio
Gill ritiene che le risposte delle nuove Guidelines a queste
istanze del nostro presente, in sostanza le modalità con
le quali la biblioteca pubblica può far fronte a questi
mutamenti sociali, si articolino in passaggi già ben
presenti nelle nostre riflessioni professionali:
- un ancor più stretto legame con la comunità
locale
- l'apertura a fasce più ampie di popolazione: lo sviluppo
tecnologico deve portare ad un reale maggior impatto della
biblioteca sulla popolazione
- l'essere sempre più strumento di cambiamento, garantendo
libertà di pensiero, mancanza di censure e di pressioni
indebite
- una maggior attenzione agli utenti: ogni scelta gestionale
dovrebbe derivare dal porsi nelle vesti di quest'ultimi
- il "giocare" le risorse in ambito di cooperazione e stabilendo
con chiarezza le priorità degli interventi
- il coinvolgere il pubblico nell'uso sempre più frequente
delle fonti digitali
- l'enfatizzare maggiormente l'aggiornamento del personale,
l'attività di marketing e di promozione del
servizio.
Alcune riflessioni di tono diverso su questa impostazione di Gill
e dell'IFLA vanno sicuramente fatte. Va sottolineato, intanto,
agganciandosi all'ultimo dei punti elencati da Gill, che la parte
più innovativa delle nuove Guidelines è
rappresentata dal capitolo VI dedicato alla gestione ed al
marketing. Esso delinea una biblioteca molto "aggressiva" nei
confronti di una comunità da conquistare, con una figura
di direttore più rivolta all'esterno dell'istituzione di
quanto non lo fosse un tempo.
Peccato che la figura di direttore non sia presente tra i profili
professionali di una biblioteca così come elencati nel
capitolo precedente.
Un apprezzamento al gruppo di lavoro IFLA va, peraltro, anche per
il rilievo di primo piano garantito allo sviluppo delle raccolte,
cui è riservato il IV capitolo, nonché per la
maggior attenzione prestata alla promozione della lettura.
Andando all'inizio della lista di Gill, da quell'"ancor
più stretto legame con la comunità locale" credo
dovremmo trarre spunto per una riflessione sulla reale
visibilità e sulla reale considerazione della biblioteca
pubblica nel nostro Paese. E' indubbiamente difficile parlare di
ciò in prospettiva univoca. La biblioteca pubblica negli
ultimi 40 anni circa ha trovato infatti un suo "posto al sole" in
molte aree della Penisola; se pur esiste è, invece,
considerata poco più che un dispendio di denaro pubblico o
un supporto doposcolastico in parecchie altre zone d'Italia. E
appaiono imbarazzanti, anche se suscitano dubbi le
modalità di rilevazione, i dati AIB-ISTAT recentemente
pubblicati sulle public libraries italiane (in www.aib.it/aib/cen/q0106a/q0106a.htm).
Pur tuttavia va detto che un salto di qualità potrà
essere ottenuto sicuramente centrando sempre di più la
domanda anche inespressa della comunità di riferimento, ma
anche cercando in questa stessa comunità
l'ufficializzazione di un ruolo che non può essere negato
o considerato di terza fila nel contesto della "società
dell'informazione". Questo significherebbe un passo avanti in
quello sviluppo delle nostre biblioteche indicato come il fine
delle guidelines già nel titolo dell'ultima edizione. E
non è un caso se uno dei più importanti
appuntamenti annuali dei bibliotecari italiani, quello delle
"Stelline" a Milano, nel 2002 lo si è voluto dedicare al
"Comunicare la biblioteca".
Un approfondimento critico sulla biblioteca pubblica strumento di
cambiamento, così come configurato dal testo dell'IFLA e
sostenuto da Gill, viene invece dal già citato Luca
Ferrieri. Ferrieri ritiene che da questo punto di vista non si
tratti tanto dell'omissione di un argomento da parte del
documento IFLA in questione, quanto di una "messa tra parentesi
dello spirito del tempo". Più esplicitamente egli afferma
che le nuove guidelines dimenticano di rilevare i rischi che la
globalizzazione comporta nel settore informativo, per le
biblioteche in particolare. Cita il General Agreement on Trade in
Services, l'accordo per la privatizzazione dei servizi pubblici
della World Trade Organization, le nuove forme di controllo che
non salvaguardano la privacy del lettore, le onerose royalties
sul diritto d'autore divenuto ormai diritto d'editore.
Ancora un appunto. Riguarda la cooperazione. Nessuna indicazione
dalle linee guida viene sul tema dello sviluppo della gestione
coordinata dei servizi. Nessuna sintonia viene espressa con
quell'istanza, spesso espressa negli ultimi anni, di effettuare
un salto di qualità passando dalla fase della cooperazione
alla fase dell'integrazione. Impostazione, quest'ultima, che
meglio permette alle piccole realtà bibliotecarie di far
fronte ad una domanda sempre più complessa e ad un mercato
dell'informazione sempre più articolato, difficile da
"controllare" con le magre risorse delle singole biblioteche
pubbliche. Il paragrafo 3.7 mantiene alle public libraries la
caratteristica di monadi in un mondo in cui rischiano di annegare
e rispetto al quale tendono a difendersi mettendo in campo la
sola, scontata "arma" del prestito interbibliotecario,
dimenticando, tra l'altro di accreditare tutte le esperienze che
sono andate oltre con successo in molte parti del mondo sul piano
della gestione delle raccolte come anche del reference di rete,
ecc.
L'edizione italiana
Gli appunti qui avanzati alle nuove guidelines non intendono
ridurne la portata di autorevole punto di riferimento per lo
sviluppo dell'attività bibliotecaria in ogni nazione. Con
questa convinzione la Commissione Nazionale Biblioteche pubbliche
dell'A.I.B. ha approntato lo studio e la traduzione in lingua
italiana del testo inglese uscita nell'ottobre del 2002. Che
l'impegno fosse convinto e non di basso profilo lo testimoniano
anche i numerosi e qualificati collaboratori coinvolti
nell'impresa e la meticolosa attenzione posta nel garantire il
mantenimento del valore semantico delle singole espressioni o
vocaboli inglesi rilevabile da una lettura attenta.
La scelta di corredare le guidelines, già arricchite
nell'edizione originale di alcune importanti appendici (Il
Manifesto IFLA/Unesco, la legge finlandese sulle biblioteche, una
carta dei servizi all'utente inglese, standards per gli edifici
bibliotecari canadesi e spagnoli), con ulteriori documenti
evidenzia ulteriormente l'intento A.I.B. di approfittare di
questa occasione per creare un irrinunciabile strumento di lavoro
per il bibliotecario italiano.
Per questo ulteriore arricchimento la Commissione Nazionale
Biblioteche pubbliche ha puntato su documenti internazionali come
la Dichiarazione sulle biblioteche e sulla libertà
intellettuale e il Manifesto per Internet della stessa IFLA, ma
anche su documenti italiani. Si parte dal classico ma sempre
valido Codice deontologico del bibliotecario per passare alle
leggi regionali sulle biblioteche pubbliche, ad alcune
statistiche prese da fonti A.I.B. e I.C.C.U. ad una bibliografia
tematica nonché a 11 schede con foto di alcuni recenti
edifici bibliotecari realizzati in Italia. Chiudono il tutto un
glossarietto inglese-italiano e un doveroso indice
analitico.
Questo impegno A.I.B. si affianca, peraltro, al progetto IFLA
condividendo l'obiettivo di fondo: non si tratta di dare certezze
ai bibliotecari, ma strumenti per servire meglio. Un servizio
impostato quindi non sulla disciplina bibliotecaria, per quanto
arricchita di esperienze qualificate e supportata da elaborazioni
matematiche, ma sull'utenza. E non un'utenza standard, quella
descritta in letteratura, quanto l'utenza vera di ogni
biblioteca, quella che entra fisicamente o potrebbe entrare in
ogni biblioteca. Quell'utenza che forse oggi, come operatori, per
migliorare ulteriormente la qualità del servizio, siamo
chiamati a riscoprire non negando il valore degli strumenti
matematici di ricerca, ma, recuperando la capacità di un
dialogo diretto e andando oltre la freddezza dei numeri.
Giorgio Lotto
Copyright AIB
2003-08-25, ultimo aggiornamento 2003-11-14 a cura di Mauro di Vieste
URL:
http://www.aib.it/aib/sezioni/taa/rellotto.htm