Meris Bellei
Le biblioteche comunali modenesi hanno una consuetudine di lavoro sulla promozione che ha portato negli anni alla formulazione di programmi di intervento continuativi. Davanti ai recenti tagli di bilancio, si è dovuto operare un ridimensionamento che però non ha prodotto una elisione di questo fronte di lavoro: il successo riscontrato genera infatti aspettative che sarebbe pericoloso disattendere completamente; insieme, c'è da spendere una ricchezza interna di esperienza che costituisce un punto di forza delle biblioteche.
Intendiamo la promozione non solo come organizzazione di cicli di iniziative, bensì come orientamento al lettore del complesso del servizio, a partire dagli elementi strutturali quali sede, catalogo..., in sostanza, come attitudine degli operatori, clima che si crea nelle strutture. Una attività, quindi, che si rivolge sia ai non lettori, sia ai lettori deboli, sia ai lettori forti; sulla scia di Pennac e di Ferrieri, non si tratta di pedagogia o proselitismo: è fornire una pluralità di proposte, quanti sono i possibili 'segmenti' di pubblico. E questo, seguendo un metodo di lavoro per cui si parte proprio dalla considerazione del pubblico di riferimento e non da un prodotto già confezionato da offrire; si guarda a obiettivi, destinatari, sostanza della proposta; insomma, ci si allontana più che si può da atteggiamenti burocratici e autoreferenziali.
Le scelte sono quindi assolutamente dettate dal contesto, e perciò molto poco trasportabili (se non in quanto i contesti hanno elementi di somiglianza): questo non contraddice discorsi di benchmarking, anzi avvalora il precedente intervento di Maria Stella Rasetti: perché 'copiare' è molto utile, se si ha la capacità di adattare idee altrui al proprio ambito di lavoro. Dal contesto, quindi, si captano idee che, rielaborate, sono rimesse in circolazione, e in questo si può sintetizzare l'attività di promozione. Ma il punto è allora: quali captare, come rielaborarle, come farle circolare; e questo attraverso fasi successive di ideazione, realizzazione, verifica, di nuovo ideazione...
Collaborare con altre agenzie che agiscono sul territorio aggiunge valore in tutte le fasi dell'attività:
Aprirsi alle collaborazioni comporta rischi, innanzitutto perché occorrerà scegliere, e a volte dire dei "no". Il patrimonio della biblioteca pubblica, per la sua natura interdisciplinare e versatile, non esclude nessuna possibilità, non prepara a nessuna selezione: davanti alle proposte, bisogna proprio assumersi l'onere delle decisioni.
E quando si decide per il "sì", la scommessa diventa essere presenti col proprio ruolo, con la propria identità. I modi sono vari, dalla bibliografia che accompagna una iniziativa, alla mostra di libri in sede o fuori sede, più in generale allo stile della proposta, che dovrebbe tendere all'aumento di conoscenza, all'apertura alle diverse culture, all'acquisizione di consapevolezza da parte dei ragazzi, in sostanza al raggiungimento dei fini previsti dallo stesso Manifesto UNESCO per le biblioteche pubbliche. Certamente il contraltare -- stare da soli -- garantisce di più sul piano del mantenimento di un profilo definito, di una identità chiara: ma si perdono tante opportunità.
La collaborazione con altri può assumere vari aspetti:
Un caso che può considerarsi estremo è quello di una collaborazione che diventa 'compenetrazione': la biblioteca esce dalla propria sede per trasferirsi in casa d'altri; si tratta in genere di case particolari, come gli ospedali o le carceri, o tutto quanto va sotto la comune definizione del fuori di sé.
Un esempio sul quale vale la pena di soffermarsi è la collaborazione con la scuola, tradizionale ma proprio per questo infestata da frequenti malintesi. Il rapporto, fondamentale per la promozione della lettura presso i ragazzi, deve basarsi su una chiara separazione di ruolo tra scuola e biblioteca, che rispecchi la netta differenza tra studio e lettura. Correlata è la distinzione tra professionalità del bibliotecario e dell'insegnante. La biblioteca quindi deve trovare la via per parlare direttamente ai ragazzi, per fare loro una proposta convincente, assumendone completamente la responsabilità; l'insegnante è di fatto mediatore, dovrà essere convinto della proposta, ma poi lasciare che il rapporto sia diretto. La proposta non deve essere parascolastica, ma piuttosto giocare sui temi e i canali cari ai ragazzi nella loro vita comune (l'immagine, il suono, la musica, ecc.): solo così si può sperare in un legame tra ragazzo e biblioteca che travalichi il periodo scolastico e il fine della preparazione per le scadenze proprie della scuola.
In conclusione, qualche osservazione sulla 'ricaduta' della promozione rispetto alla frequenza. Molto difficile è in genere misurarla in termini aritmetici (iscritti nuovi guadagnati, numero dei volumi pertinenti usciti a prestito, ...); l'effetto più importante, quando lo si raggiunge, è piuttosto una nuova immagine della biblioteca come istituto radicato nella città, in colloquio con la società, aperto, permeabile. Questo carattere, che i bibliotecari considerano connaturato alla biblioteca pubblica, in realtà non appare affatto scontato all'esterno, soprattutto quando come ora non c'è molta vicinanza tra cittadini e pubblica amministrazione. Fare qualche passo avanti in questa direzione ha quindi un significato molto alto, sia per la biblioteca sia per i servizi pubblici più in generale.