Anna Galluzzi, Libraries and public perception: A comparative analysis of the European press
Recensione a "Libraries and public perception: A comparative analysis of the European press" di Anna Galluzzi. Oxford: Chandos Publishing, 2014
Questa ricerca di Anna Galluzzi dice alcune cose semplici. La prima è che per avventurarsi seriamente in dibattiti sul "futuro delle biblioteche" bisogna partire dai dati. Mentre altri fenomeni in qualche misura contigui al mondo delle biblioteche sono costantemente investigati con metodi quantitativi (si pensi ai dati Istat sulla lettura, sui consumi culturali, sull'uso delle tecnologie, ai dati AIE sul mercato editoriale), disponiamo di poche analisi quantitative sulle biblioteche. Questo libro svolge un'analisi quantitativa.
Il dibattito sul "futuro delle biblioteche" non appartiene a una ristretta comunità professionale ma a tutta l'opinione pubblica, perché le cause che minano la credibilità delle biblioteche sono esogene e non endogene: la convergenza al digitale, che sposta su Internet l'accesso all'informazione; la crisi economica che, attraverso politiche di contrazione della spesa pubblica, riduce le biblioteche a un "costo" insostenibile se confrontato a quelli mai sufficientemente coperti per i servizi sociali essenziali. Il libro di Galluzzi non elude questi temi ma parte precisamente da essi.
Un altro aspetto importante che il libro sottolinea è che, se vogliamo avanzare in modo non autoreferenziale nel dibattito sul "futuro delle biblioteche", dobbiamo lavorare sulle percezioni di chi sta fuori, sulle percezioni che riguardano l'impatto delle biblioteche nella società.
Le metodiche per misurare il valore e l'impatto di una organizzazione complessa non mancano e sono poste in rassegna critica in un capitolo iniziale del libro: questa parte, da sola, merita la lettura, perché riassume efficacemente i metodi per la misurazione dell'impatto socio-economico delle biblioteche: balanced scorecard, valutazione dell'impatto sociale (social impact audit), consumer surplus valuation, valutazione contingente, analisi costi benefici e ROI (Return On Investment).
Il metodo usato dall'autrice indaga la percezione delle biblioteche nella pubblica opinione e consiste nell'analisi dei quotidiani stampati. Questa scelta, nell'epoca delle reti sociali, può fare alzare il sopracciglio: l'autrice è consapevole che nell'era di Internet la stampa non rappresenta più, come una volta, l'unica eco della pubblica opinione, tuttavia sottolinea come il ruolo dei newspapers - oggetto della sua analisi - non è più solo quello di "informare", ma soprattutto quello di commentare l'informazione, creare storie, approfondire, sollecitare prese di posizione da parte della platea dei lettori.
E' noto che tutti i newspapers attingono le notizie dalle medesime agenzie di stampa e le reimpostano / rielaborano / remixano nelle rispettive testate, decidendo le priorità e creando così l'agenda pubblica (e politica). In questo contesto la scelta metodologica dell'autrice è l'analisi delle notizie pubblicate nei newspapers dal 2008 (data d'inizio della grande crisi economica) al 2012 in Francia, Italia, Spagna e Regno Unito. Per ogni paese sono stati scelti due giornali, di rilevanza nazionale, con maggiore tiratura e rappresentativi di differenti posizioni politiche.
Il metodo utilizzato è l'analisi del contenuto (content analysis), una tecnica solida e piuttosto longeva, sovente usata nelle scienze politiche e sociali di ambito anglosassone per analizzare in modo oggettivo, attraverso griglie concettuali, il contenuto manifesto della comunicazione.
E' impossibile in una recensione rendere conto di tutti i risultati della ricerca: possiamo dire che le biblioteche più visibili nella stampa sono quelle pubbliche (tranne in Francia, dove le biblioteche nazionali ottengono uno score maggiore) appartenenti al paese di riferimento (solo la Francia, ancora una volta, ottiene una percentuale significativa per gli articoli che trattano di biblioteche negli altri Paesi). Soprattutto in Italia e Spagna i giornali trattano delle biblioteche nelle sezione "locale" del giornale, mentre negli altri Paesi il tema biblioteche è affrontato anche in altre sezioni come "cultura" e "economia".
Di cosa si parla quando si parla di biblioteche? La verità è che i giornali si occupano di biblioteche principalmente in riferimento alla loro gestione (voce: politics/strategy/management) e alle chiusure o tagli budgetari. Queste sono le prime due occorrenze in tutti i Paesi.
La Francia, ancora una volta si distingue con una significativa percentuale di articoli sul tema della digitalizzazione (corrispondenti grosso modo all'apertura di Europeana, i cui contenuti sono significativamente incrementati dalla Bibliothèque Nationale). Il tema "new libraries/new buildings" declina dopo il 2011, nel periodo più acuto della crisi. Nel testo tutti questi trend sono commentati e illustrati in modo molto convincente e accurato, con riferimenti alle vicende nazionali dei quattro paesi oggetto di analisi.
Luci e ombre, sottolinea l'autrice, caratterizzano gli esiti di questa ricerca. Ci sono alcuni aspetti della biblioteca che sono percepiti come insostituibili: in una fase in cui la convergenza al digitale è la norma la biblioteca viene percepita come il luogo che può rendere disponibili a tutti il suo patrimonio: una prospettiva, argomenta l'Autrice, piuttosto tradizionale perché "biblioteca digitale" è qualcosa di più che digitalizzare il proprio patrimonio cartaceo (che secondo i newspaper resta il "brand" principale delle biblioteche).
Nello stesso tempo il vantaggio competitivo che viene alle biblioteche dall'essere posizionate all'interno del mercato della conoscenza e della formazione permanente non è così evidente ai giornali, che continuano a considerare la biblioteca come luogo "fisico" inseparabile dal suo edificio e dai suoi spazi.
Quando la crisi economica "morde" anche l'idea stessa - di origine anglosassone - della biblioteca come parte del welfare vacilla, e la biblioteca torna ad essere percepita come una istituzione non indispensabile, le cui esternalità positive non sono certe e immediatamente evidenti in rapporto alla salute o alla sicurezza sociale.
Che fare quindi? Il punto è certamente colmare il gap tra ciò che le biblioteche possono offrire alla società e la percezione tutto sommato unidimensionale che la stampa invece restituisce, lavorando sodo sul marketing e la comunicazione, ma senza lasciarsi abbagliare dalla novità a tutti i costi.
Il volume si chiude con delle "raccomandazioni ai bibliotecari", su cui nulla anticipiamo, per lasciare trarre ai lettori le loro conclusioni ultime.
Questo libro, denso e argomentato, è uno strumento di lavoro e una risorsa importante perché ci offre uno specchio vero, non deformato e non illusorio, dell'immagine delle biblioteche basato su analisi quantitative, aiutandoci ad uscire dal "cerchio magico" dell'autoreferenzialità che a volte ci viene restituita da alcune mailing list professionali o da alcune pratiche consolidate.
Come recensore mi sento di presentare un problema e di formulare una domanda: il problema (banale) è che il libro è scritto in inglese, e ciò può rappresentare un filtro per una parte dei bibliotecari italiani: riteniamo che una edizione italiana concisa potrebbe essere utile per far crescere i dibattito. L'autrice analizza in prospettiva comparata i giornali cartacei più prestigiosi dei paesi europei. La domanda è: come spostare questa analisi - così promettente nel metodo e nei risultati - all'ambito più volatile e inafferrabile dei media sociali, alle conversazioni reticolari che in essi hanno luogo e che parimenti contribuiscono a strutturare la sfera pubblica?
Laura Testoni, Biblioteca della Scuola di Scienze Sociali, Sede di Economia - Università di Genova, e-mail: laura.test@gmail.com