Il 'Bollettino telematico di filosofia politica': la via dell''overlay journal'
Treading the gold road to open access without charging authors is possible, at one condition: scholars should become aware that publishing is a major scholarly concern. In an open web and in an open archives network, a plurality of small overlay journals could share the task of peer-reviewing and curating the self-archived papers ex post, as a side activity of many small groups of researchers. Beyond the legacy of the mass media age, such a new information ecosystem would be able to get over the scientific publishing oligopolies and to challenge the most witless research evaluation exercises.
Teorizzare l'accesso aperto in Italia, per un umanista, è facile. Anche il meno attento degli studiosi può rendersi conto che una rivista accademica non dovrebbe costare ottocento euro a numero. [1] Praticarlo però, nonostante l'attenzione istituzionale testimoniata dalle conferenze messinesi, continua ad essere difficile a causa del pregiudizio che la comunicazione del sapere sia, rispetto alla ricerca, una questione tecnica, o tutt'al più disciplinare. [2] Questo pregiudizio non è dovuto solo alla distrazione e alla frustrazione dei ricercatori italiani. È una delle facce di un processo di erosione dell'autonomia della ricerca in atto da tempo: [3] "è grande politica tentare di ridurre tutto a piccola politica". [4]
Esiste almeno un brave old world che si adatta a questa visione distopica del secolo scorso: quello della ricerca accademica italiana. Il Big Business è ben noto ai bibliotecari: la sua potenza è l'esito del processo che, nella seconda metà del secolo scorso, ha condotto alla nascita dei cosiddetti core journal e alla spirale dei prezzi dei periodici. [6] È la storia, molto raccontata, del marketing di successo di un'azienda privata inizialmente detta Institute for Scientific Information, la quale è riuscita a far credere che per valutare la qualità della ricerca bastasse contare le citazioni [7] ricevute dagli articoli pubblicati in una lista di riviste proprietaria, chiusa e culturalmente neocolonialista; e a permettere alle multinazionali dell'editoria scientifica di spuntare, per queste, prezzi da oligopolio. È - nel XXI secolo - la prospettiva dei signori dei metadati, per i quali "un pastone è più importante delle fonti che sono state ridotte in poltiglia", [8] o un database di citazioni è più importante dei testi citati.
Il Big Government, in Italia, esercita il suo potere in un modo particolarmente distorto. L'università è stata espropriata dal compito della valutazione, che dovrebbe essere parte essenziale della scienza e della ricerca, la cui libertà sarebbe costituzionalmente garantita, [9] per affidarla a un'autorità, l'Anvur, il cui consiglio direttivo è nominato unilateralmente dal governo. Mentre altrove si è riconosciuto che l'accesso aperto [10] è un fondamentale requisito di trasparenza per ogni esercizio di valutazione, in Italia i testi da valutare sono stati inseriti in un archivio elettronico inaccessibile al pubblico e destinato alla distruzione. [11] Nel settore della scienze naturali, tecniche e mediche si è fatto un uso pesante della bibliometria ricavata dai database proprietari, il cui uso ha condotto alla crisi dei prezzi; in quello delle scienze umane e sociali, un autoritarismo pedagogico ha composto ex novo delle classifiche di riviste, [12] imponendo d'imperio quegli oligopoli che altrove erano stati frutto di un marketing di successo.
Soprattutto, la presenza di core journal, imposti indifferentemente o collaborativamente dall'impresa o dallo stato, che appongono ai ricercatori marchi decisivi per la loro carriera, rendono difficile, a chi non possa permettersi di essere eroicamente disinteressato, compiere qualcosa che in un tempo di rivoluzione mediatica sarebbe decisivo: sperimentare - come fecero a suo tempo Platone [13] e Galileo Galilei [14]- nuove forme di comunicazione e discussione scientifica e imparare a dominare nuovi media, liberi dallo zelo classificatorio dell'eccellenza e dal mito di una ricerca "senza pari".
Callicle è stato confutato e vorrebbe abbandonare la conversazione: vorrebbe, cioè, uscire dal gioco a causa del suo insuccesso. Socrate cerca di impedirglielo: una ricerca senza peer che rivedono il suo lavoro, lo discutono e lo confutano con franchezza lo ridurrebbe a un guru o a un propagandista di se stesso. Chi ha letto il Gorgia sa che senza confrontarsi con interlocutori via via più agguerriti la stessa teoria di Socrate non avrebbe potuto svilupparsi e raffinarsi. Il confutato è importante tanto quanto il confutatore: anche i risultati negativi sono risultati. [15]
A differenza degli interlocutori platonici, i ricercatori di oggi non soltanto non sono più padroni delle regole della discussione scientifica, ma non ne dominano neppure i testi e i metadati. Per loro vale a fortiori la critica di Tim Berners-Lee ai media sociali proprietari, dai quali quelli editoriali sono un caso particolare:
All'inizio del secolo scorso Max Weber aveva intuito che uno studioso che non è proprietario della sua biblioteca - dei suoi dati e dei suoi metadati - è come un lavoratore che non è proprietario dei suoi mezzi di produzione. [17] Come il proletario di Marx anche il ricercatore proletarizzato è un alienato: altri, infatti, stabiliscono il senso e il valore della sua opera.
È possibile usare il software libero e i server universitari per restituire dignità al nostro lavoro, riprendendoci i nostri dati e i nostri metadati per metterli a disposizione della comunità degli studiosi? Il Bollettino telematico di filosofia politica ci ha provato, promuovendo e sperimentando HyperJournal. [18] HyperJournal era un programma per l'amministrazione e la pubblicazione di una rivista ad accesso aperto dotato di alcuni strumenti a suo tempo innovativi:
La nostra creazione, ancorché molto lodata, fu adottata pochissimo. Lo sviluppo di HyperJournal cessò nel 2007: un progetto di software libero può sopravvivere senza lodi, ma non senza una base adeguata di utenti.
Il suo fallimento, tuttavia, è stato istruttivo. HyperJournal peccava, a un tempo, di un eccesso di conservazione e di un eccesso di innovazione. Per legittimarsi accademicamente, riproduceva le procedure di una rivista cartacea trasferendole, semplicemente, sul web, e rendendole più rigorose dove la tecnologia lo consentiva. [19] E tuttavia aveva bisogno di utenti poco tradizionalisti, disposti a trattare la comunicazione come parte della ricerca e desiderosi di imparare a usare nuovi strumenti. Ma la sua innovazione era ancillare alla tradizione in un senso ancor più importante e deleterio: pur criticando il confinamento della ricerca e la limitazione della discussione in bolle proprietarie, [20] noi stessi stavamo proponendo un'altra bolla, ancorché non proprietaria, replicando, in piccolo, la loro insularità. [21]
Nell'età della stampa la pubblicazione richiedeva una procedura industriale costosa: era dunque economicamente e tecnicamente indispensabile che qualcuno - le riviste, o, meglio, i loro direttori - facesse da gatekeeper della porta stretta che conduceva alla pubblicazione e all'élite dell'eccellenza. I custodi dell'ingresso godevano di una posizione di potere scientifico che, nella seconda metà del XX secolo e all'inizio del XXI, ha prodotto anche un potere economico, [22] grazie al sistema dei core journal e dei connessi oligopoli editoriali.
Nell'età della rete e della digitalizzazione la necessità tecnologica ed economica di filtrare le pubblicazioni ex ante è venuta a mancare. [23] Non è invece venuta meno la necessità di filtrare i testi meritevoli di studio e di discussione, che appartiene non alla funzione editoriale, tecnologicamente contingente, bensì al lavoro della ricerca. Nulla, però, impone più di filtrare i testi prima della pubblicazione. La selezione può essere compiuta dopo e, soprattutto, anche da parte di persone che non collaborano affatto con i responsabili della pubblicazione. Anche il nesso fra oligopoli editoriali e potere scientifico è una contingenza dell'età della stampa.
In un mondo di archivi ad accesso aperto, il lavoro di selezione, di cura e di valorizzazione [24] può essere svolto da una miriade di piccoli overlay journal gestiti da gruppi di studiosi con interessi comuni, come attività collaterale alla loro ricerca. Questa è l'ultima metamorfosi del Bollettino telematico di filosofia politica, dopo il fallimento del progetto HyperJournal.
Fuori del mondo della ricerca, qualcuno ipotizza che l'epoca dei mass media sia un accidente della storia [25] rispetto alla norma che vede nella comunicazione un processo interpersonale e multilaterale. Nel mondo della ricerca, il sistema dei core journal ha abituato a dare per scontato che le riviste debbano essere grandi, organizzate aziendalmente e dunque difficilmente sostenibili, per il costo e per l'impegno, dai ricercatori e dagli atenei. Ma abbiamo davvero bisogno di adottare, per la ricerca, le dimensioni e i costi dei mezzi di comunicazione di massa? Un sistema di overlay journal può permettersi di essere piccolo, [26] povero, artigianale e pluralistico. Può permettersi di fare sperimentazione, per esempio di forme di
revisione paritaria aperta e di aiutare gli studiosi a uscire dall'accademia dei morti viventi in cui li ha rinchiusi l'abitudine a una pubblicazione talmente esclusiva da essere illeggibile e, per lo più, non letta.Questa via all'open access, che sfrutta le potenzialità del web aperto, non impone costi né agli autori né ai lettori. Richiede, però, qualcosa di più prezioso del denaro: la volontà di sottrarsi alla morsa distopica del big business e del big government per rivendicare, semplicemente, la libertà di quello che Kant chiamava "uso pubblico della ragione":
Intendo per uso pubblico della propria ragione l'uso che uno ne fa, in quanto studioso, davanti all'intero pubblico dei lettori. [27]
Maria Chiara Pievatolo, Dipartimento di Scienze politiche - Universitą di Pisa, e-mail: pievatolo@dsp.unipi.it
[1] Claudio Giunta, Una rivista accademica non dovrebbe costare ottocento euro a numero, "Le parole e le cose", 2013, <http://www.leparoleelecose.it/?p=8545>.
[2] Dunque riservata a specialisti esposti alla tentazione di ridurre la letteratura a dati da trattare digitalmente: si veda Stephen Marche, Literature is not Data: Against Digital Humanities, "Los Angeles Review of Books", 2012, <http://lareviewofbooks.org/print.php?id=1040>.
[3] Maria Chiara Pievatolo, L'università e le sue crisi: una riflessione storica, "Bollettino telematico di filosofia politica", 2012, <http://btfp.sp.unipi.it/?p=2724>.
[4] Antonio Gramsci, Quaderni dal Carcere. Edizione critica a cura dell'Istituto Gramsci, Vol. II, Quaderno 6-11, Torino, Einaudi, 1977, 8, §48.
[5] Aldous Huxley, Brave new world revisited, 1958 <http://www.huxley.net/bnw-revisited/>, III.
[6] Un assaggio degli effetti della crisi sulle biblioteche universitarie italiane può essere degustato in Maria Chiara Pievatolo, La crisi dei prezzi dei periodici in Italia: quanto ci costano le riviste scientifiche, £Bollettino telematico di filosofia politica", (2013) <http://btfp.sp.unipi.it/?p=3884>.
[7] Si veda, per un bilancio critico, la San Francisco Declaration on Research Assessment (DORA), <http://am.ascb.org/dora/>.
[8] Jaron Lanier, You are not a Gadget, New York, A. A. Knopf, 2010, <http://btfp.sp.unipi.it/?p=2842>, cap. IV.
[9] Sabino Cassese, Intervento al convegno Higher Education and Research Policies in Europe: Challenges for Italy, in Roars, 2014, <http://youtu.be/NBFU_n1YE-k>.
[10] Si vedano per esempio le prescrizioni del britannico HFCE in merito all'auto-archiviazione degli articoli eleggibili per la valutazione della ricerca all'url <http://www.hefce.ac.uk/whatwedo/rsrch/rinfrastruct/oa/policy/>.
[11] Paola Galimberti, Assurdi esercizi: su VQR e diritto d'autore, in Roars, 2012, <http://www.roars.it/online/assurdi-esercizi-su-vqr-e-diritto-dautore/>.
[12] Antonio Banfi, Aspetti critici dell'uso di rankings di riviste nelle scienze umane, in Roars, 2012, <http://www.roars.it/online/aspetti-critici-delluso-di-rankings-di-riviste-nelle-scienze-umane/>.
[13] Giovanni Cerri, La poetica di Platone: una teoria della comunicazione, Lecce, Argo, 2007.
[14] Pietro Greco, Il modello Venezia. La comunicazione nell'era post-accademica della scienza, in La comunicazione della scienza, Atti del I e del II congresso nazionale, 2005, <http://ics.sissa.it/conferences/csIntroduzione.pdf>.
[15] Maria Chiara Pievatolo, Ricercatori di successo, "Bollettino telematico di filosofia politica", 2012, <http://btfp.sp.unipi.it/?p=933>.
[16] Tim Berners-Lee, Long Live the Web: A Call for Continued Open Standards and Neutrality, "Scientific American", 2010, <http://www.scientificamerican.com/article.cfm?id=long-live-the-web>.
[17] Max Weber, Wissenschaft als Beruf, 1919, <http://www.wsp-kultur.uni-bremen.de/summerschool/download%20ss%202006/Max%20Weber%20-%20Wissenschaft%20als%20Beruf.pdf>, p. 477.
[18] Michele Barbera - Francesca Di Donato, Hyperjournal for Dummies, <https://www.ics.uci.edu/~wscacchi/GameLab/Recommended%20Readings/hj4dummies_1.pdf>.
[19] Abbiamo imparato a nostre spese che la revisione paritaria in triplo cieco (ibid., 39 ss.) era molto lodata a parole ma temuta nei fatti.
[20] Eli Pariser, The Filter Bubblie, New York, The Penguin Press, 2011, <http://www.thefilterbubble.com/>.
[21] Anil Dash, Rebuilding the Web We Lost, 2012, <http://dashes.com/anil/2012/12/rebuilding-the-web-we-lost.html>.
[22] Giuseppe De Nicolao, The Gatekeepers, in Open Access e scienza aperta: stato dell'arte e strategie per il futuro, 2014, <http://webmagazine.unitn.it/alfresco/download/workspace/SpacesStore/1981be48-a69d-4102-a7d2-68b2656685dc/DeNicolao_Trento.pdf>.
[23] Paul Ginsparg, Can Peer Review be better Focused?, "Science & Technology Libraries", 22.3-4 (2004), p. 5-17, <http://www.cs.cornell.edu/~ginsparg/physics/blurb/pg02pr.html>.
[24] Antonella De Robbio, Is Open Access ready to move beyond the libraries walls?, in 23 ottobre 2009: giornata nazionale sull'open access, 2009, <http://eprints.rclis.org/13570/>.
[25] Mathew Ingram, Back to the future: What if the 'mass media' era was just an accident of history?, 2013, <https://gigaom.com/2013/05/11/back-to-the-future-what-if-the-mass-media-era-was-just-an-accident-of-history/>.
[26] Una pluralità di riviste piccole può anche federarsi in una meta-rivista, entro la quale ciascuna mantiene i propri costi e la propria specificità. Cfr. Maria Chiara Pievatolo, Metajournals. A federalist proposal for scholarly communication and data aggregation, "RT. A Journal on Research Policy and Evaluation", 1.1 (2013), <http://riviste.unimi.it/index.php/roars/article/view/2942>.
[27] Immanuel Kant, Beantwortung der Frage: Was ist Aufklärung?, 1784, <http://korpora.org/Kant/aa08/033.html>, AA VIII, 37. La traduzione italiana, ad accesso aperto, si trova in Immanuel Kant, Sette scritti politici liberi, a cura di Maria Chiara Pievatolo, Firenze, Firenze University Press, 2011, <http://ur1.ca/igbhn>. Il secondo corsivo è una mia aggiunta: con chi stiamo parlando quando scriviamo i nostri testi?