The library as a product, the library as a service, the library as a experience. The economy of experience is a key issue for understanding the change of the design in public service. Understanding this step it means rethinking the processes of production, organization, distribution and communication through models, in the name of the involvement, the relationship and exchange with users.
Oggi si parla di rinnovamento del servizio pubblico attraverso un ripensamento dei servizi offerti al cittadino, ma bisognerebbe iniziare a riflettere sulle di esperienze da far vivere ai propri utenti.
In principio era il prodotto a soddisfare un bisogno, la biblioteca acquistava significato sull'oggetto-libro, quindi il focus è passato al servizio: la biblioteca come strumento e collegamento tra prodotto e fruitore. Oggi la sfida è oltre il servizio: nel ripensare il rapporto tra biblioteca e cittadini in termini di esperienza.
L'economia dell'esperienza è un tema fondamentale per comprendere il cambiamento della domanda e dell'offerta in uno scenario internazionale in profonda trasformazione. Capire questo passaggio significa ripensare i processi di produzione, di organizzazione, di distribuzione e comunicazione secondo logiche nuove, all'insegna della relazione, del coinvolgimento e dello scambio con gli utenti finali.
Facciamo un esempio concreto. Quando le mie bambine erano molto piccole frequentavamo la biblioteca di quartiere dove, tramite una tessera, potevano leggere e guardare i libri a disposizione nella sezione dedicata ai più piccoli.
Qualche anno più tardi ho notato come la stessa biblioteca proponeva una offerta più ampia: eventi, momenti di incontri tematici, presentazioni e tessere digitali che permettevano altre facilitazioni. Oggi la stessa biblioteca ha siti ed app dedicate, attività social, collegamenti con gruppi e community, momenti di facilitazione della lettura, lavoro su specifici gruppi di interesse con una profonda attenzione alle esigenze del territorio.
Tralasciando gli aspetti socio-culturali di tale cambiamento, vorrei soffermarmi invece sulla trasformazione dell'offerta che è inizialmente fisica, poi fisica-digitale, quindi fisica-digitale che torna fisica per essere magari fisica altrove e di nuovo digitale.
In altri termini il cambiamento in atto mostra come in breve tempo il baricentro dell'offerta si sia spostato dal libro, al servizio, all'esperienza delle persone. La differenza di questo processo consiste nel fatto che l'attuale offerta non è più il prodotto di una sequenza lineare come nei casi della biblioteca-prodotto e della biblioteca-servizio, ma è invece la trama di complesse relazioni di senso che concorrono a far diventare l'oggetto-biblioteca la tessera di un mosaico più ampio, che è esperienza umana. È quella che oggi viene chiamata l'economia dell'esperienza.
Nell'economia dell'esperienza, l'offerta va oltre l'informazione in sé, oltre il funzionamento e i singoli processi, oltre il servizio all'utente. È tutto questo insieme che concorre a rendere unico il momento di contatto persona-informazione, e aspira alla memorabilità dell'evento.
Questa nuova economia poggia sulla capacità delle biblioteche e delle organizzazioni pubbliche in generale di costruire relazioni tra le cose, le azioni, tra i modi e gli scenari ripensando spazio e tempo. Il tempo nell'economia dell'esperienza si dilata e il limen spaziale viene superato: le persone vivono la biblioteca aldilà dello spazio fisico delegato perché questa potrà essere nei molti luoghi che gli utenti vivono, e attraverso il digitale sarà accessibile ovunque, collegata da oggetti intelligenti come rfid, beacon, nfc.
L'obiettivo è quello di creare esperienze positive nelle persone oltre il momento specifico dell'interazione: ad esempio il recupero dell'informazione, il prestito del libro, la scoperta di un contenuto inaspettato. In questo tipo di economia, per avere un ricordo memorabile e tornare ad usufruire del servizio, le persone hanno bisogno di prolungare l'esperienza per vederla ricordata e rinnovata.
È lo stesso processo che mettiamo in atto quando acquistiamo souvenir in viaggio o quando inviamo cartoline o compriamo la maglietta al concerto rock del nostro gruppo preferito. Cerchiamo di prolungare il ricordo di una esperienza positiva che ci ha reso felici, la memoria ci porta anche a dare un valore, a volte eccessivo, alle cose che rappresentano quel vissuto. Come per l'oggetto-informazione il prodotto viene assorbito dal processo-esperienza.
L'esperienza è ciò che oggi noi tutti siamo pronti a volere ed acquistare prima ancora del prodotto, perché è quella in grado di scatenare le emozioni e lasciare ricordi indelebili. Sono questi ricordi che ci portano a tornare e a consigliare quel vissuto.
In questo momento nei mercati nazionali c'è parecchia confusione sul concetto di esperienza utente: mi è capitato di notare come spesso sia identificata con la gentilezza del personale e il coinvolgimento di più sensi nei punti vendita. Limitare l'esperienza utente a questo equivale a rimanere a guardare l'autobus che passa sotto una fitta nevicata.
L'esperienza utente è prima di tutto la capacità di saper dialogare con le persone con la stessa voce, con gli stessi modi, senza limiti di sequenzialità del tempo o di spazio, mettendo in relazione tutte le forme di contatto. Tutto questo si traduce nel fatto che non possiamo sapere oggi come e dove avverrà il contatto tra biblioteca e utente, dobbiamo conoscere quali saranno i suoi prossimi bisogni, per riuscire ad anticiparli ed essere pronti ad offrire l'esperienza giusta per quel determinato utente.
La giusta esperienza si verifica quando le biblioteche scelgono di utilizzare intenzionalmente i servizi come palcoscenico, i prodotti come oggetti di scena, coinvolgendo gli utenti come gli attori, a turno protagonisti di uno spettacolo unico.
Nell'economia dell'esperienza gli utenti non sono portatori di valori come in precedenza, ma diventano parti attive del processo di creazione di valore. I compratori di esperienze, che un pioniere dell'economia dell'esperienza come Walt Disney chiamava "ospiti", entrano a pieno titolo nel processo di valore attraverso le risposte che instaurano con l'organizzazione pubblica.
Nelle economie precedenti l'offerta consisteva in materie prime, beni e servizi, tutti elementi esterni alla persona-utente, mentre ora il processo viene interiorizzato e la persona-utente diventa un tassello attivo con il suo carico di esperienze intrinsecamente personali, con risvolti in ambito emotivo fisico, intellettuale e spirituale.
Nell'economia dell'esperienza la complessità consiste nel fatto che non esistono due persone con un'identica esperienza, perché ogni esperienza deriva dall'interazione tra l'evento messo in scena e lo stato individuale della mente.
La biblioteca è chiamata continuamente a monitorare, valutare, testate, misurare l'esperienza dei propri utenti di riferimento in una continuità di ascolto iterativo e aggiustamenti strategici da mettere in atto. L'offerta deve allora essere rimodulata, progettata dall'inizio nel suo insieme e nel suo essere semplicemente unica. Immaginare di offrire oggi un'esperienza a pezzi (pensare prima all'OPAC e poi ai modi con cui dialogare con le persone e creare relazioni) significa non aver capito che le regole del gioco sono cambiate.
Lo user experience design (UXd o UX) applicato ai servizi pubblici è sicuramente una delle risposte possibili.
Lo user experience design è un metodo per creare o migliorare i servizi pubblici e privati, che vengono affrontati nello stesso modo. Si tratta di un metodo interdisciplinare che – proprio come il design di prodotto – si avvale del design thinking, un approccio basato sulla creatività e la partecipazione delle persone.
L'esperienza utente (UX) aiuta la (ri)progettazione di servizi mettendo le persone al centro. A differenza di quanto avviene diffusamente la UX non cerca di indovinare che cosa gli utenti desiderano, ma cerca di capirlo e lo realizza attraverso tecniche di design partecipativo o co-creazione di servizi pertinenti, efficaci ed efficienti in collaborazione con loro.
In altre parole è la fine dell'era "io conosco i miei utenti e so cosa vogliono" perché questo non è possibile. I prodotti della user experience sono spesso servizi semplici e intuitivi che rispondono alle esigenze e alle motivazioni dei cittadini.
Molti servizi pubblici non funzionano o funzionano male per il semplice fatto che non sono pensati a misura di chi li utilizza: nella progettazione hanno prevalso altri obiettivi come l'urgenza, la scarsità di risorse, le logiche interne, gli equilibri politici o quelli dei gruppi di interesse.
L'altro elemento, oggi imprescindibile, su cui la UX lavora consiste nello sviluppo di servizi efficienti attraverso l'analisi e la progettazione di un sistema di canali e punti di contatto (touchpoint) integrati e omogenei (omnichannel design).
È particolarmente importante per i manager pubblici comprendere che la progettazione di un servizio va oltre la semplice procedura allo sportello. Sia i processi rivolti al pubblico che quelli interni devono essere valutati e allineati perché solo così l'esperienza utente diventa una "buona esperienza" e produce maggiore efficienza. Questo è l'unico modo per garantire:
L'esperienza utente permette di anticipare i bisogni sviluppando servizi per specifiche esigenze prima che divengano problemi. Agendo sui processi interni e su quelli esterni la user experience:
La user experience è un metodo per applicare tempo e risorse in modo più efficiente, senza dover diminuire la qualità nella fornitura del servizio. I servizi forniti dal settore pubblico garantiscono il funzionamento di un paese a tutti i livelli. Hanno un impatto importante sul benessere comune e il loro malfunzionamento, oltre ad essere fonte di frustrazione, è un freno allo sviluppo.
Tutto questo rappresenta una doppia beffa: i servizi pubblici dovrebbero semplificare e non complicare la vita dei cittadini, e dovrebbero ottimizzare e non sprecare le risorse dei cittadini stessi. È dunque fondamentale che i servizi, biblioteche in primis, rispondano ai bisogni reali e siano forniti in modo efficace, ciò è possibile solo se progettati in modo cosciente e riflessivo fin dall'inizio.
Lo user experience design è un metodo per raggiungere tali obiettivi. Un sistema di servizi ben ponderati è una necessità reale per il funzionamento del settore pubblico, e l'innovazione non può più essere una prerogativa dell'ambito imprenditoriale.
I metodi di progettazione dei servizi pubblici sono poco aderenti alla realtà che ci circonda. È necessario cercare nuovi modi di immaginare i servizi. La UX, come anche il service design, offre un quadro di riferimento per la ricerca di approcci innovativi che rendono le persone più consapevoli.
Innanzitutto con la ricerca: studiando e analizzando tutto l'ecosistema in cui il servizio si colloca sia dal lato di chi ne usufruirà sia dal lato di chi lo erogherà. I bisogni e le esigenze devono infatti essere soddisfatte e distribuite in maniera equilibrata ed uniforme altrimenti il rischio di fallimento si alza.
Le tecniche di ricerca sono di tipo qualitativo, quantitativo, attitudinale, comportamentale. La scelta della strategia e delle tecniche combinabili tra di loro dipende dall'ambiente, dagli scenari in cui si colloca il servizio, dalle risorse e dal budget a disposizione.
A parte le tecniche più collaudate della UX come le interviste esplorative, le tecniche etnografiche, le tecniche di elicitazione (card sorting, tree testing), oggi gli user experience designer lavorano a fondo sulla mappatura del percorso (user journey map) che l'utente compie o compierà per raggiungere il proprio obiettivo.
Vi sono alcune domande chiave da cui parte l'esplorazione: l'utente dove entra in contatto con la biblioteca? Quali sono i touchpoint? Quali canali attraversa per raggiungere il suo obiettivo? Dove si inceppa? Dove abbandona? Dove si innervosisce? Dove si sorprende?
La journey map, ma anche la
user experience map, la empathy map e il blueprint sono strumenti fondamentali nella progettazione dei servizi perché in grado di cogliere tutti gli step del processo, mettendo in luce criticità e punti di debolezza. Le soluzioni ai problemi che la mappatura porta in superficie vengono poi affrontati e risolti attraverso il codesign.Il codesign o design partecipativo permette di individuare insieme alle persone (utenti finali e staff interno) il funzionamento del servizio stesso, focalizzandosi su tutto il processo o solo su alcuni aspetti più critici. In questa fase le tecniche creative e trasversali del design thinking hanno un ruolo fondamentale.
Uno dei punti di forza delle tecniche del design thinking consiste nel lavorare con le persone su prodotti e servizi che ancora non esistono e dunque difficili da immaginare da chi non è avvezzo alla progettazione e all'astrazione. Lo user experience design si realizza attraverso i 5 assiomi:
1. Lo user experience design è centrato sull'utente.
La UX mira a progettare servizi, ma prima ancora a soddisfare le esigenze degli utenti e delle parti interessate. In questo modo si può essere sicuri che il servizio offerto è quello atteso e a misura di utente. Per questo è importante coinvolgere gli utenti e le parti interessate, come il personale bibliotecario, da vicino nel processo di progettazione come co-creatori. Il processo di progettazione avviene in collaborazione costante con gli utenti e i dipendenti della biblioteca. Questo non solo consente di arrivare rapidamente a ulteriori approfondimenti, ma permette anche di rafforzare un modello user oriented. Inoltre, i cittadini sono costantemente presi in considerazione nelle varie fasi del processo dall'inizio alla fine.
2. Lo user experience design è sequenziale.
Lo user experience design utilizza tecniche di rappresentazione come personas, scenari, user journey, con l'obiettivo di costruire un percorso fluido che parli tramite 'una sola voce'. Ogni passo del servizio è importante, ogni collegamento è essenziale; l'esperienza prende forma prima, durante e dopo il servizio. Pertanto, è importante che un buon servizio, e ogni punto di contatto che l'utente ha con esso, costituisca un insieme armonico in cui le varie fasi si susseguano in una successione logica.
3. Lo user experience design è qualitativo.
È ormai accertato che non esiste l'utente medio e che la progettazione su tale base non ha senso. Le tecniche di ricerca, dalle interviste all'osservazione etnografica, dai diari al card sorting, dalle personas, ai service blueprint, producono approfondimenti qualitativi sulle persone. Questo è l'unico modo per scoprire ciò che gli utenti vogliono veramente.
L'obiettivo principale è quello di arrivare ad intuizioni più profonde sul perché le persone utilizzano (o non utilizzano) il servizio. Tali motivi, spesso emozionali, sono difficilmente evidenziabili tramite la ricerca quantitativa come quella dei questionari. Anche per questo le interviste contestuali sono un metodo molto utilizzato di raccolta dati nella progettazione di servizi, mentre i workshop partecipativi aiutano a far emergere possibili soluzioni.
4. Lo user experience design è iterativo.
Il processo di progettazione dei servizi ha un percorso ciclico nella sua elaborazione. Gli step ripetuti insieme alle persone servono ad ottenere feedback costanti sulle decisioni prese. Come nella progettazione di prodotto, i servizi possono anche essere convertiti in prototipi da testare insieme agli utenti. In questa prima fase i feedback e gli errori sono elementi di scoperta importanti, parti integranti del processo.
5. Lo user experience design è un processo olistico.
Lo user experience design affronta il servizio in una maniera costante nel suo complesso. Le organizzazioni pubbliche sono spesso organizzate gerarchicamente in silos indipendenti, ciò dà adito sovente ad una mancanza di allineamento tra i canali e tra i punti di contatto con le persone, e il risultato è un'esperienza utente debole e sfilacciata. Questo si traduce nel fatto che l'esperienza utente di una biblioteca va costruita con tutti i portatori di interesse di tale realtà sia interni a tutti i livelli che esterni sul territorio.
Lo user experience design prende in esame tutto l'ambiente in cui il servizio si svolge. Lo UX non considera il servizio in maniera univoca, ma lo affronta in modalità complessa, composta da molteplici fattori come i servizi già erogati, i luoghi fisici, la reputazione dell'organizzazione, la sua presenza digitale, etc. Tutto questo sforzo deve essere indirizzato a ripensare i servizi pubblici come "servizi" che hanno l'obiettivo ultimo di "soddisfare" le persone che di quel servizio sono fine e parte attiva.
Il governo britannico ha intuito la potenzialità della UX creando una task force di user experience designer dedicati a progettare e controllare l'ideazione di servizi efficaci ed efficienti per i cittadini, biblioteche comprese. Le biblioteche proprio per il loro peculiare legame con il territorio potrebbero segnare un cambio di passo. Il governo italiano potrebbe partire proprio da questo modello che presuppone un cambiamento molto forte, ma potrebbe essere il primo passo verso servizi migliori, cittadini migliori di un paese migliore.
Maria Cristina Lavazza, Roma, e-mail: mc.lavazza@gmail.com
Garrett, J. (2002), Elements of User Experience: User-Centered Design for the Web, New Riders Press, USA.
Kuniavsky, M. (2003), Observing The User Experience – A Practitioner's Guide to User Research, Morgan Kaufmann Publishers, Elsevier Science, USA.
Norman, D. (2007), Emotional design. Perché amiamo (o odiamo) gli oggetti di tutti i giorni, Milano, Apogeo.
Lavazza. M. C. (2011), Comunicare la user experience. Milano, Apogeo.
Lavazza, M. C. - Dominici, S. (2015), UX Domino Card, UX University.
Touchpoint
Il touchpoint è un punto di contatto tra la persona e un qualsiasi agente o artefatto di un'organizzazione. Tali interazioni avvengono in un determinato arco temporale, in un certo contesto, e con l'intenzione di soddisfare una specifica necessità. I touchpoint possono essere digitali: siti, app, software, televisione, etc., ma anche fisici: addetto, amico, sportello, etc., o misti: email, chat, crm, urp; ma è importante che vengano progettati nel loro insieme, collegati e integrati.
Personas
Le personas o personaggi sono la descrizione accurata di utenti verosimili, che permettono di analizzare interazioni, esperienze, emozioni e criticità nella relazione con un prodotto, un servizio o un brand. Attraverso i dati raccolti nella fase di ricerca vengono sintetizzati in schede che raccontano dei personaggi con nome, foto, dettagli di vita, abitudini e desideri dei profili tipo. Le personas sono uno strumento di sintesi e di analisi per le decisioni di progetto. Sono fondamentali per inquadrare, valutare, testare e mantenere al centro l'utente.
Journey map
Sono la simulazione del percorso, o del viaggio, che compie l'utente per raggiungere i propri obiettivi, attraverso i differenti canali attivati dall'organizzazione. Sulla base dei dati rilevati dalla ricerca passo dopo passo vengono mappate le azioni dell'utente, i suoi sentimenti e le difficoltà del percorso. Le journey map sono uno strumento personalizzabile a secondo della realtà e degli aspetti da rilevare. Sono uno strumento fondamentale per comprendere come si muovono e cosa provano gli utenti nel percorso per soddisfare i propri bisogni.
Scenari
Sono le storie, le azioni e l'ambiente in cui si muovono le personas o gli utenti reali. Gli scenari sono il prodotto dei risultati della ricerca con le persone reali. I comportamenti, i desideri, le azioni e il contesto delle persone ascoltate durante la ricerca diventano delle storie verosimili. Queste storie sono gli scenari che trovano come protagonisti le personas attraverso le quali si costruisce la narrazione di situazioni-tipo. Sono uno strumento fondamentale per simulare il contesto d'uso reale mettendo in evidenza problemi e difficoltà.
Osservazione etnografica
È una tecnica di ricerca sugli utenti che consiste nell'osservazione diretta delle persone nel loro contesto abituale. Lo UX designer osserva come le persone agiscono rispetto al prodotto /servizio nel loro ambiente tenendo conto di tutto il contesto. L'osservazione, che in genere viene registrata, può avvenire in maniera più o meno invasiva: lo shadowing prevede un'osservazione non percepita dalle persone. L'osservazione etnografica permette di contestualizzare l'interazione tra le persone e i prodotti e riesce a evidenziare eventuali criticità legate al contesto di utilizzo.