Il reference, come si dice in gergo, o i servizi di informazione, come tra gli altri preferisce chiamarli Elena Boretti nel titolo del suo ultimo libro [1], è un concetto classico dell'ultimo secolo di teoria biblioteconomica che sottolinea il ruolo di mediazione della biblioteca. Nonostante negli ultimi anni la professione del bibliotecario sia stata investita e a volte perfino travolta dalle nuove tecnologie, il core business rimane sempre quello di mettere in contatto le risorse (giuste) con gli utenti (giusti).
Il seminario che si è svolto a Venezia il 24 novembre scorso [2], organizzato dal Dipartimento di studi storici dell'Università "Ca' Foscari" di Venezia e dalla Sezione Veneto dell'AIB, è stata l'occasione per nuove riflessioni sul reference, a partire dalla presentazione del recente libro di Elena Boretti su questo tema.
Dopo i saluti iniziali di Barbara Poli, presidente della Sezione Veneto dell'AIB, il pomeriggio si è aperto con un intervento di Riccardo Ridi, che è stato allo stesso tempo una overview sull'argomento ed anche uno spunto per i relatori che lo hanno seguito.
La biblioteca è da sempre l'istituzione che contribuisce alla funzione di mediazione informativa, facendo dialogare le sue collezioni con gli utenti, ma per quanto si compia un'indicizzazione a monte più ampia e completa possibile (selezione e organizzazione delle collezioni, sito web, segnaletica, etc...), ci sarà sempre bisogno di assistenza e consulenza personalizzata per gli utenti. A dispetto della presunta disintermediazione nell'uso delle risorse, in quest'epoca di nuove tecnologie e Web 2.0 il reference è sempre attuale, ed anzi va sottolineata la continuità e non la contrapposizione tra le forme tradizionali e quelle digitali. Nel reference sincrono, la chat è, ad esempio, solo un altro canale che si affianca alla conversazione telefonica ma non la sostituisce, come del resto nel reference asicrono, a fianco alla "snail mail" si pone ore la email.
Questi sono nuovi mezzi che si usano perchè la biblioteca sia presente là dove sono gli utenti, quindi un'estensione e un'integrazione del servizio tradizionale. Difatti, in una situazione di "povertà cognitiva", il reference era un'attività che aveva come obiettivo principale quello di far incontrare i bisogni dell'utente con le risorse disponibili in biblioteca; ora invece, per evitare di cadere nell'infoglut, bisogna saper selezionare le informazioni e orientare l'utente fra molte alternative esistenti, che possono anche essere fuori della biblioteca.
Chi non sa orientarsi in questo docuverso informativo rischia di diventare un cittadino di serie B: è per questo motivo che le biblioteche non possono essere le uniche coinvolte in quest'attività di mediazione, ma devono contribuire, tra l'altro, anche la scuola, l'università e la famiglia.
Ridi infine ha ricordato il vivace seminario "L'attività di reference: contenuti e prospettive" [3] che si svolse nel 1985 a Firenze presso la Biblioteca Marucelliana e a cui parteciparono come relatori Franca Arduini, responsabile dalla sala di consultazione della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, Daniele Danesi della Biblioteca comunale di Scandicci e Sandra Di Majo della Biblioteca della Scuola Normale Superiore di Pisa. I tre bibliotecari rappresentavano tre diverse tipologie di biblioteche e delle posizioni che all'epoca sembravano essere inconciliabili.
Oltre vent'anni dopo, sono riuniti intorno ad un tavolo Elena Boretti, Maurizio Messina e Federico Fogo, che lavorano rispettivamente in una biblioteca pubblica, in una storica e in una universitaria, riproponendo cosi' le stesse tre tipologie dei bibliotecari presenti a quell'incontro di Firenze. Ridi ha chiesto loro come funzioni il reference al tempo di Internet nelle biblioteche in cui lavorano.
Elena Boretti ha subito sottolineato come il reference sia una mediazione tra il versante della produzione e quello della fruizione, a prescindere dal fatto che l'informazione sia su supporto cartaceo o digitale. Spesso sembra invece che si sia determinata una cesura fra prima e dopo Internet, soprattutto tra bibliotecari più giovani, maggiormente predisposti all'uso della rete, e bibliotecari più anziani, che tendono a preferire e valorizzare fonti tradizionali.
La biblioteca pubblica, che "è il centro informativo locale che rende prontamente disponibile per i suoi utenti ogni genere di conoscenza e informazione" [4], deve affrontare la grande sfida di essere lo sportello di prima accoglienza informativa per la cittadinanza, pur avendo risorse economiche limitate. Tra l'altro, la biblioteca pubblica è generale per definizione, ma si rivolge ad un pubblico che comprende moltissime tipologie di utenti, e dovrebbe quindi saper offrire anche informazioni specializzate, al di là di quanto le potrebbe apparentemente competere, o reindirizzare ad altri uffici e istituzioni. Le biblioteche pubbliche infatti idealmente devono assistere il cittadino come gli information and referral centers americani degli anni '70, che avevano lo scopo di fornire informazioni sulle agenzie del territorio in grado di risolvere problemi di varia natura.
Per un servizio di reference di qualità, la biblioteca deve inoltre conoscere e delineare i destinatari del reference (target e sua segmentazione), attraverso l'analisi di comunità per individuare i bisogni informativi dell'utenza potenziale. Le indagini sull'uso del servizio di reference che sono state fatte nell'area anglo-americana ci dicono molto sull'uso delle biblioteche, sugli utenti e sulle informazioni che vengono richieste, ma i risultati anglo-americani non possono adattarsi al nostro paese, che è una realtà molto diversa.
Il bibliotecario di pubblica lettura dovrebbe essere quindi un grande conoscitore della sua realtà locale oltre che un lettore delle indagini Istat e Censis. Ad esempio, l'ottavo Rapporto Censis/Ucsi sulla comunicazione, "I media tra crisi e metamorfosi" [5], presentato il 19 novembre, indica come nell'ultimo decennio i consumi di tutti i media siano in crescita: il 47% degli italiani usa Internet almeno una volta la settimana, e il 56,5% ha letto almeno un libro nell'ultimo anno.
Quindi una prima considerazione è che più della metà dei potenziale utenti delle biblioteche pubbliche usa documenti cartacei, mentre meno della metà usa documenti digitali. Questo ad esempio può aiutare a scegliere su quali supporti predisporre le collezioni di reference, ricordando sempre che ci sarà chi usa entrambi i media e chi invece nessuno dei due, e ci dice anche che il cittadino non può sempre avere dimestichezza con il "digitale". La biblioteca pubblica deve farsi carico di tutte queste situazioni eterogenee e complesse, non dimenticandosi che questo va poi contestualizzato ad ogni singola realtà o rete.
Un salto di qualità, per Boretti, potrebbe essere il percorso di avvicinamento dei lettori ai servizi e alle raccolte della biblioteca attraverso l'information literacy, per far crescere le competenze informative degli cittadini. Purtroppo nella realtà italiana non si conoscono iniziative strutturate di biblioteche pubbliche, che di solito si limitano all'alfabetizzazione informatica. Le realizzazioni straniere invece sono numerosissime, per esempio le iniziative gratuite di aiuto nei "compiti a casa": alcune biblioteche pubbliche americane forniscono agli studenti sia risorse web selezionate per questo scopo sia supporto e assistenza online [6].
A seguire, per il reference in una biblioteca storica, interviene Maurizio Messina della Biblioteca Nazionale Marciana di Venezia. Le richieste di consulenza che vengono poste al personale della Bibioteca Marciana sono davvero molto specializzate e spesso può accadere che gli utenti, i quali hanno già fatto un lungo percorso di studi, ne sappiano più del bibliotecario.
Non sono poche le difficoltà nel definire quali possano essere le peculiarità del reference nelle biblioteche storiche, perché secondo Messina è inadeguata la definizione stessa di biblioteca "storica" o "di conservazione". La conservazione fa pensare subito a luoghi di stoccaggio di informazione inaccessibili, mentre le biblioteche storiche, oltre alla conservazione, offrono vari servizi di mediazione tra le collezioni e gli utenti. Questa difficoltà nel definire le biblioteche storiche è avvalorata anche dall'assenza di una sezione dell'IFLA per questa tipologia di biblioteche, che preferisce invece privilegiare le collezioni da esse conservate (Rare books and manuscripts section).
A proposito di IFLA, Messina fa riferimento ad alcuni degli interventi che sono stati presentati nella sessione della sezione Reference and Information Services del 75° congresso internazionale dell'IFLA dello scorso agosto [7]. Il primo dei relatori [8] ha raccontato come il servizio di reference della Business and Economics Library dell'University of Illinois at Urbana-Champaign, presso cui lavora, si sia trasformato in un ufficio di assistenza ai neolaureati in discipline economiche alla ricerca di lavoro. Perché fare il lavoro di altre agenzie, ci si chiederà. Visto che altre agenzie fanno il lavoro delle biblioteche, perchè non fare anche noi il lavoro di altri? Il secondo intervento [9] ha presentato il ruolo proattivo dei bibliotecari dei servizi di reference di un'università canadese e una indiana che partecipano alla pianificazione, attuazione e valutazione delle politiche relative ai curricula degli studi, dando suggerimenti su quali specifici corsi di information literacy debbano essere integrati nei curricula. L'unica lezione che si può apprendere da questi interventi è che il particolare servizio di reference attivato in queste biblioteche si è sviluppato ed ha avuto successo per la conoscenza approfondita delle proprie realtà e soprattutto della specifica utenza di riferimento.
In ambito digitale però è piu' difficile sapere qual è l'utenza di riferimento, soprattutto in Italia dove i dati non sono raccolti in maniera sistematica. Tra l'altro gli strumenti informativi che la biblioteca mette a disposizione on line sono potenzialmente utilizzabili da chiunque, quindi rivolti ad un pubblico non definibile. Secondo Messina, un passo ulteriore dovrebbe portare le biblioteche storiche alla creazione di contenuti che non siano più surrogati di informazioni (cataloghi) ma basi di dati full text, attraverso la digitalizzazione delle collezioni che si ritengano più significative e utili per l'utenza.
Da ultimo, Federico Fogo dell'Università di Padova ha raccontato la sua esperienza alla Biblioteca del Dipartimento di Scienze Chimiche, il cui l'impegno si è in gran parte spostato dall'attività di reference individuale a quella di formazione dell'utente. Da anni infatti sono infatti previsti dei corsi di 10 ore all'interno dei corsi istituzionali, che hanno in programma di istruire alle risorse della biblioteca, alle risorse elettroniche e al recupero dell'informazione in chimica.
Con il tempo il corso è cambiato, non tanto nei contenuti, quanto nell'impostazione e nel metodo: gli studenti sono sempre piu' abituati all'uso della rete, ed è stato quindi necessario adeguare il corso agli standard sulle competenze informative per gli studi universitari dell'ACRL [11] e alle sue successive rielaborazioni per le biblioteche scientifiche [12]. Un limite del corso è stato dare ampio spazio alle banche dati bibliografiche, a discapito di altre risorse informative tradizionali, ma quando è iniziato era forte la necessità di far familiarizzare gli studenti con le banche dati bibliografiche, all'epoca non del tutto amichevoli. A tutt'oggi forse c'è troppa enfasi su quanto è disponibile on line e forse bisognerebbe pensare a una rieducazione degli studenti universitari alla biblioteca "tradizionale".
Un esempio è l'utilità della review [13] per gli studi chimici. Le reviews in ambito scientifico sono una fonte importantissima di informazione per le scienze sperimentali, quindi è un punto di partenza (e non solo) per conoscere lo stato dell'arte della letteratura sull'argomento. La chimica non si evolve così rapidamente come altre discipline, per cui anche repertori degli anni '60 possono essere ancora utili, quindi è necessario farne conoscere l'esistenza e le potenzialita agli utenti. Per questi motivi, ispirandosi alle linee guida della Special Libraries Association sulle competenze previste per studenti di chimica [14], la Biblioteca del Dipartimento di Scienze Chimiche ha recentemente creato un repertorio di risorse "tradizionali" [15] nel suo sito web.
In seguito all'avvento di Internet inoltre, gli utenti della rete hanno avuto accesso a quantità di informazioni sempre maggiori, e questo spesso li ha portati a credere di essere completamente autonomi nella ricerca e nell'uso delle risorse disponibili in rete. Per Fogo, nel processo generale di disintermediazione, un contributo per l'utenza dell'Università di Padova è stata l'introduzione del Portale AIRE [16], personalizzazione padovana di Metalib e di SFX. Il portale AIRE ha fatto avvicinare soprattutto gli studenti dei primi anni alle risorse elettroniche con un approccio facile e immediato, anche senza necessità di una formazione specifica.
Infine Fogo, come già Messina, ha fatto alcune considerazioni sull'utenza in ambito digitale. In generale, infatti, non si conosce chi e come usa le risorse digitali, se non richiede supporto ai bibliotecari. Tuttavia chi le usa autonomamente può essere "clusterizzabile" in pochi percorsi di ricerca, che potrebbero essere studiati in modo da capire meglio le possibili linee di intervento, non solo a livello di formazione, ma anche nel modo in cui la biblioteca si relaziona con il pubblico. Fogo ha concluso, con rammarico, considerando a volte che sembra quasi che negli utenti dell'università manchi la percezione del ruolo del bibliotecario e forse anche delle sue competenze.
Al termine di queste relazioni sono seguiti alcuni interventi da parte del pubblico, con varie considerazioni tra le quali: come si possa valorizzare il reference in una biblioteca pubblica, l'attualità della sala di consultazione e come raccogliere dati sulle transazioni di reference al fine di misurare e valutare meglio quest'attività.
Riccardo Ridi, a chiusura del seminario, ha posto un ultimo quesito: le biblioteche detengono il monopolio nell'attività di reference o no?
Se per Messina la biblioteca storica detiene ancora una posizione salda in questo settore e i servizi commerciali non rappresentano un reale concorrente, per Boretti e Fogo invece può esserci concorrenza. Boretti ricorda come in Italia si siano sempre privilegiate le collezioni a svantaggio dell'intermediazione personalizzata, quindi una biblioteca di pubblica lettura può avere come rivali in alcuni settori del reference l'URP - Ufficio Relazioni con il Pubblico e l'Informagiovani. Per Fogo, nell'ambito disciplinare e scientifico, il passaggio di informazione "orizzontale" è frequente, perchè gli studenti sono abituati fin dai primi anni a lavorare in gruppo, nelle occasioni di studio e nei laboratori. Una biblioteca di università quindi, se gli studenti non hanno piena consapevolezza del suo valore e dei suoi strumenti, può essere in concorrenza con questi piccoli "invisible colleges" che sono i gruppi di lavoro degli studenti.
Da questa panoramica sul reference oggi emerge quindi con chiarezza che "se il reference è la biblioteca o se comunque ha forti connessioni con il concetto di biblioteca in quanto servizio al pubblico, è evidente che la definizione e il significato del reference non può che variare con il variare del tipo di biblioteca" [17], oltre naturalmente ad avere manifestazioni diverse.
Al di là delle differenze, le riflessioni emerse durante il seminario dimostrano però che c'è la tendenza comune nelle biblioteche, di qualsiasi tipologia esse siano, a voler far crescere le competenze informative degli utenti, orientando alla biblioteca e istruendo al modo migliore di usare le risorse informative con varie modalità, di cui il reference individuale è solo una tra le possibilità. Le biblioteche sono consapevoli che gli utenti, siano essi cittadini, studiosi o studenti universitari, dovranno essere sempre più "information literate", cioè in grado di conoscere e dominare la varietà e la ricchezza dell'universo informativo tradizionale e digitale.
Emanuela Casson, Biblioteca del Seminario matematico - Università degli Studi di Padova, e-mail: mailto:emanuela.casson@unipd.it
Siti consultati l'ultima volta il 26/01/2010.
[1] Elena Boretti, I servizi di informazione nella biblioteca pubblica. Competenze e metodi per collaborare nel reference tradizionale e digitale, Milano, Bibliografica, 2009.
[2] <http://lettere2.unive.it/ridi/sem091124.htm>
[3] Un breve resoconto dell'incontro su "L'attività di reference: contenuti e prospettive", Firenze, 13 settembre 1985 si trova in M. Candalese, A proposito di reference, bibliografia, servizio informativo, "Biblioteche oggi", 4 (1986), 2, p. 94-97.
[4] Manifesto UNESCO per le biblioteche pubbliche, traduzione italiana a cura della Commissione nazionale biblioteche pubbliche dell'AIB, 1995 <http://www.aib.it/aib/commiss/cnbp/unesco.htm>.
[5] Sintesi disponibile a <http://www.governo.it/GovernoInforma/Dossier/rapporto_censis_2009/SintesiOttavoComu.pdf>.
[6] Multnomah County Library, Homework Center, <http://www.multcolib.org/homework/>.
[7] <http://www.ifla.org/files/reference-and-information-services/news-items/RISSMILANSHORTIE.pdf>.
[8] Yoo-Seong Song, Designing library services based on user needs: new opportunities to reposition the library <http://www.ifla.org/files/hq/papers/ifla75/202-song-en.pdf>.
[9] Ganga B. Dakshinamurti - Kishor Chandra Satpathy, The pro-active academic librarian: the how and the why -
illustrated by case studies from India and Canada <http://www.ifla.org/files/hq/papers/ifla75/202-dakshinamurti-en.pdf>.
[10] Perceptions of libraries and information resources. A report to the OCLC membership, Dublin: Online Computer Library Center, 2005 <http://www.oclc.org/reports/2005perceptions.htm>.
[11] Association of College and Research Libraries, Information Literacy Competency Standards for Higher Education, 2000, <http://www.ala.org/ala/mgrps/divs/acrl/standards/standards.pdf>.
[12] Association of College and Research Libraries, Information Literacy Standards for Science and Engineering/Technology, 2006, <http://www.ala.org/ala/mgrps/divs/acrl/standards/infolitscitech.cfm>.
[13] <http://en.wikipedia.org/wiki/Review>.
[14] Special Libraries Association, Chemistry Division, Information Competencies for Chemistry Undergraduates: the elements of information literacy, 2007, <http://units.sla.org/division/dche/il/index.htm>.
[15] <http://www.chimica.unipd.it/?context=139>.
[16] <http://metaricerca.cab.unipd.it:8332/V>.
[17] Elena Boretti, cit., p.25.