«Bibliotime», anno X, numero 3 (novembre 2007)


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Biblioteca: metafore e modelli




Si può dire che la riflessione sulla biblioteca sia vecchia quanto la biblioteca stessa, e ha dato vita, nel corso dei secoli, a una quantità di idee, opinioni e principi che hanno agito in profondità sugli addetti ai lavori (e cioè in primo luogo i bibliotecari), traducendosi in tecniche, procedure e metodi volti a un'offerta il più possibile efficace dei servizi, oltre che a un costante miglioramento delle strutture bibliotecarie.

Questa forma di autopoiesi, [1] che ha accompagnato e scandito la lunga stagione delle biblioteche, ha prodotto una quantità di contributi teorici e di realizzazioni pratiche, fino alla situazione attuale, condizionata dai tumultuosi avanzamenti delle tecnologie e da una nuova visione del servizio, che riconosce come proprio centro l'utente e mette in campo tutte le strategie per accrescerne la soddisfazione.

Nel nostro paese, un esito quanto mai rilevante di questo processo è stata la pubblicazione del Manifesto per le biblioteche digitali [2] in cui, più che fornire una definizione di questa tipologia (chiamiamola così) di biblioteche, si è cercato di delinearne la filosofia, e di comprendere come esse si posizionano nell'odierno panorama bibliotecario, contrassegnato dalla presenza crescente di documentazione in formato digitale e da un diverso criterio di erogazione dei servizi.

Sulle pagine di "Bibliotime", Riccardo Ridi presenta oggi un proprio manifesto che, in linea con un'idea che l'autore ha sempre perseguito nella sua produzione scientifica, prende il nome di Manifesto per la biblioteca ipertestuale. Esso non solo si ricollega in modo esplicito al precedente Manifesto, ma si propone di "commentare analiticamente e ordinare più razionalmente" quest'ultimo, interpretandolo alla luce della nozione di "biblioteca come ipertesto" che, come si diceva, è una costante nella riflessione di Ridi, ed ha trovato un suo compiuto output nel volume dal titolo omonimo edito di recente dall'Editrice Bibliografica. [3]

Un recensore di questo volume forse potrebbe dire che l'ambizione di Ridi è di giungere a una teoria "unificata" della biblioteca (ma anche della biblioteconomia e della documentazione) sotto la categoria dell'ipertesto: un'ipotesi che appare confermata dalle venticinque tesi che compongono il Manifesto, in cui l'autore ribadisce (con la forza "apodittica" propria di questa modalità espressiva) la propria idea, sintetizzata nella prima tesi ("Le biblioteche sono ipertesti") e via via declinata nelle successive, fino ad arrivare alla riformulazione sub specie iperstestuale delle cinque celebri leggi di Ranganathan.

Non v'è dubbio che tale proposta sia destinata a suscitare un vivace dibattito, nel momento in cui l'ipertesto viene individuato non come un modello [4] (tra i molti possibili) di biblioteca, ma il modello, a cui si conforma ogni attività, procedura, tecnologia o servizio che alla biblioteca faccia riferimento.

E tuttavia, se per modello s'intende lo "schema teorico in base al quale sono verificabili tutte le formule e relazioni proprie di una teoria", [5] allora occorrerà una più accurata verifica empirica, fortemente calata nella prassi, per verificare (o "falsificare", come vuole Popper) il modello stesso.

Ma forse è possibile individuare un'altra chiave di lettura, che consente di uscire dalla dicotomia vero/falso e interpretare in forme meno rigide le proposizioni dell'autore: ci riferiamo all'approccio metaforico. La metafora [6] infatti non dà vita soltanto a una vaga rappresentazione, a una pallida immagine dei concetti di cui si vuole discutere, ma si configura come uno strumento assai potente, in grado di fornire descrizioni vivide ed efficaci di idee, aspetti e fenomeni del reale.

Un chiaro esempio delle capacità espressive della metafora viene dall'ambito organizzativo: a partire infatti da un testo ormai classico di Gareth Morgan, [7] le organizzazioni sono intese di volta in volta come macchine, come organismi viventi, come cervelli, come sistemi culturali, come sistemi politici, come strumenti di potere, come prigioni psichiche e persino come flusso e come divenire. Le organizzazioni insomma possono incarnare più anime contemporaneamente, assumendo una diversa fisionomia a seconda del punto di vista, del contesto storico e sociale, del target di riferimento, etc., anche se vi saranno comunque delle invarianti in grado di qualificare in modo specifico le diverse organizzazioni, distinguendole l'una dall'altra.

Una visione analoga può forse esistere anche per la biblioteca, che a seconda dei casi può essere concepita come una macchina (in un'accezione propriamente burocratico-gerarchica [8]), come un'organismo vivente (è ad esempio ciò che pensava Ranganathan [9]), come un sistema (idea assai diffusa negli ultimi decenni anche nel nostro paese [10]), come un cervello (in grado cioè di elaborare, immagazzinare e trasmettere informazioni e conoscenze [11]) e come un'ipertesto ("una rete formata da nodi collegati fra loro da link" [12]).

L'approccio metaforico insomma, pur non avendo il rigore geometrico proprio del modello, consente di dare una raffigurazione incisiva e dialettica dell'odierna realtà bibliotecaria: una realtà che è sempre più multiforme e composita, e che quindi non può configurarsi come "una grande narrazione sistematica" [13] , come qualcosa di totalizzante e onnicomprensivo, ma deve assumere forme sempre più distribuite, decentrate e flessibili.

Michele Santoro


Note

[1] "Il termine autopoiesi è stato coniato nel 1972 da Humberto Maturana a partire dalla parola greca auto, ovvero se stesso, e poiesis, ovverosia creazione. In pratica un sistema autopoietico è un sistema che ridefinisce continuamente sé stesso ed al proprio interno si sostiene e si riproduce" (Autopoiesi, in Wikipedia. L'enciclopedia libera, <http://it.wikipedia.org/wiki/Autopoiesi>.

[2] Associazione Italiana Biblioteche, Gruppo di studio sulle biblioteche digitali, Manifesto per le biblioteche digitali, <http://www.aib.it/aib/cg/gbdigd05a.htm3>. Il Manifesto è stato presentato da Maurizio Messina al convegno "Digitali si diventa" (Modena, 12 dicembre 2005), e il suo contributo è stato pubblicato su "Bibliotime" del marzo 2006 (<http://didattica.spbo.unibo.it/bibliotime/num-ix-1/messina.htm>); al riguardo si vedano le nostre osservazioni all'indirizzo <http://didattica.spbo.unibo.it/bibliotime/num-ix-1/editoria.htm>.

[3] Riccardo Ridi, La biblioteca come ipertesto. Verso l'integrazione dei servizi e dei documenti, Milano, Editrice Bibliografica, 2007, <http://www.bibliografica.it/catalogo/ridi-ipertesto.htm>.

[4] "Oggetto reale, esistente in natura o costruito dall'uomo, che viene proposto per essere copiato, ritratto, riprodotto, imitato [...]; nella moderna epistemologia, schema teorico in base al quale sono verificabili tutte le formule e relazioni proprie di una teoria" (Modello in De Mauro. Il dizionario della lingua italiana, http://www.demauroparavia.it/70828).

[5] Ibid.

[6] Metafora, in Wikipedia. L'enciclopedia libera, <http://it.wikipedia.org/wiki/Metafora>.

[7] Gareth Morgan, Images. Le metafore dell'organizzazione, nuova edizione aggiornata, Milano, Franco Angeli, 2007, <http://www.francoangeli.it/Ricerca/Scheda_Libro.asp?ID=15245&Tipo=Libro&titolo=Images.+Le+metafore+dell''organizzazione>.

[8] Ad esempio un'importante studiosa di teoria organizzativa, Mary Jo Hatch, ha inserito le biblioteche - insieme agli uffici postali e alle compagnie telefoniche - tra le organizzazioni cosiddette "meccanicistiche", ossia quelle che, al pari delle macchine, si basano su procedure altamente specialistiche, e in quanto tali sono meticolosamente programmate e realizzate (Mary Jo Hatch, Teoria dell'organizzazione. Tre prospettive: moderna, simbolica, postmoderna, Bologna, Il Mulino, 1999, p. 77).

[9] Difatti, nell'enunciare la quinta legge della biblioteconomia, lo studioso riconosce alle biblioteche una natura squisitamente organicista: "è un fatto biologico accettato che un organismo che cresce sopravvivrà, mentre un organismo che cessa di crescere sarà pietrificato e perirà. La Quinta Legge spinge a concentrarci sul fatto che la biblioteca, in quanto istituzione, ha tutti gli attributi di un organismo che cresce. Un organismo che cresce assume nuova materia, getta via la materia vecchia, cambia in dimensioni e prende nuove forme. A parte i rapidi ed apparentemente discontinui cambiamenti coinvolti nelle metamorfosi, esso è anche soggetto a un lento e continuo cambiamento che porta a ciò che, in linguaggio biologico, è noto come 'variazione', ed all'evoluzione di nuove forme" (Shiyali R. Ranganathan, The five laws of library science, Bangalore, Sarada Ranganathan Endowment for Library Science, 1989, p. 326, trad. nostra).

[10] Alfredo Serrai, La biblioteca come sistema, in Biblioteconomia come scienza. Introduzione ai problemi e alla metodologia, Firenze, Olschki, 1973, p. 37-55; Id., Biblioteca, sistema aperto, in Ricerche di biblioteconomia e bibliografia, Firenze, Giunta Regionale Toscana - La Nuova Italia, 1983, p. 53-56; Giovanni Solimine, Il sistema biblioteca, in Gestione e innovazione della biblioteca, Milano, Editrice Bibliografica, 1990, p. 64-69; Id, La cultura organizzativa e la biblioteconomia, in Introduzione allo studio della biblioteconomia. Riflessioni e documenti, Manziana, Vecchiarelli, 1995, p. 195-209; Giambattista Tirelli, Il "sistema" biblioteca, Milano, Editrice Bibliografica, 1990; Paolo Traniello, Le biblioteche alla luce della teoria dei sistemi, in L'organizzazione del sapere. Studi in onore di Alfredo Serrai, a cura di Maria Teresa Biagetti, Milano, Sylvestre Bonnard, 2004, p. 421-433; Id., Biblioteche e società, Bologna, Il Mulino, 2005.

[11] Al riguardo ci permettiamo di rinviare al nostro Lo staff su misura. Gli intangible assets nell'evoluzione dei servizi informativi, in La biblioteca su misura. Verso la personalizzazione del servizio, Milano, Editrice Bibliografia, 2007, <http://eprints.rclis.org/archive/00007204/>.

[12] Riccardo Ridi, cit., p. 33.

[13] Manifesto per le biblioteche digitali, cit.



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