ci|ta|zió|ne s.f. CO
1a un passo o parole di altri riportati in un discorso o in uno scritto: un articolo pieno di citazioni, una c. dalla "Commedia" dantesca | estens., nel linguaggio della critica più recente, ripresa, riecheggiamento di motivi, luoghi, situazioni di opere precedenti in un'opera letteraria, musicale, in un film, ecc.: la scena finale è una c. da un film di Fellini
1b riferimento preciso, indicazione bibliografica di un testo: a piè pagina c'è la c. dell'opera utilizzata
2 menzione di una persona per meriti particolari
3 CO TS dir., il citare in giudizio; documento con cui si ordina di comparire davanti all'autorità giudiziaria: c. a giudizio, mandare, ricevere una c.
Questo è il De Mauro [1], che al punto 1b definisce con sintetico rigore cos'è la citazione bibliografica. Eppure, se pensiamo agli usi e agli abusi che in ambito scientifico e accademico si fanno delle citazioni bibliografiche, possiamo aggiungere molte altre definizioni. La citazione può essere considerata uno strumento dell'autore per tenere traccia del lavoro svolto; una preziosa indicazione per il lettore al fine di verificare i metodi di lavoro dell'autore e le conclusioni a cui giunge; un raffinato - e spesso sadico - strumento di inclusione ed esclusione rispetto alla comunità dei ricercatori; un giudice "oggettivo" della fortuna scientifica di un ricercatore; un fastidioso onere da sbrigare in fretta, con poca attenzione e quasi con sciatteria; una sorta di godimento erudito da assaporare con pazienza; una palestra in cui il giovane studioso può esercitarsi a lungo, alle prese con liste di citazioni da interpretare al fine di reperirne il testo intero; infine, l'incubo del bibliotecario di reference, alle prese con una citazione impossibile da decifrare e da recuperare... Quanto si potrebbe continuare?
Metaforicamente parlando, la citazione bibliografica è il nodo di una rete sociale e culturale - immagliata all'interno di un ben più ampio "collegio invisibile" - al cui interno l'autore intende posizionarsi o essere riconosciuto; oppure è la finestra o la porta - oppure la backdoor - della casamatta scientifica architettata dall'autore nel suo articolo… E che dire dell'importanza della citazione nella storia della cultura: l'interpretazione figurale dei passi della Bibbia; le citazioni di sentenze nel diritto comune di stampo anglosassone; il link ipertestuale del World Wide Web…
L'ipertestualità - il link di Tim Berners-Lee - è stata in fondo la sublimazione della citazione bibliografica cartacea, la sua trasfigurazione in un docuverso di testi, immagini e suoni. World Wide Web doveva esaltare le potenzialità della citazione come strumento di recupero dell'informazione. Un clic, e il passaggio da un testo all'altro, da una citazione al suo riferimento pieno, sarebbe avvenuto quasi per incanto, liberando le potenzialità del cervello umano. Servizi di linking aperti e dinamici, che consentono una più facile navigazione tra cataloghi, repertori bibliografici e full-text, sono di recente ideazione e in pieno sviluppo [2]. Ma le realizzazioni concrete non hanno mantenuto le promesse iniziali. Ancora oggi rimane difficile utilizzare le citazioni dei documenti scientifici, su carta o in formato elettronico, come strumenti efficaci ed efficienti per ricerche bibliografiche in grado di soddisfare i nostri utenti.
Credo che questi problemi si possano valutare con maggiore attenzione attraverso le personali esperienze di reference. Ripensando alle quotidiane transazioni al banco - mi riferisco soprattutto agli studenti laureandi o che debbono scrivere tesi o tesine - sono senz'altro due le tipologie di utenti che richiedono la maggiore attenzione del bibliotecario: quella che "cerco qualcosa su …!", e quella che "ho una bibliografia tratta da / che mi ha dato il prof. …".
Il primo è introdotto dal bibliotecario ai misteri della ricerca per parole chiave (libere, controllate, thesaurus, ecc. ecc.) nei repertori bibliografici di settore e nelle biblioteche digitali degli editori, delle associazioni e delle comunità di ricerca. Il rischio, lo sappiamo bene, è quello che lo studente recuperi decine, se non centinaia, di riferimenti ad articoli, spesso di difficile reperimento, senza avere tutte le coordinate culturali e scientifiche per ricostruire il contesto complessivo in cui si collocano.
Il secondo utente ricade immediatamente nel Purgatorio dell'identificazione degli articoli citati ai fini della loro localizzazione, quasi avesse in mano una lista della spesa. Si avvia dunque un percorso a ostacoli, in una selva di due punti, virgole, abbreviazioni cangianti, indicazioni trasparenti e illuminanti del tipo "è un proceeding, va cercato nel catalogo delle monografie e non in quello dei periodici!". Il tutto per ritrovarsi, dopo un faticoso vorticare tra portali e home page, tra opac e metaopac, con una ricerca bibliografica monca (tutti gli articoli presenti nella lista delle citazioni, una ricerca esclusivamente a ritroso, quasi che i ricercatori di tutto il mondo avessero chiuso i loro laboratori dopo quella pubblicazione). Solo a questo punto il ricercatore dimidiato potrà sperare di essere di nuovo formato dal bibliotecario alla ricerca per parola chiave. Non si sa però con quale successo, visto il faticoso trascorrere del tempo, che ha ridotto le energie di chi sta al reference, da entrambe le parti del banco.
Indubbiamente la ricerca bibliografica è un processo non banale, un cammino spesso lungo e accidentato, ma in questo modo, per entrambe queste due tipologie di utenti, può diventare anche un vicolo cieco, senza sbocco. Lo sviluppo della tecnologia e le politiche commerciali degli editori creano sempre nuovi prodotti, che solo a fatica negli ultimi anni hanno iniziato a dialogare tra loro, ad essere interoperabili, come si dice. Talvolta la tecnologia non aiuta, mentre in altri casi siamo noi, bibliotecari e ricercatori, a non essere in grado di apprezzare e utilizzare al meglio le potenzialità offerte dalle nuove interfacce, dai collegamenti telematici, dall'aumento delle velocità d'interrogazione e di risposta delle macchine e delle loro capacità di memoria. È lecito chiedersi però se le macchine sono in grado non solo di potenziare le nostre capacità di recupero e di memorizzazione, ma anche di rendere le nostre ricerche più flessibili e articolate, maggiormente aderenti ai diversi stili cognitivi e alle diversificate esigenze di chi le interroga. Credo però che alcuni strumenti abbiano aperto, negli ultimi tempi, scenari nuovi e promettenti, che i bibliotecari e i ricercatori debbono essere pronti a cogliere. Alla base di queste modificazioni sta l'uso delle citazioni bibliografiche come strumento di information retrieval[3].
In principio fu il Citation Index. Nato dalla creatività di Eugene Garfield [4], è stato per decenni detentore di straordinarie potenzialità scientometriche. La registrazione delle citazioni presenti in ogni articolo ha consentito agli studiosi di seguire la fortuna nel tempo di alcuni papers che sono diventati pietre miliari nella storia della scienza e di alcuni prestigiosi studiosi. Il disegno della rete incrociata delle citazioni tra articolo e articolo ha illuminato la lettura e la ricostruzione del tessuto relazionale che dà vita al collegio invisibile che presiede e controlla l'attività della ricerca scientifica e tecnologica. L'interpretazione su base matematica dei circuiti citazionali ha aperto la strada ad analisi scientifiche, epistemologiche e sociologiche di grande rilievo.
Un notevole successo ha avuto però anche il Journal of citation report, ovverosia l'uso delle citazioni registrate dal Citation Index per l'elaborazione di vere e proprie graduatorie delle riviste scientifiche internazionali. Si trattava di un indice numerico presentato come qualcosa di finalmente oggettivo, in grado di testimoniare anche il successo di un ricercatore o di un gruppo di ricerca. I valori numerici sono stati poi utilizzati non solo a fini di ricerca pura, ma anche per valutare la produttività di singoli ricercatori, di gruppi di ricerca o addirittura degli stessi Atenei [5]. Un impiego che non poteva non creare notevoli tensioni, e che ha finito per suscitare analisi assai critiche [6].
Ciò che qui interessa rilevare è come Citation Index fosse poco utilizzato nel corso delle ricerche bibliografiche. Da una parte ciò era dovuto al costo elevato, che ne limitava la disponibilità per il ricercatore [7]. Dall'altra, il paradigma più diffuso tra gli studiosi delle scienze della documentazione, bibliotecari e documentalisti era quello della ricerca per parola chiave, in particolare nella versione postcoordinata e con l'impiego di vocabolari controllati. Tuttavia Citation index non offriva un thesaurus, ma si limitava all'uso delle parole chiave non controllate. Difficoltoso era inoltre l'utilizzazione della sua caratteristica precipua, l'elenco delle citazioni. La versione cartacea era non molto pratica per la complessità dei rinvii e il numero rilevante di tomi pubblicati ogni anno, cosa che obbligava ad un continuo browsing sugli scaffali e ad avventurosi equilibrismi. In pratica, Citation Index finiva per prendere polvere sui ripiani delle sale di consultazione delle biblioteche che potevano permetterselo. La versione elettronica su cd-rom, a sua volta, incoraggiava ben poco utenti e bibliotecari. Il record di ogni articolo riportava sì l'elenco delle citazioni presenti, ma ne mortificava le possibilità di utilizzo. Ogni citazione presentava in sequenza:
La citazione tipica delle riviste di ambito scientifico e tecnico è già ridotta all'osso, ma qui la sintesi operava in maniera addirittura feroce. Mancavano innanzitutto i cognomi degli altri autori, lacuna le cui dimensioni si ampliavano sempre più a fronte dell'incontrastata crescita dei paper pubblicati da equipe di ricercatori sempre più integrate e agguerrite. Gravissima era poi l'assenza dei titoli degli articoli citati. In questo modo risultava praticamente impossibile comprendere il senso, il valore e il significato di quella citazione, e quindi riutilizzarla prontamente come traccia di lavoro e spunto di ricerca. La mia (limitata) esperienza personale mi fa pensare che nell'uso di quello strumento fosse del tutto prevalente l'interesse di chi sondava la banca dati al fine di rafforzare le proprie credenziali scientifiche ("quanti mi hanno citato, e chi?"), oppure al fine di indovinare quale fortuna e quali esiti avesse potuto avere una ricerca iniziata con uno o più articoli fortunati. Capitava dunque spesso, di fronte ai cd-rom del Citation Index, di sollecitare la memoria dei ricercatori per ricordare il primo autore degli articoli di cui "tracciare" la sorte, magari consigliando loro di "ruotare" tutti i colleghi presenti nel loro gruppo di ricerca.
Molta acqua è passata sotto i ponti, e ha per fortuna spazzato via gli ingombranti volumi cartacei e i lentissimi cd-rom. Da qualche anno a questa parte Citation index si offre in rete secondo modalità di ricerca sempre più efficienti. La versione che ho ancora modo di consultare e utilizzare - ospitata sul sito del Caspur - non ha però modificato sostanzialmente le "stimmate" originarie: il primo autore, il titolo della rivista abbreviato, il volume e il numero della pagina. Permangono alcuni vizi, che nessuna tecnologia può d'incanto eliminare: le imprecisioni nelle citazioni dovute a errori dell'autore dell'articolo, la difficoltà nel riconoscere sotto diverse forme lo stesso paper magari presentato ad un convegno internazionale, la mancanza dei cognomi degli autori e, soprattutto, del titolo [8].
Fig. 1. Un record bibliografico tratto dalla consultazione di ISI Web of Science, versione ospitata sul sito mirror del Caspur. Appaiono in evidenza i link agli articoli citati e citanti, ma le informazioni relative agli articoli citati sono estremamente schematiche.
Oggi il nuovo detentore della banca dati, Thomson Isi, offre un nuovo prodotto di grande impatto scientifico, Web of knowledge [9]. Ma … al tempo! Prima bisogna parlare di come - quasi inaspettatamente - la ricerca per citazione abbia conquistato una larga popolarità. La maggior parte delle persone che usa Google non se ne accorge, ma la ragione del successo di questo motore non sta solo nell'analisi automatica delle parole presenti nelle innumerevoli pagine che popolano Internet. È l'analisi dei link tra pagina e pagina, tra sito e sito, e quindi delle citazioni reciproche, a garantire il successo delle ricerche che gli ignari utenti affidano alla macchina. Le pagine più rilevanti, le pagine più importanti, sono quelle più linkate, dunque quelle più citate. Il riconoscimento sociale nelle comunità della rete è alla base dei calcoli automatici che decretano il ranking di ogni risultato. Chi è più conosciuto, ha più chance di essere "pescato".
L'archivio di Google offre inoltre notevoli possibilità a chi desideri utilizzare la ricerca citazionale. Grazie ad alcuni servizi innovativi, è possibile visualizzare la rete - o meglio, la rete (semplificata) a stella - costituita dai link che sono portati ad un determinato sito. È uno strumento di analisi che sollecita meglio delle faticose liste di indirizzi le capacità visive dei ricercatori, e può indicare ulteriori percorsi [10].
Fig. 2a. Utilizzando Google relator browser, <http://www.pmbrowser.info/google.html>, si può visualizzare la rete dei link che si relaziona al sito dell'American Society of Civil Engineers.
Fig. 2b. Anacubis, <http://www.onlineilink.com/demos/google/>, consente di visualizzare la stella dei siti che portano un link al sito dell'American Society of Mechanical Engineers.
Gli utenti di Google non sono tutti interessati a conoscere l'arcano degli algoritmi che consentono loro di avere risposte immediate e di solito "centrate" rispetto ai loro interessi. Il potere delle citazioni è diventato molto più evidente qualche mese fa, quando Google - intesa come società per azioni, e quindi macchina che produce denaro e non solo informazione - ha lanciato sul mercato della ricerca scientifica un nuovo strumento in fase di test, Google Scholar. Non è questa la sede per evidenziarne i limiti [11]. Quello che qui interessa è porre in risalto come - lanciata una qualunque query - il vero "motore" della ricerca diventa proprio la citazione bibliografica. L'elenco dei documenti recuperati grazie ad un'iniziale ricerca per parola chiave è di grande interesse non solo per il numero e la qualità, ma anche perché ognuno è corredato dal numero di citazioni ricevute da altri documenti in archivio. Questi possono essere immediatamente individuati e aperti per la lettura, offrendo indicazioni che affiancano e completano i risultati ottenuti grazie alla ricerca per parola chiave. Alcuni semplici test possono immediatamente suggerire che, pur a fronte di un universo documentale difficilmente determinabile, il numero e la qualità di citazioni riportate da Google Scholar è oggi talvolta superiore al Citation index
Fig. 3. Il risultato di una query su Google Scholar. Ogni titolo presenta, immediatamente sotto il titolo, il numero di citazioni ricevute (cited by …), e lo trasforma in link ipertestuale.
Google scholar non è né il solo, né il primo strumento che, nell'età della Rete, ha basato la sua fortuna e il suo successo sui link citazionali. Sono ormai alcuni anni che diversi repertori bibliografici hanno aggiunto al record di ciascun articolo anche le citazioni bibliografiche e che un numero crescente di biblioteche digitali considera le citazioni come link ipertestuali. Tra questi, vorrei indicare in particolare la Digital library dell'Association for computing machinery (ACM, all'url http://portal.acm.org/). Le citazioni bibliografiche presenti nell'articolo e le citazioni che l'articolo riceve dagli altri paper presenti nella banca dati diventano per l'utente strumenti immediati di recupero del full-text dell'articolo, e preziose tracce di lavoro. Anche a fronte di inesattezze e imprecisioni[12], le citazioni offrono al ricercatore indicazioni significative. In termini assoluti, il numero dei paper presenti nella ACM Digital Library non è particolarmente rilevante, ma qui soci, autori e lettori quasi si identificano, e costituiscono una importante comunità di studio e di ricerca. Vincolo citazionale e vincolo sociale si rafforzano vicendevolmente, consentendo a chi consulta questa biblioteca digitale di trovare gran parte di quanto gli può essere utile.
È sicuramente l'ambito disciplinare degli informatici ad avere utilizzato al meglio la ricerca e l'analisi per citazione. Strumento privilegiato di ricerca per gli informatici è una risorsa di grande interesse per il tema affrontato in questa sede, Citeseer (http://citeseer.ist.psu.edu/). Creato da C. Lee Giles, Kurt D. Bollacker e Steve Lawrence, Citeseer costituisce uno strumento di information retrieval che nell'accesso ai documenti elettronici liberamente pubblicati in rete, oltre che nel riconoscimento e nell'uso dei legami citazionali tra essi, ha i cardini del suo rilevante successo [13]. La quantità e la qualità di informazioni concernenti ciascun articolo sono notevoli e, a tutt'oggi, assolutamente insuperate.
Fig. 4. Il tipico record di un articolo indicizzato da Citeseer: Titolo dell'articolo, autore, luogo di pubblicazione, diversi formati per leggere il full-text, home page dell'autore, numero delle citazioni ricevute, abstract, titoli degli articoli che l'hanno ciato, elenco dei documenti similari sulla base dell'analisi del testo, articoli correlati in quanto citanti gli stessi articoli, citazione bibliografica in formato BibTex, elenco ipertestuale delle citazioni, con il numero di citazioni a loro volta ricevuto in archivio. È inoltre possibile anche leggere il contesto in cui appaiono le citazioni bibliografiche e alcune elaborazioni grafiche.
Le intenzioni degli autori erano di costituire un punto di riferimento assoluto per ogni settore disciplinare, ma attualmente l'uso di Citeseer non coinvolge altri che gli informatici. La ricerca per citazione aveva bisogno dunque di superare i limiti imposti dalle comunità disciplinari per evidenziare le sue formidabili potenzialità per tutti gli studiosi. Nell'attesa di capire quale futuro avrà Google Scholar, sono stati messi a disposizione del pubblico due strumenti largamente basati proprio sulla ricerca per citazione: Web of knowledge, di Thomson-ISI - che rinnova largamente Citation Index - e Scopus di Elsevier [14]. Le caratteristiche innovative che questi due prodotti offrono - o promettono per il futuro - sono:
Ogni set di articoli prodotto da una ricerca per parola chiave - o da una ricerca per citazione - può dunque essere valutato con maggiore cognizione di causa, grazie al titolo, all'abstract, al numero delle citazioni ricevute (con la possibilità di visualizzarle immediatamente) e all'elenco delle citazioni a piè del testo, ciascuna di esse in formato ipertestuale. La lettura e la ricerca non risulta semplice al primo impatto, anzi, e il rischio è quello di un certo spaesamento per la complessità dei rinvii. Acquisita comunque una certa padronanza dello strumento, il ricercatore potrà individuare un valido punto di partenza - un articolo di riferimento, magari una review dalla ricca bibliografia - e dalle citazioni disponibili sarà in grado di ripartire seguendo i propri interessi e il proprio intuito. In questo modo potrà muoversi avanti e indietro sull'asse cronologico della ricerca, tra articoli citati e citanti. Il percorso di analisi ricalcherà la trama delle relazioni concettuali e sociali che costituiscono il contesto fondamentale di ogni ricerca.
Fig. 5. La stessa query su Scopus e l'analisi del record relativo allo stesso articolo recuperato su Web of Science offrono immediatamente una più completa lettura dei rimandi citazionali. Si noti nella prima videata che ogni articolo è accompagnato sulla destra dal numero delle citazioni ricevute, ed è possibile ordinare la lista proprio secondo questo indice. Nella seconda videata, l'articolo è corredato sulla destra dall'articolo o dagli articoli citanti e, scorrendo, la videata (qui riportata nella terza immagine), si apre l'elenco degli articoli citati. Gli autori e il numero di citazioni ricevute da ciascun articolo diventano link ipertestuali.
Chi paga pegno per queste notevoli possibilità è la ricerca per soggetto o per parola chiave, in particolare quella che utilizza i termini di un vocabolario controllato. Una piattaforma di ricerca costituita da decine di milioni di record - costituita dall'integrazione di banche dati full-text e di basi dati bibliografiche diverse - non consente più di utilizzare i thesauri disciplinari per interrogazioni attendibili e proficue. Questo rappresenta un vantaggio per l'editore: l'indicizzazione per parole chiave controllate è pratica non automatizzabile e piuttosto onerosa, mentre un record bibliografico può essere dotato di citazioni tramite l'acquisizione con software OCR. Inoltre, sono ancora di là da venire thesauri pluridisciplinari in grado di rendere navigabili repertori scientificamente così ampi. Per il ricercatore per il bibliotecario è quindi ancora oggi improponibile l'abbandono dei repertori bibliografici disciplinari, quelli che meglio utilizzano i thesauri. Le due strategie di ricerca - quella per parola chiave e quella per citazione - non possono che integrarsi e collaborare, finalmente. In questo modo potremmo anche arrivare a una maggiore corrispondenza tra le abitudini degli studiosi e dei bibliotecari e le potenzialità degli strumenti di ricerca.
Inizialmente ho fatto riferimento ad alcune tipologie di studenti che si avvicinano al banco del reference. Spesso si ha la sensazione che non solo siano carenti le conoscenze degli strumenti bibliografici, ma anche siano ridotte le capacità di elaborare efficaci ed efficienti strategie di ricerca. Un'evidente assenza di information literacy, insomma. Fortunatamente, non sono solo i bibliotecari a porsi il problema. Chi volesse conoscere i consigli che a questo proposito i ricercatori scientifici intendono trasmettere alle nuove leve può leggere la Mit guide to communication in science and technology. La recente seconda edizione [15] indica al giovane studioso che deve sondare la letteratura tecnico-scientifica 5 strategie di ricerca:
Semplificando questa lista, si può arrivare a tre strategie:
La prima strada non la può indicare allo studioso il bibliotecario di reference. Credo che per diverso tempo l'accento sia stato posto soprattutto sulla terza strategia; la seconda era data per scontata e, soprattutto, non c'erano a disposizione strumenti automatizzati per condurla in maniera efficace. Oggi il bibliotecario di reference può meglio comprendere le esigenze dei ricercatori scientifici e, forse, può tentare di ricomporre l'originaria frattura. Volta per volta, utente per utente, potrà suggerire gli strumenti in grado di agevolare la ricerca per parola chiave (cataloghi e basi dati disciplinari) e quella per citazione (Web of knowledge o Scopus e, inoltre, Google Scholar). La notevole facilità di uso potrebbe consentire inoltre finalmente un sempre più amichevole passaggio tra i diversi strumenti e le due tipologie di ricerca, al fine di sfruttarne al meglio i pregi e limitare al massimo i limiti. I due utenti, a lungo dimezzati, potranno più facilmente percorrere, senza ostacoli e chiusure, il loro cammino di ricerca.
Maurizio Zani, Biblioteca Centrale della Facoltà di Ingegneria - Alma Mater Studiorum Università di Bologna, e-mail: maurizio.zani@unibo.it
[1] De Mauro, il dizionario della lingua italiana PARAVIA, all'url <http://www.demauroparavia.it/>. Tutte le url di questo articolo sono state verificate al 9.7.2005.
[2] Sull'argomento, v. Herbert Van de Sompel e Patrick Hochstenbach, Reference linking in un ambiente di biblioteca ibrida: Parte 1: Strutture per il linking (<http://eprints.rclis.org/archive/00000195/>); Parte 2: SFX, una soluzione generica di linking (<http://eprints.rclis.org/archive/00000196/>), 2002, nella trad. it. a cura di Cinzia Bucchioni; e, inoltre, Cinzia Bucchioni, L'evoluzione dello standard OpenURL, "Bibliotime", 7 (2004), 3, <http://didattica.spbo.unibo.it/bibliotime/num-vii-3/bucchion.htm>.
[3] È stato Peter Jacso, le cui indicazioni intendo seguire in questa sede, a sottolineare il valore e il rilievo assunti recentemente dalla ricerca per citazione: P. Jacso, Jacso's 2003 cheers and jeers, "Information Today"; 21 (2004), 1, p. 17, 19, 54; E. Garfield - P. Jacso, The future of citation indexing: an interview with Eugene Garfield, "Online"; 28 (2004), 1, p. 38-40; P. Jacso, Citation-enhanced indexing/abstracting databases, "Online Information Review"; 28 (2004), 3, p. 235-238; P. Jacso, Citedness scores for filtering information and ranking search results, "Online Information Review"; 28 (2004), 5, p. 371-376; P. Jacso, Citation searching, "Online Information Review"; 28 (2004), 6, p. 454-460.
[4] Il sito <http://www.garfield.library.upenn.edu/> raccoglie i suoi ormai più che cinquantennali interventi.
[5] Si veda come esempio Elena Breno - Giovanni A. Fava - Vincenzo Guardabasso - Mario Stefanelli, La ricerca scientifica nelle Università italiane. Una prima analisi delle citazioni della banca dati ISI, Roma, Crui, 2002, all'url <http://www.crui.it/data/allegati/links/902/ISI_imp.pdf>.
[6] Si veda per es., in italiano, l'intervento di Alessandro Figà-Talamanca al IV Seminario informativo nazionale per la matematica, tenutosi a Lecce, il 2.10.2000: L'Impact Factor nella valutazione della ricerca e nello sviluppo dell'editoria scientifica, all'url <http://siba2.unile.it/sinm/4sinm/interventi/fig-talam.htm>.
[7] Ho avuto a disposizione per alcuni anni i cd-rom di Science Citation Index presso la Biblioteca Centrale della Facoltà di Ingegneria dell'Università di Bologna. Nella versione a disposizione, i record bibliografici non erano corredati dall'abstract, in quanto questo era disponibile già in rete attraverso il repertorio bibliografico Current Contents - sempre pubblicato da ISI sulla base del lavoro di indicizzazione attraverso il quale era prodotto Citation index - e acquistato dal Centro Interbibliotecario dell'Università di Bologna. Questa divaricazione, credo non unica in Italia, ovviamente giocava a tutto sfavore di una diffusione nell'utilizzazione del Citation Index, ma aveva evidentemente ragioni indiscutibili dovute ai costi rilevanti, alle difficoltà di messa a disposizione degli utenti, alla stessa (limitata) alfabetizzazione informativa dell'epoca.
[8] Tutto ciò senza svalutare il prezioso lavoro che comunque ISI svolge in questa direzione, per "ripulire" il proprio archivio di citazioni (v. E. Garfield - P. Jacso, The future of citation indexing, cit.)
[9] Ho avuto modo di provare solo molto rapidamente la nuova versione di Web of Knowledge e di Web of Science. Oltre a rinviare agli articoli di Peter Jacso, citati precedentemente, non posso che rimandare per un'analisi accurata alla notevole analisi comparativa di David Goodman - Louise Deis, Web of Science (2004 version) and Scopus, "The Charleston Advisor", 6 (2005), n. 3, gen., p. 5-21. In questa sede, il confronto a distanza tra la precedente versione di Web of Science e l'attuale release di Scopus è funzionale a meglio illustrare il rilievo assunto nella ricerca bibliografica della ricerca per citazione. Il lettore mi perdonerà se - per evitare brutte sorprese - non ho tentato di reinstallare sul pc la versione su cd-rom del Science citation index.
[10] Provare per credere: Google relator browser, <http://www.pmbrowser.info/google.html>; Anacubis: <http://www.onlineilink.com/demos/google/> .
[11] P. Jacso, Google Scholar: the pros and the cons, "Online Information Review", 29 (2005), 2, p. 208-214.
[12] È d'altra parte un limite chiaramente riconosciuto il fatto che le citazioni di ciascun articolo sono state ottenute tramite una scannerizzazione con un software OCR, con tutte le imprecisioni e i limiti che questo trattamento comporta, soprattutto in testi particolarmente "ostici" come quelli che costituiscono una citazione bibliografica.
[13] Steve Lawrence - C. Lee Giles - Kurt Bollacker, Digital libraries and autonomous citation indexing, "IEEE Computer", 32 (1999), 6, p. 67-71, disponibili all'url: <http://citeseer.ist.psu.edu/aci-computer/aci-computer99.html>.
[14] Come anticipato, non mi sono posto in questa sede l'obiettivo di comparare i due prodotti. Per esclusive ragioni di comodità di accesso - attualmente in prova presso il mio Ateneo - e di esposizione, utilizzerò esempi tratti da interrogazioni effettuate su Scopus.
[15] J. G. Paradis - M. L. Zimmerman, The MIT guide to science and engineering communication, 2. ed., Cambridge e London, MIT Press, 2002.