«Bibliotime», anno VIII, numero 1 (marzo 2005)
Se c'è un argomento di rilevanza cruciale per l'odierno dibattito professionale, ma che non sembra ancora emergere in tutta la sua vastità, questo riguarda proprio la maniera in cui può cambiare (o sta cambiando) la disciplina biblioteconomica alla luce delle trasformazioni tecnologiche, culturali e sociali che abbiamo vissuto in questi ultimi anni. Per inquadrare meglio il problema possiamo rifarci a un celebre brano di Alfredo Serrai, secondo il quale
la biblioteconomia s'impernia nelle attività di mediazione catalografica, nell'accertamento, nella organizzazione e nella distribuzione delle notizie che si riferiscono ai libri e al loro contenuto; i cataloghi rappresentano a questo riguardo il fronte ridotto di una interrogazione che viene effettuata sui surrogati dei libri con riferimento a quegli elementi noti o a quelli presumibili, nell'intento di raggiungere i libri cercati e i libri utili senza restar vincolati dall'unico ordinamento che possono ricevere i volumi o venire impediti da una loro collocazione a casaccio. [1]
Su queste parole, com'è noto, si sono formate generazioni di bibliotecari, i quali non solo hanno riconosciuto nel concetto di mediazione catalografica il principio assiale della disciplina, ma ne hanno ritrovato il corrispettivo tecnico-professionale in ciò che per lungo tempo è stato il core business dell'attività bibliotecaria, vale a dire la catalogazione e la gestione dei cataloghi.
Oggi però l'interrogativo è se sia possibile considerare questi principi basilari tanto per la visione biblioteconomica quanto per la pratica bibliotecaria. A questa domanda in realtà si può rispondere che i cataloghi sono tuttora centrali per le nostre strutture, anche se è evidente che la biblioteca non vive esclusivamente dei documenti da essa posseduti che, in quanto tali, devono essere "mediati" dai tradizionali strumenti catalografici per poter essere fruiti dagli utenti. Oggi infatti siamo di fronte a un panorama informativo vasto e diversificato, costituito da una quantità di risorse sia locali che remote, sia cartacee che digitali, sia di elevato livello scientifico che di modesto rilievo informativo: ed è ben noto che la biblioteca fa riferimento a una pluralità di fonti - dalle banche dati alle risorse di Internet, dai periodici elettronici agli open archives, dai quotidiani online alle chat-lines, ai newsgroup, ai blog - sempre meno ortodosse e sempre più allotrie, estranee, spurie, ma che allo stesso tempo risultano essenziali per la soddisfazione delle nuove e più sofisticate esigenze degli utenti.
Appare dunque singolare che tale situazione abbia condotto a ciò che Patrick Bazin definisce la "bibliotecarizzazione del mondo" [2], ossia all'estensione davvero universale di criteri squisitamente bibliotecari (la ricerca formale e semantica, la ripartizione sistematica), i quali non soltano sono diventati patrimonio comune della rete, ma sono presenti in tutti gli strumenti in formato digitali (banche dati, cd-rom, dvd...). E alla luce di ciò, ancor più singolare può apparire la perdita di centralità del principio cardine della biblioteconomia, e cioè la mediazione catalografica; e tuttavia, a ben guardare, ci accorgiamo che essa di fatto è affiancata da nuove forme di mediazione: quella latamente "informativa", imposta dalla quantità di risorse che occorre esplorare per ottenere le notizie di nostro interesse, e soprattutto quella "umana", in quanto al giorno d'oggi sono sempre più necessarie figure in grado non solo di recuperare le informazioni più pertinenti, ma di comunicarle in maniera adeguata agli utenti.
E' dunque la funzione del reference che, ormai da tempo, ha conquistato il centro della scena bibliotecaria: in essa infatti confluiscono sia le competenze tipiche della tradizionale mediazione catalografico-bibliotecaria, sia quelle riferite al nuovo ed eterogeneo panorama informativo, a cui si aggiungono le abilità legate ad una efficace comunicazione verso un pubblico sempre più esigente ed attento.
Se questo è il quadro, ci sembra allora evidente che convegno tenutosi a Modena nel dicembre del 2004 - e di cui l'attuale numero di Bibliotime presenta la quasi totalità degli interventi - costituisca una risposta quanto mai significativa, i temi in questione essendo affrontati da una pluralità di punti di vista che non solo dimostrano la vivacità dell'attuale dibattito professionale, ma attestano l'importanza di una dimensione (bibliotecaria e biblioteconomica insieme) la cui carica propulsiva è ancora lontana dall'esaurirsi.
Michele Santoro
[1] Alfredo Serrai, Guida alla biblioteconomia. Edizione aggiornata a cura di Maria Cochetti, Firenze, Sansoni, 1997, p. 11-12 (ed. or. 1981).
[2] Patrick Bazin, Biblioteche e metalettura: dall'"ordine del libro" allo "spazio delle conoscenze", Convegno "Le teche della lettura. Leggere in biblioteca al tempo della rete", Milano 17-18 marzo 2005, in corso di pubblicazione.
«Bibliotime», anno VIII, numero 1 (marzo 2005)