«Bibliotime», anno VI, numero 3 (novembre 2003)

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Fabiana Gallizia

Marco Santoro, Libri edizioni biblioteche tra Cinque e Seicento con un percorso bibliografico



Marco Santoro. Libri edizioni biblioteche tra Cinque e Seicento con un percorso bibliografico. Manziana, Vecchiarelli, 2002, 221 p., ill.

E' il libro il filo comune che unisce i nove saggi che Marco Santoro pubblica in questa sua raccolta, in buona parte originale, che pur essendo imperniata sul libro antico, non trascura di affrontare le tematiche più attuali delle discipline librarie. Non a caso, infatti, come meritoriamente sottolinea l'autore, i problemi che più accendono la discussione teorica dell'ambiente biblioteconomico contemporaneo - riflessi di conseguenza sull'attività pratica - sono analoghi a quelli sui quali si misurarono i nostri predecessori: basti pensare, per fare un solo esempio, alle forti similitudini tra il controllo censorio dei tempi passati e l'odierno dibattito sul flusso incontrollato di informazioni in rete. Questa collezione di saggi si presenta quale opera di grande interesse, soprattutto perché ha il merito di portare alla luce le diverse sfaccettature di un tema comune, affrontato da punti di vista, metodologie e chiavi di lettura diverse.

A proposito della "storia del libro" (p. 11-34) è il primo saggio, inedito, che Santoro propone ai lettori, offrendo loro un interessante approfondimento, critico e costruttivo, sulle scienze storiche del libro. La storia del libro, infatti, è un macrocosmo in cui le singole discipline che vertono sul libro come oggetto e come soggetto devono integrarsi e completarsi a vicenda, pur mantenendo la propria autonoma impostazione e la propria singolare pronuncia. Questo, infatti, è l'unico modo che può consentire una visione completa dell'"universo libro" in tutte le sue molteplici e caleidoscopiche prospettive.

La tradizione italiana, come giustamente ricorda Santoro riprendendo una denuncia di Luigi Balsamo, ha dato priorità all'allestimento di cataloghi e di repertori, privilegiando quindi lo studio della "storia della stampa tipografica" alla "storia del libro", che prevede invece indagini più estese ed una metodologia "doverosamente incline a collocare libri e uomini nel loro contesto storico".

Rivendicare dignità e autonomia scientifica agli studi di storia del libro è ciò che l'autore ha in animo, in particolare quando riprende alcune considerazioni di G. Thomas Tanselle: storia della stampa e bibliografia analitica possono e devono incontrarsi e interagire reciprocamente.

Il libro è fonte documentaria, la sua essenza materiale è essa stessa testimonianza come e con le altri fonti, tradizionalmente privilegiate dagli storici, al fine di ottenere un quadro d'insieme davvero completo. Non solo centralità della storia del libro così intesa ma, come giustamente puntualizza l'autore, fondamento per altre discipline storiche, in quanto disciplina storica della comunicazione scritta, su cui poggia l'intera storiografia.

Mai pubblicato sinora è anche il secondo saggio di questo volume, intitolato Storia delle biblioteche o storia della biblioteca (p. 35 - 50) che focalizza l'attenzione del lettore su alcuni interessanti spunti di riflessione quanto mai attuali.

La biblioteca, uno degli spazi fondamentali della civiltà occidentale, è istituto e istituzione, ma è anche raccolta di materiale bibliografico. Storia della biblioteca e storia delle biblioteche sono quindi due discipline distinte, certo affini e funzionali l'una all'altra, ma il cui approccio metodologico deve essere diverso.

Partendo dagli spunti forniti da Ugo Rozzo e da Alfredo Serrai sulla storia delle biblioteche, Santoro sottolinea come nel nostro paese manchi una storia delle biblioteche italiane, mentre è invece consolidata la tradizione di studi che vede l'attenzione puntata su una singola istituzione. Si tratta di studi che non si inseriscono però in un contesto metodologico organico e unitario, e che soprattutto non analizzano il reciproco ambito di influenza tra l'istituzione e la società in cui essa sorge, ma ne sviluppano una sola dimensione. Gli studi sulle singole biblioteche, infatti, hanno tradizionalmente messo in evidenza solo l'influenza dell'istituzione sull'ambiente socio-culturale in cui essa è sorta, non sviluppando a pieno l'altro aspetto fondamentale: l'impatto che il contesto ha avuto sulla genesi e sulla organizzazione della biblioteca.

Il corposo saggio sul paratesto di antico regime tipografico, Appunti su caratteristiche e funzioni del paratesto nel libro antico (p. 51-92), comparso su "Accademie e Biblioteche d'Italia", LXVIII (2000), ha il merito di essere uno dei primi scritti italiani che approfondiscono questo argomento in riferimento al libro antico. Con l'intento di cogliere il complesso dei suoi aspetti, Santoro ha il merito di estendere al periodo che ha preceduto l'avvento in Europa dell'editoria meccanizzata le indagini magistrali di Gérard Genette, riferite essenzialmente al XIX e al XX secolo.

L'importante ruolo dell'editore è sottolineato con la massima cura da Santoro: l'editore-tipografo infatti è la figura che realizza e rende concreto il passaggio dal "testo di uno scrittore" al "libro di un autore". E' un iperlettore ed incarna il lettore potenziale, condizionando direttamente le scelte tipografiche e editoriali, compiute anche in base ai propri gusti e alle proprie inclinazioni personali. Poiché la "forma" ha il potere di influenzare il prodotto e la tipologia di fruizione, il passaggio del testo nel libro esercita certamente forti influssi sulla lettura, anche in età di stampa manuale.

Se oggi tutti i ruoli di questo processo sono fondamentalmente chiari e tipizzati, non così avveniva in passato, quando le varie figure che gravitavano attorno al libro (editore, stampatore, libraio, per non citare che le principali), si sovrapponevano e s'intersecavano, spesso coinvolgendo anche l'autore. Inoltre, rileva Santoro, l'apparato paratestuale delle edizioni del Cinquecento non è standardizzato né standardizzabile: ad eccezione del frontespizio, non in tutte le pubblicazioni è possibile ritrovare gli stessi elementi paratestuali.

Una delle componenti paratestuali di certo più interessanti è la dedica che, come ci ricorda l'autore richiamando Genette, non è l'offerta manoscritta vergata sul singolo esemplare che segna un rapporto personale e privato tra l'autore e il dedicatario (dedica d'esemplare), ma la dedica o l'epistola dedicatoria che "ufficializza pubblicamente una qualche relazione tra i due interlocutori".

La sua funzione è essenzialmente adulatoria e si configura quale omaggio destinato a suscitare un compenso, che spesso rappresentava l'unico introito per l'autore. Proprio questo aspetto "materiale" rende tale elemento paratestuale e, di conseguenza, la sua storia, luogo privilegiato per ricostruire i rapporti fra gli autori e gli ambienti culturali, sociali e politici che più hanno influenzato la sua opera. Lo sviluppo della dedica, infatti, è parallelo a quello della diffusione della stampa: se nel Cinquecento tale elemento aveva ancora una funzione socio-politica, già nel XVII secolo assume una valenza meramente economica ed utilitaristica, e diviene pratica consolidata e diffusa (e come tale anche talvolta avversata) tanto da meritarsi un intero capitolo del Syntagma de arte typographica di Juan Caramuel (Lione, 1664).

Proprio a tal fine, Santoro prende in esame i 127 autori editi a Napoli nel Cinquecento presenti alle lettere A - Ch delle Edizioni italiane del XVI secolo, enucleando una figura standard di autore medio, appartenente alla condizione ecclesiastica e/o intellettuale locale e che ha contatti non mediati con il proprio editore e stampatore, fornendo un significativo esempio di quanto fosse diffuso nella Napoli del Cinquecento il ruolo della dedica, e di come si fosse sviluppato e generalizzato nel corso del secolo.

Le edizioni sceniche napoletane fra Cinque e Seicento (p. 93-124) apparso in "Nuovi annali della Scuola Speciale per Archivisti e Bibliotecari", XIV (2000), offre un'interessante spaccato sul complicato e talvolta antitetico legame tra "penna e scena", volto a stabilire quanto l'arte tipografica abbia inciso sul teatro e viceversa. I punti in comune, tra scena ed editoria, sono effettivamente numerosi, ma a dividerli rimane una significativa ed incolmabile differenza, poiché la stampa usa un codice di comunicazione scritto mentre la scena si avvale di un codice audio-visivo. E' ancora la Napoli seicentesca a fungere da campione di indagine per Santoro, che sviluppa un'interessante indagine su come la produzione e la circolazione del libro abbiano influito sui contenuti del testo teatrale e soprattutto sul pubblico-spettatore e, viceversa, come e quanto il pubblico-spettatore si sia proposto come pubblico-lettore.

Particolarmente degno di nota è il saggio Sulle meravigliose virtù del tabacco (p. 125 -138), pubblicato in "Accademie e Biblioteche d'Italia", LXVI (1998), 3, in cui è esposta la vicenda editoriale di un raro trattatello edito a Napoli nel 1590.

Anche nel saggio Caratteristiche e valenze dell'editoria barocca (p. 139-152) apparso in I luoghi dell'immaginario barocco. Atti del convegno di Siena, 21-23 ottobre 1999, a cura di Lucia Strappini (Napoli, 2001), l'autore affronta il tema del paratesto, individuando i cambiamenti che segnano in maniera rilevante la produzione editoriale del XVII secolo e sottolineando, anche in questo caso, l'importante ruolo svolto dalla dedica, che proprio in questo periodo diventa una delle attività consuete dell'iter editoriale. Partendo da questa considerazione, l'autore si immerge nel complesso periodo dell'editoria secentesca, analizzandone con cura le peculiarità. Non solo lo sviluppo del sistema delle dediche - e di conseguenza il mutamento dei rapporti fra i vari protagonisti che intervengono nella realizzazione del progetto editoriale - è qui indagato con cura, ma lo sono anche i maggiori cambiamenti che avvengono nel Seicento, e che l'autore individua prevalentemente nello spostamento della produzione editoriale dal monopolio veneziano ad altri centri italiani (in particolare Roma), ed il cambiamento del tipo di pubblicazioni rispetto ai contenuti, che si ampliano verso un nuovo pubblico di lettori.

Curiosa e coinvolgente è la vicenda narrata in Riciclaggio editoriale: il caso de La bilancia istorica, politica e giuridica di Andrea Giuseppe Ghizzi (p. 153-164), saggio edito in "Esperienze letterarie", XVIII (1993), 3, in cui Santoro descrive l'esplicativa storia di un'edizione seicentesca napoletana, pubblicata ben tre volte nell'arco di 26 anni, nel 1671, nel 1675 e nel 1697. Proprio l'edizione del 1697 ha sollecitato l'attenzione e la curiosità dell'autore che, con un minuzioso studio effettuato sulla composizione dei fascicoli e sull'analisi dei caratteri, ha portato alla luce come in realtà questa edizione, giustificata dalla mancanza di copie disponibili sul mercato e promessa ai lettori come "terza impressione con aggiunta", fosse stata "assemblata" con le copie rimaste (poiché probabilmente invendute) dell'edizione del 1685. E' quindi la storia di un raffinato "raggiro" ai lettori, che illumina su quali fossero gli escamotages tipografici ed editoriali dell'epoca, e illustra con chiarezza come più edizioni di una stessa opera non siano necessariamente indice di un successo editoriale di larghe proporzioni.

La biblioteca medica (p. 165-170), già pubblicato in Biblioteca Medica. Il Seicento, (Roma, 2001) è invece un saggio che presenta il catalogo delle opere, manoscritte ed antiche a stampa, di argomento medico, possedute dalla Biblioteca Casanatense di Roma.

Con un brano tratto da Auto da fé di Elias Canetti, in cui si ben è evidenziato l'inquietante rapporto tra il sinologo Kien e la sua biblioteca, si apre Antichi e rari: riviste e cataloghi librari fra istanze culturali e istanze commerciali (p. 171-186), estratto da Collezionismo, restauro e antiquariato librario (Milano, 2002), in cui l'autore propone alcuni spunti di riflessione molto interessanti sulla bibliofilia e sul rapporto fra la letteratura e le smanie di accumulazione e di possesso, anche patologico, dei prodotti del torchio. La valutazione di Santoro sui principali strumenti bibliografici utili all'amatore di libri, riviste e cataloghi librari nella fattispecie, può fungere inoltre anche da percorso per il bibliofilo e per il collezionista.

Conclude il volume un ricco e aggiornato Percorso bibliografico, organizzato per settori, al loro interno scanditi in successione cronologica.

Fabiana Gallizia, Sistema Bibliotecario di Ateneo - Università di Pisa, e-mail: f.gallizia@adm.unipi.it




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