Il 22 ottobre nella Biblioteca Flaminia di Roma si è tenuto un incontro di presentazione del libro recentemente uscito: Elena Boretti, I servizi di informazione nella biblioteca pubblica: competenze e metodi per collaborare nel reference tradizionale e digitale, Milano, Editrice Bibliografica, 2009.
Organizzato dalla Sezione AIB Lazio e introdotto dal suo presidente, Andrea Marchitelli, sono intervenute, presente l'autrice, Anna Galluzzi e Paola Gargiulo.
Anna Galluzzi, dopo alcuni brevi positivi cenni alla pubblicazione di un libro italiano sul reference, ha svolto il suo intervento ponendo principalmente una serie di domande che, sollecitate dalla lettura del libro, erano rivolte a provocare la discussione.
Un aspetto che il libro stesso tratta riferendo vari e diversi pareri attestati dalla letteratura angloamericana riguarda la possibile tendenza alla sparizione di domande del genere ready reference, che erano tradizionalmente la grande maggioranza delle tipiche domande nelle biblioteche pubbliche. In effetti, l'arrivo di internet ha sconvolto la situazione che si era venuta a configurare precedentemente, e molte cose sono mutate e stanno ancora radicalmente mutando.
L'utente ha spesso dei bisogni precisi, che non intende soddisfare con completezza ed esaustività di documentazione, ma solamente con quanto a lui risulti più pertinente e rilevante, in tempi brevi. Molta parte della ricerca informativa e documentaria trova ora risposte soddisfacenti in internet attraverso i motori e sfruttando anche le possibilità di personalizzazione. Sembra ormai che la realtà sia andata oltre il tempo in cui poteva avere senso che le biblioteche invitassero i loro utenti a navigare a partire dai siti selezionati da esse proposti. Un'ipotesi è che la selezione di siti non costituisca più un valore e che appartenga ormai al passato la fase in cui potevamo pensare sensato sconsigliare l'uso dei motori per la ricerca sul web.
Se quindi il servizio di reference non ha trovato in Italia un ampio radicamento nelle biblioteche pubbliche e nella loro utenza, come invece è accaduto nei paesi angloamericani, in questo momento non può che essere tutto ancora più difficile. Innanzitutto i bibliotecari dovrebbero impegnarsi ad essere molto più presenti sul front office, piuttosto che in altre attività. Vediamo le biblioteche nel mondo fronteggiare grandi scelte, come quella di presentarsi sul web collaborando con i servizi commerciali per la disponibilità dei documenti digitali, e tuttavia le nostre biblioteche offrono ancora una scarsa visibilità dei loro servizi sul web. Cosa pensare inoltre della scelta effettuata da alcuni servizi, come il reference online, quando profilano il loro pubblico riservandosi di accogliere solamente certi tipi di domanda o certe utenze? Per quanto la motivazione di simili scelte sia ben comprensibile, può avere un senso imporre tali limitazioni alla luce di quello che sta diventando oggi il web, senza incorrere anche nella conseguenza di essere percepiti come dissuasivi dell'uso di questi stessi servizi?
Paola Gargiulo, dopo aver notato che questo è il primo libro nella letteratura professionale italiana che tratta i temi del reference a tutto tondo, e non l'approfondimento di alcuni aspetti, come invece erano state le precedenti pubblicazioni di Aghemo e Leonardi, ha ripreso decisamente la riflessione sulle innovazioni introdotte dalla dimensione digitale. Ricordando la sua esperienza di studi e di tirocinio negli Stati Uniti, ha raccontato come le biblioteche pubbliche in quel paese siano realtà radicate nella vita delle comunità locali e come il servizio di reference abbia là costituito un vero punto di riferimento per la soluzione di problematiche sociali di ogni tipo, persino di contenuto molto pratico, per cui certe biblioteche, rilevata la richiesta, avevano addirittura attrezzato un servizio di prestito per il fine settimana di oggetti adatti a svolgere i piccoli lavori di ristrutturazione domestica (come martelli e chiodi). Il tirocinio degli studenti di biblioteconomia in quel paese prevedeva esercitazioni sui repertori e quindi l'acquisizione di competenze nel loro uso e nella ricerca. Il radicamento e il successo del servizio stimolava di conseguenza lo sviluppo di strumenti e strategie per dare risposta ai bisogni. Per questo anche la produzione di documentazione utilizzabile per il reference è stata sempre molto alta in quel paese. Oggi le biblioteche pubbliche sui loro siti permettono l'uso di banche dati ai loro utenti registrati direttamente da casa, acquisendo dai produttori licenze estese alla possibilità dell'uso remoto. Questo dovrebbe essere fatto anche in Italia, tramite consorzi che non dovrebbero interessare solo le biblioteche delle università, ma dovrebbero comprendere anche le biblioteche pubbliche. In effetti, la produzione di risorse utili in lingua italiana è tanto scarsa, quanto poco sviluppati sono i servizi capaci di mediare fra risorse e utenti, e questo costituisce anche un vero problema culturale. Per questo, a giudizio di Gargiulo, ben vengano siti come SegnaWeb, con la funzione di vetrine delle migliori risorse italiane, al fine di promuoverne anche la conoscenza e l'uso. C'è infatti anche un grande bisogno di assistenza agli utenti, che non sono affatto autonomi nella gestione delle competenze informative. La disponibilità di una persona alla quale poter ricorrere in caso di bisogno costituisce un grande valore, da noi troppo scarsamente utilizzato, mentre la capacità di fare semplicemente da sé, come vorrebbe l'utopia sognata da Petrucciani, è ben lungi dall'essere una realtà. Anche su questo versante i bibliotecari americani sono molto attivi e seguendo le esperienze esistenti le nostre biblioteche pubbliche potrebbero fare molto nell'ambito dell'istruzione informativa, proponendo attività come ad esempio i percorsi guidati. E' tempo infatti di intraprendere nuove strade, anche perché dobbiamo aspettarci ulteriori nuovi grandi cambiamenti, come potrebbe essere ad esempio il definitivo irrompere delle tecnologie degli e-books.
Elena Boretti ha ringraziato per l'attenzione dedicata alla lettura del libro e per la ricchezza di sollecitazioni riportate. Ha precisato che il libro intendeva solo essere un manuale pratico, che fa tesoro degli incontri e degli scambi con i colleghi durante tanti corsi di reference in vari anni. Non un contributo teorico quindi, ma una riflessione a partire dall'esperienza reale e dagli interrogativi posti da chi si trova effettivamente a gestire questi servizi. Un tentativo anche di provare a tessere un filo continuo fra quel che era stato il reference prima di internet e quello che invece è iniziato a diventare dopo. Questo, perché non andasse del tutto perduta la ricchezza di tanta letteratura, che, purtroppo non da noi, ha maturato tante conoscenze. La biblioteca pubblica è in effetti, a differenza di altre tipologie, quella che, nell'attività di mediazione fra utenti e documenti, dovrebbe dedicare la maggiore attenzione al versante degli utenti, piuttosto che a quello dei documenti. Questo vuole essere il senso del servizio capillarmente diffuso sul territorio: la garanzia di accesso alle comunità locali. Però, la famosa questione della centralità dell'utente, di cui tanto si è parlato anche in Italia, non ha prodotto da noi studi adeguati di indagine dei bisogni, di analisi sociale, e non abbiamo riflessioni simili a quelle svolte da Dervin, Dewdney, Nilan, Ross, che invece dobbiamo conoscere. Questi infatti sono percorsi di ricerca di grande importanza e valore, che anche noi dovremmo intraprendere. La nostra professione non è ancora sufficientemente attrezzata per misurare il valore dei servizi informativi bibliotecari per la società. Le nostre misurazioni sono povere e accade così che rilevano quanti sono i prestiti, quanti i documenti posseduti, quante le ore di apertura. Questo non aiuta a dedicare maggiore attenzione agli utenti, piuttosto che ai documenti. Gli americani con il loro innato pragmatismo riescono ugualmente ad avere un diverso approccio. William Katz sosteneva che la valutazione di un'opera di reference dipende dalla sua capacità di rispondere alle domande: i documenti sono buoni o cattivi a seconda se sono o non sono capaci di rispondere alle domande dei nostri utenti. E' proprio l'utente cittadino colui che ha bisogno di risposte pertinenti e rilevanti, più che complete ed esaustive. Ma come possono fare le biblioteche pubbliche italiane a garantire l'accesso locale all'universo documentario, se non sono parte di un sistema che garantisca e attui il servizio bibliotecario nazionale? Abbiamo biblioteche non di rado molto attive, con bibliotecari che hanno molta voglia di fare, e forse la miglior cosa che possiamo fare in questa situazione è guardare alle esperienze positive, ispirarsi ad esse per farne nascere di nuove, cercando di dedicare la massima attenzione ai servizi e alle relazioni che in essi si vengono a creare con gli utenti. Attività molto utili sono sicuramente da intraprendere nell'ambito dell'istruzione informativa, perché se ne sente un grandissimo bisogno e le statistiche ci dicono che l'uso di internet non è così tanto diffuso; poi non è affatto vero che tutti sanno fare tutto già da soli. Un altro grande tema che meriterebbe di essere ripreso oggi è quello dell'informazione di comunità. L'incontro, frequentato da un pubblico attento e numeroso, non ha potuto aprirsi al dibattito con i presenti per motivi di tempo, e d'altra parte il tempo non avrebbe potuto essere in alcun modo sufficiente ad addentrarsi in alcuno dei tanti, grandi argomenti sollevati.
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