"Una regina sola in un castello che fugge per noia, finisce su un'isola con tante ballerine e s'innamora della sorella della moglie del mago; mentre il mago si invaghisce del suo aiutante". È la trama della fiaba ideata nel laboratorio "Due regine e due re ", leggiamo nel «Secolo XIX».
Lo scopo dell'iniziativa era sottolineare l'importanza e il ruolo della letteratura nello sviluppo dell'identità dei ragazzi, educarli al rispetto e alla tolleranza delle diverse forme di amore e di affettività.
Invece si è dispiegata una massiccia manovra di censura. L'esposto alla magistratura non chiede se l'iniziativa risponda ai principi contenuti nel Manifesto IFLA-UNESCO per le biblioteche pubbliche e per le biblioteche scolastiche, ossia se i materiali utilizzati riflettano "gli orientamenti attuali e l'evoluzione della società"; denuncia invece la "pubblicizzazione di materiale pornografico minorile, divulgazione di notizie o informazioni finalizzate all'adescamento e allo sfruttamento di minori di anni 18". Accuse gravissime e gratuite, considerato che lo stesso Manifesto IFLA-UNESCO afferma che l'accesso ai servizi e alle raccolte non può essere soggetto "ad alcuna forma di censura ideologica, politica o religiosa, o a pressioni commerciali".
Chiara la sensazione che quella contro la "De Amicis" fosse una manovra destinata a non essere isolata. Nei mesi seguenti si sono aperti altri fronti, da parte di amministratori che hanno vietato l'acquisizione nelle biblioteche di giornali e periodici "politicizzati". In alcuni casi, come a Musile di Piave, le motivazioni ufficiali si richiamano alla quadratura dei bilanci. Al sindaco di questa cittadina il Presidente AIB Mauro Guerrini ha scritto che le biblioteche sono "l'emblema stesso della libertà e della democrazia", mentre "la censura è la negazione delle ragioni per cui le biblioteche vengono finanziate dalla collettività". Il pluralismo lo si può trovare on-line, ha risposto il sindaco, e poi "c'è una postazione internet e chi vuole altri giornali se li può leggere là". Bella risposta agli ideali di accesso universale alla conoscenza e di non discriminazione, connessi al diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero - come recita l'art. 21 della Costituzione e che implicano la libertà d'informazione di cui all'art. 19 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo: diritto di cercare, ricevere e diffondere informazioni.
Quella del bibliotecario è una professione intellettuale, che ha un ruolo insostituibile nella promozione culturale dei cittadini. E come tale rispetta un codice deontologico, che recita: "Il bibliotecario ripudia e combatte qualsiasi forma di censura sui documenti che raccoglie e organizza e sull'informazione che fornisce".
Se le premesse sono i controlli politici sulle biblioteche, i tagli alla cultura, all'istruzione e alla ricerca, la riduzione della qualità della scuola pubblica, la negazione dell'anagrafe ai figli di immigrati clandestini, si potrebbe avanzare da qualche parte la pretesa di riformare l'anagrafe degli utenti (si pensi alle biblioteche scolastiche, alle biblioteche per ragazzi, alle pubbliche che lavorano con le scuole) vincolando l'iscrizione ad una sorta di esame del DNA che certifichi razza, religione e credo politico? Si arriverà all'istituzione di Commissioni di censura per le politiche degli acquisti, ai Comitati di controllo per i Progetti, le esposizioni, eccetera?
Le Biblioteche per ragazzi e le Biblioteche scolastiche, pur nell'inadeguatezza delle risorse e nella ristrettezza di personale qualificato, hanno una "mission" irrinunciabile rivolta a stimolare l'amore per la lettura, proponendo bibliografie studiate per rendere completa l'offerta formativa. Le biblioteche hanno un importante ruolo nell'educazione alla civile convivenza, nel guardare la realtà con gli occhi e gli strumenti dell'altro, nel formulare risposte alla richiesta di strumenti idonei all'interpretazione delle diversità culturali, religiose ed etniche, nell'arricchire le potenzialità didattiche fornendo agli insegnanti la possibilità di utilizzare nuclei adattabili alle necessità delle classi, con un confronto reticolare, di scambio e conoscenza reciproca. Le metodologie sono sovente elaborate in rete, in confronto e in sinergia con gli attori del contesto culturale. Prescindendo dall'adeguatezza delle risorse, l'efficacia di questi percorsi è spesso correlata alla sensibilità, alla disponibilità e al profilo professionale del bibliotecario. Esperienze come Liber, Nati per leggere e altro, non sarebbero possibili senza questi requisiti. Che ne sarebbe, se fossero vincolate a giudizi di arbitrari Comitati di Controllo o a scelte estemporanee legate alle alternanze politiche?
Ancora, chi sarà il bibliotecario? Il custode dei libri vecchi? O un emissario di qualche congrega di inquisitori? In un'ipotesi del genere, è evidente che i primi ad essere preoccupati e a doversi battere affinché non si realizzi - sono gli operatori culturali, certo per la difesa della professione, altrettanto certo perché "è dovere del bibliotecario promuovere singolarmente e in forma associativa l'efficienza e l'autonomia del servizio bibliotecario in quanto strumento di democrazia" (Codice deontologico, punto 1.7). Si tratta di pretendere il rispetto del diritto umano all'istruzione e alla cultura, stabilito dalla Carta delle Nazioni Unite (artt. 22, 26, 27), ribadito dalla Convenzione sui Diritti dell'Infanzia, sostenuto dall'IFLA. Come afferma David Cooper, "quel che possiamo fare di meglio per la liberazione degli altri è quello che faremo in più per liberare noi stessi".
Il gruppo su Facebook "In biblioteca nessuna censura" ha raggiunto più di 2300 membri, l'appello dell'AIB ha superato le 5000 firme.
L'appuntamento di Genova dovrà riaffermare questi principi. Il prossimo 16 maggio, ad un anno dalla censura alla "De Amicis", la Marcia per la Pace Perugia-Assisi assumerà tra i suoi slogan il rifiuto della censura. Potrebbe essere una buona occasione per riflettere insieme sulle strategie di difesa e di promozione del diritto all'istruzione e alla cultura come diritti fondamentali.