I fatti di Genova restano vivi sullo sfondo, ad amplificare una eco che risuona da diverso tempo nell’Associazione: l’AIB rappresenta tutti i propri soci? L’Associazione riflette nella sua azione la crescente complessità della nostra professione? L’AIB fa sentire la propria voce nella società e nella cultura?
Come avvenuto altre volte nel corso della sua storia, l’AIB sta compiendo un grande sforzo di rinnovamento: in questa fase è importante un confronto franco e serrato tra Associati, Amici (enti, biblioteche, persone) e Sostenitori, che conduca costruttivamente ad una evoluzione consolidata del ruolo dell’Associazione nella professione e nel tessuto culturale e sociale italiano (della sua valida azione in ambiente internazionale abbiamo costanti conferme, molto più, paradossalmente, di quante ne riscontriamo in Italia).
La rappresentanza, in seno all’AIB, dei soci impegnati a vario titolo nell’imprenditoria delle biblioteche riveste una funzione tutt’altro che indifferente, se si tiene conto delle considerazioni di seguito tratteggiate e in parte accennate nell’ultima assemblea dei soci: i datori di lavoro dei colleghi sono infatti, in percentuale sempre crescente, le imprese private del settore; di conseguenza i temi della tutela del lavoro bibliotecario non possono non tener conto di tali realtà e di quanto siano diversi gli equilibri in un ambito assai diverso da quello storicamente e tradizionalmente "tipico" della nostra professione, ossia quello delle istituzioni pubbliche.
La tendenza ad esternalizzare molti servizi propri della biblioteca si è affermata ed ampliata negli ultimi anni: i motivi sono molteplici e in gran parte ben noti. Tra questi, i continui tagli ai bilanci degli enti (sia centrali che locali), con il risultato che molti di essi tentano di ovviarvi percorrendo diverse e spesso fantasiose strade: ad esempio, assegnando alla biblioteca impiegati provenienti da altri uffici, privi di qualunque formazione specifica. In alcuni casi il bibliotecario è chiamato a svolgere al contempo funzioni diverse (il fenomeno è particolarmente frequente nelle piccole biblioteche degli enti locali). In altri casi, soprattutto per gli enti di medie e grandi dimensioni e per le biblioteche riunite in consorzi o sistemi, si ricorre alle esternalizzazioni di alcuni o di tutti i servizi bibliotecari. Il ricorso all’outsourcing bibliotecario si è però sviluppato in maniera crescente e, molto spesso, piuttosto disordinata per non dire improvvisata: a conferma di ciò basta scorrere qualche capitolato di gara per rilevare frequenti inesattezze e facilonerie.
In questo quadro ne risente in primis il basilare concetto di "servizio", in cui l’utente che dovrebbe trovarsi al centro si trova centrifugato e catapultato ai margini, impossibilitato a fruire del proprio diritto ad avere una biblioteca rispondente ai suoi bisogni, sia essa gestita da soggetti pubblici o privati.
In seconda, ma non secondaria istanza, ne risente chi esercita la professione con serietà e competenza, con particolare riferimento alle aziende del settore che agiscono in nome di un’etica professionale in cui le logiche di mercato non hanno un ruolo preponderante rispetto al servizio fornito e che, pertanto, risultano penalizzate da appalti e affidamenti gestiti all’insegna del risparmio a tutti i costi e della totale assenza di verifiche sullo svolgimento dei servizi assegnati.
Questo contesto non contribuisce certo alla tutela e alla valorizzazione della professione bibliotecaria: come giustamente sottolinea Francesco Langella nello scorso numero di "AIB notizie", i bibliotecari di oggi sono per la maggioranza precari; per un’impresa del settore è assai gravoso impiegare dei bibliotecari a tempo indeterminato, quando gli investimenti e gli incentivi rivolti alle biblioteche restano infinitesimali.
L’AIB deve sviluppare la propria azione su diversi livelli affinché si smuova questo paralizzante stato di fatto.
Nei confronti degli interlocutori istituzionali, stimolando l’attenzione pubblica verso le biblioteche e i bibliotecari e il loro ruolo culturale e sociale; palesando attraverso diversi canali di comunicazione ogni vantaggio legato all’accrescimento di risorse economiche, strumentali ed umane nel campo della cultura e delle biblioteche; sottolineando l’importanza della verifica sulle attività e sui servizi erogati; fornendo agli enti il proprio contributo tecnico e professionale nella progettazione degli interventi e nella stesura dei capitolati tecnici.
Nei confronti del mondo imprenditoriale, prendendo pubblicamente posizioni ferme e chiare contro gestioni dequalificanti dei rapporti di lavoro ed esecuzioni discutibili dei compiti affidati; sensibilizzando gli Associati amici Enti verso l’attuazione di procedure rispondenti ai principi dell’AIB; sostenendo e valorizzando comportamenti in linea con tali principi; incentivando e sviluppando la discussione su tali temi in un’ottica di "cultura d’impresa", prospettiva a torto assai poco trattata nel nostro settore.
Nell’editoriale del numero 3/2009 del Bollettino AIB, Giovanni Solimine auspica una maggiore attenzione, a seguito del congresso IFLA, da parte "dei responsabili della politica culturale e bibliotecaria del nostro disgraziato paese": l’Associazione può fare ancora molto, e molto di nuovo, per incentivare questa scarsa attenzione.
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