[AIB] AIB notizie 22 (2010), n. 2
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La censura in biblioteca: ma non c’è l’etica del Bibliotecario?

Fausto Rosa

Non è difficile, soprattutto da parte dei cittadini che frequentano le biblioteche, constatare che in esse può essere presente e rilevabile un significativo limite nei servizi, e che questo limite sia da interpretare come una censura ai diritti di accesso e di fruizione dei servizi di documentazione e lettura. Una situazione del genere d’altronde è ancor più facilmente constatabile in questo particolare momento della storia del nostro paese, in cui: - le risorse finanziarie sono facilmente dirottate verso altre presunte priorità, sacrificando in tal modo il sostegno a servizi ritenuti meno importanti e non organici alla crescita sociale; - sta perdendo terreno il valore e il significato della capacità professionale, soprattutto nel pubblico dipendente e della competente gestione delle risorse finanziarie destinate ai servizi.

Ma non è di questo tipo di "censura" che intendo riflettere con questo mio breve intervento, anche se quella del tipo sopra ricordata è sempre significativamente presente nei servizi bibliotecari, oltre che culturali in genere, e non deve essere sottaciuta. E’ di alcune settimane fa la lettera di denuncia inviata dall’AIB Sezione Sicilia al Governatore di quella Regione, contro l’azzeramento nel Bilancio 2010 delle risorse a sostegno dei servizi di biblioteca, presenti invece con 1.179.000 euro nel Bilancio 2009.

Quello che è oggetto di denuncia da parte dell'AIB nel Convegno di Genova (aprile 2010), è invece il problema della "censura" in biblioteca, da intendersi come atto voluto e finalizzato a impedire al cittadino la consultazione e la lettura di materiali documentari, in merito ai quali il "censore" si sostituisce al cittadino e decide, al suo posto, usi, valutazioni e giudizi che non possono invece che essere attribuibili alla cultura, alla responsabilità e alla coscienza della singola persona.

Intendo fare alcune riflessioni proprio di questa "censura", ma ponendo attenzione a capire se anche il bibliotecario possa correre il rischio di esercitarla, e se gli attuali strumenti professionali e associativi siano effettivamente efficaci nel monitorare, limitare e impedire comportamenti e atteggiamenti censori nell'esercizio della professione.

Per un approfondimento delle tematiche sulla deontologia bibliotecaria, oltre alla copiosa letteratura professionale, rimando a quanto trattato, più di recente, in due importanti occasioni a cui anch'io ho avuto la possibilità di partecipare:

Per ritornare nuovamente all'episodio che ha causato l'iniziativa di denuncia dell'AIB, è da ribadire che tutti i bibliotecari non possono che dare ad essa il proprio convinto sostegno. Era inevitabile che l'associazione professionale dei bibliotecari mettesse sotto accusa un increscioso atto censorio compiuto da alcuni esponenti politici, i quali hanno ritenuto di utilizzare la via giudiziaria nei confronti di un bibliotecario che ha dato sostanza al diritto/dovere della biblioteca, di cui è responsabile, a documentare tutti gli aspetti della vita e del costume contemporanei. Nel documento pubblico di denuncia dell'AIB sono ovviamente richiamati i grandi principi che, patrimonio di tutti, stanno alla base del riconoscimento dei diritti universali all'informazione, alla conoscenza e al sapere.

Credo però che questo episodio possa diventare per noi bibliotecari anche un'occasione per produrre un ulteriore sforzo professionalmente più caratterizzato, al fine di individuare e mettere a punto quei necessari strumenti associativi che possono limitare in chi lavora nelle biblioteche atteggiamenti e comportamenti che, anche indirettamente, possano essere causa di limiti, censure ed esclusioni.

Già li conosciamo questi strumenti, quali il Codice deontologico e il Regolamento di disciplina. Rappresentano lo statuto dell'autonomia della professione e stabiliscono i doveri delle bibliotecarie e dei bibliotecari nei confronti dell'utente e della professione:

Da sottolineare però che a fronte a questa chiarezza documentativa, non si è ancora riusciti a rendere concretamente utilizzabili i conseguenti strumenti dell'autocontrollo associativo, necessari a monitorare i requisiti e i comportamenti professionali degli associati. Dal mio punto di vista una buona parte di responsabilità per tale incongruenza è imputabile alla perdurante assenza del riconoscimento giuridico-istituzionale della professione bibliotecaria. Da una tale situazione è possibile pensare che ne esca indebolita la stessa associazione che la rappresenta. Diventa per l'ennesima volta prioritario l'obiettivo di ottenere il riconoscimento professionale, del quale l'AIB deve farsene carico con maggiore consapevolezza e determinazione.

Al riguardo è bene conoscere e avere presenti le importanti iniziative che ultimamente l'AIB ha messo in cantiere proprio allo scopo di ottenere l'impegnativo status, chiaro e inequivocabile, di "associazione professionale":

Raggiungere l'obiettivo prefissato del riconoscimento attraverso le tre azioni sopra richiamate, può voler dire l'effettivo utilizzo, in forma pubblica e riconosciuta, degli strumenti della certificazione e della validazione circa il possesso da parte degli associati dei requisiti professionali per l'esercizio della professione bibliotecaria.

Diventare "associazione professionale" può significare l'avere una maggiore consapevolezza dei diritti e dei doveri della professione, ivi compresi quelli legati alla deontologia e al corretto comportamento professionale.

Diventare "associazione professionale" può significare il rafforzamento degli strumenti dell'autodisciplina, con la reimpostazione di un nuovo Codice etico, efficace nei suoi strumenti di monitoraggio e di controllo associativo.

Scontato infine sottolineare che essere "associazione professionale" significa produrre in chi si associa un maggior senso di appartenenza alla professione bibliotecaria, in assenza della quale anche il codice deontologico non può che uscirne fortemente ridimensionato.

Nella nostra doverosa "denuncia" contro la censura in biblioteca, non possiamo quindi solo parlare in nome di universali e sacrosanti principi patrimonio di tutti, ma dobbiamo anche riuscire a far sentire quel apporto specifico di natura professionale che trova appunto radicamento e forza nel senso di appartenenza e di affermazione della professione esercitata.


ROSA, Fausto. La censura in biblioteca: ma non c’è l’etica del Bibliotecario?.. «AIB notizie», 22 (2010), n. 2, p. 4-5

Copyright AIB 2010-04, ultimo aggiornamento 2010-04-01 a cura di Ilaria Fava
URL: http://www.aib.it/aib/editoria/n22/0202.htm3

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