Una Monaco insolitamente calda ed assolata ha ospitato nei giorni 19-21 agosto la Pre-Conference dello Standing Committee for Rare Books and Manuscripts dell’IFLA con lo scopo di analizzare Principi, problemi e prospettive della Bibliografia testuale - traduco così il titolo che recitava Early printed books as material objects. Principles, problems, perpectives. A Bettina Wagner, al momento chair del Committee, si deve l’organizzazione del convegno e l’allestimento di una mostra dedicata alla nascita del libro a stampa: 85 incunaboli della Staatsbibliothek della cui significatività fa ora fede un catalogo ricco di schede puntuali e dettagliate - e testi in inglese oltreché in tedesco. Focus sull’esemplare, che nell’era della stampa manuale non si presenta mai identico ad un altro: né il singolo foglio stampato è mai veramente uguale ad un altro, ha detto Björn Dal nella prima relazione. Questioni di metodo hanno aperto e chiuso dei lavori; prima per parlare dei principi che ispirano la ricerca attuale, poi per delineare le prospettive di quella futura.
Con magistrale chiarezza Paul Needham ha spiegato come le specificità di ogni esemplare (copy-specific) lo rendano una sorta di sito archeologico, in cui a strati si trovano le tracce degli episodi che ne hanno fatto un oggetto unico. Nel momento stesso in cui esce dall’atelier l’esemplare prende a collezionare i segni che lo renderanno diverso: la legatura, la decorazione utilizzata per ripartire i paragrafi, o perfezionare l’apparato testuale. E ancora: le note di possesso, gli ex-libris, le annotazioni a margine. Ma l’esemplare di un’edizione antica comincia ad assumere i caratteri della sua specificità già prima, quando ancora si trova nelle mani del tipografo; e ciò per effetto della somma delle varianti che si producono in corso di stampa. Strati di notizie che, correttamente registrate e interpretate, restituiscono allo studioso le vicende di un’edizione, la storia di un testo; potenzialmente, infine, anche quella della sua ricezione. Questo spiega bene David Pearson illustrando come e perché il censimento degli esemplari costituisca uno strumento fondamentale nella storia del libro.
Chiusa l’introduzione sul metodo, le sessioni centrali del convegno hanno visto susseguirsi relazioni dedicate a temi specifici, in primis la decorazione a mano degli incunaboli. Lilian Armostrong ha mostrato la quantità di notizie ricavabili da apparati decorativi realizzati in zone distanti da quelle di stampa. Mayumi Ikeda ha invece puntato l’attenzione sull’allestimento di sistemi di decorazione modulari, quasi seriali, con mutamenti cromatici su identità di forme, riscontrati in esemplari della Bibbia stampata da Fust e Schöffer, ed evidenziando così ulteriormente la loro grande capacità innovativa. Ha chiuso gli studi sulla decorazione Christine Beier, con un intervento dedicato al peso della tradizione in ambito monastico, ovvero alla capacità e alla volontà di riadattare al nuovo supporto le tecniche e gli stili decorativi maturati nell’ambito della produzione manoscritta.
Le legature sono state affrontate sotto due diversi profili: per i tesori che talvolta in esse si celano (frammenti di altri libri, manoscritti o stampati) e per illustrare nuovi strumenti che si vanno allestendo a facilitarne lo studio. Quante copie in pergamena furono prodotte della Bibbia delle 42 linee? Una risposta non meramente congetturale si può dare, ha detto Eric White, partendo dal censimento delle copie stampate; e ciò anche raccogliendo i frammenti superstiti ritrovati nelle legature e ricondotti alla relativa edizione sulla base dello stile di rubricazione, utilizzato in tal caso come una sorta di impronta. Tutto diverso l’oggetto dell’intervento di Falk Eisermann, che rileggendo carte di riuso tratte da legature di alcune cinquecentine della Biblioteca universitaria di Lipsia, ha potuto ricollocare la sede del legatore, facendo di Meissen un centro di legatoria in precedenza non noto. Ha chiuso la prima tranche degli studi Claire Bolton, che ha trattato dei rapporti di collaborazione tra uno stampatore e un legatore tedeschi attivi negli ultimi decenni del Quattrocento e studiati grazie alle notizie trovate raccolte in due banche dati specifiche, INKA e EBDB.
Di EBDB, appunto, base-dati costruita dalla Staatsbibliothek di Monaco in collaborazione con altre quattro grandi biblioteche tedesche, ha parlato Ulrike Marburger, per illustrarne contenuti (legature dei secoli 15. e 16.) e potenzialità informative. Di natura diversa la banca dati allestita da Scott Husby, che raccoglie dati relativi alle legature di incunaboli di collezioni americane; 14.000 volumi, di cui il 20-25% ancora con coperta originale. La diversa provenienza delle edizioni, in questo caso, consente di ricostruire situazioni particolari che, inseguendo i libri nel percorso dall’atelier alla legatoria, finiscono col raccontare molto della diffusione dei volumi; fra le altre osservazioni quella per cui volumi stampati in Italia risultano spesso legati in Germania, mentre al contrario poche edizioni tedesche presentano legature italiane. Informazioni ancora diverse si ricavano dalla banca dati allestita alla Biblioteca Saint-Geneviève di Parigi (ne ha riferito Yann Sordet) dove il criterio di inclusione è dato dal tipo di decorazione, l’impressione a secco, censita sia per i manoscritti che per i libri a stampa. Si hanno così, attraverso l’esemplificazione di circa 400 coperte, informazioni sulle diverse tecniche di legatura di una regione ampia che oltre a Francia e Germania, comprende Italia, Inghilterra, Fiandre e Spagna, per un periodo compreso tra 12. e 18. secolo. Le discipline storiche sempre più sono attente allo studio dei manufatti, per la cultura materiale di cui sono testimonianza; ma lo studio del libro in quanto oggetto materiale necessita di strumenti di descrizione normalizzati, che consentano lo scambio dei dati, ciò che per le legature non esiste ancora; si presenta perciò la proposta di un manuale di descrizione (Helena Strömquist Dal).
Due diverse sessioni pure per gli studi sulle provenienze, l’una dedicata alle raccolte private, l’altra alle pratiche di registrazione dei possessori. Un album amicorum recuperato quasi casualmente ha consentito a Christian Coppens di ricostruire gli interessi e le ambizioni di Domenico Wagemaekers, avvocato di Anversa, amico di Erasmo e Thomas More e possessore di una ricca biblioteca. Il secondo Cinquecento è in Italia l’età d’oro delle collezioni private, di cui ha fatto una panoramica Angela Nuovo, esemplificandone le tipologie attraverso quattro collezioni diverse (quelle di Aldo Manuzio junior, Gian Vincenzo Pinelli, Prospero Podiani e Ulisse Aldrovandi) attualmente oggetto di altrettante ricerche, tra cui quella della stessa Nuovo sulla raccolta Pinelli. Caratterizza la biblioteca privata, e ne determina la rilevanza, il grado di aggiornamento, mediamente maggiore rispetto alle collezioni istituzionali. La raccolta di Piero Vettori è l’oggetto delle ricerche di Raphaële Mouren, che per l’occasione si è concentrata sulle note di studio reperite nei volumi posseduti dal letterato fiorentino, tracce della preparazione delle lezioni per lo Studio e delle edizioni dei classici.
Anche per registrare utilmente le note di provenienza sono necessarie descrizioni normalizzate; dell’esperienza maturata in proposito in seno all’istituto in cui lavorano (la Staatsbibliothek di Berlino) hanno parlato Michaela Sheibe e Ruth Weiss. Ivan Boserup ha invece raccontato come un furto perpetrato alla Biblioteca reale di Copenhagen negli anni Settanta avesse messo in evidenza l’inutilità di una lista dei libri scomparsi non corredata da elementi identificatori. Venne allestito perciò il Royal Identification Marks, che s’è poi rivelato strumento utile a ricostruire la storia dei fondi. Ha chiuso la sessione sulle provenienze David Shaw parlando degli strumenti messi in atto dal CERL per facilitare le ricerche sugli antichi possessori.
Tra le evidenze fisiche che distinguono un volume dagli altri sono senz’altro le note manoscritte. La diffusione di un commento mai pubblicato di Pomponio Leto a Sallustio è testimoniata dalla presenza di quel suo testo in cinque diversi esemplari a stampa, dove esso compare in forma di nota marginale, redatta da studenti ed amici dell’umanista romano. Ogni copia, ha detto Patricia Osmond, si presenta così come il deposito, oltreché della cultura classica, dell’attività didattica e di studio di Pomponio Leto. Maggiore sorpresa suscita il ritrovamento, nell’esemplare di una edizione incunabola delle Familiari di Cicerone, di riferimenti al celebre ritratto della Monnalisa di Leonardo di cui raccontato Armin Schlechter.
Come usare le note di possesso relative ad un insieme consistente di volumi? Come elaborare ed interpretare i dati? A queste domande ha cercato di rispondere Cristina Dondi, utilizzando le informazioni estratte dalla banca dati della Bodleian Library. Oggetto del suo studio sono gli incunaboli di produzione veneziana conservati ad Oxford, un insieme ricco, che consente dunque di ricavare osservazioni generali utili per la storia della produzione, della distribuzione, del commercio. Ancora troppo spesso, sottolinea la Dondi, accade che la storia economica non tenga nella dovuta considerazione la storia del libro e le sue fonti precipue, tra le quali appunto le evidenze che si rilevano nei libri. Le prospettive, le piste di ricerca future: considerazioni di metodo sul come impostare il lavoro di domani hanno chiuso il convegno. Di questo hanno parlato Wolfgang Undorf, Marina Venier e Kristian Jensen.
Un libro è un libro che è un libro... Ogni libro ha una identità multipla, una sua storia e ogni intervento sui libri è specchio di una politica culturale più o meno esplicita. Un esempio per tutti: nell’epoca dei nazionalismi la bibliografia fu utilizzata come strumento politico e produsse descrizioni di collezioni che cancellavano il passato dei fondi confluiti nelle biblioteche nazionali di nuova fondazione (Undorf). La dispersione delle raccolte delle istituzioni soppresse è fenomeno verificato; accorpamento e vendita dei volumi doppi, con relativa distruzione della identità precedente, sono visibili anche nei fondi della Biblioteca Nazionale di Roma (Venier), dove un paziente lavoro di ricostruzione virtuale dei fondi si attua oggi utilizzando le note di provenienza. Una politica culturale affatto diversa fu all’origine della British Library, nata dalla fusione di grandi collezioni private (Jensen): nel secolo dei lumi l’invenzione della stampa fu celebrata come grande evento culturale e simbolo del cambiamento. L’attenzione al libro allora s’accrebbe e coinvolse collezionisti, studiosi, istituzioni, ma anche artigiani e mercanti. Nuove competenze si svilupparono, fuori degli ambienti accademici; fu nel Settecento, d’altronde, che le edizioni del 15. secolo acquisirono il nome che ancora oggi le connota, fu allora che nacquero gli incunaboli.
Le giornate monacensi si sono concluse nel pomeriggio di venerdì 21 agosto con due visite guidate, a scelta: una al centro di digitalizzazione della Bayerische Staatsbibliothek, l’altra a Neuburg, vero gioiello dell’umanesimo tedesco, prima sede della biblioteca del duca Otteinrich (ora Fondo palatino della Vaticana) e oggi di una meravigliosa biblioteca barocca. Qui siamo andati in 35, accolti con grande cordialità dal sindaco - la foto di gruppo ci ritrae sulle scale del palazzo municipale.
Infine qualche numero: 137 iscritti al convegno, 20 gli italiani. Con alcuni ci siamo poi ritrovati a Milano, dove la Commissione speciale dell’IFLA ha continuato i propri lavori in una sessione speciale e una visita, questa volta alla Palatina di Parma e al Museo Bodoniano. La bellezza dei luoghi ha così degnamente accompagnato i lavori di quanti, impegnati sull’antico, al bello sono avvezzi e non sanno rinunciare.