AIB notizie 22 (2010), n. 1
Cronache dalla conservazione
7. La prevenzione (III parte)
Carlo Federici
Dopo una pausa legata agli impegni e alla riorganizzazione di «AIB Notizie», concludiamo con la terza puntata (le precedenti sono state pubblicate nei numeri 4 e 5 del 2009) l’analisi delle molteplici articolazioni della prevenzione.
Come ho ribadito più volte, per il Codice dei beni culturali e del paesaggio, accanto allo studio la prevenzione costituisce una delle due attività che possono essere svolte dai bibliotecari, cioè da coloro che non sono restauratori. A questi ultimi infatti il Codice riserva gran parte delle funzioni che riguardano la conservazione. In verità, a voler essere proprio "sulla notizia", dovremmo trattare principalmente dei restauratori. Nel luglio scorso infatti sono stati pubblicati dopo lunga gestazione due decreti (n. 86 e n. 87) del Ministro per i beni e le attività culturali: il primo definisce i profili di competenza dei restauratori, il secondo – che in realtà sarebbe interministeriale dato che è sottoscritto anche dal Ministro dell’istruzione – regola l’insegnamento del restauro. Giacché il Codice e i decreti prevedono l’istituzione di un elenco in cui iscrivere «coloro che sono restauratori […] ai sensi della normativa in materia», sono state emanate una serie di circolari nelle quali si spiegavano le modalità attraverso le quali, coloro che già esercitano la professione di restauratore, possono essere iscritti in tale elenco. Niente di trascendentale, ma evidentemente la normativa fissava una serie di paletti per evitare che l’ultimo muratore che aveva trasportato qualche carriola di calce nella ristrutturazione di un appartamento potesse d’incanto trasformarsi in restauratore. Apriti cielo! La componente più cialtrona del sindacato è subito insorta per "rivendicare" i diritti di coloro che, pur non avendo mai realmente e concretamente praticato il restauro, esigono l’iscrizione nell’elenco. E il Ministero cosa fa? Ma è ovvio: puntando a non inimicarsi nessuno, prende tempo, rinvia di sei mesi. E speriamo che tale rinvio non sia il prodromo di una generale calata di braghe in favore dei cialtroni di cui sopra.
Torniamo alla nostra prevenzione per affrontare, dopo il controllo dei parametri ambientali, i curatori delle collezioni e i lettori o meglio, gli studiosi, dato che parliamo di materiali da conservare i quali, qualificandosi come beni culturali, dovrebbero essere essenzialmente oggetto di studio.
Chi sono i bibliotecari che ho chiamato "curatori"? Nelle grandi biblioteche di conservazione si tratta di funzionari che, in molti casi, hanno studiato paleografia o storia del libro e per questo sono stati destinati a occuparsi dei manoscritti e degli incunaboli. Nelle altre biblioteche sono bibliotecari che, a molte altre funzioni, assommano anche quella di prestare una parte del loro (scarso) tempo ai fondi antichi, non di rado assai rilevanti per qualità e quantità. Essi furono definiti, per un certo periodo, “bibliotecari conservatori” anche se questo titolo non ha mai avuto un riconoscimento ufficiale cadendo progressivamente in disuso. Così come temo stia avvenendo, in generale, per la conservazione: non è un caso che ormai chiunque parli di biblioteche, segnatamente in alto loco, non dimentichi mai di sottolineare che esse non devono limitarsi alla conservazione, quasi sempre qualificata come "mera"; come se, in Italia, la conservazione dei libri fosse mai stata «assicurata mediante una coerente, coordinata e programmata attività», come prescrive appunto il Codice dei beni culturali.
Proviamo a elencare le principali funzioni dei bibliotecari incaricati della "cura" dei libri, ricordando ancora una volta che la componente più difficile da conservare non è quella medievale, ma quella contemporanea, realizzata con materiali di qualità assai inferiore e quindi meno durevoli di quelli antichi.
Gli aspetti più importanti da rammentare sono:
- controllo e regolazione ottimale dei parametri ambientali e dell’illuminazione. Di essi abbiamo trattato recentemente e non mette conto tornarci su;
- immagazzinamento e trasporto di libri e documenti. Molti danni si verificano proprio in queste fasi non solo perché sovente si utilizzano scaffalature e carrelli non idonei, ma anche in seguito alle modalità che vengono adottate dal personale di biblioteca nell’espletamento di queste funzioni (v. il successivo punto 6);
- ispezione periodica nelle raccolte. La revisione delle collezioni è uno dei momenti nei quali, oltre al controllo inventariale, se ne potrebbe/dovrebbe verificare anche lo stato di conservazione. Tale controllo non richiede un grande impegno: oltre ad accertare la presenza di insetti (in primavera può bastare prestare attenzione allo sfarfallamento, ma l’adozione di specifiche trappole entomatiche consente di monitorare costantemente i locali), è consigliabile, almeno una volta l’anno, aprire tutti i libri e sfogliarli, notando (e quindi registrando) gli eventuali problemi per procedere, ove necessario, con i successivi punti 4 e 5;
- proposta e organizzazione di interventi di manutenzione. La manutenzione (se ne tratterà nella prossima puntata) differisce dalla prevenzione per il fatto che comporta il contatto fisico con l’opera – escluso nella prevenzione – senza però modificarne la composizione o la struttura come invece avviene di regola nel restauro. Nella manutenzione rientrano, ad esempio, la spolveratura, la disinfestazione con gas inerti, l’adozione di custodie protettive ecc. per la cui realizzazione è indispensabile procedere alla manipolazione dell’oggetto;
- individuazione e protezione delle opere a rischio. L’esito di questa fase può essere sia manutentivo che di restauro: il rischio infatti potrebbe essere ridotto con un semplice intervento di manutenzione (v. il punto precedente) ovvero, quando le condizioni dell’opera siano tali da far sì che la consultazione ne possa mettere a repentaglio le componenti strutturali, programmarne il restauro;
- sensibilizzazione del rimanente personale ai problemi della tutela. Punto cruciale questo poiché al personale esecutivo compete gran parte delle operazioni che hanno rilevanza conservativa: dal prelevamento alla ricollocazione dei volumi, dal trasporto alla consegna all’utenza, fino alla sorveglianza di sala e così via. L’attenzione verso questi aspetti si ottiene innanzitutto con l’esempio durante il lavoro quotidiano integrato possibilmente con brevi corsi – penso a moduli di 8 ore articolati in più giornate – nei quali, oltre a trasmettere i concetti basilari della conservazione, si introduca la valorizzazione del libro “comune”, del giornale, troppo spesso trascurati in favore dei grandi “cimeli”;
- gli utenti. A differenza degli altri beni culturali (fanno eccezione, ma solo in parte, i monumenti) la fruizione di libri e documenti comporta il contatto e la sollecitazione da parte dell’utente. Tutto regolare per il libro-utensile, vale a dire per la gran parte delle biblioteche, ma che fare per il libro-bene culturale (nonché per il documento di archivio, sempre destinato alla conservazione)? La manipolazione determina inevitabilmente una perdita di informazioni materiali. Si tratta di un ineluttabile scotto che peraltro giustifica gli oneri della conservazione; purché, appunto, tale perdita venga ridotta al minimo. Affinché ciò avvenga è necessario che anche gli utenti vengano sensibilizzati fino al concreto coinvolgimento nella prevenzione. Basta evidenziare, al momento della consegna dell’opera, i problemi che si possono determinare durante la consultazione mettendo in evidenza la fragilità delle componenti materiali del libro o del documento e sollecitando, al tempo stesso, la segnalazione di eventuali alterazioni che l’utente stesso notasse durante la consultazione.
cfederici@tin.it
FEDERICI, Carlo. Cronache dalla conservazione. 7. La prevenzione (terza parte). «AIB notizie», 22 (2010), n. 1, p. 8-9