Anche nel nostro Paese le biblioteche cercano negli ultimi anni di accogliere le sollecitazioni alla partecipazione, alla cooperazione, alla formazione permanente, all’accesso libero all’informazione, alla multiculturalità. Temi e istanze scritte in autorevoli documenti e manifesti internazionali, che iniziano a diventare visibili e concrete anche fra le nostre migliaia di biblioteche. Con tenacia, fatica, spesso con logoranti conflitti tra bibliotecari innovatori e conservatori; tra amministratori attenti a mantenere la biblioteca deposito, la biblioteca prigione, la biblioteca rifugio del personale ingombrante... e bibliotecari che sognano di applicare quello per cui hanno studiato, luoghi accoglienti, dove chiunque si possa sentire ospite importante. Le nostre biblioteche invisibili – di solito mal segnalate ai cittadini - a IFLA sono diventate tutte un po’ più visibili, e non solo per il loro ruolo culturale, così tradizionale e forse rassicurante, bensì per la loro dimensione sociale.
Non è stato solo l’esempio eclatante di Medellin – il progetto premiato dalla Fondazione Gates – a dimostrarlo. Sono proprio le biblioteche italiane a svelare finalmente al mondo che una biblioteca è risorsa specializzata e già pronta all’uso per la formazione permanente, per il dialogo tra differenti culture, per la comunicazione e il marketing sociale, per il dialogo tra le generazioni, per l’educazione alla comunicazione (dalla scrittura alla rete), per il sostegno alla genitorialità e alle famiglie (Nati per leggere & c.), per la ricerca, la lotta all’analfabetismo e all’esclusione sociale.
Questo significa entrare nei progetti e nei programmi delle politiche sociali a ogni livello, diventare attori consapevoli e riconosciuti (e riconoscibili) oltre i confini e i territori più abituali. E questo potrebbe anche aiutarci a far riconoscere la professione bibliotecaria così come è riconosciuta a livello internazionale, a cominciare dall’Europa di cui siamo cittadini e a cui dobbiamo chiedere di essere cittadini anche come bibliotecari e bibliotecarie. D’altronde non ci si inventa nulla, perché la realtà è già nelle nostre biblioteche. Il motivo è semplice: le biblioteche sono uno dei pochi luoghi al mondo dove è possibile essere accolti come persone indipendentemente dall’età, dall’istruzione, dal reddito, dall’aspetto... da tutte quelle etichette che altrove spesso aprono o chiudono le porte e orientano gli atteggiamenti.
Così il mondo – quello che sempre più spesso è isolato o rifugiato o mal tollerato - è entrato pian piano e poi sempre più frequentemente in biblioteca, e ha messo sicuramente in crisi consolidate tradizioni e regolamenti. Però ha aperto nuovi orizzonti: non solo per l’incontro fra culture, generazioni, linguaggi, ma per la necessità di trovare regole sostenibili, condivisibili, in luoghi che erano nati soprattutto per il silenzio e la tradizione. Come mantenere il refrigerio del silenzio davanti all’imperversare dei telefonini onnipresenti? Abbandonare la partita, organizzare ronde anti-cellulare, o trovare il modo di far scoprire che senza cellulare in biblioteca si vive e magari si sta meglio? Quando scriviamo regolamenti e documenti usiamo il voi o il noi?
Costruire le regole della convivenza in biblioteca significa – oltre a pensare e scrivere norme, regolamenti, carte dei servizi - guardare le cose con occhi diversi, mettersi nei panni degli altri, scoprire linguaggi: sperimentare insomma uno straordinario laboratorio di cittadinanza, proprio nel momento storico in cui il senso della cittadinanza sembra smarrito tra l’indifferenza, la paura e il malcontento; dove il cambiamento quotidiano può costruire l’abitudine alla scoperta e all’invenzione. La biblioteca diventa la casa comune, la finestra sul mondo, una presenza indispensabile e importante per tutti da tenere nel migliore dei modi, una risorsa di cui non si può fare a meno e a cui non si sogna più di tagliare il bilancio, il luogo cui far lavorare non il primo che passa o il cugino dell’onorevole, ma i bibliotecari più preparati. E la cittadinanza diventa un valore condiviso per una cultura comune, più europea e internazionale. Anche così le biblioteche costruiscono futuri.
P.S.: Nel ringraziare Vittorio Ponzani, i precedenti collaboratori di «AIB Notizie» e quanti mi hanno affidato l'incarico, saluto - insieme alla nuova redazione - i lettori e quanti vorranno collaborare.