I dati del 75° World Library and Information Congress dell’IFLA sono emblematici: 4496 partecipanti, di cui 1079 iscritti per la prima volta, 426 italiani, 229 volontari (italiani e di altri paesi), 219 sessioni di lavoro con 230 relazioni presentate nelle sette lingue ufficiali (ma con una netta preminenza per l’inglese: 212), 103 poster sessions, 130 espositori, 34 giornalisti accreditati, 18 conferenze satellite, oltre 20 visite alle biblioteche.
Il Congresso di Milano ha segnato il più alto numero di partecipanti nella storia dei congressi IFLA, premiando il lavoro promozionale e organizzativo dell’AIB e degli altri soggetti promotori – MiBAC, Comune di Milano, Provincia di Milano, Regione Lombardia – che nel marzo 2007 costituirono il Comitato nazionale (e al suo interno il Comitato esecutivo), composto da rappresentanti delle principali biblioteche italiane, dalla Biblioteca apostolica vaticana e da alcuni docenti di biblioteconomia.
Parlare di IFLA 2009 a così breve distanza dalla fine dei lavori mi risulta difficile, soprattutto per il naturale desiderio di riflessione successivo a un evento eccezionale, quasi si chiedesse a chi ha appena terminato una lunga camminata in montagna, ed è appena arrivato al rifugio, di parlare di ciò che ha sperimentato.
Delle belle esperienze (e quella di Milano è storica) ne parlo volentieri a distanza, dopo averle ben meditate. Mi limito pertanto, adesso, a qualche considerazione.
Il Congresso è stato il risultato di un lungo lavoro diplomatico di accreditamento presso l’IFLA e le principali associazioni bibliotecarie del mondo, durato anni, il cui buon esito è dipeso dall’attività dell’AIB svolta in modo sempre più autorevole sia sul piano nazionale, sia sul piano internazionale, con la presenza crescente e attiva di delegati italiani ai congressi IFLA e ai lavori delle commissioni e dei gruppi di studio; è stato anche il risultato di un accreditamento sul piano personale dei suoi promotori.
Ricordo una passeggiata di due ore, a Parigi, nel maggio 2006, in compagnia del Segretario generale dell’IFLA Peter Lor, durante la quale parlammo di innumerevoli temi biblioteconomici ed espressi la salda volontà dell’Italia di ospitare il Congresso.
Dopo un lungo e complesso iter procedurale, che ha visto la concorrenza di altri paesi, nel corso dell’appuntamento di Seoul dell’agosto 2006, Alex Byrne, allora presidente IFLA, annunciò la vittoria dell’Italia per il 2009, nell’entusiasmo della delegazione italiana, ben supportata dall’Istituto italiano di cultura e dall’Ambasciata italiana, che ci fornì la bandiera che sventolammo davanti all’assemblea dei partecipanti.
L’organizzazione del congresso di Milano ha richiesto un lavoro complesso, soprattutto se si considera che è stato svolto in un paese come il nostro, in cui i governi (e talora anche i dirigenti ministeriali) cambiano con una certa frequenza, con la conseguenza di dover ricominciare quasi tutto daccapo alla nomina dei nuovi titolari. Nonostante gli avvicendamenti politici e amministrativi, il lavoro si è svolto in un clima costruttivo, nella collaborazione fra Regione Lombardia, Provincia di Milano, Comune di Milano, MiBAC e AIB, quest’ultima con la funzione di “regista”.
Il sindaco di Milano Letizia Moratti, in particolare, ha riservato grande attenzione all’iniziativa, inserendola in un ideale percorso culturale che si concluderà in occasione dell’EXPO 2015. Il Comune ha fortemente sostenuto il Comitato nazionale con un cospicuo finanziamento e con la concessione gratuita, per la serata sociale, della Galleria Vittorio Emanuele II per l’esposizione del De divina proporzione di Luca Pacioli, e di Palazzo Reale per la mostra di alcuni fogli del Codice Atlantico di Leonardo da Vinci, documenti conservati all’Ambrosiana.
Comune, Provincia e Regione hanno messo a disposizione il Teatro alla Scala per l’indimenticabile concerto lirico del 23 agosto, eseguito dai giovani maestri dell’Accademia.
È inutile nascondere che molti bibliotecari stranieri sono arrivati a Milano con un pregiudizio nei confronti della capacità degli italiani di preparare adeguatamente un evento così impegnativo: ne sono ripartiti con una visione rinnovata.
La capacità organizzativa italiana ha vinto e la conferma è giunta con il lungo applauso alla cerimonia conclusiva del 27 agosto, con la consegna dell’attestato di lavoro ben svolto rilasciato al Comitato nazionale dal Presidente IFLA, e con decine di lettere ed e-mail giunte al Presidente e a vari membri del Comitato italiano nei giorni e nelle settimane successive al congresso.
Per la prima volta le biblioteche hanno avuto un ampio spazio sui media, compresi i quotidiani e le TV nazionali, con 45 interviste a membri del Comitato e a bibliotecari su radio e tv italiane, della Svizzera e del Vaticano, oltre 200 articoli e segnalazioni, e con la presenza su numerosi blog.
I volontari, provenienti da diverse nazioni e perfettamente gestiti sul piano organizzativo, hanno avuto un encomio per l’elevata professionalità e la cortesia dimostrate.
Oggi le biblioteche italiane, nonostante la crisi economica, il perdurare del disinteresse di molti amministratori e nella diversità tra Nord e Sud, offrono un servizio mediamente cresciuto e in alcuni casi eccellente, grazie alla cresciuta professionalità e al senso del servizio di molti bibliotecari: negli ultimi decenni numerose biblioteche sono fiorite in tutta Italia e la cooperazione è divenuta un valore reale.
Diversi servizi di informazione e documentazione offerti dalle biblioteche pubbliche e delle università si qualificano come esemplari; e nonostante ciò, questi servizi continuano a rimanere sconosciuti a un numero ancora troppo alto di cittadini e perfino di studiosi.
Per superare questa situazione è necessario promuovere un’incisiva e capillare azione di advocacy, sensibilizzare i vari strati della società verso la funzione sociale, informativa e documentaria svolta dalle biblioteche.
Dunque: il Congresso IFLA di Milano è stata una parentesi, magari gradevole, fra i ben più importanti impegni quotidiani o è stato un seme gettato che porterà frutti buoni e copiosi? Cosa ha significato un congresso IFLA in Italia? Quali conseguenze per le biblioteche e i bibliotecari italiani? Passerà come una meteora, come un temporale estivo, o costituirà davvero una valida occasione per assegnare un ruolo centrale alle biblioteche italiane?
Questo mi pare sia il nodo politico su cui riflettere all’indomani di un avvenimento che per me ha costituito un’avvincente esperienza sul piano professionale e umano, durata anni, da quando, a Copenaghen nel 1997, il primo incontro a cui partecipai, mi accorsi che i congressi IFLA erano ancora più importanti di quanto avessi immaginato.
Il congresso IFLA è infatti senz’altro un luogo di aggiornamento scientifico in ogni settore della biblioteconomia, un luogo di elaborazione di nuove normative, un luogo d’incontro eccezionale fra culture, esperienze e colleghi di tutto il mondo.
Il primo “Congresso IFLA” di Roma del 1929 stimolò la nascita dell’AIB, avvenuta un anno dopo; cosa stimolerà il congresso di Milano? Nessuno credo sia in grado di prevederlo, seppure un certo mio spirito ottimista sia propenso a credere in risvolti positivi. Vedremo.
Un aspetto positivo è certamente rappresentato dalle nuove generazioni dei bibliotecari, dai 30 ai 40 anni (e oltre), competenti e aggiornati, ma cresciuti sotto quella che si potrebbe definire una rigida “lastra di ghiaccio” burocratica e, in taluni casi, ottusa che ha purtroppo contrassegnato (e tuttora contrassegna) parte della nostra professione.
Se li si aiuta a perforare questa lastra, ovvero ad assumere responsabilità gestionali capaci di incidere sulla politica bibliotecaria dell’istituto in cui operano e, in prospettiva, sulla qualità della professione, essi sbocceranno e creeranno un prato in fiore, ovvero contribuiranno a elevare sensibilmente il livello della professione bibliotecaria in Italia.
Prima ancora occorre operare affinché i giovani bibliotecari possano trovare un’occupazione certa, così da mettere a frutto anni dedicati alla formazione e alla specializzazione, costati impegno, sacrifici, denaro.
Contribuire a far emergere questi bocci in fiore è il compito che spetta a chi ha qualche potere per contribuire a rompere la lastra di ghiaccio e a creare le condizioni affinché le biblioteche possano disporre di personale qualificato e stabile.
Questo è stato l’obiettivo che ha motivato e giustificato il lavoro di preparazione prima e di gestione poi, un lavoro che ha richiesto doti politiche più che organizzative, e tanta pazienza, in presenza di un contesto generalmente più incline a disseminare di ostacoli il percorso piuttosto che a spianare la strada.
Ma succede in ogni occasione e ciò era stato messo in conto.
Abbiamo dimostrato disciplina e rigore. Abbiamo fatto compiere una bella figura all’Italia, non solo delle biblioteche.
Adesso occorre gestire efficacemente il “dopo-IFLA”, ovvero capitalizzare il successo ottenuto a Milano, che ha confermato agli occhi della comunità professionale internazionale la crescita e la maturità raggiunta dai bibliotecari italiani. Dobbiamo valorizzare sul piano internazionale l’attività svolta dalle biblioteche uscendo dalla logica condominiale che purtroppo caratterizza e affligge bibliotecari e, aspetto più grave, docenti di biblioteconomia, e promuovere una forte politica di advocacy delle biblioteche.
Abbiamo accumulato un bonus di credibilità che non possiamo dissipare e che oggi si manifesta con la visibilità che abbiamo avuto sulla stampa e con gli inviti a partecipare a congressi internazionali: impegni che dobbiamo onorare al meglio.
Cosa rispondere pertanto alla domanda: “Cosa ha lasciato il Congresso IFLA in Italia?”. La responsabilità della risposta ricade su tutti noi che l’abbiamo voluto e gestito.
Al di là della visibilità momentanea, dobbiamo trovare la via per consolidare il successo, per far sì che da esso discendano conseguenze concrete. Questo compito spetta a tutta la comunità bibliotecaria italiana e all’AIB in particolare. Il Comitato esecutivo credo possa e debba avere ancora un ruolo nella fase successiva al congresso; il Comitato resta pertanto in vita per cercare di gestire la nuova dimensione internazionale e nazionale in cui sembra siano entrati (o rientrati) le biblioteche e i bibliotecari italiani.
Dovremo rafforzare, per esempio, la presenza dei delegati e dell’attività propositiva nelle commissioni IFLA, in EBLIDA e in altre iniziative europee e internazionali, stimolando le biblioteche a parteciparvi; aspetto non semplice perché la partecipazione ha un costo che spesso le amministrazioni non sono disposte a pagare. Dovremo lavorare per eleggere rappresentanti italiani nel Governing Board dell’IFLA; potremmo pensare a un Presidente italiano? Dopo il congresso di Berlino una tedesca (Claudia Lux) è stata eletta presidente, dopo il congresso di Durban una sudafricana (Ellen Tise) è stata eletta presidente, dopo il congresso di Québec una canadese (Ingrid Parent) è stata eletta presidente; e dopo Milano?
Non credo che un italiano sarà eletto presidente, e non per carenza o incapacità dei bibliotecari italiani. Ricordo che Christine Deschamps, una volta terminato il mandato di presidente IFLA, ringraziò il Governo francese del sostegno politico ed economico ricevuto nello svolgere a tempo pieno il suo mandato; le stesse parole ha pronunciato Claudia Lux al ricevimento in suo onore al Museo di storia della scienza e della tecnica Leonardo da Vinci di Milano il 26 agosto: Ministero degli esteri tedesco e Goethe Institut l’hanno aiutata in tutti i modi, considerandola ambasciatrice della cultura tedesca nel mondo, come ha ricordato il console tedesco nel saluto che le ha rivolto.
In Italia c’è questa sensibilità internazionale? Un presidente italiano avrebbe il supporto politico ed economico del Governo? Un paio di anni fa pensammo di organizzare un incontro ad Assisi sul tema dell’identità culturale europea e sul ruolo che possono svolgere le biblioteche.
Un’idea rimasta inattuata. È un argomento difficile, ma sono certo che la sua realizzazione, in un incontro con periodicità annuale, contribuirebbe al dibattito su un tema politico e culturale di grande interesse e corroborerebbe la funzione delle biblioteche come luoghi di incontro e dialogo fra culture diverse.
Sarebbe un’iniziativa che potrebbe utilizzare e rafforzare le numerose relazioni internazionali instaurate in questi anni e sarebbe un bel segno nella prosecuzione dell’impegno dopo-IFLA.
L’AIB, insomma, è chiamata a investire sul successo del congresso IFLA e a continuare a lavorare per promuovere le biblioteche italiane a livello internazionale e a livello nazionale, per far sì che il loro servizio sia sempre più conosciuto e il loro ruolo sia sempre più considerato essenziale per la democrazia.
Mi piace concludere con le parole di due bibliotecarie emiliane, Maura Quaquarelli e Maria Chiara Sbiroli, che mi hanno spedito un loro commento: «Nel clima di questo avvenimento, che sicuramente ha rinsaldato il prestigio della comunità dei bibliotecari italiani, rilanciamo un bisogno sentito, ora, con maggiore intensità: quello di rafforzare lo spirito di corpo della nostra associazione, di invitare i colleghi alla cooperazione e alla condivisione di scelte organizzative, a proporre modelli di successo per un confronto costruttivo che possa coinvolgere anche le realtà più svantaggiate, ricordando che nessuno è solo con la sua biblioteca, ma che abbiamo senso solo in quanto rete capillare che garantisca a tutti i cittadini l’accesso all’informazione».