In AIB-WEB si trova un’interessante sezione (Librariana, http://www.aib.it/aib/clm/clm.htm) che contiene i nomi di bibliotecari famosi, ma non in quanto bibliotecari. Tra gli altri, vi si trovano anche i nomi di Carlos Monzon, Mike Tyson, Ovidio Bompressi, Arnaldo Forlani, Sergio Cusani e Mark Chapman, omicida del noto cantante John Lennon; dalle informazioni dei curatori del repertorio scopriamo che questi nomi in particolare sono collegati dall’avere svolto l’attività di bibliotecari durante il loro periodo di detenzione o comunque durante il periodo di “sconto pena”.
Anche questa curiosa parte del sito dell’AIB registra quindi un contatto tra il mondo dei libri e il pianeta carcere. Purtroppo però non sempre questo contatto viene riconosciuto in maniera evidente e quindi è difficile un dialogo tra i due mondi che non sia sporadico.
Eppure, se si vuole parlare di reinserimento degli ex detenuti nella società civile, non si dovrebbe proprio passare dalla porta principale, cioè quella della Cultura, con la C maiuscola? Spesso invece si cercano altre strade, magari quelle comode della TV, che raramente però danno risultati duraturi.
I bibliotecari italiani non sono rimasti inerti di fronte a questi problemi e già molte esperienze sono in atto da alcuni anni; i convegni nazionali realizzati a Rozzano (Milano) nel 2001, a Sassari nel 2003 e a Treviso nel 2005 (i cui atti sono raccolti in volume) sono solo alcuni degli esempi in cui si sono confrontati coloro che lavorano in questo settore, cercando di approfondire la collaborazione tra amministrazioni – soprattutto locali – e istituzioni penitenziarie.
In tale filone si è voluto porre il convegno “Galeotto fu… il libro. Lettura, biblioteche e carcere”, che si è tenuto a Genova il 15 gennaio 2008 presso la monumentale Sala terza della Biblioteca universitaria di Genova sotto gli auspici, oltre che della stessa biblioteca, del Ministero per i beni e le attività culturali, della Sezione ligure dell’AIB, della Biblioteca Berio, del Goethe Institut e del Ministero della giustizia.
Davanti a un folto pubblico, composto da bibliotecari, educatori in carcere, docenti scolastici e universitari, volontari e appassionati di libri, si sono alternati a parlare dello stimolante tema della lettura all’interno delle mura carcerarie i rappresentanti delle istituzioni liguri coinvolte e i bibliotecari locali, con l’importante apporto di alcuni esperti nazionali e internazionali.
L’avvio dei lavori è stato dato dai saluti dell’assessore provinciale di Genova al personale, sistemi informativi, carceri, Milò Bertolotto, e del provveditore regionale dell’Amministrazione penitenziaria, Giovanni Salamone, che hanno ribadito da una parte l’importanza di quanto già fatto, dall’altra che si deve operare per consolidare un’alleanza con il territorio sempre più forte, creando reti stabili che favoriscano l’inclusione delle biblioteche penitenziarie nel circuito delle biblioteche provinciali e comunali.
Leggere è un diritto di tutti e un’opportunità importante per chi è costretto da una storia personale, spesso difficile, in luoghi di pena: questo è stato ribadito anche dal presidente della Sezione ligure dell’AIB, Francesco Langella: «ogni istituzione deve compiere uno sforzo perché le biblioteche siano accessibili a tutti, perché un servizio che offra maggiori opportunità di lettura offre una qualità di vita che può essere migliore». Langella si è anche soffermato su alcune esperienze già avviate, tra cui merita di essere ricordato il concorso sulle fiabe svolto all’interno delle carceri, segno di una collaborazione già intrapresa con risultati interessanti.
Gli interventi successivi del direttore della Casa circondariale di Marassi, Salvatore Mazzeo, e di Pontedecimo, Giuseppe Comparone, sono stati un’ulteriore sottolineatura dell’importanza di tale collaborazione, che ha visto crescere l’esperienza della biblioteca all’interno della Casa circondariale di Marassi con l’apporto dei bibliotecari comunali e dei momenti di studio e formazione all’interno dell’istituzione di Pontedecimo.
La lettura del testo inviato da Angela Barlotti, “biblioterapeuta” e membro dello Standing Committee dell’IFLA Disadvantaged Section, che non ha potuto, suo malgrado, partecipare al convegno, ha dato un contributo fondamentale per stabilire l’ossatura degli interventi possibili per avvicinare ogni lettore al suo libro e ogni libro al suo lettore, anche quando ciò avviene in biblioteche “fuori di sé”, come ricordava facendo eco a una prima iniziativa intrapresa assieme a Maria Stella Rasetti fin dal 1995. Gli interventi di Felicia Firpo e Emanuele Canepa hanno provato a delineare l’attualità dell’esperienza della collaborazione tra la Biblioteca Berio e la Casa circondariale di Marassi, che ha reso possibile riavviare la biblioteca carceraria; una collaborazione iniziata in passato grazie ad alcune funzionarie comunali, poi ripresa per iniziativa volontaria, ma successivamente terminata per vicissitudini di vario genere; dal 2007 è stato catalogato molto del materiale posseduto ed è stato riavviato il servizio di prestito sia dall’interno che dall’esterno, cioè dalle biblioteche comunali; purtroppo anche in questo caso ci sono stati degli intoppi, dovuti alla necessità di avere un bibliotecario detenuto che possa garantire una continuità di servizio, cosa che in una casa circondariale, dove i detenuti sono spesso di passaggio o per periodi brevi, non è sempre possibile.
Felicia Firpo ha spiegato come ci si è trovati a “cucinare” una “pietanza” con ingredienti spesso poveri: il piatto è ora quasi pronto, il gusto è anche buono, ma il risultato non è acquisito in maniera definitiva, e comunque il sapore potrebbe essere migliore: mancano ad esempio le riviste in lingua straniera, esiste il problema dello scarto e l’accessibilità ai locali della biblioteca non è garantita.
Maria Milano, direttrice della Casa circondariale di Chiavari, ha impostato il suo intervento sull’aspetto della lettura in carcere, cosa importante certo, ma non sempre scontata; per comprendere meglio questo problema ha provato a intervistare i detenuti, chiedendo cosa loro ne pensassero: ne è uscito un affresco interessante, segno della fame di lettura, ma anche di desiderio di essere accompagnati a essa; perché chi non ha gli strumenti, ha bisogno di essere aiutato ad avvicinarsi al libro, per non sbattere contro un muro e per trovare una porta che faccia “evadere”, ancorché in maniera solo figurata; e ancora di più per trovare una libertà che nessun muro, nessuna sbarra possa ingabbiare.
L’intervento di Livia Botto, dello Sportello informativo del Ministero della giustizia, introducendo il discorso sulle risorse utilizzabili grazie alle misure alternative al carcere, che possono portare anche a un utile inserimento nelle istituzioni bibliotecarie, ha dato spunto agli interventi finali di due ex detenuti (Elena Benetello e Marcello Balocchi), che in carcere hanno svolto l’attività di bibliotecario, con grande giovamento per loro e per la biblioteca, che è stata curata in maniera particolare e scrupolosa, dando anche possibilità di sbocchi lavorativi all’esterno; segno di come le biblioteche possano fornire momenti per elaborare un nuovo senso della vita.
Il convegno è stato arricchito, come si è accennato, anche dalla presenza di Gerhard Peschers, direttore della biblioteca del carcere di Münster e presidente della Società delle biblioteche carcerarie tedesche; la sua biblioteca è stata premiata come biblioteca dell’anno 2007 in Germania; Peschers è intervenuto dopo il contributo della Barlotti e ha parlato dell’esperienza tedesca. A margine del convegno, ci ha rilasciato un’intervista a commento della giornata e a complemento del dibattito.
Dell’intervista riportiamo qui di seguito un estratto.
Qual è la realtà delle biblioteche carcerarie in Germania?
In Germania ci sono biblioteche in tutte le carceri, così come prevede la legge nazionale, che però attualmente sta per essere modificata; la riforma non rende più obbligatoria la presenza di una biblioteca in ogni carcere.
Tuttavia a livello europeo è prevista una biblioteca laddove esiste un carcere e in particolare che questa sia collegata alla biblioteca della città. Anche le linee guida IFLA prevedono questo tipo di soluzione. In Germania oggi esistono solo 3 bibliotecari nelle carceri; attualmente sono responsabile anche di altre 30 biblioteche della regione Nordrhein-Westfalen. Devo sottolineare che nel Bundesland del Nordrhein-Westfalen ho avuto la possibilità di ricevere sovvenzioni istituzionali, così come da parte di altri donatori, quali fondazioni o privati.
Lei ha un ruolo importante sia a livello tedesco che a livello internazionale: a che punto siamo nel mondo in tema di biblioteche carcerarie? Che tipo di formazione si può fornire ai detenuti e quale può essere in questo senso il ruolo delle biblioteche? Ed ancora: è previsto in Germania il coinvolgimento di detenuti all’interno di progetti specifici?
Nelle nostre biblioteche è previsto un buon numero di corsi di formazione bibliotecaria rivolta ai detenuti; purtroppo è difficile trovare le persone che corrispondano ai criteri previsti per i discenti di tali corsi e nei lavori successivi; questo avviene in maniera particolare per alcuni progetti di digitalizzazione del materiale librario, che è un lavoro piuttosto complesso.
Più in generale, dobbiamo sottolineare che il compito di chi amministra la giustizia è di collaborare con chi si occupa di biblioteche, mettendo a disposizione i mezzi e il personale.
Ognuno deve svolgere il suo ruolo, senza che avvengano confusioni o sovrapposizioni, ma neanche omissioni. La collaborazione tra biblioteche e carceri è fondamentale. A questo proposito devo dire che ho apprezzato la collaborazione riscontrata tra la Biblioteca Berio di Genova e il carcere di Marassi.
Qual è l’impegno delle nostre biblioteche, quale potrà essere in futuro il lavoro da compiere e come potremo impegnarci in questo lavoro insieme?
Spero che quello che ho raccontato durante il convegno e ciò che si è comunque detto possa mettere in moto le idee sull’argomento e farne nascere di nuove. Le realtà sono certamente differenti: le soluzioni utilizzate a Münster non sono applicabili automaticamente in Italia e nemmeno è possibile fare viceversa.
Si devono trovare le soluzioni adatte alla realtà in cui si vive. Ho presentato la mia esperienza e sono curioso di sapere quali idee possano aver suscitato i miei racconti sulle tante persone presenti al convegno, provenienti certamente da situazioni diverse; si è trattato di un convegno importante, che in Germania sembra impossibile da realizzare con una simile partecipazione e interesse, pur avendo noi maggiori fondi a disposizione.
Ho avuto occasione di sentire parlare anche delle problematiche esistenti nella situazione ligure. Penso che su questo si debba lavorare, ad esempio sulla necessità di fornire libri in lingua straniera ai detenuti, sulla necessità di incrementare le attività di lettura in carcere e sull’utilizzo di audiolibri; questo è certamente un compito dei bibliotecari.
A Münster, ad esempio, esistono oggi alcuni progetti di collaborazione con l’università sul design per il restauro degli edifici bibliotecari: credo che, pur nella diversità delle situazioni, questo potrebbe essere uno spunto interessante su cui lavorare.
Il lavoro da compiere insieme è ancora molto, e credo che la collaborazione, anche a distanza, tra chi si occupa di questo argomento possa essere fondamentale.
Sono stato contento dell’invito a parlare qui a Genova, anche per aver avuto la possibilità di visitare un bella città e vedere una interessante realtà bibliotecaria.
francesco.guido@beniculturali.it