Il 24 aprile scorso si è tenuta a Roma un’interessante iniziativa che ha avuto come protagonista Leslie Burger, presidente dell’ALA. Leslie è stata ospite di una puntata di “Face2Face”, l’innovativa video webchat creata dall’Ambasciata degli Stati Uniti a Roma per favorire il dialogo con esperti americani e italiani su molteplici tematiche.
“Face2Face” consiste in una “intervista online in diretta” nella quale l’ospite risponde in video alle domande inviate dal pubblico che segue la diretta dal proprio computer.
Durante l’episodio di cui è stata protagonista, riservato a un pubblico di addetti ai lavori, Leslie ha dialogato con bibliotecari di un ampio gruppo di nazioni, tra cui Brasile, Messico, Turchia, Malta, Cipro, Portogallo, Bielorussia, Grecia, Spagna, Polonia, Slovacchia e Russia.
Il titolo della webchat - “Libraries transform communities” - corrisponde allo slogan adottato da Leslie Burger per la sua presidenza dell’ALA, e la discussione ha ruotato intorno ad alcuni temi emergenti nel mondo delle biblioteche oggi: la multiculturalità, l’integrazione e lo sviluppo della cittadinanza attraverso le biblioteche pubbliche, la ricerca di fondi, le nuove tecnologie e il loro impatto sulla professione e sui servizi bibliotecari.
La webchat si è svolta in inglese. Qui di seguito si presenta una traduzione informale delle parti principali, mentre la registrazione video completa di questo episodio di “Face2Face” è disponibile sul sito dell’Ambasciata USA.
Come possono le biblioteche affrontare i cambiamenti introdotti dai documenti elettronici, in particolare nel campo delle pubblicazioni scientifiche? Qual è il nuovo ruolo dei bibliotecari nel preservare e valutare l’informazione scientifica su Internet, e nell’insegnamento delle nuove competenze di information literacy per il pubblico?
Oggi giorno circa la metà dei periodici scientifici è pubblicata elettronicamente. Questo rappresenta una sfida per i bibliotecari. Per questa ragione, insegnare information literacy è fondamentale oggi giorno, tra l’altro questo è un ruolo che da sempre i bibliotecari hanno avuto, solo che adesso si presenta in una forma diversa.
Prima si svolgeva attraverso la reference interview, e ci si basava sul patrimonio cartaceo, oggi invece bisogna lavorare su supporto elettronico. In questa realtà è molto importante che noi bibliotecari aiutiamo gli utenti a trovare l’informazione non più su supporto cartaceo ma su Internet. La vera sfida sta nell’aiutare gli utenti a riconoscere se le risorse sono autorevoli e affidabili, nell’immensità di Internet.
È qui che i bibliotecari possono giocare un ruolo fondamentale: insegnare dov’è il gap tra l’informazione autorevole e quella non autorevole su Internet.
Bisogna trasmettere al pubblico le competenze necessarie per valutare i contenuti che si trovano su Internet. Per quanto riguarda le pubblicazioni elettroniche, rappresentano un’altra sfida interessante per i bibliotecari. Bisogna cercare di acquistare o creare dei pacchetti che siano utili al pubblico, che abbiano un senso per loro. È una grande sfida, ma l’ambiente elettronico dà sicuramente più opportunità e ricchezze di quello cartaceo.
Quali sono i programmi dell’ALA per la formazione professionale di bibliotecari esperti negli Stati Uniti?
Uno dei programmi lanciato dall’ALA quest’anno ha l’obiettivo di trasmettere competenze di leadership per i bibliotecari in posizioni di responsabilità.
Si chiama Emerging Leaders Program, ed è un progetto nel quale abbiamo selezionato, su una base competitiva, 115 neolaureati in Biblioteconomia per partecipare a dei corsi di formazione. Io sono convinta che le competenze di leadership possano essere insegnate.
Abbiamo anche alcuni programmi di formazione a livello nazionale per manager di medio livello.
Credo che sia molto appropriato offrire questo tipo di formazione attraverso le associazioni di biblioteche.
Qual è l’immagine del bibliotecario oggi negli Stati Uniti?
Questo è un tema interessante, di transizione.
Non so se Second Life è nota in Italia; in questo nuovo social network virtuale, appartenente al mondo del Web 2.0, molte biblioteche statunitensi stanno aprendo delle biblioteche virtuali. Per esempio l’ufficio di Washington dell’American Library Association, che è l’ufficio preposto per l’azione di lobbying, ha aperto uno spazio su Second Life. Web 2.0 ci dà l’opportunità di andare dove le persone interagiscono nelle comunità virtuali. Sappiamo, per esempio, che molti bibliotecari hanno una pagina su FaceBook o su Friendster. Penso che questo sia un ottimo modo per i bibliotecari per mostrarsi al mondo in un altro modo.
Anche siti come Yahoo Answers sono importanti; bisogna essere presenti in questi servizi. Yahoo Answers offre un servizio di richiesta di informazione, attraverso il quale qualsiasi persona al mondo può scrivere una domanda e ricevere una risposta in 5 minuti.
Io penso che dobbiamo avere bibliotecari in tutto il mondo che rispondano su Yahoo Answers; gli utenti devono sapere che le risposte più esatte e utili che ricevono, provengono dai bibliotecari.
Negli Stati Uniti, le biblioteche hanno collezioni dedicate agli immigrati? Con quali fondi sono create queste collezioni? Ci sono delle leggi che promuovono questo tipo di collezioni?
Da sempre le biblioteche statunitensi hanno servito le comunità di immigrati. Fin dai primi anni ’20, quando c’è stata una grande ondata di immigrazione nel nostro paese, molti immigrati hanno iniziato a frequentare le biblioteche pubbliche perché lì trovavano corsi di inglese o materiali per apprendere la lingua; potevano iniziare lì il loro percorso di assimilazione a una nuova cultura.
Oggi questo si ripete, ma in un modo diverso, e la differenza è che riconosciamo l’importanza del desiderio delle persone di essere assimilate alla nostra cultura, ma, dall’altra parte, si riconosce anche l’importanza di dare voce alla loro diversità culturale. Oggi, le biblioteche negli Stati Uniti hanno un ruolo più attivo nell’acquisizione di materiali (libri, musica, video, audiolibri) che riflettono la lingua e la cultura degli utenti.
Per esempio nella mia biblioteca a Princeton, New Jersey, dove ci sono un’università e una comunità molto grande di immigrati – nelle nostre scuole si parla in circa 52 lingue diverse – abbiamo un gran pubblico proveniente dall’America centrale. Molti di loro quando arrivano parlano solo lo spagnolo, e quindi a Princeton acquistiamo materiali in spagnolo, e in altre 15 lingue straniere. Noi chiamiamo questa collezione la World Language Collection.
È molto importante essere accoglienti, e che le regole delle biblioteche non siano discriminatorie.
È un nostro dovere promuovere l’ingresso di utenti di tutte le provenienze ai nostri servizi.
Poniamo molta attenzione a offrire un servizio che faccia sentire il pubblico a proprio agio.
Anche gli anziani e i disabili devono poter accedere alle biblioteche con agio. Ad esempio, negli Stati Uniti abbiamo una serie di leggi e regolamenti che stabiliscono quanto spazio ci deve essere tra gli scaffali per poter permettere il passaggio di una sedia a rotelle, o quante rampe di accesso per disabili ci devono essere. È importante offrire agli anziani delle opportunità per avere scambi sociali, per prevenire il loro isolamento. Per esempio, si possono creare dei momenti di interazione con i bambini; molte biblioteche negli Stati Uniti hanno programmi in cui gli anziani leggono dei libri di fiabe ai bambini; in questo modo gli anziani si sentono attivi, e possono offrire qualcosa di utile alle loro comunità.
Anche le collezioni devono rispettare queste differenze; ad esempio ci devono essere libri con dei caratteri molto grandi per chi ha problemi di vista, o audiolibri per i non vedenti, o materiali video con sottotitoli per i sordi.
Quali sono le priorità dell’ALA, riguardo allo sviluppo della professione?
La tecnologia innanzi tutto. La tecnologia sta influenzando molto il modo in cui noi svolgiamo la nostra professione. Ci sono vari aspetti della tecnologia che ci riguardano: il lato pubblico, in altre parole l’insegnamento delle nuove tecnologie.
Le biblioteche devono offrire al pubblico la possibilità di partecipare a corsi di formazione, per esempio per imparare a usare il mouse, ad aprire una casella di posta elettronica, a convertire i negativi in fotografie digitali, a partecipare a un network sociale tipo FaceBook, a creare un sito web, ecc.
Le biblioteche devono offrire tecnologie web al pubblico, devono investire per avere computer con un accesso veloce a Internet.
È molto importante offrire questi servizi al pubblico.
Nel back office, le biblioteche stanno usando la tecnologia per velocizzare i servizi, il check in, il check out, gli inventari, i servizi 24/7 [attivi 24 ore al giorno per 7 giorni alla settimana], i servizi virtuali di reference via chat o e-mail.
L’altro aspetto importante è quello dei nuovi software per catalogare, per inventariare ecc. Le aziende che producono software stanno rispondendo molto lentamente ai bisogni delle biblioteche; perciò occorre anche muoversi verso l’open source. Evergreen è un buon esempio di open source per un integrated library system.
Un altro aspetto importante è il modo in cui le biblioteche pubbliche stanno cambiando i loro servizi: si costruiscono nuovi edifici più accoglienti, più luminosi e confortevoli.
Non si tratta più di proteggere i libri ma di rendere l’ambiente confortevole e accogliente. Per esempio, molte biblioteche negli Stati Uniti prevedono una sala con caminetto e dei divani per leggere una rivista, o per prendere una tazza di caffè, altre sale dove si offrono corsi di formazione ecc. Lo spazio fisico sta cambiando insieme alla tecnologia.
Un altro aspetto importante è allargare i servizi per includere più programmi per adulti e bambini: seminari, conferenze, discussioni di gruppo, cinema club, festival, opportunità per tutti per leggere un libro e partecipare a una discussione.
Come possono le biblioteche pubbliche servire le società multiculturali di oggi?
Le biblioteche possono diventare ottime opportunità di integrazione culturale. Riconoscere e celebrare la diversità di culture e raccogliere, nell’istituzione della biblioteca, queste diverse realtà, è un beneficio che solo le biblioteche possono offrire. Le biblioteche sono luoghi “neutri”, senza identità di partito, religione o classe sociale. Sono quindi una sorta di ambiente “protetto” dove le persone possono interagire in un modo singolare.
Come si attraggono persone giovani alla professione?
Attrarre nuovi bibliotecari alla professione è una vera sfida. Oggigiorno i giovani hanno molte opportunità e quindi non è facile coinvolgerli. Quando parlo con i giovani dico a loro: se vi piace l’informazione, il mistero della ricerca, se vi piace lavorare con le persone e se vi piace fare qualcosa di nuovo ogni giorno, ebbene, la professione del bibliotecario vi offre tutte queste opportunità. Questa professione permette di fare qualcosa che ci fa sentire utili alla comunità, è un mestiere che dà un senso di utilità sociale e non solo di profitto economico.
Io credo che oggi i giovani cerchino qualcosa di più del solo profitto; vogliono fare un lavoro che contribuisca a migliorare la società in cui vivono. All’ALA ci teniamo a parlare con gli studenti fin da molto giovani, a scuola, attraverso il Web, con tutti i mezzi di cui siamo capaci, per attrarli alla nostra professione.
Quali sono i punti più importanti dell’ALA per promuovere la professione negli Stati Uniti?
L’advocacy e la promozione sono le cose più importanti. Noi abbiamo creato una campagna, @yourlibrary, il cui fulcro è promuovere il lavoro delle biblioteche attraverso l’uso del @. È una pubblicità molto accattivante, che vuole trasmettere tutti i percorsi innovativi che sono promossi nelle biblioteche.
La formazione per imparare a fare advocacy, la ricerca di finanziamenti, la tutela dei diritti degli utenti (alla privacy, alla libertà di lettura) sono i punti più importanti. A giugno prossimo apriremo il sito “I love libraries@org”, dove promuoveremo tutte le cose interessanti in corso nel mondo delle biblioteche.
Sarà un sito interattivo, i bibliotecari potranno scrivere e scambiare esperienze.
Cosa pensa della digitalizzazione dei documenti?
I libri non spariranno mai, resteranno con noi.
Non avremo mai le risorse economiche necessarie per rendere digitali tutte le risorse disponibili al mondo, ma solo per digitalizzare una piccolissima parte di queste risorse.
Questo ci dà grandi opportunità: dobbiamo pensare a come preservare i libri e a come abbinare le collezioni cartacee con quelle digitali, per offrire servizi sempre più interessanti.
Può spiegare qual è il livello di sensibilità dell’ALA per quanto riguarda il sociale?
L’ufficio dell’ALA a Washington è dedicato al lobbying. Noi lavoriamo in modo stretto con i parlamentari, monitorando, promuovendo e difendendo proposte legislative nel campo del diritto alla privacy, alla non intrusione da parte del governo, alla libertà intellettuale, alla libertà di lettura, allo sviluppo dei bambini, ma anche contro la guerra e contro le discriminazioni.
Noi crediamo che le biblioteche possono dare un gran contributo alla società.
Cosa si può fare per vedere i bibliotecari alla pari di altri personaggi importanti, per esempio degli uomini d’affari o dei politici?
Ottima domanda. È fondamentale per i bibliotecari essere visibili nelle loro comunità, partecipare nella ricerca di soluzioni dei problemi sociali. Bisogna parlare con il governo locale, con le organizzazioni civili, fare lo sforzo di uscire dalla biblioteca e partecipare alla vita sociale della comunità.
Ci può parlare del problema delle risorse finanziarie per le biblioteche? È un problema mondiale? Quali sono i suoi suggerimenti?
Sto lavorando a questo in questo momento, attraverso la creazione di un’Agenda nazionale per le biblioteche negli Stati Uniti.
Come possiamo fare per assicurare a ogni cittadino negli Stati Uniti l’accesso a una buona biblioteca, che abbia una buona collezione di documenti e una connessione a Internet veloce?
L’Agenda mette a punto delle linee di azione per lavorare insieme e per assicurare queste risorse alle biblioteche.
Come si fa ad arrivare agli immigrati che non vanno in biblioteca?
Bisogna andare da loro. Bisogna uscire dalle biblioteche e creare programmi nei luoghi dove loro si riuniscono.
Faccio un esempio: a Princeton abbiamo una grande comunità latina. Loro non entrano in biblioteca perché hanno paura dei controlli; infatti molti di loro non hanno i documenti. Perciò abbiamo deciso di creare dei programmi da svolgere per strada, nel loro quartiere. Abbiamo parlato con queste comunità, offrendo loro dei programmi. È stato un successo.
Abbiamo anche fatto di più: formazione sul posto di lavoro, formazione tecnologica, abbiamo raccontato loro che nelle nostre biblioteche c’è accesso a Internet gratuito. Bisogna andare dove sono loro.
Quali sono secondo lei le competenze di base che i professionisti dell’informazione devono avere?
La prima competenza è la capacità di ascoltare, di coinvolgersi con l’utente, di capire veramente cosa chiede l’utente, essere accogliente, sorridente. Questa per me è davvero la prima competenza necessaria.
Oltre a questo, ci sono le competenze tecniche sulle tecnologie emergenti. Non bisogna avere paura di accogliere le nuove tecnologie, bisogna accrescere queste competenze per poter essere in grado di fornire informazione: competenze per fare ricerca nel Web, per valutare il materiale presente in rete, per utilizzare i nuovi strumenti tecnologici.
Come possono i bibliotecari gestire il sovraccarico di informazioni presenti su Internet?
Le persone pensano che possono trovare tutto su Internet, e proprio per questa ragione ritornano alle biblioteche. Dopo aver cercato infruttuosamente, e aver trovato circa 10 mila siti sull’argomento di proprio interesse, le persone si rivolgono alle biblioteche perché sanno che lì otterranno gli strumenti e l’assistenza per valutare quali sono i siti migliori, e perché sanno che avranno come risultato un piccolo numero di siti utili.
Quindi direi che, in questa era di Internet, i bibliotecari sono ancora più essenziali di prima.
Come si regola negli Stati Uniti l’accesso a Internet per i bambini?
Si tratta di una decisione presa a livello locale. Ci sono circa 3 livelli di accesso: l’accesso con un filtro totale, l’accesso con un filtro che vieta alcuni siti ai bambini ma non agli adulti, e l’accesso totalmente libero a tutti. Quest’ultimo tipo di accesso è il meno comune.
Quali sono le sfide più grandi per un direttore di una biblioteca pubblica negli Stati Uniti?
Servire quattro generazioni contemporaneamente; generazioni che hanno bisogni molto diversi tra di loro: dagli anziani che sono nati nell’era del cartaceo, fino ai bambini nati nell’èra digitale.
Anche il finanziamento è una grande sfida, come riuscire a fornire i migliori servizi.
Negli Stati Uniti molte biblioteche sono finanziate attraverso le tasse, e quindi c’è sempre tensione tra le istituzioni, per aggiudicarsi queste tasse.
Un’altra grande sfida è come integrare le nuove tecnologie nei servizi che forniamo.
Può parlarci del lavoro dei bibliotecari con i bambini?
Ci sono alcuni problemi importanti in questo campo.
Noi vogliamo che ogni scuola abbia una biblioteca, perché siamo convinti dell’importanza delle biblioteche nel successo formativo del bambino. I bibliotecari scolastici lavorano con gli insegnanti e supportano il curriculum scolastico. Purtroppo non tutti pensano che le biblioteche scolastiche siano importanti, e quindi questa è una vera sfida: ottenere il supporto necessario per le biblioteche scolastiche delle nostre scuole primarie, secondarie e superiori.
Quali sono le condizioni delle biblioteche pubbliche nei piccoli centri cittadini? Sono in grado di fornire servizi di buona qualità agli anziani, alle minoranze, agli immigrati?
Penso che tutti noi dobbiamo affrontare molte sfide nelle nostre comunità, per garantire alla comunità i servizi di cui ha bisogno, bilanciando questi bisogni con i budget di cui disponiamo.
Penso che sicuramente c’è un grande impegno da parte delle biblioteche per offrire questi servizi agli anziani, agli immigrati, ai bambini. Credo che il modo migliore per assicurare il tipo di supporto di cui abbiamo bisogno sia quello di dimostrare quanto siamo essenziali alle nostre comunità.
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