Troppi i ricordi di Luigi; difficile parlare di una frequentazione così lunga e fortemente intrisa di vita professionale, scientifica e personale, che pure comprende un periodo di relativa distanza, poi ampiamente colmato da una relazione ancor più intensa.
Ho conosciuto Luigi a Empoli nell’aprile del 1978, in occasione del convegno “Organizzazione e funzionamento del sistema bibliotecario”, promosso dai comuni del Comprensorio della Valdelsa e del medio Valdarno, con il patrocinio della Giunta regionale toscana; un convegno importante perché, scrive anonimamente Luigi nell’Avvertenza, «alcuni temi o alcuni particolari di grandi temi vi sono stati trattati per la prima volta».
Erano presenti numerosi personaggi della biblioteconomia italiana, che molti di noi giovani vedevano per la prima volta, attorniati da rispetto e da ammirazione. Diego Maltese presentò la relazione Servizi bibliotecari nazionali e articolazioni regionali, mentre Crocetti parlò di Servizi bibliotecari: articolazioni regionali; tematica che, a distanza di trent’anni, rimane il problema del sistema bibliotecario italiano, perché progressi ce ne sono pure stati, ma non come auspicati o forse sognati allora.
Luigi vestiva un abito di velluto blu, fumava la pipa, passeggiava lentamente nell’androne del Palazzo delle esposizioni, solitario, apparentemente distaccato; godeva di un grande carisma ed era già nel mito per molti giovani bibliotecari, che riconoscevano in lui un riferimento essenziale; ero iscritto alla SSAB dell’Università di Roma “La Sapienza”, al tempo poco conosciuta e poco frequentata.
Una volta presentati, iniziarono le visite assidue alla sede del Servizio beni librari della Regione Toscana, di cui era direttore; mi propose subito di pubblicare un saggio sulla storia della Biblioteca comunale di Empoli, mi offrì una borsa di studio per la catalogazione della Biblioteca di Ernesto Ragionieri e poco dopo di tenere una lezione in un corso da lui promosso a Palagio di parte guelfa a Firenze.
Nel frattempo lavoravo come volontario alla Biblioteca dell’Osservatorio ximeniano, riordinando i tabulati dei terremoti avvenuti in Italia a partire dalla fine dell’Ottocento; gli chiesi consiglio su come descriverli. «Vediamo come li trattano le AACR appena arrivate alla biblioteca del Servizio», rispose.
Non ne parlavano, ma fu l’apertura a un mondo sconosciuto da allora divenuto sempre più familiare; le RICA erano state appena edite, ma non lo entusiasmavano. Ci siamo incontrati l’ultima volta il 2 marzo 2007, una settimana prima che morisse, e abbiamo parlato ancora di Sistema (o di non-sistema) bibliotecario nazionale, il tema del congresso AIB del 2007, come se il tempo non si fosse fermato, come se il cerchio si chiudesse sul tema centrale della cooperazione e del servizio verso il cittadino, da cui dipendono le scelte e i dettagli sul piano tecnologico e catalografico.
Ed è proprio questo tema che vorrei ricordare in particolare. Luigi contribuì a far inserire nella legge regionale toscana 33/1976 la costituzione dei sistemi bibliotecari fra le biblioteche di competenza regionale e a creare il Catalogo unico della Regione Toscana (CURT); favorì molto la formulazione del progetto di SBN (e prima di SNADOC), per buona parte concepito nella sala di lettura della Biblioteca del Servizio beni librari della Regione Toscana di via Gustavo Modena 13.
Nella relazione Servizi bibliotecari: articolazioni regionali, egli lamenta che fra le migliaia di biblioteche presenti in Toscana di proprietà pubblica (statali e di ente locale) «non sono mai state tessute le maglie d’una rete: né a livello informativo né a livello di funzionamento».
Il collegamento lo deve creare l’utente, con le proprie ricerche; non esiste istituzionalmente. Perfino tra biblioteche appartenenti, diciamo così, a una stessa categoria, la coordinazione è scarsissima o affatto assente: per esempio, anche tra le sei biblioteche appartenenti allo Stato ovvero al medesimo ministero, giacché, potremmo aggiungere, la carenza riguardava anche le biblioteche dell’università, sempre di proprietà dello Stato, ma di riferimento ad altro ministero.
Riprende il soggetto nella relazione presentata al Congresso AIB di Viareggio del 1987, dove, da Presidente dell’Associazione, critica le amministrazioni regionali «che hanno forse perduto un’occasione irripetibile», quella del decentramento delle competenze sulle biblioteche locali dallo Stato alle Regioni, perché hanno riproposto localmente il legalismo dello Stato centrale, trascurando «lo sviluppo delle biblioteche e la tutela dei beni».
Rimane la speranza «intorno al progetto del Servizio bibliotecario nazionale: qui l’apporto regionale sembra fin d’ora da giudicare incisivo e promettente» e subito evidenzia il compito degli uffici centrali: «quello d’indirizzo e di coordinamento».
La situazione bibliotecaria italiana non è felice.
Le tesi approvate al Congresso (le Tesi di Viareggio) affermano infatti che «la caratteristica saliente del sistema bibliotecario italiano è che non è un sistema» perché le biblioteche sono «considerate come unità singole, teoricamente autosufficienti», con il risultato che «la qualità dei servizi è tra i più scadenti in Europa. […]
L’obiettivo dev’essere quello di creare un sistema informativo nazionale che sia differenziato per tipo di utenza e diffuso su tutto il territorio, e di garantire la conservazione del patrimonio bibliografico nazionale».
Parole dure e purtroppo ancora non superate dai fatti.
La delusione per SBN giunge presto, perché sviluppatosi privilegiando gli aspetti burocratici, divenuti sempre più elefantiaci e gestiti malamente, a discapito del servizio, come Luigi dichiara esplicitamente al seminario Vinay di Venezia nel gennaio 1999.
Il 2 marzo, Claudio Leombroni e io gli abbiamo ricordato che l’AIB sta lavorando sul medesimo tema che lo aveva visto protagonista dagli anni Ottanta e di cui si parla fin dai primi anni Sessanta, da quando Maltese propose il concetto di Archivio nazionale del libro.
Gli esprimemmo gratitudine per le sue riflessioni originali e mai deferenti a quelle istituzioni per cui aveva lavorato con entusiasmo e competenza, uscendone tuttavia amareggiato e deluso dall’ottusità di una burocrazia insipiente, troppo attenta a se stessa e pochissimo al merito delle questioni, e da politici dall’occhio vitreo, dall’”occhio” di chi, appunto, “non comprende” i problemi che pone il bibliotecario; «ma in realtà non è il bibliotecario a non essere capito: è la biblioteca». «Temo che non potrò essere presente al convegno di novembre», chiuse con un filo di voce l’ultimo incontro.
Luigi privilegiò sempre il contatto diretto con le persone che condividevano con lui finalità e rigore intellettuale, indipendentemente dal ruolo ricoperto nell’istituzione di appartenenza; in questo senso fu poco burocrate e molto maestro.