Si è svolta a Firenze dal 14 al 16 dicembre la Conferenza internazionale promossa dalla Fondazione Rinascimento digitale per fare il punto sullo stato dell’arte della digitalizzazione del patrimonio culturale e sull’evoluzione della cornice concettuale, legislativa e amministrativa necessaria per governare le novità che questo processo comporta.
L’iniziativa si inserisce nell'ampio ventaglio di attività che la Fondazione sta portando avanti per stimolare un confronto positivo tra le istituzioni pubbliche e private coinvolte e la concreta cooperazione tra i centri di competenza e i progetti dell’Unione Europea.
Obiettivi specifici di questo incontro sono stati l’analisi delle esigenze di accesso e di usabilità degli utenti, l’individuazione di politiche sostenibili per la conservazione a lungo termine, la promozione di finalità comuni tra tutti i soggetti interessati alla definizione di piani di lavoro condivisi da realizzare nell'ambito delle attività e dei futuri programmi dell'Unione Europea.
La conferenza non si è limitata a registrare e discutere le esperienze fatte e i progetti in corso: filo conduttore e potente stimolo per la riflessione è stato il tentativo di definire i nuovi paradigmi che il Web e Internet introducono nella formazione dei contenuti, nella conservazione e gestione, nelle modalità di accesso, sia sul piano tecnico che amministrativo e politico.
La relazione introduttiva di Paolo Galluzzi, Presidente della Fondazione Rinascimento digitale, delinea in modo efficace la nuova architettura della conoscenza resa possibile dal superamento delle barriere fisiche dovute ai supporti e alla separatezza dei luoghi destinati a contenerli: «Diventa finalmente possibile organizzare le informazioni secondo le loro relazioni concettuali. Nei nuovi repository digitali gli schemi di classificazione non presentano articolazioni rigide e chiuse come nei cataloghi delle biblioteche, degli archivi o dei musei».
Questa potenzialità è ancora troppo poco esplorata: l’espressione biblioteca digitale viene utilizzata per indicare quasi esclusivamente risorse bibliografiche, mentre i musei costruiscono "cloni digitali" dei loro beni reali e gli archivi pensano alla digitalizzazione delle loro raccolte in perfetta solitudine.
I documenti digitali diffusi tramite reti informatiche non sono riconducibili a un'evoluzione lineare dei prodotti editoriali, né possono essere organizzati in base agli stessi schemi dei documenti cartacei: documenti con una precisa identità, che permangono immutati nel tempo, il cui contenuto intellettuale è ascrivibile a un autore o a un responsabile preciso, distinguibili da edizioni e aggiornamenti successivi; documenti prodotti per degli utilizzatori passivi non autorizzati a interagire con quel contenuto, se non iniziando un altro autonomo e distinto processo di produzione intellettuale.
Identità e persistenza contro il paradigma del mutamento e dell’interattività propri del web: blog, network communities, l’enciclopedia collettiva Wikipedia... Viene così configurandosi un processo dinamico di "marcatura" collettiva dei documenti, che prospetta "biblioteche digitali" dai confini instabili e soprattutto costituzionalmente diverse dalle biblioteche tradizionali.
L’interazione e lo scambio di ruolo tra produttori e consumatori crea contenuti nuovi, incrementa l’"intelligenza collettiva" della rete, ma determina anche enormi problemi a chi questi contenuti li deve conservare, gestire e rendere accessibili.
Come applicare in questo contesto, sul piano tecnico e giuridico, la protezione dei diritti d’autore?
Stefano Rodotà ha illustrato le aporie che le nuove tecnologie e l’allargamento ipertrofico delle tipologie di contenuti e diritti da proteggere stanno determinando nel tentativo di adattare le norme tradizionali per la salvaguardia dei diritti d’autore al contesto digitale.
In un mondo che permette l’accesso all’informazione e ai documenti in tempo reale, in cui i software open-source sono considerati strumenti indispensabili per la conservazione a lungo termine, in cui sempre più complesso è il controllo dell'applicazione della normativa, il diritto d’autore viene invocato per un numero sempre più elevato di prodotti dell’ingegno, che forse sarebbe più opportuno ricondurre alla fattispecie dei brevetti.
Il paradigma nuovo della conservazione nel contesto digitale è stato messo a fuoco da Abid Abdelaziz, Unesco.
Anche da questo punto di vista, l'esperienza maturata nell'ambito dei supporti fisici tradizionali è di scarso aiuto: la materia tende a sparire gradualmente, a disgregarsi, a consumarsi, a invecchiare; l’informazione digitale o esiste o non esiste. Anche un piccolo danno nel flusso dei bit può provocare la perdita totale del documento, o la sua inintelligibilità. «Archiviare l’informazione digitale sarà come conservare il fuoco: bisognerà sorvegliarla, mantenerla, nutrirla in continuazione, altrimenti, come il fuoco, si spegnerà e non esisterà più».
Antonia Recchia, Direttore generale dell’innovazione tecnologica del MiBAC, ha illustrato l’attività che il Ministero sta portando avanti sulla base dei progetti europei Minerva e Michael, i cui risultati e prodotti sono stati recepiti dall’Osservatorio tecnologico per beni culturali come strumenti di riferimento per i siti web culturali e le linee programmatiche del costituendo portale della cultura italiana.
Il Direttore generale per i beni librari Luciano Scala ha riferito, in maniera esaustiva, sullo stato dell’arte della Biblioteca digitale italiana che, grazie al congruo numero di collezioni digitali presenti sul sito, tra cui cataloghi storici, carte geografiche, periodici, manoscritti e fondi musicali, oltre all’ormai consolidato servizio bibliotecario nazionale, si candida a costituire un asse portante del futuro portale della cultura italiana.
A proposito di musica, Maurizio Lunghi, direttore scientifico della Fondazione Rinascimento digitale, ha annunciato la prossima pubblicazione della traduzione italiana delle Linee guida per la produzione e la conservazione di oggetti audio digitali, editi dalla IASA nel 2004, iniziativa realizzata grazie a una convenzione tra la Fondazione e il Dipartimento per i beni archivistici e librari.
La giornata di giovedì è stata completata dall'intervento di Patricia Manson (Unit "Learning Cultural Heritage" in the Information Society and Media Directorate General), che ha illustrato le linee di indirizzo della Commissione europea per la formazione della Biblioteca digitale europea e una selezione di progetti in fase di realizzazione.
Seamus Ross, Digital Preservation Europe (DPE) project HATII, University of Glasgow, nella giornata successiva ha introdotto il tema della conservazione a lungo termine, ponendo due domande fondamentali: come assicurare, con i mezzi a nostra disposizione, l’affidabilità, l’integrità e l’autenticità dei contenuti? Come possiamo individuare o ipotizzare, le esigenze degli utenti nel futuro?
Una prima risposta, mutuata dalla metodologia tradizionale per la conservazione del patrimonio culturale, è stata data dall’estensione dell’obbligo di deposito legale ai documenti digitali. Obbligo che implica l’organizzazione e la gestione di "magazzini del digitale" sicuri e affidabili.
Giovanni Bergamin, Biblioteca nazionale centrale di Firenze, ha illustrato il progetto, attualmente in corso di sperimentazione, di harvesting e archiviazione di una massa ingente di dati digitali, basato su un architettura distribuita tra le due Nazionali centrali (Roma e Firenze) e un archivio di sicurezza.
Il problema dei costi, affrontato da più di un relatore, ha richiamato di nuovo l’attenzione sulla responsabilità verso il futuro e sulla cooperazione tra i soggetti interessati.
Non tutto il patrimonio culturale europeo infatti è conservato nei grandi archivi istituzionali che usufruiscono dell’impegno nazionale e comunitario. Dietrich Schuller, Phonogrammarchiv di Vienna, ha affrontato il tema degli archivi e delle istituzioni culturali relativamente piccole che conservano parte importante e significativa della tradizione orale, folklorica ed etnica, ma che non sono assolutamente in grado di affrontare le sfide legate alla conservazione a lungo termine.
Solo una politica di collaborazione tra le diverse istanze e di integrazione di servizi potranno impedire la perdita di questo patrimonio.
D’altra parte collaborazione e integrazione, oltre che una necessità economica, rappresentano una delle marce in più che il mondo digitale offre: navigazione tra banche dati diverse, ipertesti, connessione tra contenuti diversi. Ute Schwens, Deutsche Nationalbibliothek di Francoforte e Stefano Vitali, Archivio di Stato di Firenze, hanno illustrato rispettivamente le esperienze di collaborazione tra biblioteche, archivi, e musei, e le ricerche in corso per integrare i diversi sistemi descrittivi e catalografici.
Filo conduttore di questo sforzo tecnico, organizzativo ed economico di creazione e conservazione del digitale dovrebbe essere la soddisfazione degli utenti. Ma come valutarne effettivamente le aspettative e i bisogni? E il grado di usabilità dei servizi offerti?
Anna Maria Tammaro, Fondazione Rinascimento digitale, ha presentato i risultati relativi a una indagine per verificare la qualità dei servizi della biblioteca digitale e la loro capacità di soddisfare i bisogni dell’utenza, senza dimenticare che la rapidità di evoluzione ed espansione legata alle tecnologie informatiche ha ampliato anche le aspettative degli utenti generando un circuito virtuoso, ma anche impegnativo, tra servizi e aspettative.
Infine, a latere della conferenza, si è tenuto un workshop sulla citazione in ambito digitale strutturato come "unconference", cioè un incontro senza relatori ufficiali, sulla base del principio di Dave Winer che "la somma delle competenze delle persone in sala è superiore alla somma delle competenze delle persone sul palco". Sicuramente vi si dicono cose che in un discorso formale forse non verrebbero dette: è stata infatti una discussione ampia e non convenzionale, che, anche se in modo disordinato, ha focalizzato l’attenzione su concetti che ancora non hanno trovato una definizione condivisa e ha, in qualche modo, ripercorso tutte le tematiche affrontate durante il convegno.
Ancora una volta si deve constatare che il numero delle domande supera quello delle risposte: bisogna però riconoscere che, dalla Carta per la conservazione del patrimonio digitale stilata dall'Unesco nel 2003, sono stati compiuti passi notevoli nell'individuazione di problematiche, soluzioni tecniche e di indicazioni per una politica consapevole e una normativa coerente.
marzia.miele@beniculturali.it