[AIB] AIB notizie 19 (2007), n. 2
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Register of chartered librarians: un’esperienza

Andrea Del Cornò

Il presente articolo vuole essere il resoconto di un’esperienza personale nel processo di iscrizione all’Albo professionale – Register of Chartered Librarians – gestito dal Charter Institute of Library and Information Professionals (Cilip), già Library Association. Dunque non descrizione dei requisiti richiesti e iter previsti (per i quali si rimanda direttamente al sito web dell’Associazione) ma resumé di un percorso individuale.

L’iscrizione all’Albo professionale – come riconosciuta in base a una Royal Charter del 2002 dal Cilip – e il conseguente riconoscimento dello status di chartered member dell’Associazione, costituiscono un’importante attestazione del grado di competenze e professionalità raggiunte dal candidato.
Il possesso di un diploma universitario specifico in Library and Information Studies o di una qualifica equipollente – tra i requisiti richiesti per l’iscrizione all’Albo – non è sufficiente a comprovare, a differenza della chartership, le concrete capacità professionali.

Lo status di chartered member dimostra dunque lo sviluppo professionale successivo a una qualifica universitaria e completato durante un significativo arco di tempo. Questo in linea con i concetti di "Continued Professional Development" (CPD) – cioè: «the planned and systematic updating of professional knowledge and improvement of personal competence throughtout the individual’s working life» – e di lifelong learning. Il chartered membership status – considerato come il "golden standard" delle qualifiche per bibliotecari e gestori dell’informazione – costituisce il secondo livello di qualificazione professionale riconosciuto da Cilip.
Il grado di Chartered Librarian è preceduto dalla "Certification" e seguito dalla "Fellowship". Recentemente è stata inoltre introdotta la possibilità di riconvalidare la propria chartership, e di questo si dirà in seguito. Il titolo di Chartered Librarian, rilasciato da Cilip è riconosciuto internazionalmente, così in ambito europeo, in base alla direttiva 84/48/EEC. Secondo dati forniti da CILIP, la maggioranza dei candidati ottiene lo status di chartered member entro due o tre anni dal completamento di un master universitario o corso post-laurea in discipline attinenti. La mia esperienza personale non si discosta di molto da questo modello.

Dopo aver completato un master in information services management – e alla luce dell’estrema competitività del settore, dove risulta sempre più necessario essere e mantenersi employable, secondo le regole del marketing – ho presentato domanda d’iscrizione. È interessante notare come un diploma universitario sia generalmente considerato come qualifica necessaria ma non sufficiente a coprire posti professionali, in un settore in cui, nonostante le inevitabili sovrapposizioni di mansioni, la distinzione tra personale professionale e paraprofessionale è mantenuta.
Lo status di Chartered Librarian è considerato un’attestazione della professionalità raggiunta e garanzia dunque delle capacità e competenze su cui un datore di lavoro può fare affidamento.

A queste motivazioni aggiungo altre più strettamente personali: l’interesse per la professione e il desiderio di espandere i propri interessi. Del resto secondo gli "Ethical principles for library and information professionals" ogni membro dell’associazione – indipendentemente dal livello professionale raggiunto – si impegna a «… maintaining and improving personal professional knowledge, skills and competences», mentre il "Code of professional practice for library and information professionals" richiede ai membri di «ensure they are competent in those branches of professional practice in which qualifications and/or experience entitle them to engage by keeping abreast of developments in their areas of expertise».
Oltre ai titoli o qualifiche universitarie riconosciute, per ottenere la qualifica di Chartered Librarian, al candidato viene richiesto l’aver svolto mansioni professionali per un periodo non inferiore ai dodici mesi, se si segue la cosiddetta "Route A", o non inferiore ai due anni se si segue la cosiddetta "Route B". Ai candidati che preferiscono questo secondo percorso è altresì richiesta la presentazione di un "Personal professional development plan" (PPDP), mentre i candidati che seguono la "Route A" vengono a svolgere il lavoro necessario in base a un "Professional training programme" presentato dall’istituzione di appartenenza e approvato dal Cilip Chartership Board.
La "Route A" costituisce in sostanza una sorta di "percorso rapido" che consente al candidato, grazie al supporto ottenuto dal datore di lavoro e al Professional training programme concordato con il Chartership Board, di completare l’iter previsto in tempi più brevi e, credo, in maniera più soddisfacente.

La mia esperienza professionale nel settore delle biblioteche è iniziata nel 1996, quando mi è stata offerta l’opportunità di completare un’internship presso il centro di documentazione del World Food Programme delle Nazioni Unite, per poi passare alla British Library of Political and Economic Science, quindi ai Servizi bibliografici e in seguito alla Historic Collections della Biblioteca centrale dell’Università di Londra, e infine alla London Library.

La London Library – biblioteca indipendente fondata nel 1841 da Thomas Carlyle a seguito di quelle che questi considerava deficienze della British Library e a causa di una difficile relazione con il direttore della stessa, l’italiano Antonio Panizzi – offriva la possibilità di completare il percorso di chartership seguendo la "Route A" sotto la guida di un supervisore interno.
Il supervisore interno a sua volta deve essere iscritto all’Albo professionale da almeno cinque anni, periodo minimo richiesto per ottenere la qualifica di Fellowship.
In base alla regolamentazione introdotta da Cilip nel 2002 è previsto un solo formato per presentare domanda di iscrizione all’Albo (in precedenza il candidato poteva scegliere tra quattro formati differenti a seconda delle proprie preferenze). Questo comporta la presentazione di due documenti: un "Evaluation of personal professional development" e un "Portfolio of professional development".

L’"Evaluation of personal professional development" è un resoconto di non più 4000 parole che viene a coprire le diverse sezioni come indicate nel Professional training programme seguito nel corso dei dodici mesi previsti. Si tratta di un documento che oltre a richiedere conoscenze teoriche deve presentarsi non come puramente descrittivo, ma come scrutinio e valutazione critico-analitica del proprio sviluppo professionale. L’"Evaluation of personal professional development" deve dunque focalizzarsi sul candidato e sulle sue specifiche esperienze, ed evitare descrizioni generiche o non prettamente attinenti. Del resto il limite fissato delle 4000 parole richiede necessariamente l’essere particolarmente selettivi e concisi.
È responsabilità dei candidati dimostrare la concreta comprensione dei diversi aspetti professionali coperti dall’Evaluation of personal professional development e legati sia all’impiego corrente, sia al personale percorso di sviluppo.
Ai candidati viene inoltre richiesto:
- discutere e analizzare gli obiettivi e valori dell’istituzione presso la quale sono impiegati, come da prassi specificati nel "mission statement" dell’istituzione stessa;
- valutare la propria formazione e individuare bisogni futuri alla luce delle discusse esigenze di sviluppo professionale;
- dimostrare la conoscenza e comprensione del quadro bibliotecario d’insieme e delle maggiori tematiche professionali;
- dimostrare la familiarità con la realtà bibliotecaria britannica – in particolare – e internazionale, con riferimento al contesto legislativo.

In questo l’"Evaluation of personal professional development" non si discosta dal precedente formato di iscrizione all’Albo che prevedeva la presentazione di un "Professional development report" (PDR). Tanto che ancor oggi la dizione "Professional development report" viene comunemente utilizzata, in maniera incorretta, riferendosi all’"Evaluation of professional development".

Il secondo elaborato richiesto è il "Portfolio of personal professional development". Questo si compone di una serie di documenti – selezionati e in vari casi completati dal candidato stesso – che attestano le competenze professionali acquisite e completano quanto descritto nell’"Evaluation of personal professional development".
Il "Portfolio of personal professional development" – accompagnato da un indice ragionato e da una esposizione sintetica introduttiva di non più di 1000 parole – si compone non solo di documenti standard – quali un aggiornato curriculum vitae, contratto d’impiego, descrizione delle mansioni professionali – ma deve contenere in allegato prove concrete dei risultati conseguiti dal candidato. È in genere l’istituzione di appartenenza che consente al candidato di "produrre" la documentazione necessaria per completare il portfolio.
Questo avviene non solo attraverso specifici workshop o corsi di aggiornamento, ma anche attraverso l’assegnazione di incarichi mirati che non rientrano strettamente nelle mansioni contrattuali di lavoro. Nel mio caso, ad esempio, ho completato la stesura di una guida per l’utenza della collezione di storia italiana. Il processo ha richiesto una valutazione critica della collezione stessa e della politica delle acquisizioni della London Library.
Alla guida della collezione ho accompagnato una lista di desiderata, risultata poi utile al Dipartimento acquisizioni della biblioteca. Altri documenti, atti a coprire i diversi aspetti delle mansioni professionali svolte, sono stati redatti a seguito del coinvolgimento nel gruppo di lavoro istituito per valutare la scelta di un nuovo sistema bibliotecario di gestione e nel pianificare la conversione dall’utilizzazione del formato MARC al formato MARC21.
Nell’inevitabile dilemma di qualità versus quantità, credo di poter affermare che il candidato debba preferire la qualità della documentazione prodotta e inclusa nel proprio portfolio.
Del resto risulterebbe ridondante allegare una serie di documenti relativi a un medesimo aspetto delle proprie capacità professionali. È importante invece coprire, con precise documentazioni, i molteplici e diversi requisiti delle proprie mansioni e dello sviluppo professionale ottenuto.
Durante l’intero processo i candidati possono avvalersi della specifica assistenza di un Registration Liaison Officer (RLO) messo a disposizione dal Cilip. Si tratta di una sorta di supervisore esterno il cui compito principale è guidare il candidato alla conclusione positiva del processo di chartership. Il ruolo del RLO assume maggiore importanza per i candidati che hanno intrapreso la "Route B".

Per i candidati che, come nel mio caso, seguono la "Route A" è il supporto ottenuto sia dal supervisore interno sia dall’istituzione di appartenenza ad avere un ruolo fondamentale. La London Library mi ha consentito di seguire specifici corsi di aggiornamento e di training – permettendomi la frequenza e coprendone i costi – mirati a completare la chartership, anche laddove esulavano dalle mie specifiche mansioni professionali. Il mio supervisore interno è stato di grande utilità e aiuto, assumendosi inoltre l’onere di correggere pazientemente le prime stesure e di vagliare la documentazione inclusa nel portfolio (ben 57 documenti).
Un’ulteriore supporto, laddove si ritenga necessario, può essere ottenuto tramite una lista di discussione dedicata, gestita dal JISC.
Tramite questa mailing list i candidati possono discutere qualsiasi aspetto del processo di chartership, le difficoltà incontrate, dubbi, questioni specifiche, e quindi condividere le proprie esperienze.

Non di rado nei dibattiti interviene, tramite un suo rappresentante, lo stesso Cilip. Il Cilip mantiene anche un’aggiornata lista di letteratura professionale, di cui un candidato può servirsi, e organizza workshop pensati per guidare i candidati ed esemplificare l’intero processo. Workshop come: "Guide to chartership" o "Chartership and beyond" mi hanno fornito importanti chiarificazioni. Durante questi workshop è stato anche possibile consultare, come esempi, alcuni lavori che avevano ottenuto l’approvazione finale. Naturalmente è il candidato stesso a gestire il proprio percorso e il solo responsabile del contenuto e della documentazione acclusa al proprio elaborato.
I candidati che seguono il percorso "Route A" devono presentare il proprio lavoro entro dodici mesi dalla conclusione del "Professional training programme". Il Cilip tuttavia riconosce come questo possa risultare ostico – in particolare ai candidati con un impiego full-time – ed è quindi prevista la possibilità di ottenere una proroga. Le domande di iscrizione sono accettate o respinte dal Cilip Chartership Board, composto da venti membri. In concreto gli elaborati vengono valutati separatamente da due esaminatori del Chartership Board, che devono quindi presentare congiuntamente un giudizio. Ed è su questo giudizio che si basa la discussione in seno alla commissione plenaria.
In caso di disaccordo, il Chartership Board può richiedere al candidato di rivedere parte dell’elaborato presentato, di includere documentazione aggiuntiva, o di sostenere un colloquio con due Regional Assessors, la cui decisione viene poi formalizzata al Board. Per le domande respinte è prevista, a garanzia di obiettività, la possibilità di presentare ricorso. Nel caso della "Route A", la struttura dell’iter, accompagnata dalle numerose verifiche e scrutini a cui gli elaborati sono sottoposti prima della presentazione ufficiale, comporta una percentuale molto elevata di esiti positivi, tra l’ottanta e il novanta per cento secondo fonti Cilip.

Recentemente, e in seguito a un intenso dibattito, il Cilip ha introdotto un nuovo livello di qualificazione: la "Revalidation". Il riconoscimento che le dinamiche del settore dell’informazione e gestione dell’informazione sono in continuo e rapido cambiamento, richiede, di conseguenza, il costante aggiornamento da parte di quanti vi sono impiegati professionalmente. Il processo di riconvalidazione della propria chartership dovrebbe dunque incentivare a mantenere e sviluppare ulteriormente le proprie competenze e il proprio livello di professionalità.
Al momento, la "Revalidation" è puramente volontaria e in fase di sperimentazione – anche se sembrerebbe ferma intenzione di Cilip renderla obbligatoria. In sostanza la qualifica di Chartered Librarian verrebbe a perdere la propria validità dopo un periodo di tre o cinque anni dalla data di ottenimento. Il candidato dovrebbe quindi dimostrare nuovamente il possesso di un adeguato grado di professionalità alla luce degli inevitabili sviluppi e mutamenti del settore.

Il completamento della chartership mi ha fornito l’occasione per accertare le competenze acquisite ed espandere i personali interessi professionali. Così, ad esempio, tra i corsi di formazione seguiti ho preso parte a un corso specifico di catalogazione e descrizione di libri antichi e rari.
Ho poi continuato, anche a seguito della conclusione della chartership, a interessarmi della materia, seguendo altri corsi e frequentando la School in Manuscript Studies organizzata dal Centre of Manuscript and Print Studies dell’Università di Londra. La London Library mi ha quindi invitato a completare la catalogazione retrospettiva di parte della collezione di libri rari che necessitano essere aggiunti al catalogo elettronico o di verificare la corrispondenza dei record esistenti alle norme di catalogazione adesso adottate. Il processo di chartership può dunque beneficiare tanto il candidato – avendo di per sé un valore formativo – quanto l’istituzione di appartenenza.
Del resto, e per concludere con la breve citazione utilizzata nell’introdurre il mio "Evaluation of personal professional development", nequicquam sapit qui sibi non sapit.

andrea.delcorno@londonlibrary.co.uk


DEL CORNÒ, Andrea. Register of chartered librarians: un’esperienza. «AIB notizie», 19 (2007), n. 2, p. 8-10.

Copyright AIB 2007-03, ultimo aggiornamento 2007-03-17 a cura di Zaira Maroccia
URL: http://www.aib.it/aib/editoria/n19/0208.htm3

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