La sessione dedicata ai bibliotecari della pubblica lettura ha affrontato il tema della formazione e delle competenze necessarie a svolgere la professione in un contesto di servizio in rapido cambiamento. Le prime tre delle sei relazioni presentate hanno riguardato la formazione del bibliotecario per ragazzi.
Il tema è stato introdotto da Luigi Paladin, coordinatore della Scuola regionale per bibliotecari IAL di Brescia, che l’ha declinato a partire dalla constatazione di come sia ancora da costruire un curriculum specifico per questo "specialista" della pubblica lettura, che definisca le competenze, le abilità, i saperi. Un primo tentativo, non completamente compiuto, è il profilo professionale approvato dalla Giunta della Regione Lombardia nel 2003.
Uno dei requisiti peculiari dell’attività del bibliotecario per ragazzi, ha sottolineato Paladin, è quello di saper entrare nel merito dei contenuti dei documenti per proporli efficacemente ai ragazzi: «il bibliotecario per ragazzi deve essere in grado di saper consigliare il libro al bambino che chiede, deve conoscere i contenuti, e qui sta la differenza rispetto ai bibliotecari per adulti».
Uno sguardo a ciò che avviene oltralpe in tema di formazione del bibliotecario per ragazzi è stato offerto da Nic Diament, presidente de La Joie par les Livres di Parigi, storico istituto fondato nel 1965 per promuovere l’accesso dei bambini al libro, alla lettura e alla cultura. Diament ha descritto l’iter formativo e le opportunità di aggiornamento dei bibliotecari per ragazzi francesi che, anche grazie all’attività dell’istituto da lei presieduto, dispongono di un curriculum di studi codificato e riconosciuto.
Al quadro delineato da Nic Diament ha fatto da contraltare l’intervento di Patrizia Lucchini, responsabile dell'Ufficio Cultura e Biblioteche della Provincia di Ferrara, che ha sottolineato come in Italia – al contrario della Francia – non abbia ancora trovato autorevole diffusione un percorso, chiaro e riconoscibile, di formazione del bibliotecario per ragazzi. Se si escludono esperienze sporadiche, spesso attuate da singoli centri di formazione o da agenzie private, non sembra di cogliere, a livello di istituzioni pubbliche (Università. Scuole speciali, ecc.) un’attenzione generale, consapevole e meditata, a favore della formazione del bibliotecario per ragazzi.
Anche Patrizia Lucchini ha sottolineato l’importanza di mettere a punto lo specifico professionale del bibliotecario per ragazzi, il valore aggiunto della sua relazione con un pubblico particolare (quello dei bambini e dei ragazzi), il necessario corredo scientifico della sua specifica preparazione quali ineliminabili presupposti per la costruzione di un percorso formativo non astratto o generico.
Anche le trasformazioni in atto nella composizione della popolazione italiana hanno significative conseguenze sulla preparazione e sulle competenze richieste al bibliotecario della pubblica lettura: nuovi pubblici si affacciano in biblioteca, cittadini originari di altri paesi, portatori di culture differenti, uomini, donne e bambini di tutte le età che devono superare barriere linguistiche, pregiudizi sociali, difficoltà materiali, che spesso si lasciano alle spalle storie di guerra e di persecuzione; a essi la biblioteca può offrire un approdo, un riparo momentaneo alle durezze quotidiane; per queste persone la biblioteca può diventare una zona franca, un luogo in cui, a dispetto di tutto e di tutti, si può godere di diritti pieni di cittadinanza.
Per offrire servizi efficaci a questo pubblico servono competenze nuove, normalmente assenti nello staff della biblioteca. È questo il tema affrontato da Domenico Ciccarello, coordinatore del Gruppo AIB sulle biblioteche multiculturali, che ha inaugurato la seconda parte della sessione.
Ciccarello ha sottolineato il rapporto tra professione bibliotecaria e società multiculturale, partendo dal concetto di biblioteca inclusiva e dalle sue implicazioni rispetto al riconoscimento, per fortuna ormai abbastanza diffuso, della biblioteca pubblica come agente di sostegno alle categorie sociali più svantaggiate e come protagonista nelle politiche di integrazione sociale dei nuovi cittadini, menzionando alcune tra le migliori esperienze a livello nazionale e internazionale per quanto riguarda i piani di aggiornamento del personale, le dinamiche della comunicazione interculturale, le strategie per la costruzione di raccolte multilingue, la partnership con i mediatori culturali.
Alle modalità di accesso alla professione è stato dedicato l’intervento di Lara Rotili e Federica Virgilli, che hanno presentato un’indagine promossa dalla Sezione Marche dell’Associazione italiana biblioteche, indirizzata a verificare l’offerta di lavoro e le modalità di reclutamento adottate dagli Enti Locali della regione.
La Sezione ha avviato una ricognizione di tutti i bandi di concorso e pubbliche selezioni nelle province marchigiane, pubblicati nell’arco del triennio 2003-2005, avvalendosi della consulenza scientifica di Nerio Agostini. I dati sono stati analizzati alla luce dello stato del servizio bibliotecario regionale, dei dati sull’occupazione nelle biblioteche nel triennio analizzato, dell’offerta formativa dei due atenei che nella regione hanno attivato corsi di laurea specifici. Il primo risultato concreto dell’indagine è rappresentato da una prima indicazione sulle "Linee guida" per la stesura dei bandi di concorso e selezioni pubbliche, destinate a orientare gli enti locali.
La pianificazione del fabbisogno di competenze all’interno di una organizzazione bibliotecaria é il tema affrontato nell’intervento conclusivo della sessione, a cura di Paolo Lucini e Giovanni Mojoli del Consorzio Sistema bibliotecario Nord Ovest Milano, che hanno descritto un progetto in corso finalizzato a rilevare le competenze presenti all’interno del loro sistema.
Il progetto è partito dalla ricerca condotta da SATEF (Le professionalità operanti nel settore dei servizi culturali: le biblioteche lombarde), commissionata dalla Regione Lombardia nel 2000-2002. Il Consorzio Sistema bibliotecario Nord Ovest ha dato il via a un progetto di analisi delle attività compiute all’interno delle proprie biblioteche, sviluppando uno strumento di analisi consistente in un questionario somministrato via web ai bibliotecari nell’estate 2006: la rilevazione, a cui ha partecipato il 60% del personale in servizio, ha consentito di descrivere con estrema precisione e completezza tutte le attività svolte dagli oltre 160 operatori delle biblioteche, raggiungendo due differenti risultati:
- delineare un quadro organizzativo molto articolato che consente di rilevare quali e quante (e con quale frequenza statistica) attività sono svolte nelle biblioteche e nell’insieme dell’area di cooperazione.
- far emergere un quadro molto preciso dei bisogni formativi a livello di sistema, biblioteca, fino al singolo operatore.
Alla sessione hanno assistito settanta persone. Gli interventi del pubblico hanno ribadito la necessità di una forte ripresa di iniziativa dell’associazione sul tema del riconoscimento della professione nel più ampio quadro del riconoscimento del ruolo svolto dalle biblioteche all’interno delle politiche volte a promuovere qualità della vita, benessere e integrazione sociale.
Nella mattinata di giovedì 19 si è tenuta la sessione dedicata alle biblioteche delle università, presieduta da chi scrive in qualità di coordinatrice della Commissione nazionale Biblioteche delle università e della ricerca (CNUR) e curata dalla Commissione stessa.
Per questa sessione si è scelto di limitare il numero delle relazioni, in modo da dare ampio spazio al dibattito e costruire una vera e propria sessione di lavoro aperta, come era negli obiettivi delle sessioni parallele affidate alle Commissioni scientifiche.
Il limitato numero di interventi programmati ha consentito anche di adottare un’organizzazione della sessione che prevedeva di lasciare uno spazio per le domande e le considerazioni del pubblico al termine dell’esposizione di ciascuna relazione. Questo ha consentito di avviare da subito la partecipazione attiva del pubblico e di apprezzare meglio la qualità delle relazioni esposte.
Gli interventi sono stati a cura di Manuela D’Urso, dell’Università Bocconi di Milano, su Contenuti della professione versus profili professionali: l’introduzione di un nuovo profilo professionale nel servizio prestito, in cui è stata spiegata la procedura e i risultati della creazione del profilo dell’addetto al coordinamento operativo del servizio (ACOS); di Cinzia Fortuzzi, Gruppo AIB sulle biblioteche delle amministrazioni dello Stato, su I bibliotecari "lavoratori della conoscenza" locomotiva di riqualificazione nella P.A., che si è soffermata sulle sfide poste al bibliotecario della Pubblica Amministrazione dall’innovazione tecnologica; di Roberto Ventura, dell’Università di Firenze, su L'impatto delle biblioteche accademiche: una via per l'integrazione con le comunità universitarie, il cui oggetto è stato la valutazione dell’impatto che le biblioteche universitarie producono negli atenei; di Andrea Capaccioni, della CNUR, su I bibliotecari delle università: formazione e nuove competenze, nel quale sono stati affrontati alcuni aspetti normativi, con particolare riferimento al tema della formazione.
Non mi soffermerò oltre sul contenuto delle stimolanti relazioni, poiché saranno a breve disponibili su AIB-WEB (dove vi sono già gli abstract), ma mi sembra invece interessante rendere brevemente conto dell’intenso e proficuo dibattito finale.
La discussione è infatti stata molto vivace; è scaturita dai contenuti delle relazioni sentite in mattinata, ma si è arricchita grazie alla presenza di un pubblico numeroso e interessato e di alcuni colleghi che rivestono cariche nell’Associazione e che quindi hanno potuto intervenire sia nell’evidenziazione dei problemi e delle questioni aperte, sia nell’individuazione di possibili soluzioni a cui lavorare concretamente nell’ambito dell’AIB.
Oltre ai colleghi della CNUR, sono intervenuti tra gli altri Guido Badalamenti, recentemente nominato rappresentante AIB in seno alla Commissione Biblioteche della Conferenza dei Rettori delle Università Italiane (CRUI), Sandra Di Majo, responsabile della formazione AIB, Rosa Maiello, membro del Comitato esecutivo nazionale AIB.
Il dibattito è stato incentrato sui contenuti delle relazioni della mattina, ma anche sugli interessanti spunti offerti dalle relazioni che avevano riguardato più da vicino le biblioteche di università nella precedente giornata congressuale, ovvero l’intervento di Laura Tallandini, in rappresentanza di Vincenzo Milanesi, presidente della Commissione Biblioteche della CRUI, e quello di Giulia Maraviglia (anche lei presenza attiva tra il pubblico della sessione del 19 mattina) su La governance della compresenza: la base dell'organizzazione del lavoro in un sistema bibliotecario universitario.
In maniera molto sintetica, l’analisi della situazione attuale ha visto tutti concordi sui seguenti punti critici:
- assenza nelle università di una formazione sistematica specificamente destinata ai bibliotecari;
- assenza di una definizione dei profili professionali, che non sono presenti nel Contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL);
- assenza di una definizione delle competenze e quindi un’individuazione chiara dei ruoli, in particolare in relazione alle nuove abilità richieste sulle risorse digitali e nuovi scenari tecnologici;
- mancano indicatori, standard di performance;
- i curricula universitari non sono adeguati alle effettive esigenze del mondo del lavoro;
- debolezza complessiva del ruolo dell’AIB come interlocutore sia con le parti sindacali che con la CRUI e il Ministero dell’università e della ricerca.
I fronti di intervento vanno nella direzione di una maggiore collaborazione tra università, CRUI e AIB sui seguenti aspetti:
1) necessità di intervenire sui profili professionali;
2) lavorare contemporaneamente sui tre aspetti cruciali e strettamente collegati tra loro: profili professionali e griglia di competenze anche per la definizione dei ruoli, della formazione universitaria e dell’aggiornamento sul posto di lavoro;
3) definire le migliori pratiche per l’individuazione e l’erogazione della formazione;
4) legare le iniziative formative alla contrattualità, alla progressione di carriera e quindi interfacciarsi anche con i sindacati in modo che questi temi vengano recepiti anche nei CCNL e a livello di contrattazione decentrata;
5) adeguamento dei curricula formativi universitari alle reali esigenze delle biblioteche, bilanciando le materie legate all’aspetto conservativo e alle mansioni più tradizionali (quali catalogazione, storia del libro, codicologia, teorie e tecniche della conservazione, ecc.) con le materie collegate agli altri aspetti e all’innovazione tecnologica (organizzazione dei servizi, gestione delle risorse digitali ecc.).
Per questo punto sono interessanti gli spunti emersi nella relazione presentata da Laura Tallandini, che identificava, tra le altre, queste competenze essenziali: gestione ed integrazione di collezioni tradizionali e digitali, comunicazione e trasmissione di competenze, marketing e promozione dei servizi, misurazione e valutazione, fund raising). Interessante e significativa la ricognizione sempre nella stessa relazione sull’afferenza dei corsi di laurea e master per bibliotecari in Gran Bretagna e Spagna, paesi in cui molti corsi (la maggioranza in UK) afferiscono a facoltà scientifico-tecnologiche e socio-economico-giuridiche, mentre in Italia la quasi totalità della formazione universitaria per bibliotecari fa capo a facoltà umanistiche;
6) accreditamento dell’AIB come ente formatore.
L’obiettivo di questa sessione era la riflessione sullo stato della professione e il tentativo di una definizione del ruolo, dei contenuti e del profilo professionale del bibliotecario che si occupa in particolare di catalogazione, indicizzazione, organizzazione della documentazione, digitalizzazione, organizzazione di servizi e risorse web per l’accesso all’informazione: attività la cui collocazione tipica è in uffici di grandi biblioteche, centri catalografici, aziende che offrono servizi biblioteconomici.
La delineazione di questa particolare tipologia di bibliotecario – effettuata dal Comitato scientifico del Congresso con la consapevolezza che si tratta di una macro-tipologia all’interno di complessi e variamente articolati contesti organizzativi – è stata portata avanti attraverso l’organizzazione del lavoro della sessione in due parti: nella prima, dopo la relazione introduttiva della coordinatrice, Teresa Grimaldi, sono state presentate la relazione "Digitalizzazione di massa: questioni di organizzazione e di workflow. L’approccio della Bayerische Bibliothek", di Klaus Kempf, della Bayerische Staatsbibliothek (di cui si darà conto negli atti del congresso), e la relazione "Professione BNI" di Maria Chara Giunti, della Bibliografia nazionale italiana.
Nella seconda parte si è dato spazio al dibattito, cui hanno partecipato, in numero non alto, bibliotecari di biblioteche pubbliche e bibliotecari "atipici" non afferenti a strutture bibliotecarie ma già in possesso di una esperienza lavorativa nel settore della catalogazione.
Il dibattito si è incentrato sul tema del ruolo del bibliotecario-catalogatore: sono stati ripresi in particolare i temi affrontati nella relazione introduttiva e nelle riflessioni di Chiara Giunti.
Nell’introduzione la coordinatrice ha posto una serie di interrogativi (qual è il ruolo del catalogo nel contesto informativo globalizzato? Come facciamo a renderlo competitivo con i portali dell’informazione?) e ha ipotizzato le seguenti soluzioni:
1) superare definitivamente la concezione dei cataloghi come finding list e la prassi di catalogazione atomistica, ridisegnando l’offerta informativa attraverso la strutturazione concettuale della conoscenza e il miglior uso della relazione tra le entità bibliografiche;
2) riflettere il carattere dinamico e situazionale della conoscenza attraverso forme diversificate di indicizzazione (per ambiti tematici, disciplinari, funzionali ecc.) integrate in sistemi informativi coerenti e controllati, che garantiscano la più alta qualità dell’accesso;
3) implementare sia la granularità dell’accesso, attraverso informazioni descrittive aggiuntive (note, sommari, abstract, spogli, analisi del contenuto); sia la presentazione dei risultati, attraverso prospettazioni dei dati che consentano una navigazione guidata e progressiva, gerarchica e pluridirezionale, sviluppando più versioni di mappe e reti per esplorare l’universo bibliografico in maniera diversificata. Ciò che accomuna l’adempimento di questi compiti è la relativizzazione dei meccanismi automatici di indicizzazione dei termini e dei concetti contenuti nel testo, a favore del riconoscimento del valore aggiunto costituito dalla mediazione umana del catalogatore in un costante processo dialogico di comunicazione che veda il lettore non solo fruitore, ma compartecipe del processo di definizione delle mappe conoscitive.
Maria Chiara Giunti ha delineato le funzioni svolte e le competenze acquisite dal personale che opera nel settore della Bibliografia nazionale italiana presso la Biblioteca nazionale centrale di Firenze.
«…Due sono i compiti fondamentali che oggi si richiedono alle agenzie bibliografiche nazionali: il primo: diffondere con completezza, tempestività e massimo livello di autorità la notizia bibliografica della produzione editoriale nazionale, in tutte le sue forme di pubblicazione e tramite diverse forme di supporto. Il secondo: svolgere la funzione di controllo d’autorità su tutti i punti di accesso alla notizia bibliografica stessa (autori, titoli, soggetti, numeri e intestazioni di classificazione), tramite lo sviluppo e l’adeguamento di archivi di autorità.
Questo compito è strettamente intrecciato con l’elaborazione e l’aggiornamento degli strumenti di lavoro, attività continua cui l’agenzia bibliografica è chiamata a partecipare a diversi livelli: promozione e coordinamento diretto, collaborazione e proposta, applicazione degli strumenti e formazione al loro uso. L’organico del settore è oggi largamente insufficiente per svolgere pienamente ambedue le funzioni. Oggi esse vengono di fatto realizzate in modo parziale sul versante della tempestività e della copertura del pubblicato, per quanto riguarda il processo di redazione corrente della BNI; in modo episodico o precario, comunque affidato ai "miracoli" volontaristici individuali e collettivi, per quanto riguarda il controllo d’autorità, la produzione di strumenti e la formazione professionale.
La sensazione del "miracolo": sole ventotto persone (circa un decimo dell’organico della Biblioteca nazionale di Firenze, che è complessivamente solo la metà del necessario) da cui riescono comunque a uscire sei serie BNI, la traduzione italiana della DDC, il prototipo del Nuovo soggettario ecc…, si accompagna a quella dell’incertezza per il futuro e del rischio di estinzione di un grande patrimonio di conoscenze e di metodo di lavoro, se rapidamente non si mette mano a un sostanzioso incremento del personale addetto.» (citazione dall’abstract distribuito al Congresso).
I partecipanti hanno quindi delineato il profilo di un bibliotecario-mediatore della conoscenza e dell’informazione in possesso di specifiche competenze bibliografiche e catalografiche (la conoscenza di principi, regole e standard di catalogazione descrittiva e semantica), continuamente aggiornato anche sulla evoluzione delle infrastrutture tecnologiche che supportano l’attività di indicizzazione, e, prima di tutto, stabilmente e organicamente incardinato nelle dinamiche della biblioteca in cui opera.
La novità del Convegno nazionale 2006 è stata la giornata dedicata ai temi della professione in base a quattro tematiche decise dal Comitato organizzatore. Una delle quattro sessioni è stata dedicata al bibliotecario conservatore ed è stata affidata alla Commissione libro antico e collezioni speciali che l'ha pianificata e gestita insieme alla Commissione biblioteche e servizi nazionali.
La mattinata prevedeva una serie di interventi programmati il cui scopo era fornire spunti, idee e criticità riguardo alla figura di bibliotecario che ci veniva proposta.
L'introduzione da parte della scrivente ha proposto qualche riflessione generale sul significato in generale della conservazione in biblioteca. La prima criticità che emerge è il perdurare di una associazione quasi automatica tra libro antico e conservazione. Da una prima riflessione in seno alla Commissione invece è emerso che la tutela e conservazione non spetta certo solo ai bibliotecari del libro antico o ai bibliotecari che lavorano nelle biblioteche nazionali e statali.
I compiti di tutela e conservazione spettano a tutti i bibliotecari.
L’automatica associazione con i bibliotecari del libro antico nasce forse da una serie di elementi distintivi che li contraddistinguono anche grazie ad alcuni luoghi comuni: senz’altro la loro formazione nel campo è più accurata ma d’altra parte una certa mentalità protezionistica utilizza a volte la conservazione in contrapposizione all’accesso.
È stato poi presentato un confronto con i profili e le categorie usate generalmente in ambito anglo-americano e francese per distinguere i vari tipi di bibliotecari perlopiù in base alle specializzazioni delle biblioteche stesse di cui si cura il materiale.
Sono stati proposti poi alcuni punti chiave da tenere presente nell’analisi per profili professionali adeguati a un bibliotecario conservatore (in attesa di una eventuale nuova definizione) che sono:
- formazione accademica;
- training, long-life learning per adeguare le competenze;
- collaborazione con figure specifiche: restauratori, tecnici, studiosi e ricercatori;
- costruzione di un percorso di carriera;
- relazioni biunivoche con datori di lavoro e formatori.
Infine si è colta l’occasione per presentare qualche dato riguardo all’indagine sul bibliotecario del libro antico pubblicata nel Rapporto sulle biblioteche italiane 2005-2006, indagine promossa 3 anni fa dall’allora Gruppo AIB sul libro antico.
L'intervento di Andrea De Pasquale (Regione Piemonte) ha posto in luce le maggiori criticità riguardo alla figura più attuale di bibliotecario del libro antico non strutturato a cui, in passato, si affidavano proprio attività di restauro per mancanza di figure professionali interne e che poi, sempre di più, è diventato "il catalogatore" per antonomasia. Purtroppo sembra che, in maniera sempre crescente in questo campo, si privilegi la quantità alla qualità con problemi non solo di risultati ma anche e soprattutto di carenza di formazione e di possibilità di acquisire una visione globale delle tematiche riguardanti il libro antico da parte dei catalogatori.
Laura Gasparini forte della sua esperienza di curatrice della fototeca della biblioteca Panizzi di Reggio Emilia, ha trattato il tema della carenza di strumenti professionalizzanti nel settore delle collezioni speciali e in particolare della fotografia. La disparità di standard e di metodologie adottate nelle varie tipologie di biblioteche in Italia ha creato una realtà spuria e non interoperabile con risultati di visualizzazione e di fornitura di informazioni all'utenza dissimili e anche contraddittori. Ancora una volta solo linee guida e riflessioni comuni potrebbero fornire interpretazioni e strumenti coerenti.
Ornella Foglieni (Regione Lombardia) ha presentato un veloce excursus sul mondo della tutela, dove e chi deve occuparsene alla luce delle ultime leggi nazionali e regionali concludendo che ci sono molte categorie di operatori che si occupano di tutela a vari livelli, dagli uffici regionali, alle biblioteche statali, ai carabinieri ecc. Gli operatori sono persone di varia qualifica che hanno maturato, molto spesso sul campo, le loro competenze specifiche ma è proprio sui bibliotecari che ci sarebbe ancora molto da fare in tema di formazione specifica, in modo che siano i primi a rendersi conto dei problemi e a saper dialogare con figure di aree e sistemi diverse in vista di una necessaria e indispensabile cooperazione.
Gloria Cirocchi (Biblioteca della Camera dei deputati) si è interrogata più puntualmente sul significato della figura del bibliotecario conservatore richiamandosi anche alle linee guida IFLA.
Chi sono i bibliotecari che sono in grado di progettare attività di conservazione vere e proprie nelle biblioteche di grandezza e di complessità tali da doverlo prevedere?
In questo senso mancano un lessico e un iter procedurale comuni. Sarebbe quindi necessario individuare almeno due livelli di formazione atti a qualificare un bibliotecario conservatore vero e proprio, responsabile quindi del settore dove necessario, e un altro livello formativo che miri a creare una base minima comune per tutti coloro che lavorano in qualsiasi biblioteca e che prima o poi si troveranno a dover dialogare con professionisti del settore come i restauratori.
Gli interventi di Luisa Riccardi e Carla Casetti Brach dell'Istituto di patologia del libro si sono situati, appunto, nella sfera del dialogo con i professionisti. Entrambe, inoltre, insegnano in corsi di laurea per tecnici restauratori e quindi hanno presentato un rapido excursus sull'attuale offerta formativa in Italia, ponendo poi non pochi dubbi sul futuro impiego di questi tecnici visto che, persino nelle grandi biblioteche e negli uffici regionali di Soprintendenza, tali figure non vengono richieste come necessarie in organico.
Una proposta alternativa offerta è stata quelle di affidare a ogni restauratore la cura di almeno un gruppo di biblioteche, in stretta collaborazione con i bibliotecari o bibliotecari conservatori dove ci fossero.
Il dibattito che è seguito ha raccolto molti degli stimoli offerti. Dal pubblico, composto sia da bibliotecari, da personale degli uffici regionali che da restauratori o studenti del settore, si è levato unanime un grido di allarme rispetto alla sempre minore importanza attribuita alla conservazione con relative minori risorse finanziarie e umane attribuite per questo settore.
Una generale sfiducia veniva espressa dai presenti riguardo alla possibilità di disporre di personale davvero preparato sia a livello bibliotecario che tecnico.
È stata riconosciuta come primaria e indispensabile una formazione/preparazione urgente per tutti i bibliotecari, ci si è chiesto se davvero solo le biblioteche statali necessitino di un bibliotecario conservatore (le rare volte che si possono permettere di averlo) o se non ci sarebbe posto per molte figure di questo tipo nelle nostre biblioteche dove sempre più, dopo i libri, ci si comincia a occupare di collezioni speciali con tutte le loro tematiche e problemi specifici.
È stato più volte sottolineato che comunque, anche nel mondo dei libri, è proprio il catalogatore il primo a verificare lo stato conservativo dell'oggetto che prende in mano e che quindi è necessario che ci sia una formazione di base assolutamente trasversale per poter riconoscere i problemi e dialogare con i tecnici.
La conservazione quindi non come materia opzionale e/o straordinaria ma come parte fondamentale della formazione di base di tutti i bibliotecari.
Per quanto riguarda la figura del restauratore conservatore è stato riconosciuto un certo scollamento tra la formazione esistente e il mercato del lavoro.