La professione di bibliotecario si è evoluta notevolmente negli anni recenti, tant'è che si potrebbe parlare persino di un cambio di paradigma: l'immagine tradizionale del bibliotecario come custode di una raccolta libraria, attento soprattutto alla buona conservazione dei documenti e proveniente da una formazione universitaria umanistica che approdava alla biblioteca a partire dalla passione per l'oggetto libro maturata nel corso degli studi è oggi superata da una visione mirata a realizzare servizi pubblici di accesso alle risorse documentarie e all'informazione, d'interesse alla qualità dell'integrazione che la biblioteca intrattiene con il contesto ambientale di riferimento; tutto ciò definisce il bibliotecario come una figura professionale che sa pensare in termini di servizio e di comunicazione fra risorse documentarie e utenti, in linea con i requisiti del mercato del lavoro della società dell'informazione, in cui le attività lavorative consistono sempre più nell'elaborazione di informazioni esistenti e nella creazione di informazioni nuove.
Ciò ha comportato il superamento di una parallela concezione impiegatizia della funzione bibliotecaria, laddove il bibliotecario poteva godere di un posto di lavoro pressoché sicuro per tutto l'arco della vita lavorativa, tranquillo e non eccessivamente logorante sotto il profilo dell'ambiente lavorativo, svolgendo attività in parte burocratizzate e prodotte secondo procedimenti prefissati di regolamenti amministrativi.
La pubblica amministrazione, come sappiamo, sta cercando da tempo di aprirsi a una concezione del lavoro del tutto differente, insistendo sull'efficienza e l'efficacia dell'azione amministrativa, sull'esigenza di modernizzare l'intero settore pubblico, insistendo sulla qualità dei servizi percepita dal cittadino-utente e sull'impatto sociale prodotto dai servizi pubblici, come mostrano due recenti direttive emanate dal Dipartimento della funzione pubblica dedicate alla customer satisfaction e al bilancio sociale.
Queste spinte hanno investito in modo consistente anche le biblioteche italiane e spesso le biblioteche, grazie a un rapporto continuo e aperto con il pubblico, sono state in grado di accogliere con naturalezza tali cambiamenti, se non di anticiparli rispetto ad altri settori amministrativi meno esposti alla pressione del pubblico e al giudizio degli utenti: il bibliotecario, pertanto, da un tecnico di nicchia, spesso formatosi da autodidatta una volta entrato in ruolo, è diventato un professionista dell'informazione e dei servizi documentari, formato specificamente tramite percorsi di istruzione appositamente concepiti dalle università.
Egli avverte la propria professionalità come questione prioritaria rispetto a quella, pure importante, della tipologia del rapporto contrattuale che intrattiene con l'ente per cui lavora: il bibliotecario può essere dipendente o autonomo, avere un contratto di lavoro a tempo indeterminato o determinato o essere lavoratore a progetto acquisito tramite forme di esternalizzazione dei servizi, ma in ogni caso la propria identità si caratterizza per il possesso di competenze, attitudini, metodologie che, nonostante il grado di specializzazione e il contenuto tecnico, sono potenzialmente spendibili anche in ambienti differenti dalle biblioteche.
Il bibliotecario è un professionista: una persona dotata di istruzione di livello universitario, la cui capacità principale non è quella di applicare delle tecniche (che pure deve conoscere e spesso direttamente mettere in atto), né di intervenire su segmenti del processo di formazione del suo prodotto (il servizio bibliotecario), bensì quella di governare l'intero processo produttivo della biblioteca, a partire dalla sua progettazione per arrivare alla valutazione dei suoi servizi. Come per le libere professioni storicamente riconosciute — medici, ingegneri, avvocati ecc. — la peculiare caratteristica del professionismo è il metodo: la capacità di applicare le tecniche alle specifiche situazioni, in modo originale e progressivo — affinando con il tempo e l'esperienza la propria capacità di individuare e risolvere problemi. I processi lavorativi tipici del professionista sono: analizzare bisogni e problemi, progettarne la soluzione, applicare le tecniche richieste, direttamente o anche indirizzando il lavoro altrui, valutare i risultati facendone tesoro per affrontare situazioni future.
Il tronco di attività e di competenze che regge la professione bibliotecaria si basa essenzialmente su due temi caratterizzanti: gli utenti e i documenti. Il bibliotecario mette in relazione positiva queste due entità, cercando di intercettare i bisogni informativi degli utenti e predisponendo soluzioni informative a partire dalla capacità di determinare, organizzare e gestire l'intero iter della risorsa documentaria: dalla sua acquisizione (compiuta con metodi scientifici quantitativi e qualitativi, corroborati dalla prassi), al suo trattamento catalografico (descrittivo e semantico), dalla gestione delle raccolte (metodi di collocazione, esposizione, conservazione, revisione del patrimonio), alla valorizzazione delle potenzialità informative della biblioteca (l'organizzazione degli spazi, il reference, l'informazione all'utenza, la promozione, l'orientamento, l'istruzione sistematica degli utenti [information literacy], le attività collaterali) al dominio della crescente e sempre più dominante tecnologia informatica, e naturalmente alla capacità di gestione (management). Egli deve saper riconoscere, interpretare, utilizzare e a volte personalizzare il lavoro catalografico fatto da altri, poiché la cooperazione e le reti permettono di utilizzare forme efficaci di catalogazione derivata o partecipata.
Il bibliotecario è il diretto gestore e responsabile del servizio, laddove le domande dell'utenza s'incontrano con le offerte della biblioteca: nelle tipiche attività di formazione delle raccolte, di organizzazione dei servizi, di messa a disposizione in forma diretta o mediata dei documenti posseduti o accessibili.
Evoluzione delle biblioteche
Assieme al bibliotecario sono evolute anche le biblioteche, andando oltre la tradizionale dimensione legata alla tutela del bene culturale libro in esse custodito, che le rendevano simili a monumenti, a tesori, a musei della cultura libraria e della memoria letteraria: ciò ha significato estendere le funzioni della biblioteca, da quelle della conservazione, a quelle dell'accesso, della disponibilità e della circolazione dell'informazione, arricchendo le proprie raccolte di risorse multimediali e digitali, formando dei veri e propri learning centre a supporto del diritto di cittadinanza, dell'alfabetizzazione e dell'apprendimento a vita, della formazione culturale informale, della didattica e della ricerca scientifica, diffusi sul territorio e aperti a tutti i cittadini: non più luoghi rari e chiusi, accessibili agli eletti, destinati agli eruditi e agli scienziati, bensì luoghi per tutti e per molti usi, compresi quelli legati al tempo libero.
La pluralità che caratterizza la fruizione dei servizi bibliotecari ha portato a sviluppare le strategie di coordinamento e di cooperazione: in ambito universitario è ormai diffusa la tendenza a costituire dei sistemi bibliotecari di ateneo e nel settore della pubblica lettura vi sono le reti bibliotecarie territoriali (a livello cittadino, intercomunale e provinciale) che consentono agli abitanti di un piccolo insediamento di fruire delle raccolte presenti nelle città, spesso tramite servizi che travalicano la tipologia amministrativa di appartenenza.
I problemi in campo
Il congresso di quest'anno è dedicato alla professione, il programma ha cercato di rispecchiare le specializzazioni e gli aspetti contrattuali relativi ai contenuti della professionalità bibliotecaria, dedicando spazio a quello che si è configurato nei termini di un tema cruciale per il ricambio generazionale e l'accesso al lavoro da parte dei colleghi più giovani o di chi non è ancora inserito in modo stabile in biblioteca con un rapporto di lavoro a tempo indeterminato: la questione dei bibliotecari atipici.
Il tema è delicato, dal momento che coinvolge il destino individuale di chi sceglie oggi di avvicinarsi al nostro lavoro e deve confrontarsi con le tendenze alla globalizzazione e della flessibilità che caratterizzano l'odierna economia.
Il riconoscimento giuridico della flessibilità contrattuale, cominciato con la cosiddetta legge Biagi, deriva dall'esigenza di far emergere il lavoro sommerso che caratterizza in modo rilevante il contesto italiano ed è connesso a una serie questioni di tutela e garanzia di numerosi lavoratori del settore privato. Per quanto riguarda il settore pubblico, il contenimento della spesa pubblica e i conseguenti reiterati blocchi delle assunzioni rischiano di costituire un ostacolo alla competitività e alla crescita economica, oltre che socioculturale, mentre ancora siamo lontani dalle riforme strutturali di cui il Paese ha bisogno, tra le quali è urgente una riforma del pubblico impiego che poggi su basi realmente meritocratiche e incentivanti per quanto riguarda le carriere dei dipendenti pubblici e che s'imperni sulla responsabilizzazione decisionale e produttiva, sull'assunzione del rischio d'impresa e la capacità d'innovazione.
Le biblioteche italiane, inserite in tale ingranaggio di problemi, pagano uno scotto particolare: da un lato il numero dei lavoratori pubblici non è lontano dal raggiungere i quattro milioni di unità, dall'altro un istituto fondamentale per la tutela e la valorizzazione della cultura italiana come la Biblioteca nazionale centrale di Firenze ha un numero di dipendenti che risulta essere quasi un decimo degli analoghi istituti britannico e francese, pur con le diversità dei compiti degli istituti, ed è evidente che il dislivello di risorse umane pone problemi di carattere strutturale difficilmente risolvibili.
In breve, il contesto politico economico gioca contro un aumento dei posti di lavoro a tempo indeterminato nelle biblioteche della pubblica amministrazione, aumento di cui ci sarebbe invece bisogno per raggiungere livelli qualitativi del servizio paragonabili a quelli dei paesi a biblioteconomia avanzata.
L'organizzazione del lavoro prevede oggi la convergenza di varie tipologie contrattuali: lavoratori dipendenti, lavoratori autonomi, imprese fornitrici di servizi, lavoratori a progetto, forme diversificate di gestione dei servizi in regime di esternalizzazione. Si tratta di forme in parte ancora da migliorare e soprattutto dotare di efficaci forme di progressivo accompagnamento a una maggior stabilità.
Per quanto riguarda i servizi, è necessario affermare con forza che è diritto degli utenti – oltre che dignità dei lavoratori – far sì che essi rispettano dei livelli qualitativi omogeneamente stabiliti, principio sancito dalla Costituzione (art. 117).
Per l'ambito culturale, la qualità dei servizi e della valorizzazione è peraltro prevista esplicitamente dall'art. 114 del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, Codice dei beni culturali e del paesaggio:
«1. Il Ministero, le regioni e gli altri enti pubblici territoriali, anche con il concorso delle università, fissano i livelli minimi uniformi di qualità delle attività di valorizzazione su beni di pertinenza pubblica e ne curano l'aggiornamento periodico (comma così sostituito dall'art. 2, comma 1, lett. g), d.lgs. 24 marzo 2006, n. 156).
2. I livelli di cui al comma 1 sono adottati con decreto del Ministro previa intesa in sede di Conferenza unificata.
3. I soggetti che, ai sensi dell'articolo 115, hanno la gestione delle attività di valorizzazione sono tenuti ad assicurare il rispetto dei livelli adottati».
E veniamo ai contenuti della professione: chi oggi in Italia è in grado di affermare con autorevolezza "chi è, cosa fa, cosa deve sapere, come deve essere considerato" il bibliotecario? È certamente indispensabile una base comune di conoscenze culturali, una formazione di livello universitario che preveda un approfondimento equivalente a una laurea specialistica o a un master, ed è al contempo sotto gli occhi di tutti che la professione è articolata in una varietà di specializzazioni, dal trattamento del libro antico alla gestione delle risorse elettroniche o del reference virtuale. Se sul piano ideale e formativo è necessario individuare un bibliotecario di base o di riferimento, sul piano operativo siamo di fronte a una pluralità di tendenze e specializzazioni professionali: maggiore sarà l'articolazione delle specializzazioni in biblioteca, maggiore sarà lo spettro di servizi che la biblioteca potrà offrire e il livello qualitativo della valorizzazione del bene cultura, specializzazioni che, beninteso, dovrebbero dialogare affinché nessuno perda mai di vista la missione generale della biblioteca presso cui ciascuno è impiegato.
Il riconoscimento della professione avviene tramite la qualità del servizio e dell'impatto sociale ed economico che la biblioteca produce sulla comunità di riferimento, ma anche l'AIB può contribuire tramite le attività di formazione, di partecipazione e confronto nel dibattito internazionale, per esempio certificando le competenze teoriche e le capacità operative acquisite da ciascuno di noi con metodi di carattere privatistico e alieni dalle logiche protezionistiche che caratterizzano gli ordini professionali oggi esistenti in Italia; inoltre chiedendo l'abolizione del valore legale del titolo di studio nelle procedure concorsuali di assunzione; si giudichi cioè il merito acquisito piuttosto che il pezzo di carta: anche un ingegnere, un giurista, un informatico, se lo desiderano, dovrebbero poter aver accesso al mestiere di bibliotecario e apportare nuove professionalità e competenze in biblioteca.
Mi rendo conto che questa proposta presenta tuttora aspetti negativi per l'ambiente italiano, nel cui contesto il possesso della laurea può ancora rappresentare una garanzia contro pratiche contrarie al riconoscimento del merito.
L'azione dell'AIB per il riconoscimento della professione si è rivolta, a partire dal 1998, soprattutto all'adozione di forme di certificazione volontarie, non obbligatorie per l'esercizio della professione, in grado di testimoniare la qualità dei servizi offerti, tutelare gli utenti, indicare agli enti titolari di biblioteche le caratteristiche del personale da impiegare, vincolare le forme di contrattazione collettiva a un preciso profilo professionale, infine offrire ai bibliotecari un utile argomento per rivendicare un giusto inquadramento e una giusta retribuzione, indipendentemente dal tipo di contratto, collettivo o individuale, che venga applicato.
Le proposte del congresso
Le novità del congresso di quest'anno sono delineate nel programma: per la prima volta il comitato scientifico ha deciso di porre al centro dell'attenzione la questione del lavoro atipico e di allargare il dibattito professionale a tutti i colleghi che desiderassero partecipare, lanciando l'iniziativa del call for papers per le sessioni plenarie e parallele, iniziativa che spero abbia contribuito a delineare un'analisi esaustiva dello stato dell'arte della professione in Italia, nelle sue luci e nelle sue problematiche. Ci auguriamo che l'iniziativa del call for papers si consolidi nei termini di una buona pratica da seguire nei futuri congressi nazionali dell'Associazione.
La suddivisione dei lavori del 53° Congresso è da una parte la più flessibile e ampia possibile, dalla pubblica lettura all'università, dalla conservazione alla documentazione; dall'altra mantiene l'unitarietà del tema e dei lavori tramite la focalizzazione del riconoscimento professionale, della certificazione delle competenze, della deontologia bibliotecaria, estendendo l'invito a ospiti di altri ambiti professionali e a colleghi stranieri.
La scommessa è di arrivare a risultati concreti e continuativi, di dare impulso al dibattito anche dopo l'occasione congressuale; il lavoro di questi giorni potrà essere proseguito in varie sedi: dalle attività delle commissioni e dei gruppi di lavoro, alla revisione dello statuto, alla redazione di documenti tecnici e professionali dell'Associazione, alla definizione delle politiche future dell'AIB.
Mi piace citare, in conclusione, alcune frasi delle linee programmatiche dell'Associazione per il triennio 2005-2008: l'AIB si impegna a promuovere e affermare la biblioteca «come servizio pubblico gratuito accessibile a tutti, come luogo in cui si diventa cittadini, come luogo di sviluppo del pensiero critico in una società aperta, di libertà, democrazia e universalità dell'accesso all'informazione e alla conoscenza contro il digital divide e contro ogni discriminazione ed emarginazione; di condizione essenziale per l'apprendimento permanente, l'indipendenza nelle decisioni, lo sviluppo culturale dell'individuo e dei gruppi sociali; di sostegno all'innovazione, alla ricerca e allo sviluppo; di qualità dell'accesso all'informazione e alla conoscenza a fronte di modelli, oggi diffusi, basati sul semplice incremento quantitativo o sull'accesso a fonti informative senza la mediazione delle biblioteche e dei professionisti che vi operano; di effettiva attuazione delle garanzie costituzionali di libertà della ricerca e di diritto allo studio; di costruzione e conservazione dell'identità della comunità locale».
IFLA
Quest'anno siamo onorati di ospitare Peter Lor, segretario generale dell'IFLA, che terrà la relazione principale: la designazione dell'Italia quale sede dell'IFLA World Library and Information Congress che si terrà a Milano nel 2009 costituisce un'importante opportunità culturale per l'intera comunità bibliotecaria italiana; rappresenta un evento di grande rilevanza e di prestigio politico per affermare e rilanciare le biblioteche italiane.
Il costituendo comitato nazionale d'organizzazione del congresso dovrà essere un partner (a pari dignità) della Congrex, dell'IFLA headquarter e degli altri organismi coinvolti nella preparazione dell'evento e saprà certamente dare il suo contributo alla pianificazione dei contenuti congressuali.
Conclusioni
Sono certo che l'AIB rappresenta sempre più e sempre meglio i bibliotecari professionali e consapevoli del ruolo sociale che svolgono nella società dell'informazione per l'affermazione dei valori della democrazia. È infatti innegabile che esista un'Italia delle biblioteche bella e positiva, come esiste un'Italia seria e competente, che soffre eticamente, oltreché politicamente, di fronte alle storture e alle inefficienze occasionali o strutturali che impediscono di migliorare la qualità della vita e talora fungono da pretesto voluto per perpetrare situazioni d'ingiustizia.
Quest'Italia capace e laboriosa, sempre pronta a mettersi in gioco e a impegnarsi senza riserve a servizio degli altri, che non si lascia dominare dalle difficoltà che incontra e dagli ostacoli che si frappongono quotidianamente, credo che si senta orgogliosa di poter ospitare un evento storico come l'IFLA World Library and Information Congress, ottenuto per la correttezza delle procedure seguite, per le relazioni intessute a livello internazionale e nazionale, per l'autorevolezza riconosciuta sul piano scientifico e personale alla nostra comunità bibliotecaria.
La qualità del nostro lavoro è visibile dall'efficacia dei risultati: "Dai loro frutti li riconoscerete" (Mt, 7, 16)
Buon congresso a tutti.