[AIB] AIB notizie 18 (2006), n. 7-8
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Tavola rotonda presso l'Istituto italiano di cultura a Seoul
in occasione della presenza della delegazione italiana per il 72° congresso IFLA

Fiorella Romano

Agosto a Seoul è un periodo di ferie come in Italia. Non è quindi facile organizzare incontri che non siano pianificati da molto tempo e trovare pronta disponibilità a partecipare a una tavola rotonda incentrata sul tema delle "traduzioni". Ciononostante, grazie ai contatti che Maria Cristina Di Martino ha avviato con l’Istituto italiano di cultura a Seoul e alla immediata e positiva risposta dell’addetto culturale Simonetta De Felicis, la delegazione italiana, pressoché al completo, ha avuto l’opportunità, il 21 agosto del 2006, di trascorrere un gradevole e stimolante pomeriggio presso la sede dell’Istituto italiano di cultura di Seoul.
Al di là del tema individuato e particolarmente sentito in un contesto così diverso e così distante, la tavola rotonda è stata soprattutto, così come del resto si auspicava, un’occasione di reciproco scambio di informazioni e di conoscenze, ponendo le premesse per possibili future forme di collaborazione su svariati fronti.
Volutamente non è stata fissata una scaletta di interventi, con titoli predeterminati, e ciò ha consentito un andamento fluido e un dialettico intreccio di spunti, fuori dalla rigidità degli schemi.
Accolta molto cordialmente dal direttore dell’Istituto Luigino Zecchin e dalla stessa Simonetta De Felicis, la delegazione italiana ha potuto così incontrare traduttori e docenti universitari coreani di area italianista.

L’intervento introduttivo di Luigino Zecchin ha in particolare delineato una serie di scenari inaspettati e poco noti circa l’interesse della Corea per l’Italia e per la sua lingua, un interesse che è certamente e in primo luogo di "prodotto" (che vuol dire soprattutto moda e design), ma anche per l’italiano inteso come lingua del "bel canto" e dell’opera lirica, in relazione a un diffuso amore per la musica classica e all’elevato numero di giovani che studiano canto e che con l’italiano devono cimentarsi per poter affrontare degnamente l’interpretazione dell’opera lirica.
Di questo diffuso amore per la musica classica ci siamo potuti del resto rendere conto noi stessi anche nella vita quotidiana. Non solo nelle sale di caffetterie e ristoranti, ma anche nei grandi centri commerciali o in piccoli negozi, fuori dai ritmi frenetici delle strade piene di traffico, ci siamo spesso imbattuti nelle note dolci e rilassanti di brani sinfonici e operistici.
Altra particolarità messa in evidenza da Zecchin è l’identificazione della lingua italiana con la lingua di Roma, culla del cattolicesimo e simbolo della cultura cattolica per le ristrette minoranze che seguono questa religione. È il caso in genere di docenti e studiosi di area italianista come il prof. Thomas Hong-Soon Han della Hankuk University of Foreign Studies Korea-Catholic Centre che, nel corso dell’incontro, si è più diffusamente soffermato su questo specifico aspetto.
Un interesse, quello coreano per la lingua italiana, decisamente circoscritto a determinati e ben delimitati settori. Del resto anche in Italia l’unica cattedra di lingua coreana è attiva presso l’Istituto universitario orientale di Napoli.

L’Istituto italiano di cultura di Seoul ha messo inoltre a disposizione dei partecipanti alla tavola rotonda il risultato di una ricerca relativa ai testi italiani tradotti in lingua coreana, una lista indicativa, ma anche significativa, in cui si conferma l’attenzione per la cultura cattolica (diverse le traduzioni di testi pubblicati in Italia dalle Edizioni Paoline).
Vi figurano anche grandi classici italiani come il Decamerone di Boccaccio e la Divina commedia di Dante Alighieri. Quanto a quest’ultima, anzi, l’autore stesso della traduzione, il prof. Hyeong-Kon Han della Hankuk University of Foreign Studies Korea, presente all’incontro, ha ricordato i suoi prolungati soggiorni di studio in Italia, gli insegnamenti di Natalino Sapegno e ha illustrato le più che comprensibili difficoltà incontrate nella traduzione di un’opera così complessa, nella consapevolezza che "tradurre" è sempre un po’ anche "tradire" il testo originale.
Il prof. Han ha fatto inoltre dono della bella ed elegante edizione coreana della Divina commedia alla Biblioteca nazionale centrale di Firenze e alla Biblioteca universitaria di Napoli, nella persona delle due direttrici Antonia Ida Fontana e Maria Cristina Di Martino che, nel corso della tavola rotonda, hanno sottolineato l’importanza di tale acquisizione per i fondi danteschi degli istituti rispettivamente diretti. Certamente, nella lista delle opere tradotte in coreano, figurano altre illustri presenze poetiche, come Petrarca e Montale, ma generalmente prevale la narrativa, dal momento che la traduzione della metafora poetica, sempre difficilissima, diventa davvero "ardua" tra lingue così culturalmente distanti.
Corposa la presenza di Calvino. Diversi testi di Eco, tra cui anche Il nome della rosa, appaiono invece tradotti da traduzioni inglesi e così anche qualche scritto di Oriana Fallaci.
Presenze dunque, ma anche tante inaspettate assenze e qualche curiosità, come la proliferazione, ancora attuale, di traduzioni della serie di scritti di Giovanni Guareschi che narrano le vicende di Peppone e Don Camillo e di un’Italia anni Cinquanta per noi ormai tanto lontana.
Leggere se stessi e la propria cultura attraverso gli altri può quindi riservare interessanti sorprese, come guardarsi in uno specchio e scoprire un’immagine che non corrisponde a quella che noi ci figuriamo di noi stessi. Il che deve senz’altro indurci a riflettere che anche noi possiamo spesso rappresentarci le altre culture in modi che forse non corrispondono o non corrispondono più alle forme con cui le stesse si identificano e ciò fa parte di quell’inevitabile lost in translation che solo un’approfondita conoscenza e un rigoroso studio può attutire.

Si può perciò ben comprendere l’interesse dell’Istituto italiano di cultura di Seoul per le problematiche relative alla traduzione e per l’attivazione di corsi e scuole in questo settore, e il grande sforzo che sta affrontando e che ancora lo attende, soprattutto dal momento che all’Ambasciata italiana della Corea del Sud è stata recentemente affidata anche la rappresentanza diplomatica nella Corea del Nord.
Su quest’ultimo punto anzi Luigino Zecchin ha sottolineato l’importanza proprio del "libro" quale veicolo di trasmissione della conoscenza della cultura italiana attraverso l’organizzazione di mostre bibliografiche e ha richiamato l’attenzione sui temi del restauro e della conservazione, appellandosi all’esperienza professionale e al ruolo istituzionale dei partecipanti all’incontro per l’apertura di canali di collaborazione.
La compresenza, all’interno della delegazione italiana, in primo luogo dell’AIB nelle sue varie componenti, di docenti universitari e di figure che ricoprono ruoli istituzionali a livello sia ministeriale che regionale, ha fatto sì che su questi temi si sviluppasse tutta una serie di spunti, di indicazioni e di formulazioni di ipotesi realistiche indirizzate nel senso del minimo dispendio e del più ampio ricorso a risorse facilmente reperibili. Nel caso delle mostre, ad esempio, si è evidenziata la necessità di utilizzare riproduzioni digitali piuttosto che ricorrere a costosi e rischiosi prestiti di opere di pregio e di "pezzi" unici, come pure nel campo del restauro sono state fornite indicazioni circa le istituzioni cui rivolgersi per l’attivazione di scambi e percorsi formativi.

Una tavola rotonda, come si è avuto modo di evidenziare in apertura, che, nata senza uno schema rigido, è andata via via autoalimentandosi di riflessioni e di tematiche sempre più articolate grazie anche e soprattutto all’intelligente impostazione che Luigino Zecchin e Simonetta De Felicis hanno dato all’incontro.
Dalla tavola rotonda alla "tavola imbandita" della raffinata residenza dell’ambasciatore italiano Massimo Andrea Leggeri il passo è breve (nonostante la salita un po’ impervia) e il pomeriggio ha avuto una "squisita" (è proprio il caso di dire) conclusione nella serata trascorsa tra le delizie gastronomiche del cuoco italiano Maurizio e le piacevoli e interessanti conversazioni di approfondimento sui temi già affrontati nel pomeriggio presso l’Istituto.
Non si poteva contare su auspici migliori alla vigilia della scelta della sede del 75° Congresso IFLA. L’Ambasciata italiana e l’Istituto italiano di cultura sono stati ancora una volta a fianco della delegazione italiana allorché il Congresso di Seoul si è chiuso nel festoso sventolio del tricolore, con l’annuncio che sarà l’Italia a ospitare a Milano il Congresso del 2009.

fiorom@tin.it


ROMANO, Fiorella. Tavola rotonda presso l'Istituto italiano di cultura a Seoul. «AIB notizie», 18 (2006), n. 7-8, p. 13-14.

Copyright AIB 2006-10, ultimo aggiornamento 2006-10-16 a cura di Zaira Maroccia
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