Lo scorso febbraio una dichiarazione dell'allora Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, ha infiammato la lista AIB-CUR. Non nuovo a dichiarazioni potenzialmente offensive per diverse categorie di lavoratori, il massimo rappresentante del governo italiano questa volta se l’era presa con i bibliotecari, affiancati ai commercianti (ma in altre occasioni anche ai pittori e ai farmacisti), nel testo di un “amichevole” suggerimento dato ai politici suoi avversari. Dunque il Presidente del Consiglio uscente ha detto che gli esponenti della sinistra “dovrebbero come minimo cambiare mestiere, andando a fare i bibliotecari o i commercianti".
L’associazione dei commercianti si è subito rivoltata, facendo circolare una dichiarazione indignata, e a seguire la stessa cosa è stata fatta dall’associazione dei bibliotecari.
Eppure, a ben guardare, non è facile valutare se ci sia proprio da offendersi. Mi spiego meglio. Pensiamo a tutte le professioni e i singoli professionisti che sono stati oggetto di accuse di vario genere in questi anni: si va dagli autorevoli giornalisti Michele Santoro ed Enzo Biagi, prontamente espulsi dalla RAI ancora a inizio legislatura, a un numero in incremento esponenziale (soprattutto negli ultimi mesi) di categorie professionali. Sono passati sotto l’attacco di Berlusconi grandi giornali (Il corriere della sera, La stampa, Il messaggero, La repubblica, Il sole 24 ore) e giornalisti della carta stampata e della tv, comici, attori e personaggi dello spettacolo, magistrati, insegnanti delle scuole, professori universitari, sindacati e sindacalisti, cooperative, confindustria e industriali, banchieri, sindaci, governatori regionali e assessori (accusati di non essere in grado di usare al meglio le risicate risorse che il governo passava loro oppure di essere “pericolosamente” autonomi nelle decisioni) e così via.
L’essere inclusi come bibliotecari in questa lunga lista può certo innervosire, o viceversa anche inorgoglire, ma comunque parla da sé.
Sia chiaro: il problema dell’immagine scarsamente attraente della professione bibliotecaria è reale e presente, e – come
ho avuto modo di sostenere in diverse occasioni (tra le quali il Congresso AIB di Torino del 2000) – non è di secondaria importanza, tanto da essere oggetto di serie indagini da parte di diverse associazioni professionali straniere, dall’IFLA alla britannica CILIP.
Ma la dichiarazione di Berlusconi non ha niente a che fare con tutto ciò. Altrimenti l’accoppiata non sarebbe certo stata fatta con i commercianti che – a quanto mi risulta – non sono collegati a nessun immaginario collettivo particolarmente negativo, anzi, semmai il contrario, né lo sono i farmacisti o i pittori.
E, inoltre, bisogna sottolineare che i bibliotecari non sono nemmeno stati accusati di essere comunisti, e quindi in fondo non sono proprio visti così male dal Cavaliere. Martin Schulz (come si ricorderà, è il parlamentare europeo che l'allora capo del governo aveva chiamato pubblicamente “kapò”) ha fatto questa dichiarazione lapalissiana sul Berlusconi-pensiero: “il suo modo di ragionare è semplice: chi non è con me è contro di me, chi è contro di me è comunista, e i comunisti vanno eliminati” (intervista a “La repubblica”, 24 marzo 2006, p. 15). Al di là delle scontate riflessioni su quale possa essere diventata l’immagine dell’Italia all’estero, è certo comunque che i bibliotecari possono stare tranquilli: Berlusconi non ha la minima cognizione di quale sia il lavoro di un bibliotecario, altrimenti il semplice fatto di saperlo “professionista dell’informazione e della conoscenza” ne avrebbe decretato l’inserimento nella lista dei comunisti.
Il lato positivo è che non essendo inclusi in quella lista i bibliotecari non erano a rischio di essere “eliminati”. Perlomeno non subito. Si sarebbe trattato piuttosto di una lunga e lenta agonia. L'ex premier aveva, infatti, dichiarato poco prima delle elezioni: “per cinque lavoratori del settore pubblico che vanno in pensione, ci sarà solo una nuova assunzione perché quelle sono persone che gravano su tutti gli altri cittadini” (Ballarò, Raitre, 28 marzo 2006).
Ecco, in poche parole, come è considerato il lavoro dei dipendenti pubblici, e quindi anche della maggior parte dei bibliotecari, da Berlusconi. È probabile che gli esponenti del centro-sinistra che anche avessero voluto seguire il consiglio del leader avversario, e darsi alla biblioteconomia, avrebbero avuto qualche difficoltà a cambiar mestiere. A causa del blocco delle assunzioni.
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