Il congresso nazionale del 2005 ha presentato numerose novità rispetto al recente passato, a cominciare dal ripristino della tradizionale formula del congresso a tema senza la cornice di Bibliocom. Il tema di quest’anno, le politiche delle biblioteche, è parte di una riflessione più ampia che dovrà coinvolgere l’intera Associazione per giungere, nel 2007, a venti anni di distanza dallo storico congresso di Viareggio, alla formulazione di una visione, di un insieme strutturato di idee e programmi in grado di orientare la futura azione dell’AIB.
Se le idee e i programmi che riusciremo a elaborare insieme avranno la stessa forza delle tesi di Viareggio e la stessa capacità di costituire per tanti anni un punto di riferimento è difficile a dirsi e magari a qualcuno potrà sembrare impossibile.
Certo è che la costruzione collettiva di una visione, di idee in cui riconoscersi non è più rinviabile. Negli ultimi dieci anni il cambiamento ha potentemente investito anche il nostro ambiente, il nostro spazio vitale: sono cambiati gli strumenti della nostra professione e lo spazio dell’informazione in cui operiamo; è cambiata la nostra professione, ora popolata da una molteplicità di figure appartenenti al settore privato e portatrici di culture e aspettative diverse rispetto al canone rappresentato dal bibliotecario del settore pubblico; è aumentata la complessità della società in cui viviamo e, soprattutto, sono cambiate le aspettative dei cittadini.
Abbiamo quindi bisogno di discutere, interrogare e comprendere, ma anche di fissare alcuni principi e alcune idee che ci consentano di governare il cambiamento e di costruire una linea politica riconoscibile in quanto tale da noi stessi (forse l’aspetto più difficile) e dai nostri interlocutori.
La costruzione di una linea politica è obiettivo primario del Comitato esecutivo nazionale dell’AIB. Non si tratta di un compito facile considerando la crisi che ha vissuto la nostra associazione, con le polemiche che ne sono seguite, e l’impatto che essa ha avuto sulla vita associativa e sulle diverse culture che la compongono.
L’effetto della crisi è stato probabilmente amplificato da un generale stato di inquietudine derivante dai cambiamenti in atto nel nostro ambiente operativo che ha generato (e genera) spesso delusione (“l’AIB è assente, non si vede”), rassegnazione (“l’AIB non esiste più”), pulsioni movimentiste o antagoniste (“occorre costruire un’altra associazione”), retoriche dell’intransigenza, comportamenti ingenuamente impolitici, ma anche atteggiamenti di ossequio istituzionale o accademico, di autoreferenzialità professionale magari condita con una certa dose di snobismo. Tuttavia l’AIB non è e non può essere un movimento o, all’opposto, uno o più circoli Pickwick.
È e deve essere un’associazione professionale, ricca di diversità, ma unita, seria, autorevole e capace di “fare politica”. Fare politica significa porre al centro dell’attività dell’Associazione le politiche pubbliche in tema di biblioteche e di professione bibliotecaria; significa presidiare le grandi scelte di politica bibliotecaria compiute da quell’articolato sistema di competenze previsto dal nostro ordinamento. Significa, infine, confrontarsi con le istituzioni che nel nostro Paese hanno la titolarità delle politiche bibliotecarie.
Da questo punto di vista il 52° congresso ha segnato la ripresa, e per certi aspetti l’inizio, del dialogo e del confronto con tutti gli attori istituzionali. Al congresso erano presenti rappresentanti di Stato, Regioni, ANCI e UPI.
Qualcuno di essi interveniva a un congresso di bibliotecari per la prima volta. I temi sviluppati nelle due sessioni congressuali possono essere considerati voci di un’agenda sulle quali il confronto con le istituzioni è proseguito e proseguirà. In particolare dovrà essere posta al centro di tale confronto la questione del servizio bibliotecario nel nostro paese, la sua articolazione in servizi nazionali e servizi locali, l’ambiente cooperativo di riferimento.
È difficile pensare a infrastrutture nazionali per le biblioteche che non prevedano una razionalizzazione degli interventi statali, una loro riqualificazione anche in vista di un’unica biblioteca nazionale, la Biblioteca nazionale d’Italia. Sono idee antiche per la nostra Associazione: basti pensare agli interventi di Giorgio De Gregori (1971) o al dibattito svoltosi al congresso di Alassio (1975). Eppure sono ancora idee attuali.
Parimenti è inevitabile proporre una riorganizzazione del Servizio bibliotecario nazionale o un maggiore coinvolgimento degli enti locali, almeno nelle loro espressioni associative (ANCI, UPI), nelle scelte di politica bibliotecaria.
L’AIB ha alle spalle decenni di battaglie per il regionalismo in cui si sono impegnati maestri della nostra professione come Renato Pagetti, Giorgio De Gregori, Franco Balboni, Sebastiano Amande, Giuseppe Colombo, Angela Vinay.
Ora l’Associazione deve aprire una nuova stagione di sostegno agli enti locali, sui quali grava peraltro la maggior parte dei costi di gestione delle biblioteche pubbliche, perché siano attori non secondari del “sistema” bibliotecario di cui il nostro paese ha bisogno; deve essere capace di proporre i tratti salienti di un nuovo ambiente cooperativo, senza temere di andare controcorrente o di mettere in discussione equilibri consolidati.
Perché, ad esempio, non chiedere che il Comitato nazionale biblioteche promosso da ANCI, UPI e Regioni sia esteso all’Università? Il Comitato diventerebbe un formidabile organismo di concertazione delle politiche bibliotecarie. È solo un esempio, ma rappresentativo del nostro DNA, della nostra tradizione.
leombroni@racine.ra.it