AIB Notizie 3-4/2005
Diritto di prestito: il movimento “no pago”
Luca Ferrieri con un’intervista ci aiuta a fare il punto sull’applicazione della direttiva europea che prevede il pagamento del prestito e sul movimento di protesta che ha coinvolto biblioteche e bibliotecari di tutta Europa.
Luca Ferrieri è direttore dei servizi culturali e bibliotecari del comune di Cologno Monzese ed è tra gli animatori della campagna italiana contro il prestito a pagamento insieme alle sue colleghe Marilena Cortesini e Annalisa Cichella, ai direttori di quindici grandi biblioteche italiane (tra cui figurano i principali sistemi bibliotecari della provincia di Milano e quello di Roma), e a moltissimi altri bibliotecari che hanno dato vita al sito . Ferrieri è già intervenuto sul tema con due articoli pubblicati su «Biblioteche oggi» (3/2004 e 2/2005) oltre che con relazioni a convegni e seminari. Qui risponde ad alcune brevi domande in argomento.
Siamo dunque a una svolta, nella difficile vicenda della direttiva europea sul “prestito a pagamento” (92/100 CEE)?
Certo siamo a un guado, perché difficilmente, di fronte all’inasprirsi della vertenza, sarà possibile proseguire con la scelta del traccheggio e del cerchiobottismo che ha caratterizzato finora le (scarse) prese di posizioni e iniziative del governo e dei ministeri italiani. La Spagna e il Portogallo hanno scelto la strada della difesa del regime di eccezione per le biblioteche pubbliche, e vanno alla Corte di Giustizia con una salva di controdeduzioni e con una strategia fondata sulla insostenibilità economica e giuridica del provvedimento. In Francia si discute e ci si mobilita a proposito delle successive direttive europee sulla proprietà intellettuale che pongono e porranno alle biblioteche problemi assai rilevanti. L’Italia, prima è stata esclusa dal rinvio alla Corte, avendo dato qualche assicurazione in merito a cambi legislativi, poi è stata invece ricompresa nella procedura, e quindi è prevedibile un provvedimento italiano che in qualche modo sostanzi il recepimento della direttiva per uscire (di certo a testa abbastanza bassa) dalla vicenda giudiziaria (che presenta rischi di multe molto salate). Ma sul taglio e sulle caratteristiche di questo eventuale provvedimento nulla di certo si sa, a parte le giravolte del ministro, ed è prematuro quindi ogni giudizio, anche perché noi comunque intendiamo ribadire la nostra contrarietà di principio all’introduzione del prestito a pagamento nelle biblioteche italiane sotto qualunque forma.
Contrarietà di principio. Ma non è poco (o forse troppo), insomma non è fuorviante rispetto a un tema così importante? Non indebolisce la posizione sostenuta, non la rende astratta, non pregiudica la ricerca di alleanze?
I principi per le biblioteche sono il pane quotidiano, e i nostri principi sono fatti di cose molto concrete: oltre a essere basati su pronunciamenti internazionali (ultimo quello dell’IFLA, http://www.ifla.org/III/clm/p1/PublicLendingRigh.htm, che ribadisce in modo molto netto che nessun pagamento del diritto di prestito potrà essere posto a carico delle biblioteche, né in forma diretta né indiretta), sono fondati sul riconoscimento di quello che le biblioteche già fanno per assicurare il diritto d’autore (conservazione, catalogazione, stoccaggio, promozione ecc.). Questo è il nostro argomento principale: le biblioteche già pagano il diritto d’autore e non si vede perché debbano essere chiamate a farlo ulteriormente, proprio mentre tutti piangono lacrime di coccodrillo sulle sorti della lettura. Poi c’è l’altra parte dell’argomentazione, altrettanto importante e pienamente complementare, quella che fa leva sull’insostenibilità economica (e anche organizzativa) del provvedimento nel caso vada a ledere i già risicati bilanci delle biblioteche e degli enti che li sostengono. Stiamo cercando di mettere in piedi ricerche su quello che un provvedimento del genere potrebbe comportare per quanto riguarda il mercato della lettura. Le prime risultanze, ancora molto empiriche, aumentano la nostra preoccupazione, mentre dimostrano la infondatezza dell’argomento-principe dell’offensiva ideologica da parte degli editori: che esista concorrenzialità tra il prestito in biblioteca e l’acquisto in libreria. A Cologno Monzese, per esempio, il 52% dei libri prestati nel 2004 era fuori commercio: questo solo banalissimo dato, se estendibile, esclude a priori per almeno la metà dei prestiti ogni sorta di concorrenza alle vendite in libreria.
Domanda dell’avvocato del diavolo: ma che cosa avrebbero da guadagnare le biblioteche da una stagione di dura conflittualità con editori (e forse con alcuni segmenti del mondo degli autori)? Non hanno tutto da perdere da quella che tu stesso hai chiamato la guerra civile del libro?
Dalla guerra civile del libro, come da ogni guerra, tutti abbiamo tutto da perdere. La nostra iniziativa va proprio nella direzione opposta, anche perché questa “guerra” è del tutto indotta, non ha alcuna ragione strutturale, alcuna radice endogena. Ma non si evita la guerra, nessuna guerra, con la capitolazione. E noi combatteremo, con i nostri argomenti, anche la nostra indignazione, soprattutto la nostra fermezza, ma senza fare del male a nessuno, men che meno ai libri, alle biblioteche, ai lettori, agli autori e agli editori cui dobbiamo tanto e che ci danno il pane per la mente, ogni giorno. Il fatto è che, salvo alcuni editori, non troviamo avversari, ossia sono pochi quelli che sostengono con convinzione la necessità del prestito a pagamento. È vero, possono esserci alcune figure minori della autorialità (traduttori, autori di articoli ecc.), che meritano tra l’altro il massimo rispetto e la massima attenzione, perché spesso sono tra le prime vittime di un sistema culturale e editoriale sbagliato, e che possono essere indotti a intravedere in questa direttiva uno spiraglio di uscita dal loro sfruttamento e dalla mancanza di riconoscimenti (non solo economici) cui soggiacciono. Ma si tratta di un’illusione ottica. La vicenda delle fotocopie è lì a dimostrare che la strada delle royalties (affidate poi per la distribuzione ad enti gestori non sempre trasparenti) non porterà nessun guadagno, da nessun punto di vista, a queste figure ai autori cosiddetti minori.
Sono ancora pochi quelli che si mobilitano, però. Anche la risposta bibliotecaria è ancora al di sotto della sfida.
Vero. Ma ciò non deriva da una scarsa convinzione specifica, ma da un arretrato di delusione, da un eccesso di delega, di risentimento, di pigrizia, insomma un brutto impasto di negatività da cui è ora di riprendersi, ma che nulla ha a che vedere con un presunto consenso, o anche solo indifferenza, intorno alla direttiva. I bibliotecari escono da un periodo in cui il controllo politico, la frammentazione professionale, l’insicurezza lavorativa si sono fortemente accresciuti. Il prestito a pagamento rappresenta un’occasione per un’inversione di rotta, per una riscossa, per un’assunzione di responsabilità. I giornali hanno parlato dei bibliotecari come dei lavoratori che scendono in lotta non per ferie e stipendi ma per i diritti degli utenti: è un grande complimento di cui bisogna essere fieri ma anche mostrarsi degni. Molte trasmissioni radiofoniche o televisive si sono occupate, anche se in misura ancora insufficiente, delle biblioteche e dei bibliotecari. Quella contro il prestito a pagamento ha rappresentato la più grande campagna di advocacy degli ultimi dieci anni.
Che cosa si può fare, allora, nei prossimi mesi per favorire una soluzione positiva?
Molto e di molto decisivo. Noi combattiamo la rassegnazione di certi colleghi, per cui i giochi sono sempre già fatti, gli impapocchiamenti sempre dietro l’angolo. Certo, le soluzioni al ribasso sono possibili e anche probabili, ma i bibliotecari devono rendersi conto che alla fine chi dovrà gestire la patata saranno loro, nelle loro biblioteche, nella loro attività quotidiana. Nessuna legge può andare lontano se la coscienza democratica le fa il vuoto intorno. Quindi, come ci suggeriscono i Wu Ming, dobbiamo uscire da un gioco di rimessa e passare all’attacco. Qui di seguito ci sono diverse proposte di azioni concrete, molte altre potranno uscire dal contributo di idee di tutti. Occorre anche superare la diffidenza di fronte ad alcune forme di lotta che possono apparire eccessivamente radicali. Se passerà una legge che colpirà le biblioteche, e quindi i lettori, e quindi la cultura, occorrerà riscoprire la tradizione di lotte che fanno appello alla responsabilità e alla coscienza individuale, all’azione diretta, alla chiamata di correità. Occorrerà pensare a scioperi degli acquisti (perfettamente legali perché rientranti nella discrezionalità del bibliotecario), a scioperi dei prestiti, a obiezioni di lettura, a letture flagranti, a prestiti in bianco, a prestiti in piazza, a catene di libri, a libri incatenati. A rendere evidente la nuova catena che viene stretta intorno al libro (come ai tempi, appunto, dei “libri catenati”) per spezzarla. Come ci racconta Lawrence Lessig nel suo libro Cultura libera (che appare ora in versione italiana e che la biblioteca di Cologno Monzese ha scelto, insieme a quello di Melot, La saggezza del bibliotecario, anch’esso recentemente tradotto, per la vetrina tematica del 23 aprile, giorno dei libri e delle rose), quando i coniugi Causby intentarono causa alle prime compagnie aeree che sorvolavano senza licenza la loro proprietà privata (1945), essi facevano riferimento a una consolidata dottrina giuridica statunitense che stabiliva che la proprietà privata si estendeva indefinitamente verso l’alto («fino alla periferia dell’universo»). Ma la loro posizione cozzava contro un emergente senso comune (e anche contro consistenti interessi) e la Corte Suprema riconobbe alla fine la natura “pubblica” dell’aria. Oggi occorre fare appello a un nuovo senso comune, e a nuovi interessi collettivi, a una nuova concezione del “pubblico”, quelli per cui la cultura, come l’aria, l’acqua, la pace, sono “beni comuni” che devono avere la priorità sugli interessi dei singoli. Non si farà molta strada nel mondo globale e globalizzato con la strategia delle recinzioni, degli steccati, delle enclosures.
Diritto di prestito. il movimento "no pago". Intervista a Luca Ferrieri. «AIB Notizie», 17 (2005), n. 3-4, p. 10-11.
Copyright AIB, ultimo aggiornamento 2005-05-08
a cura di Franco Nasella
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